Tar Sicilia, Sez. II, 5 febbraio 2014, n. 388

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Testo completo:
Tar Sicilia, Sez. II, 5 febbraio 2014, n. 388
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1174 del 2002, proposto dall’Impresa Inghilleri Leonardo, in persona del suo omonimo titolare, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Immordino e Giuseppe Immordino, con domicilio eletto presso il loro studio sito in Palermo, via Liberta’, 171;
contro
Comune di San Giuseppe Jato, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore Maria Cusenza, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maria Beatrice Miceli sito in Palermo, via N.Morello N.40;
per l’annullamento
del provvedimento prot. 2316 dell’11/2/2002 di incameramento della cauzione provvisoria già versata per la partecipazione alla gara di appalto per l’ampliamento del Cimitero comunale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Giuseppe Jato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’ordinanza n. 570 del 9/4/2002 di accoglimento della domanda incidentale di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato.
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2013 il dott. Roberto Valenti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 18/03/2002 e depositato il 21/03/2002, parte ricorrente impugna i provvedimenti in epigrafe indicati mercé i quali l’Amministrazione del Comune di San Giuseppe Jato ha inteso procedere ad incamerare la cauzione provvisoria (già versata dall’impresa ricorrente) quale ulteriore effetto della disposta esclusione dalla per la partecipazione alla gara d’appalto indetta dalla stazione appaltante per i lavori di ampliamento del cimitero comunale.
Detta esclusione (dalla quale è derivata la contestata escussione della cauzione provvisoria, per cui è controversia) è stata adottata dalla stazione appaltante per una serie di asserite irregolarità sui documenti versati dall’impresa partecipante avendo riguardo precipuo tra le altre contestazioni: 1) alla mancata osservanza alle disposizioni sul bollo; 2) al costo del personale siccome non ritenuto conforme a quanto dichiarato in sede di gara; 3) alla dotazione stabile di attrezzatura tecnica.
Il ricorso è affidato a tre motivi di doglianza riconducibili alla violazione di legge e all’eccesso di potere, sotto diversi profili.
In sede cautelare, con ordinanza collegiale n. 570 del 9/4/2002 è stata accolta la domanda di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato.
Il Comune resistente ha preliminarmente eccepito profili in rito contestando l’inammissibilità e/o irricevibilità del mezzo per mancata e tempestiva impugnazione del provvedimento di esclusione dalla gara, come da verbale affisso all’Albo pretorio.
Preliminarmente va disattesa l’eccezione sollevata dal Comune resistente, considerato quanto ancora di recente precisato dalla giurisprudenza amministrativa in ordine alla autonoma lesività e quindi impugnabilità del provvedimento di escussione rispetto al presupposto provvedimento di esclusione dalla gara. In tal senso puntualmente parte ricorrente richiama la giurisprudenza del Consiglio di Stato di cui alla sentenza n. 3588 del 09/04/2013 i cui principi sono applicabili al caso in esame atteso che il thema decidendum è da circoscrivere unicamente all’impugnato provvedimento di escussione, non investendo in alcun modo le consolidate posizioni relative all’aggiudicazione dell’appalto.
Nel merito il ricorso è fondato e va quindi accolto per le considerazioni che seguono.
La prima e la terza doglianza, qui contestualmente scrutinate stante la loro omogeneità, sono da accogliere.
La questione attiene, come precisato, alle conseguenze ulteriori adottate dalla stazione appaltante rispetto all’esclusione della gara in parola statuita dalla stazione appaltante per le causali sopra riportate.
Quantunque il provvedimento di escussione della cauzione abbia autonoma rilevanza e incisività, occorre valutare incidenter tantum il presupposto provvedimento di esclusione dalla gara che, per quanto qui rileva, appare illegittimo in accoglimento dei motivi di doglianza articolati con il mezzo.
In ordine alla sanzione della esclusione dalla gara per asserite irregolarità quanto alla disciplina fiscale sul bollo in relazione alla documentazione versata in sede di verifica, è condivisibile l’assunto della parte ricorrente circa la “stretta interpretazione” che occorre seguire in materia di applicazione della più grave delle sanzioni nell’ambito delle gare di appalto.
Di guisa tale che, considerato che la disciplina sul bollo da applicare alle autodichiarazioni andava applicata non sulla dichiarazione ex sé ma sulla prevista “autentica”, l’eliminazione di quest’ultima (ex art.3, comma 10 l.127/97 e art. 1 d.P.R. 403/98) ha fatto venir meno l’onere del bollo per le dichiarazioni sostitutive di certificazione da presentate alla pubblica amministrazione.
Per altro, secondo la giurisprudenza amministrativa invocata dal ricorrente e condivisa dal Collegio, la presentazione alla gara di documentazione non in regola con la legge sul bollo non costituisce causa di esclusione, imponendosi all’Amministrazione di richiederne la regolarizzazione (cfr. T.A.R. Lazio, Latina, 2036/1997).
Analoghe considerazioni valgono quanto alla contestata inosservanza delle disposizioni in materia di autenticazione di copie da parte del soggetto partecipante alla gara, siccome è incontestato che l’impresa partecipante aveva reso dichiarazione di conformità all’originale ai sensi e per gli effetti degli artt. 47 e 19 d.P.R. 445/2000 per ognuno dei documenti versati ed in calce ai medesimi, ivi compresi quelli fiscali (sul punto cfr. T.A.R. Sicilia – Catania – 21/2/2001 n. 392).
Le ulteriori contestazioni per altro appaiono mere irregolarità non inficianti l’offerta e come tali plausibili di regolarizzazione.
Anche la seconda doglianza è da accogliere.
Il seggio di gara, infatti, ha contestato all’impresa ricorrente una difformità in ordine all’importo del costo del personale del 1999 tra quanto dichiarato e quanto risultante dal Modello Unico.
In disparte quanto ritenuto dalla stessa sul predetto scostamento, dovuto ad errore di trascrizione, persuade la difesa di parte ricorrente laddove richiama il disposto degli artt. 31 e 18 comma 10 del d.P.R. 34/2000 per affermare che ai sensi della predetta normativa non è l’indicazione analitica anno per anno a rilevare, quanto il costo complessivo sostenuto per il personale dipendente che …. “deve essere non inferiore al 15% della cifra d’affari in lavori (…) “ da prendere a riferimento.
Per altro, essendo incontestato ch l’impresa non aveva alle proprie dipendenze altro personale rispetto a quello operaio, la medesima non era tenuta ad autocertificare una ripartizione del personale insussistente.
Per ciò che concerne il costo del personale dipendente, il dato andava documentato con le dichiarazioni annuali dei redditi versate all’Amministrazione appaltante: dichiarazioni dalle quali non erano revocabili in dubbio il costo del personale in parola.
La sanzione di cui all’art.10,. comma 1 quater L.109/94, va applicata in caso di presentazione della documentazione richiesta dal bando e di inidoneità sostanziale di quella prodotta a comprovare il possesso dei requisiti richiesti (cfr. In tal senso T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I 21/2/2001v n. 392 puntualmente invocata dall’impresa ricorrente): ipotesi non sussistente nel caso in specie, come sopra già evidenziato.
Per ciò che concerne la dotazione stabile dell’attrezzatura necessaria all’esecuzione delle opere previste nell’appalto, l’impresa ricorrente correttamente osserva che detta prova sia stata fornita dai dati desumibili dalle versate dichiarazioni dei redditi, dalle quali è possibile accertare, come ha accertato la stessa stazione appaltante, l’ammortamento generale riconosciuto superiore al minimo richiesto.
Di guisa tale che, non sussistendo ammortamenti per beni differenti rispetto a quelli costituenti attrezzatura di impresa, ogni ulteriore autodichiarazione era ultronea rispetto a quanto già utilmente desumibile dai documenti versati.
Dal ché l’illegittimità della esclusione, e del conseguente incameramento, disposti per l’asserita mancanza di mezzi strumentali stabili.
In altri termini, delimitato il thema decidendum a quanto in narrativa riportato e disattesa l’eccezione in rito sollevata dal Comune resistente, il ricorso è fondato e va accolto con conseguente annullamento, per quanto di ragione, del provvedimento di escussione della cauzione.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna il Comune resistente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi €.1500,00 (Euro millecinquecento/00) oltre accessori
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
Filippo Giamportone, Presidente
Carlo Modica de Mohac, Consigliere
Roberto Valenti, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)