Tar Lombardia, Sez. IV, 27 marzo 2014, n. 808

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Tar Lombardia, Sez. IV, 27 marzo 2014, n. 808
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2250 del 2010, proposto da:
Alessandro Longhi S.n.c. di Luigi Longhi & C., rappresentata e difesa dall’avv. Ramona Novella, con domicilio eletto presso l’avv. F. Patrizia Suma in Milano, via Bellotti, 15;
contro
Comune di Milano, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Rita Surano, Antonella Fraschini, Ruggero Meroni, Irma Marinelli, Anna Maria Pavin, Donatella Silvia, Maria Sorrenti, Anna Tavano e Loredana Mattaliano, con domicilio eletto presso l’Avvocatura comunale in Milano, via Andreani, 10;
per l’annullamento
del provvedimento del 27 luglio 2010 di rilascio dell’area di proprietà comunale adiacente al Cimitero di Bruzzano in Piazzale Martiri della Deportazione adibita a deposito/esposizione a cielo aperto di marmi funerari, nonché della nota PG n. 679657/2010 datata 2 settembre 2010 del Comune di Milano, Settore Demanio e Patrimonio, della nota PG n. 446452/2010 datata 31 maggio 2010 del Comune di Milano, Settore Demanio e Patrimonio, della nota PG n. 413838/2010 datata 20 maggio 2010 del Comune di Milano, Settore Valorizzazione aree comunali e non comunali, della nota PG n. 75904/2010 datata 29 gennaio 2010 del Comune di Milano, Settore Demanio e Patrimonio, della nota PG n. 31574/2010 datata 23 dicembre 2009; della nota PG n. 935540/2009 datata 4 dicembre 2009 del Comune di Milano, Settore Demanio e Patrimonio, delle note in data 11 novembre 2009 e 29 dicembre 2008 del Comune di Milano, Segreteria Generale; del verbale di sopralluogo del 28 novembre 2007, nonché di ogni altro atto e provvedimento presupposto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 marzo 2014 la dott.ssa Elena Quadri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente ricorso l’istante ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, concernenti le determinazioni del comune di Milano in ordine al rilascio da parte del ricorrente dell’area di proprietà comunale adiacente al Cimitero di Bruzzano in Piazzale Martiri della Deportazione che lo stesso deteneva.
A tale determinazione l’Amministrazione è pervenuta in seguito alla mancata accettazione da parte dell’istante dell’aumento del canone, da 8.500 a 42.000 euro, deciso dal Comune in ragione della destinazione impressa all’area dal ricorrente, di esposizione a cielo aperto di marmi funerari con accesso del pubblico e, perciò, sottesa ad un’attività finalizzata alla vendita.
A sostegno del proprio ricorso l’istante ha dedotto l’incompetenza della Segreteria Generale e l’ingiustificato aggravamento dell’istruttoria, oltre al difetto assoluto di motivazione; l’eccesso di potere per contraddittorietà intrinseca ed estrinseca, illogicità manifesta e sviamento di potere, travisamento dei presupposti di fatto e diritto e per disparità di trattamento; la violazione dei principi in materia di rinnovo delle concessioni e del diritto di insistenza del precedente concessionario; la violazione dei principi di buon andamento e ragionevolezza a cui deve ispirarsi l’azione amministrativa; numerose violazioni di legge.
Si è costituito il comune di Milano, che ha in via preliminare eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, chiedendo, comunque, la reiezione del ricorso per infondatezza nel merito.
Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.
All’udienza pubblica del 19 marzo 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Deve, preliminarmente, esaminarsi l’eccezione sollevata dall’Amministrazione resistente in relazione all’asserito difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nella presente controversia.
Sostiene, infatti, la difesa del comune di Milano che l’area in questione sarebbe stata concessa al ricorrente in comodato precario oneroso, contratto privatistico soggetto alla giurisdizione del giudice ordinario.
L’eccezione è da disattendere.
Dall’esame della convenzione stipulata tra le parti della presente controversia si desume, innanzitutto, che non può trattarsi in alcun modo di contratto di comodato, la cui peculiarità consiste, ai sensi degli artt. 1803 e ss. c.c., nell’essenziale gratuità, mentre nella convenzione in questione è previsto un canone a carico del ricorrente. La previsione di un corrispettivo la rende, dunque, incompatibile con lo schema tipico di tale contratto. Né il canone può essere considerato, nella fattispecie in questione, quale modus o onere, essendo di consistenza non simbolica ed assumendo, dunque, la natura di controprestazione sinallagmatica che si pone come corrispettivo per il godimento del bene (cfr. Cass. civ., sez. III, 15 gennaio 2003, n. 485).
La natura del bene immobile in questione fa propendere, invero, per l’inquadramento della convenzione nell’ambito della concessione, ciò che risulta confermato anche dall’uso dei termini “concessione” e “concessionario” nelle disposizioni letterali della stessa, oltre che dalla previsione di un formale atto amministrativo per il rinnovo della medesima.
L’area di specie, adiacente al cimitero e ubicata nel Parco regionale Nord di Milano, rientra nella fascia di rispetto cimiteriale ed è, dunque, da ritenersi ricompresa nel demanio comunale nella sua qualità di pertinenza del cimitero o, quanto meno, nel patrimonio indisponibile del Comune per la sua destinazione a finalità pubbliche. E’, infatti, inserita in zona omogenea F dello strumento urbanistico generale, con destinazione funzionale VI (aree per spazi pubblici a livello intercomunale), ed è destinata dalle NTA del PTC ad attrezzature pubbliche, ivi compresi i Cimiteri, le attrezzature cimiteriali in atto nonché le attività insediate strettamente pertinenti alla loro funzionalità: parcheggi e aree per fioristi e marmisti.
Ne consegue la giurisdizione del giudice amministrativo nella presente controversia.
In proposito, deve richiamarsi il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, per il quale: “I beni patrimoniali indisponibili, al pari di quelli demaniali, attesa la comune destinazione alla soddisfazione di interessi pubblici possono essere attribuiti in godimento a privati – quale che sia la terminologia adottata nella convenzione ed ancorché essa presenti elementi privatistici – soltanto nella forma della concessione amministrativa; la quale, anche quando si configuri come “concessione-contratto” – vale a dire come combinazione di un negozio unilaterale autoritativo (atto deliberativo) della p.a. e di una convenzione attuativa (contratto) – implica pur sempre l’attribuzione al privato di un diritto condizionato che può essere unilateralmente soppresso dall’Amministrazione stessa con la revoca dell’atto di concessione, in caso di contrasto con il prevalente interesse pubblico. Di conseguenza, una volta emesso il relativo provvedimento amministrativo, con l’intimazione della restituzione del bene, la posizione del privato stesso degrada ad interesse legittimo ed è suscettibile di tutela davanti al g.a. e non in sede di giurisdizione ordinaria” (TAR Puglia, Lecce, sez. I, 10 maggio 2012, n. 820).
“Appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge n. 1034 del 1971 [ora art. 133, comma 1, lettera b), c.p.a.], la controversia, relativa ad una convenzione avente ad oggetto la concessione di terreni comunali, allorquando si contesti l’esercizio del potere di revoca esercitato dal Comune senza porre una questione di contenuto esclusivamente patrimoniale (invece appartenente alla giurisdizione ordinaria, ai sensi della richiamata disposizione del codice): infatti, è fatta salva la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sui “ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici” (art. 5, comma 1, l. n. 1034 del 1971) qualora l’Amministrazione intervenga munita d’autorità e non in posizione paritetica” (Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 2008, n. 3395).
Nel merito, il ricorso è infondato sotto tutti i profili dedotti dal ricorrente.
Ed invero, la variazione del canone è stata decisa dall’amministrazione comunale, ed in particolare dall’ufficio competente a tale scopo (Servizio Demanio e Patrimonio) sulla base di una perizia effettuata dalla Direzione centrale Sviluppo del territorio – Settore Valorizzazione aree comunali e non comunali – Servizio Valutazioni immobiliari ed espropri, in relazione alle caratteristiche del bene oggetto di stima.
Tale perizia è stata sollecitata dalla Segreteria Generale, che, sia in base al d.lgs. n. 267/2000 che alle previsioni statutarie del comune di Milano, è competente a svolgere anche il ruolo di assicurare l’assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell’ente in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti.
Ai fini del calcolo del canone di locazione si è tenuto conto della sola parte di porzione di area utilizzata quale spazio destinato a deposito/esposizione al pubblico a cielo aperto di marmi funerari e della particolare, favorevolissima ubicazione dell’immobile (posto nelle immediate adiacenze di un cimitero), condizioni che costituivano un evidente fattore di vantaggio per l’attività commerciale del privato concessionario.
L’area in questione, invero, anche se destinata a mera esposizione, era aperta al pubblico e doveva, dunque, considerarsi come strumentale all’attività commerciale svolta dalla società ricorrente seppure in altro sito.
Riguardo alla contestata quantificazione del canone, lo stesso è stato correlato alle suddette caratteristiche dell’area, avendo come riferimento il valore locatizio di mercato dei negozi in zona decentrata riferito al secondo semestre del 2009, ridotto del 60% in considerazione del fatto che l’esposizione al pubblico avveniva a cielo aperto.
Il procedimento di determinazione del canone pare, dunque, essere stato effettuato dal comune di Milano ragionevolmente e nel rispetto della normativa, pure citata dalla ricorrente, che impone alle amministrazioni la gestione secondo l’obiettivo della massima redditività dei beni e nel rispetto del principio del buon andamento, che ricomprende anche l’obbligo di determinare i canoni dei beni appartenenti al patrimonio indisponibile del comune in rapporto alle caratteristiche degli stessi e ad un valore comunque non inferiore a quello di mercato, fatti salvi gli scopi sociali che, nella specie, non sussistono (cfr. l’art. 32, comma 8, della legge n. 724 del 1994).
Non si rinvengono, dunque, i vizi contestati dall’istante, neppure la violazione del diritto di insistenza del concessionario, atteso che il procedimento amministrativo è stato posto in essere dall’Amministrazione nel pieno rispetto della ragionevolezza e legittimità e conformemente al valore dell’area.
Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti del Comune intimato, che si liquidano in una somma pari ad euro 2000, oltre agli oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2014 con l’intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Elena Quadri, Consigliere, Estensore
Fabrizio Fornataro, Primo Referendario
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)