TAR Emilia-Romagna, Parma, Sez. I, 27 luglio 2022, n. 233

Massima

La giurisprudenza ha già avuto modo di chiarire che «l’attività esercitata nelle sale del commiato si configura quale prestazione di servizi ed è urbanisticamente compatibile con la destinazione d’uso commerciale» (cfr. Tar Milano, II, 11 marzo 2019, n. 519) e che l’apertura di un’attività commerciale in un dato territorio è sempre astrattamente in grado di determinare ripercussioni sulla viabilità, sulla fruibilità dei marciapiedi e dei parcheggi non minori di quelle che possano paventarsi per la realizaazione di una sala del commiato.

Testo

Pubblicato il 27/07/2022
N. 00233/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00305/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 305 del 2019, proposto da
< omissis > s.r.l.s già P. e M. s.r.l.s, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Linda Chiari e Giuseppe Manfredi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Stefania M., rappresentato e difeso dagli avvocati Linda Chiari e Giuseppe Manfredi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Langhirano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giorgio Conti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Parma, via Mazzini, 2;
nei confronti
Mauro P., non costituito in giudizio;
per l’annullamento
del provvedimento di annullamento della Comunicazione di Inizio Lavori (CILA) n. 07/2019 datato 31 luglio 2019 – pervenuta via PEC in pari data al tecnico incaricato geom. Nello P. – avente ad oggetto “Opere interne per modifiche a locali da adibire a sala del commiato in area posta in via Battisti n. 3” e di ripristino dell’uso legittimato;
– della pregressa comunicazione di sospensione della CILA prot. n. 8705 del 10 maggio 2019;
– di tutti gli atti ed i provvedimenti presupposti, conseguenti e comunque connessi ancorché non conosciuti;
nonché per il risarcimento
dei danni da tale annullamento conseguenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Langhirano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 17 giugno 2022 il dott. Agatino Giuseppe Lanzafame e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il 17 gennaio 2019 la sig. Stefania M. ha presentato al Comune di Langhirano, tramite il proprio tecnico di fiducia, una Comunicazione di Inizio Lavori (n. 7/2019) per opere interne ai fini di modifica di locali di sua proprietà da adibire a “Sala del Commiato” siti in Langhirano, via Battisti n. 3.
2. In data 24 gennaio 2019, il Comune di Langhirano – considerato che «l’intervento previsto nella Comunicazione consiste in modifica dell’uso dell’unità immobiliare da attività commerciale ad attività compresa nell’ambito funebre» – ha chiesto «per una più completa valutazione della [CILA] dimostrazione della conformità al regolamento condominiale o consenso da parte del condominio» evidenziando che, in attesa della documentazione, la CILA è da intendersi sospesa e non operante.
3. A fronte di tale richiesta, parte istante ha depositato presso gli uffici comunali copia del regolamento condominiale, in uno ad un parere legale reso in data 30 gennaio 2019 nel quale è stato evidenziato che «tale regolamento non riporta particolari condizioni ostative all’apertura di una sala del commiato» e sottolineato in ogni caso che «trattandosi di attività commerciale lecita, né contraria al buon costume [non può comunque] ostare a detta apertura la mancanza di conformità a detto regolamento».
4. Con provvedimento 10 maggio 2019, il Comune di Langhirano – vista «la nota pervenuta in data 9 maggio 2019 con la quale i condomini dell’edificio sito in via Cesare Battisti 3 [hanno comunicato] la piena contrarietà all’apertura nel medesimo condominio di attività di Sala del Commiato» e richiamato «l’art. 14, comma 5, l. r. n. 19/2004 che prevede l’impossibilità di apertura di locali destinati a Sala del Commiato in edifici di vita collettiva, quale può essere considerato un edificio condominiale» – ha sospeso in autotutela la CILA «al fine di procedere alla verifica delle condizioni di ammissibilità».
5. In data 25 giugno 2019 la sig.ra M. ha presentato le proprie osservazioni rispetto al provvedimento interinale adottato dal Comune.
6. Con nota 26 luglio 2019, la sig. M. ha diffidato l’ente locale a concludere il procedimento di verifica delle condizioni di ammissibilità.
7. Con provvedimento Comune di Laghirano, 31 luglio 2019, l’ente ha comunicato alla ricorrente di ritenere «nulla la CILA 7/2019 del 17 gennaio 2019 e ha prescritto il ripristino dell’uso legittimato nei locali oggetto di intervento», ritenendo «la realizzazione di Sala del Commiato nei locali di via Cesare Battisiti n. 3 in Langhirano non compatibile con il contesto urbano esistenti».
Ciò in quanto, secondo l’ente locale: a) la realizzazione della Sala del Commiato si configura «a tutti gli effetti quale attività funeraria»; b) il fabbricato condominiale può essere considerato quale «edificio di vita collettiva»; c) l’attività «non presenta uno spazio privato delimitato [e] sicuro rispetto alla viabilità da poter ospitare un notevole afflusso di persone che sosterebbero sul marciapiede»; d) l’attività «comporterebbe un aumento di carico urbanistico a causa dell’incremento in alcune ore di afflusso di frequentatori»; e) l’attività comporterebbe altresì «disagi alla viabilità in quanto il corteo funebre dovrebbe immettersi nella viabilità principale attraverso o un incrocio regolato da semaforo … o da altro incrocio certamente poco agibile a causa del considerevole flusso di traffico».
8. Con ricorso notificato in data 29 ottobre 2019 e depositato il 26 novembre 2019, la sig. M. Stefania, in proprio e quale legale rappresentante della soc. P. & M. s.r.l.s. ha impugnato innanzi a questo Tar la nota Comune di Langhirano 31 luglio 2019, la pregressa comunicazione di sospensione della CILA del 10 maggio 2019, nonché gli atti presupposti, conseguenti e comunque connessi, chiedendone l’annullamento – previa sospensione – sulla base di tre articolati motivi in diritto.
8.1. Con il primo motivo, parte ricorrente ha lamentato l’illegittimità dell’atto del 31 luglio 2019 per «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10, 21-quater e 21-nonies della legge n. 241 del 1990; dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990 in combinato disposto con l’art. 7, comma 5-bis, della legge reg. n. 15 del 2013 e dell’art. 4 della legge reg. n. 23 del 2004; [nonché per] eccesso di potere per carenza e perplessità nell’istruttoria, per carenza di motivazione e per violazione dei principi generali in materia di affidamento del cittadino», lamentando – in sintesi – la tardività del provvedimento, la violazione delle disposizioni in materia di procedimento amministrativo previste dalla normativa regionale e nazionale e la mancata considerazione delle osservazioni spiegate nelle deduzioni difensive del 25 giugno 2019.
8.2. Con il secondo motivo parte ricorrente ha lamentato l’illegittimità dell’atto gravato «per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 41 Cost., 31, l. n. 214 del 2011, e 14 l.r. Emilia Romagna n. 19 del 2004; [nonché per] eccesso di potere per falso supposto di diritto e per ingiustizia manifesta» osservando in sintesi:
– che l’attività esercitata nelle sale del commiato «si configura quale prestazione di servizi ed è urbanisticamente compatibile con la destinazione d’uso commerciale, essendo notorio che l’attività commerciale in genere comprende la prestazione di servizi (cfr. Tar Milano, II, 11 marzo 2019, n. 519)»;
– che l’art. 14, l.r. Emilia Romagna n. 19/2004 «pone pochissime prescrizioni e, al contrario di altre regioni, non dimostra di reputare tale attività come distinta da una prestazione di servizi e non pone vincoli tipici quali, ad esempio, quello relativo alla zona di rispetto cimiteriale. Fatta eccezione per gli ovvi requisiti di carattere igienico-sanitario previsti per i servizi mortuari dalle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, l’unico vero limite è rappresentato dall’impossibilità di collocare la sale in questione nell’ambito di strutture sanitarie pubbliche o private, socio-sanitarie e di vita collettiva» e che tuttavia «la nozione di strutture di vita collettiva … non può però assolutamente riferirsi ad abitazioni, uffici privati ed esercizi commerciali, ancorché organizzati nella struttura del condominio e di caratteristiche e dimensioni variabili, rimandando a tutto ciò che può essere fruibile da un numero indeterminato di persone, indipendentemente da quello che è il loro luogo di lavoro o di abitazione».
8.3. Con il terzo motivo, la ricorrente ha sostenuto l’illegittimità degli atti gravati per «violazione e/o falsa applicazione, sotto altro profilo, degli artt. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 e 7 della legge reg. n. 15 del 2013; [nonché per] eccesso di potere per difetto di istruttoria e per falso supposto di fatto», contestando – in sostanza – le argomentazioni in ordine ai profili di sicurezza stradale contenute nel provvedimento impugnato.
8.4. Con lo stesso ricorso, parte ricorrente ha poi formulato domanda risarcitoria, notando che «i danni subiti in conseguenza dei provvedimenti di sospensione e di annullamento del titolo abilitativo consistono, in primo luogo, nelle spese sostenute ai fini della realizzazione dell’intervento di manutenzione straordinaria per opere interne ed elencabili in spese di approntamento dei locali e relativi costi tecnico-progettuali, spese per consulenza legale, traslochi e acquisto di cella frigorifera oltre a spese bancarie per l’accensione di un mutuo chirografario» e affermando che tale danno sarebbe stato provato «per tabulas in corso di causa unitamente al lucro cessante in capo all’impresa».
9. Con memoria del 12 dicembre 2019, il Comune resistente ha eccepito – in primo luogo – l’inammissibilità del ricorso, osservando che «il Comune di Langhirano [ha] disposto la sospensione della CILA già dopo pochi giorni, con nota del 24 gennaio 2019, mediante cui [ha chiesto] la “dimostrazione della conformità al regolamento condominiale, se presente, o consenso da parte del condominio”, poiché considerava che “l’intervento previsto nella Comunicazione consiste in una modifica dell’unità immobiliare da attività commerciale ad attività compresa nell’ambito funebre” e che «la mancata impugnazione [di tale] atto presupposto a quello impugnato in via principale costituisce motivo di inammissibilità del ricorso».
Nel merito, l’amministrazione ha evidenziato l’infondatezza del primo motivo di ricorso, rilevando che «il Comune [ha] fin da subito provveduto a sospendere la CILA chiedendo a controparte la formale dimostrazione del consenso dei condomini e la conformità al regolamento condominiale» e sostenendo che l’art.7, comma 5, l.r. Emilia Romagna n. 15/2013 «non impone alcun termine finale per l’assunzione dei provvedimenti di controllo attivati dalla p.a., limitandosi a prescrivere un controllo sulla completezza documentale entro 5 giorni e l’attivazione di un ulteriore controllo, a campione, sulla sussistenza dei requisiti e dei presupposti richiesti della normativa e dagli strumenti urbanistici».
Con riferimento al secondo motivo di ricorso, il Comune ha insistito nell’affermare che «non possono sussistere dubbi sul fatto che l’attività di sala del commiato costituisca un’attività funeraria e non una mera attività commerciale»; ha evidenziato che «nel procedimento di rilascio di titoli edilizi, l’amministrazione ha il potere ed il dovere, in caso di opere che vadano ad incidere sul diritto di altri comproprietari, di esigere il consenso degli stessi o pretendere la produzione della dichiarazione di assenso dell’amministrazione condominiale»; ha ribadito che l’attività di Sala del Commiato non può esercitarsi nell’ambito di «un fabbricato condominiale (a maggior ragione di fronte all’opposizione degli altri condomini) “quale edificio di vita collettiva, in quanto abitato e frequentato da una pluralità di persone..”, incontrando il limite espressamente previsto dal comma 5 dell’art.14 della l.r. n.19 del 2004».
Relativamente al terzo motivo, l’amministrazione ha sostenuto l’inammissibilità «delle censure avversarie circa la valutazione in tema di dotazioni territoriali, di sicurezza della viabilità, dal momento che le censure investono l’ambito della discrezionalità amministrativa in capo alla p.a., che non può essere sindacata nel merito, se non nelle ipotesi sintomatiche di evidente illogicità, contraddittorietà, irragionevolezza, che però non sussistono e neppure sono eccepite nel caso di specie» e ha ribadito la ragionevolezza delle motivazioni addotte nel provvedimento gravato specificando che «l’afflusso [all’attività] è esattamente quello di un funerale».
10. Con memoria del 12 dicembre 2019, parte ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare.
11. Con memoria del 16 maggio 2022, il Comune resistente ha insistito nelle proprie difese.
12. Con atto del 14 giugno 2022, parte ricorrente si è costituita in giudizio con un nuovo procuratore, dando atto della nuova denominazione della società in “< omissis > s.r.l.s.”.
13. All’udienza del 17 giugno 2022, la causa è stata discussa e trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito illustrate.
2. In via preliminare, va evidenziata l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità formulata dall’amministrazione in ragione della mancata impugnazione da parte della ricorrente della nota 24 gennaio 2019, con cui il Comune di Langhirano ha chiesto «per una più completa valutazione della [CILA] dimostrazione della conformità al regolamento condominiale o consenso da parte del condominio» e ha notato che, fino alla produzione di quanto richiesto, la CILA è da intendersi sospesa e non operante.
A tal proposito, va osservato, infatti, che: a) la nota sopra richiamata è evidentemente un atto istruttorio e endoprocedimentale; b) come ammesso dal Comune resistente parte ricorrente ha depositato tempestivamente il regolamento condominiale in uno con un parere legale finalizzato a dimostrare la «conformità al regolamento», sicché la sospensione della CILA disposta dall’ente locale con detta nota ha cessato i propri effetti al momento della produzione del regolamento.
Né può ritenersi che sussistano profili di irricevibilità/inammissibilità del ricorso legati al fatto che la sig. M. ha impugnato il provvedimento di sospensione in autotutela del 10 maggio 2019 in uno con il provvedimento finale del 31 luglio 2019 (con ricorso notificato il 29 ottobre 2019): anche in questo caso sono evidenti, infatti, la natura endoprocedimentale della nota del 10 maggio 2019, e il carattere interinale della sospensione disposta (nelle more della conclusione «della verifica delle condizioni di ammissibilità»).
Correttamente, quindi, la ricorrente ha gravato l’atto conclusivo del procedimento di verifica che ha cristallizzato la decisione dell’amministrazione di considerare nulla la CILA e di imporre alla sig. M. «il ripristino dell’uso legittimato nei locali oggetto di intervento».
3. Ciò chiarito in via preliminare, sono fondati il secondo e il terzo motivo di ricorso, con il quale parte ricorrente ha censurato le motivazioni sulla base delle quali è stato adottato l’atto gravato, relative rispettivamente a) all’impossibilità di realizzazione di una sala del commiato presso un fabbricato condominiale, in quanto «edificio di vita collettiva» (cfr. punti nn. 1 e 2 del provvedimento impugnato,); b) all’impatto che la struttura avrebbe sulla viabilità stradale e più in generale sulla vivibilità del territorio in ragione del presunto aumento del carico urbanistico (cfr. punti nn. 3, 4 e 5 del provvedimento gravato).
A tal proposito, deve innanzitutto evidenziarsi che – così come correttamente notato dalla ricorrente – l’art. 14, l.r. Emilia Romagna n. 19/2014 promuove e incentiva (cfr. commi 1 e 6) la realizzazione delle Sale del Commiato e, in quest’ottica, non pone particolari limiti – fatto salvo «il possesso delle caratteristiche igienico-sanitarie previste dalle norme nazionali e regionali per i servizi mortuari delle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate» – al loro insediamento sul territorio, limitandosi ad evidenziare che tali strutture «non possono essere collocate nell’ambito di strutture sanitarie pubbliche o private, né di strutture socio-sanitarie o di vita collettiva, ma possono essere collocate nella zona di rispetto cimiteriale».
3.1. Ciò premesso in termini generali, è evidentemente fondato il secondo motivo di ricorso nella parte in cui rileva che la nozione di «strutture di vita collettiva di cui all’art. 14, comma 5, legge reg. n. 19 del 2004 non può però assolutamente riferirsi ad abitazioni, uffici privati e esercizi commerciali, ancorché organizzati nella struttura del condominio e di caratteristiche e dimensioni variabili».
È chiaro infatti che nella nozione di strutture di vita collettiva – affiancate dal legislatore regionale alle strutture sanitarie e socio-sanitarie quali luoghi in cui non è possibile realizzare sale del commiato – sono ricomprese esclusivamente strutture aperte al pubblico e destinate alla fruizione comunitaria (ad es. strutture sportive, ricreative, ricettive, scolastiche, religiose, etc.), ovvero strutture nell’ambito delle quali la realizzazione di una sala del commiato potrebbe porre problemi per la salute e/o l’igiene pubblica.
A tal proposito, già in altre occasioni la giurisprudenza ha avuto modo di evidenziare che il divieto di collocare strutture per il commiato «nell’ambito di strutture sanitarie pubbliche o private, o di strutture socio-sanitarie o di vita collettiva» è di stretta interpretazione e si applica solo «a strutture prive di autonomia funzionale, [essendo] finalizzat[o] a prevenire problemi per la salute o l’igiene pubblica» (cfr. Tar Lecce, I, 5 settembre 2019, n. 1454).
Nel caso di specie, peraltro, il locale commerciale in oggetto ha un proprio ingresso autonomo rispetto all’ingresso condominiale, sicché lo svolgimento dell’attività di Sala del Commiato in detto immobile non importa alcun utilizzo degli spazi condominiali da parte di chi si reca presso la predetta attività.
Conclusivamente, va rilevato che, purché il locale sia in possesso delle caratteristiche igienico-sanitarie previste dalla legge, l’art. 14, comma 5, l.r. Emilia Romagna n. 19/2014 non impedisce la realizzazione dell’attività di “Sala del Commiato” in un locale commerciale – con accesso indipendente su strada, come quello oggetto del presente ricorso – collocato nell’ambito di una struttura condominiale.
3.2. Parimenti fondato è il terzo motivo di gravame, con il quale parte ricorrente ha contestato le motivazioni addotte dall’amministrazione sotto il profilo dell’impatto sulla viabilità e, più in generale, sulla vivibilità della zona.
A tal proposito deve premettersi che la giurisprudenza ha già avuto modo di chiarire che «l’attività esercitata nelle sale del commiato si configura quale prestazione di servizi ed è urbanisticamente compatibile con la destinazione d’uso commerciale» (cfr. Tar Milano, II, 11 marzo 2019, n. 519).
Ciò chiarito, il Collegio non può non notare che l’apertura di un’attività commerciale in un dato territorio è sempre astrattamente in grado di determinare ripercussioni sulla viabilità, sulla fruibilità dei marciapiedi e dei parcheggi non minori di quelle che, nel caso di specie, sono state paventate dal Comune (affollamento del marciapiede, afflusso di persone nell’area, rischio di saturazione dei parcheggi).
Ora, nel caso di specie, non vi sono dubbi in ordine al fatto che:
a) l’immobile da adibire a Sala del Commiato è collocato in un ambito urbanistico in cui è consentito l’insediamento di attività commerciali;
b) il medesimo immobile era già destinato ad uso commerciale.
È evidente, allora, che la valutazione circa la compatibilità dell’esercizio di un’attività commerciale (ancorché densamente frequentata) in tale immobile con tutte le esigenze pubbliche invocate dal Comune nel proprio provvedimento è già stata svolta “a monte” dall’ente locale, prima, in sede di pianificazione urbanistica e, poi, in sede di attribuzione della destinazione d’uso all’immobile in oggetto.
Né può sostenersi che la decisione dell’ente locale sia ragionevolmente motivata in relazione all’attività concretamente esercitata nella Sala del Commiato (così come descritta nella relazione tecnica allegata alla CILA e prodotta in atti dall’ente locale).
E, infatti, proprio la summenzionata relazione esclude espressamente che in tale struttura si svolgeranno «celebrazioni religiose» e specifica che la stesa sarà adibita solo a «camera ardente»: attività, quest’ultima, che (a differenza della celebrazione di un funerale) non appare di per sé idonea a generare un contemporaneo afflusso di persone nell’area tale da giustificare un trattamento differenziato rispetto ad altre attività commerciali (e/o di prestazioni di servizi) che potrebbero essere realizzate nell’immobile.
Ne consegue l’illegittimità, anche sotto profilo, del provvedimento gravato.
4. La fondatezza dei motivi di gravame sopra richiamati consente a questo Collegio di prescindere dallo scrutinio delle doglianze illustrate nel primo motivo.
5. Per tutte le superiori ragioni, il ricorso è fondato e il provvedimento impugnato deve essere annullato.
Deve precisarsi, tuttavia, che la CILA proposta dalla ricorrente, com’è evidente, ha a oggetto esclusivamente la realizzazione di interventi edilizi sull’immobile sicché ogni considerazione in ordine all’effettiva rispondenza dell’immobile alle «caratteristiche igienico-sanitarie previste dalle norme nazionali e regionali per i servizi mortuari delle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate» resta estranea al perimetro del presente giudizio (al pari di ogni altra questione inerente l’avvio dell’attività).
6. La domanda di risarcimento del danno genericamente formulata dalla ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio deve essere invece rigettata, atteso che non è stata fornita prova alcuna del pregiudizio patrimoniale patito dalla stessa a causa dei provvedimenti impugnati.
7. In ragione della peculiarità della vicenda, le spese processuali possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna sezione staccata di Parma (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Respinge la domanda di risarcimento del danno.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2022 con l’intervento dei magistrati:
Germana Panzironi, Presidente
Massimo Baraldi, Primo Referendario
Agatino Giuseppe Lanzafame, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE (Agatino Giuseppe Lanzafame)
IL PRESIDENTE (Germana Panzironi)
IL SEGRETARIO