Tar Campania, Sez. IV, 11 febbraio 2015, n. 1027

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Tar Campania, Sez. IV, 11 febbraio 2015, n. 1027

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3378 del 2014, proposto da Arciconfraternite Ss. Sacramento, Maria Ss. del Rosario e S. Francesco di Paola, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avv. Alfredo Contieri e Bruno Mercurio, con domicilio eletto presso il loro studio in Napoli, Via R. De Cesare 7,
contro
Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso per legge dagli avv. Fabio Maria Ferrari, Antonio Andreottola, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Barbara Accattatis Chalons D’Oranges, Anna Pulcini, Bruno Ricci, Gabriele Romano, domiciliato in Napoli, presso gli uffici dell’Avvocatura comunale, piazza Municipio,
per l’annullamento, previa sospensione
a) della disposizione dirigenziale n. 24 del 15 maggio 2014 emessa dalla Direzione Centrale Patrimonio – Servizi Cimiteri Cittadini del Comune di Napoli, notificata il 17 maggio 2014, con la quale l’Amministrazione resistente ha:
– comunicato l’improcedibilita’ dell’istanza di variante in corso d’opera al permesso a costruire n.9 del 4 giugno 2010, presentata il 23 novembre 2013;
– disposto la decadenza del permesso di costruire n. 8 del 9 novembre 2007 e della successiva variante n. 9 del 4 giugno 2010, rilasciate alle ricorrenti, nonché l’acquisizione del manufatto funerario sito nel Cimitero di Fuorigrotta, realizzato sui suoli oggetto degli stessi titoli abitativi;
b) ove e per quanto occorra, di tutti gli atti preordinati, connessi e consequenziali, ed in particolare della nota 19 marzo 2014 di sospensione dei lavori e comunicazione di avvio del procedimento di decadenza del permesso di costruire, nonché degli artt. 29, 30, 38 del regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Napoli, nella misura in cui si appalesino suscettibili di interpretazione contra legem;
nonché per la declaratoria di nullità e/o di inefficacia:
c) della convenzione sottoscritta, in data 26 ottobre 2007, dalle ricorrenti e dal Comune di Napoli, in attuazione del permesso di costruire n. 8/2007, nella parte in cui prevede la decadenza del titolo abilitativo per violazione, da parte del concessionario, delle norme di cui al Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Napoli richiamate ed impugnate nel precedente punto b).
Visti il ricorso e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
viste le memorie difensive, come meglio specificate in motivazione;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2014 il Primo Referendario dott.ssa Maria Barbara Cavallo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso notificato il 20 giugno 2014, le Arciconfraternite Ss. Sacramento, Maria Ss. del Rosario e S. Francesco di Paola (in seguito: le Arciconfraternite) hanno impugnato i provvedimenti sub a) e sub b), con i quali il Comune di Napoli ha, sostanzialmente, decretato la decadenza delle ricorrenti da alcuni titoli edilizi che erano stati ottenuti, nel corso degli anni, per l’esecuzione di una serie di interventi edilizi all’interno del Cimitero di Fuorigrotta, cimitero che le ricorrenti prospettano essere di loro proprietà, e sito in Napoli, quartiere Fuorigrotta, su terreno distinto in NCT foglio 184, p.lla B).
La vicenda oggetto del giudizio è molto complessa e merita una dettagliata esposizione dei fatti che ne sono a presupposto nonché della successione nel tempo dei provvedimenti emessi dall’Amministrazione comunale.
1.1. Questa la cronologia essenziale per come esposta in ricorso:
– in data 9 novembre 2007 viene rilasciato dal Comune il permesso di costruire n. 8/2007, relativo a opere di manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia, anche in ampliamento, di alcuni manufatti funerari, oltre alla realizzazione di un nuovo campo inumativo;
– in data 4 giugno 2010 il Comune rilascia un nuovo permesso di costruire (n. 9/2010) in variante al primo (in seguito denominato: “ prima variante”), per la realizzazione di una ristrutturazione edilizia in luogo della precedente manutenzione straordinaria;
– il 17 dicembre 2011 le Arciconfraternite emettono un bando pubblico per l’assegnazione a sorteggio dei loculi, a un prezzo di costo, tra la popolazione richiedente residente nella municipalità di zona;
– in considerazione dell’enorme richiesta di sepolture, il 23 aprile 2013 le Arciconfraternite presentano una seconda richiesta di variante (prot. 325683) (in seguito denominato: “ seconda variante”) avente ad oggetto la realizzazione di 243 loculi e 2140 urne cinerarie, il tutto senza modificare la sagoma e il volume del precedente fabbricato;
– in data 25 novembre 2013 la richiesta viene ripresentata modificata (in seguito: “ terza variante”), con aumento dei loculi a 291 unità e diminuzione delle urne a 884 unità; contestualmente si archivia quella dell’aprile 2013;
– nel marzo 2014, viene effettuato un sopralluogo da parte delle Polizia municipale, che riscontra la variazione di loculi rispetto a quelli di cui all’originario permesso di costruire, posto che sulla variante presentata nel novembre 2013 l’Amministrazione non si era ancora pronunciata;
– il cantiere viene sottoposto a sequestro preventivo della P.G. e il Comune inizia le procedure per la dichiarazione di decadenza dei permessi di costruire 8/2007 e 9/2010, in quanto vi sarebbe stato un aumento del numero di loculi non consentito, da considerarsi quale variante essenziale al permesso di costruire; sul punto segue replica delle Arciconfraternite con apposita memoria procedimentale, e segue anche ordinanza del Tribunale del Riesame di Napoli, in data 13 maggio 2014, che ha negato la natura di variante essenziale delle opere sequestrate, non comportando queste ultime variazioni di cubatura, superficie e destinazione d’uso;
– con l’emissione del provvedimento impugnato sub a) (improcedibilità della istanza di terza variante, decadenza dai vari permessi di costruire, acquisizione del manufatto al patrimonio comunale), il Comune ha negato la formazione del silenzio assenso sulla seconda istanza di variante; ha ribadito che l’edificazione degli ulteriori loculi costituisce variante essenziale al permesso di costruire 8/2007 (art. 30, commi 1 e 2 lett. d), del Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Napoli) e alla successiva prima variante (2010); ha altresì ritenuto che la proprietà dei terreni ove sorgono i manufatti funerari non sia delle Arciconfraternite, non avendo queste prodotto copia dei documenti da cui si evinca la titolarità dei beni immobili interessati dal permesso di costruire n. 8 del 9.11.2007.
2. Avverso i provvedimenti impugnati le ricorrenti hanno sollevato i seguenti motivi di diritto:
I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 93 Cost., violazione e falsa applicazione degli att. 823 e 824 c.c.; violazione dell’art. 49 del Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria: violazione e falsa applicazione dell’art. 107 L. 448/1892 e del D.P.R. 10.9.1990 n. 215; violazione del giusto procedimento; eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore sui presupposti di fatto e di diritto, travisamento, illogicità, contraddittorietà dell’agire amministrativo, ingiustizia manifesta, perplessità.
Le ricorrenti contestano preliminarmente la negazione del loro diritto di proprietà sul Cimitero di Fuorigrotta, così come ritenuto dal Comune.
Ciò sarebbe confermato da una serie di documenti, tra cui: i) la Deliberazione di Giunta Comunale n. 2252 del 15.6.2007, avente ad oggetto l’ampliamento del Cimitero di Fuorigrotta e l’approvazione dello schema di convenzione, nella quale si dava atto della proprietà dei suoli da parte delle Arciconfraternite; ii) decreti prefettizi di espropriazione di aree in favore delle ricorrenti.
A nulla rileverebbe il regime di demanialità dei cimiteri, confermato dal Codice civile vigente, in quanto l’entrata in vigore (nel 1942) del codice non dovrebbe aver comportato la trasformazione delle aree cimiteriali private in beni demaniali, posto che la disciplina codicistica si applicherebbe soltanto per i cimiteri realizzati dopo la sua entrata in vigore, tenuto anche conto che ai cimiteri è applicabile il regime del demanio accidentale.
Le ricorrenti hanno altresì evidenziato la natura di “cimitero particolare” del Cimitero di Fuorigrotta normativamente sottratto al regime della demanialità di cui all’art. 824 c.c. (art. 107 della L. n. 448/1892) e soggetto alla vigilanza dell’Autorità comunale (Regolamento di Polizia Mortuaria approvato con D.P.R. 10.9.1990 n. 295).
Lo stesso Comune avrebbe da sempre consentito alla Arciconfraternite di dare cappelle e sepolcri in concessione ai privati.
II) Violazione e falsa applicazione dell’art. 93 Cost., violazione e falsa applicazione degli att. 823 e 824 c.c.; falsa applicazione dell’art. 49 del regolamento di Polizia Mortuaria dei Comune di Napoli; eccesso di potere per errore su presupposti giuridico fattuali; travisamento; carenza di potere in concreto; ingiustizia manifesta.
Le ricorrenti contestano la propria qualificazione, fatta dal Comune, di concessionarie delle aree cimiteriali, applicando, nei loro confronti, la misura sanzionatoria della decadenza, con annessa acquisizione al patrimonio dei manufatti realizzati, ai sensi dell’art. 49 del Regolamento di polizia Mortuaria del Comune di Napoli, sanzione applicabile, secondo la prospettazione delle Arciconfraternite, solo ai concessionari di aree cimiteriali e non anche ai proprietari di tali beni.
III) Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 ed 8 L. 241/90 violazione del giusto procedimento, eccesso di potere per difetto di istruttoria, errore nei presupposti, eccesso di potere per sviamento; abuso di diritto per uso alterato del poteri finalizzato a fini da quelli per cui lo stesso è preordinato, contraddittorietà, illogicità, ingiustizia manifeste.
Nella comunicazione di avvio del procedimento prot. 227996 del 19 marzo 2014, il Comune di Napoli non ha mai utilizzato il termine “concessionario” né contestato alle Arciconfraternite la qualità di proprietarie delle aree sulle quali sorgono gli edifici funerari oggetto del permesso di costruire e delle successive varianti, di cui è stata disposta la decadenza, cosa che invece ha fatto, per la prima volta, nel provvedimento finale, contestando la violazione di specifiche previsioni del Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria che presuppongono la qualità di concessionario.
Da qui il vizio del provvedimento impugnato, derivante dalla violazione degli artt. 7 e 8 della l. 241/90, nonché dall’abuso dell’esercizio del potere orientato all’esercizio di un potere vincolato (in sostanza si lamenta che il Comune stia attuando una sorta di esproprio “ di fatto” ai danni delle ricorrenti, anziché utilizzare i propri poteri di semplice vigilanza sulla attività edilizia).
IV) Violazione dell’art. 97 Cost., violazione dell’art. 20 del D.P.R. n. 380/2001; violazione del giusto procedimento; violazione dei principi che regolano la consumazione del potere amministrativo e del principio del legittimo affidamento; eccesso di potere per errore nei presupposti giuridico-fattuali; travisamento; difetto istruttorio; violazione del giusto procedimento di legge; illogicità, contraddittorietà, ingiustizia manifeste.
Le Arciconfraternite negano che le opere realizzate costituiscano “variante essenziale” al permesso di costruire, potendo essere autorizzate mediante SCIA, anche postuma, senza dover necessariamente richiedere un ulteriore titolo autorizzativo.
In ogni caso, l’aumento del numero dei loculi in variante al permesso di costruire del 2007 e della successiva variante del 2010 è da ritenersi autorizzato, per formazione del silenzio assenso sulla richiesta di variante presentata dalle ricorrenti nell’aprile 2013, e quindi trascorsi 150 giorni dalla sua presentazione (art. 20 d.P.R. 380/01), nel settembre 2013.
La seconda richiesta di variante, del 25 novembre 2013, sarebbe quindi stata presentata quando già si era formato l’assenso sulla precedente variante rispetto alla quale si prevedeva solo una diversa distribuzione delle opere interne con l’aumento del numero dei loculi da 243 a 291 unità e la riduzione delle urne cinerarie da 2140 a 889 unità.
Nessun effetto avrebbe avuto l’archiviazione disposta dall’Amministrazione il 25 novembre 2013, in quanto il potere dell’Amministrazione si sarebbe consumato attraverso l’istituto del silenzio assenso già dal 20 settembre 2013.
Le Arciconfraternite lamentano anche profili di lesione del legittimo affidamento ingenerato dall’Amministrazione, che prima autorizza determinate opere, poi, contraddittoriamente, le vieta.
V) Violazione dell’art. 97 Cost.; violazione degli arti. 22, 31 e 32 del D.P.R. n. 380/2001; violazione e falsa applicazione degli arti. 28, 29, 30 e 38 del Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Napoli; eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto, travisamento, difetto istruttorio, violazione del giusto procedimento di legge; illogicità. contraddittorietà e ingiustizia manifeste.
Le ricorrenti hanno ribadito che i manufatti funerari oggetto del contendere sono assoggettati, quanto alla disciplina dei titoli edilizi, non alle disposizioni speciali previste dal Regolamento di Polizia Mortuaria per i concessionari di aree cimiteriali demaniali, bensì alle norme del Testo Unico per l’Edilizia, in base alle quali la variante richiesta non potrebbe essere considerata quale “ essenziale”, per come questa è definita dagli artt. 31 e 32 del medesimo Testo Unico, non essendovi cambio di destinazione d’uso, aumento di cubatura o di superficie ovvero mutamento delle caratteristiche strutturali del primo intervento edilizio.
Da qui la possibilità che le opere in questione vengano assentite con DIA o SCIA anche postuma, come previsto dall’art. 22 del D.P.R. n. 380/2001.
Sotto questo profilo le disposizioni del Regolamento di Polizia Mortuaria (art. 29 co. 1 lett. b) e 30 co. 2 lett. d) e i punti IV ed XI della Convenzione sottoscritta nel 2007, che stabiliscono che la realizzazione di un maggior numero di loculi e/o tumuli, rispetto a quanto autorizzato, costituirebbe di per sé variazione essenziale al permesso di costruire determinando la decadenza dei titoli abilitativi previamente rilasciati, sono certamente recessive rispetto alle norme di legge del d.P.R. 380/01, applicabili nel caso concreto.
VI) Violazione del principio di gerarchia delle fonti; violazione del 3° e 4° comma dell’art. 345, t.u.11.ss., R.D. 27 luglio 1934, n. 1265. Eccesso di potere per sviamento della funzione regolamentare; illogicità; contraddittorietà; ingiustizia manifesta.
In caso di interpretazione difforme da quanto sopra esposto, le ricorrenti sostengono altresì che le suddette disposizioni del Regolamento dovrebbero essere dichiarate illegittime ed annullate per contrasto con norme di rango superiore, cronologicamente posteriori, così come le clausole della convenzione dovrebbero essere dichiarate nulle.
Il Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Napoli, approvato con deliberazione del consiglio comunale n. 11 del 21.2.2006, dovrebbe essere a sua volta inefficace in quanto non recante l’approvazione da parte del Ministro della Sanità e la successiva pubblicazione nell’albo pretorio, ai sensi dell’art. 345 del RD. 27 luglio 1934, n. 1265.
3. L’Amministrazione Comunale si è costituita e, con memoria depositata l’11 luglio 2014, in vista della camera di consiglio sulla domanda cautelare, ha evidenziato alcuni fatti significativi, e in particolare che la seconda richiesta di variante presentata dalle ricorrenti era stata oggetto di rinuncia da parte delle stesse Arciconfraternite, come da richiesta del 23 ottobre 2013 (prot. 0788913), accettata dal Comune il 25 novembre successivo (prot. 0885969).
Le medesima richiesta conteneva anche un’istanza di proroga per la realizzazione dei lavori assentiti con la prima variante (2010), che veniva accolta dal Comune con provvedimento del 27 novembre 2013.
La richiesta di terza variante, pertanto, si innestava su uno stato di fatto che faceva capo alla prima variante, non alla seconda; sicchè la realizzazione di un numero di loculi e di urne diverso, costituiva, per il Comune, variante essenziale al permesso di costruire, determinando la decadenza dallo stesso, in applicazione dell’art. 30 del Regolamento di Polizia Mortuaria e della Convenzione.
La difesa comunale ha confutato, nel merito, i singoli motivi di ricorso, evidenziando l’assenza dei decreti prefettizi di esproprio citati dalle ricorrenti, negando la natura di “cimitero particolare” del cimitero di Fuorigrotta e ribadendone la demanialità, in base alle norme del Codice civile e alla circostanza che esso sarebbe stato utilizzato anche per la sepoltura di soggetti privi di rapporto o collegamento con le Congregazioni religiose.
Ha altresì ribadito che la realizzazione dei loculi sarebbe avvenuta in assenza di titolo abilitativo, in ciò contravvenendo all’art. 49 del Regolamento di Polizia Mortuaria e all’art. XI della Convenzione; che i presupposti del provvedimento, così come enunciati anche nella comunicazione di avvio del procedimento, coincidono perfettamente; che nessun silenzio-assenso può essersi formato sulla seconda richiesta di variante, dell’aprile 2013, in quanto la stessa, come detto, è stata oggetto di espressa rinuncia da parte delle Arciconfraternite, e comunque le due varianti (seconda e terza) non sarebbero in alcun modo sovrapponibili quanto ai contenuti e nessun affidamento può essersi ingenerato nelle richiedenti; infine, che non possono ritenersi applicabili le disposizioni del testo unico dell’Edilizia e che quindi, quanto al concetto di variante essenziale, il riferimento è al Regolamento di Polizia Mortuaria e al testo della Convenzione, che in sostanza qualificano come “essenziale” qualsiasi variazione rispetto a quanto autorizzato, comminando la decadenza dal permesso in caso di mancanza di titolo.
4. Alla camera di consiglio del 16 luglio 2014, la causa è stata cancellata dal ruolo delle sospensive, per concorde richiesta delle parti, e rinviata al merito.
5. In vista dell’udienza pubblica le parti hanno depositato memorie (31 ottobre 2014).
5.1. Le ricorrenti, con riferimento alla documentazione depositata in data 23 ottobre, hanno dato atto di aver prodotto una certificazione ipocatastale, a firma del Notaio Di Finizio, che attesta la trascrizione, a favore delle Arciconfraternite, di tutti gli atti pubblici e privati di acquisizione dei terreni sui quali sorgono i manufatti cimiteriali.
Hanno anche prodotto una relazione tecnica attestante la graduale espansione del Cimitero di Fuorigrotta dal nucleo originario, del 1865, attraverso una serie di atti di compravendita regolarmente trascritti e decreti prefettizi di esproprio.
Hanno altresì elencato una serie di atti, già versati in giudizio, dai quali emergerebbe chiaramente che l’Amministrazione fosse a conoscenza della proprietà delle aree in questione da parte delle suindicate Arciconfraternite.
In ragione della affermata natura privata dei terreni ove sorge il Cimitero, le ricorrenti hanno ribadito l’intero impianto del ricorso introduttivo, replicando alle eccezioni di controparte, e segnatamente: i) ribadendo l’inapplicabilità a soggetti non concessionari dell’art. 49 del Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Napoli, e ciò in ragione della natura “ particolare” del Cimitero di Fuorigrotta e del suo regime di bene privato; ii) sottolineando la destinazione dei nuovi loculi ad ospitare i resti mortali anche dei membri delle Arciconfraternite, già tumulati in strutture precedenti e temporaneamente spostati durante i lavori, e questo al fine di ribadire il collegamento tra il regime proprietario dei terreni e la natura particolare del Cimitero; iii) evidenziando sia l’inefficacia del Regolamento di Polizia Mortuaria per mancata approvazione da parte del Ministero della Sanità e mancata pubblicazione sull’albo pretorio (sesto motivo di ricorso), sia la violazione della normativa del d.P.R. 380/01, in ordine alla inesistenza di una variante “ essenziale” sotto il profilo edilizio, nonchè all’avvenuta formazione del silenzio assenso sulla istanza di seconda variante, posto che i 150 giorni previsti dalla legge sarebbero spirati nel settembre 2013 (laddove l’istanza di terza variante è di novembre, e va quindi ad innestarsi su un provvedimento già consolidato).
5.2. L’avvocatura comunale, dopo aver effettuato ampia ricognizione sul regime dei cimiteri e in particolare dei cd. “ cimiteri particolari”, escludendone qualsiasi tipo di ampliamento e ritenendo che essi, per mantenere tale qualificazione, devono conservare immutate le proprie caratteristiche, cosa che non sarebbe avvenuta nel caso concreto, ha ribadito sia l’applicabilità delle disposizioni del Regolamento di Polizia Mortuaria, sia la conseguente decadenza ai sensi dell’art. 49 in caso di realizzazione di un manufatto difforme nella sostanza da quello assentito, sia la mancata formazione del silenzio assenso, sia l’inapplicabilità del d.P.R. 380/01.
6. Depositate le rispettive repliche, entrambe le parti hanno ampiamente discusso all’udienza pubblica del 3 dicembre 2014.
All’esito della discussione, il collegio ha trattenuto la causa per la decisione.
DIRITTO
1. Premessa.
La complessità e la vastità delle tematiche trattate rendono necessaria una premessa sul tipo di iter motivazionale che il collegio seguirà per pervenire alla decisione finale.
Come è evidente dalla narrativa, assume rilievo del tutto centrale ai fini del decidere quello che concerne il regime proprietario del Cimitero di Fuorigrotta, e quindi la sua natura privata o demaniale, passando per l’accertamento della qualifica di “ cimitero particolare”.
Si tratta, a ben vedere, di un accertamento in ordine all’assetto dominicale dell’area in questione che, pur essendo in via di principio sottratto alla giurisdizione del giudice amministrativo, può nondimeno essere conosciuto in via incidentale ai sensi del co. 1 dell’art. 8 c.p.a., trattandosi di questione evidentemente pregiudiziale al fine di stabilire la legittimità dei provvedimenti impugnati.
Come ha chiarito recentemente il Supremo Consesso della giustizia amministrativa (Cons. St., sez. IV, 14 maggio 2014 n. 2483), “il rapporto di pregiudizialità può riguardare due tipologie di fenomeni giuridici diversi: in primo luogo, la cd. pregiudizialità logica, ossia quella che si manifesta sempre all’interno del medesimo rapporto giuridico e dove viene in evidenza la relazione tra l’intero rapporto e un singolo aspetto di questo, costituito a sua volta da una autonoma situazione giuridica sostanziale; in secondo luogo, la cd. pregiudizialità tecnica, ossia quella dove il nesso collega rapporti giuridici diversi, in modo che vi sono ricompresi tutti i casi in cui un diritto o un rapporto giuridico diventa elemento costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo in una fattispecie che, a sua volta, esplica un effetto giuridico su un diverso diritto o rapporto.”
In questa seconda evenienza, che è quella che rileva nel presente giudizio, “l’esistenza dell’effetto o rapporto giuridico oggetto di scrutinio giurisdizionale in via principale dipende, secondo un meccanismo di condizionamento o di derivazione, dalla situazione a monte, ossia dall’esistenza o dall’inesistenza del diritto o rapporto costitutivo, impeditivo, modificativo, estintivo.”
Nel caso di specie, è evidente, dal contenuto delle prospettazioni delle parti, che la natura demaniale o privata del cimitero determina, rispettivamente, l’applicazione o meno dell’art. 49 del Regolamento di Polizia Mortuaria, che stabilisce la decadenza della concessione del suolo (cimiteriale), tra gli altri casi, nell’ipotesi di “ realizzazione di un manufatto funebre in difformità sostanziale dal permesso di costruire” (comma 3), con conseguente “acquisizione, da parte dell’Amministrazione Comunale, degli importi a qualsiasi titolo versati, nonché delle opere edilizie realizzate”.
Ne discende che l’accertamento del regime dominicale e, quindi, dell’eventuale rapporto concessorio, funge da presupposto al rapporto giuridico in contestazione, ossia è la condicio sine qua non per la legittimità della proclamata decadenza delle Arciconfraternite dall’ordinario permesso di costruire nonché dell’acquisizione dell’aree in questione e dei manufatti cimiteriali al patrimonio del Comune di Napoli.
Pertanto, questa nozione di pregiudizialità è dunque applicabile alla situazione in esame e determina di conseguenza l’attribuzione alla cognizione incidentale del giudice amministrativo anche del rapporto condizionante.
1.1.Una volta compiuto detto accertamento, l’art. 49 si applicherebbe de plano in caso venga stabilita l’esistenza di un regime concessorio, stante la natura demaniale dell’area.
Per contro, qualora dovesse stabilirsi che la disposizione da ultimo citata non è applicabile, in ragione dell’effettiva natura privata delle aree cimiteriali, si pone il problema di stabilire quale sia la normativa applicabile al caso di specie, ed in particolare ai fini della qualifica della variante presentata dalle ricorrenti come “ essenziale” o meno.
Infatti, sotto questo profilo, diversa è la qualificazione che viene data alla medesima attività dal Regolamento di Polizia Mortuaria rispetto alla disciplina del d.P.R. 380/01: secondo la prospettazione del Comune, la prima normativa, applicabile alle Arciconfraternite in quanto espressamente richiamata dalla Convenzione del 2007, considera come variante essenziale al progetto assentito qualsiasi difformità dallo stesso che non sia stata previamente autorizzata (art. 30 Reg.); per contro, secondo la tesi delle ricorrenti, si applica al caso di specie esclusivamente il d.P.R. 380/01, che contempla una nozione di “ variante essenziale” molto più limitata e nella quale non rientrerebbe la semplice variazione del numero di loculi e di urne cinerarie, senza alterazione della sagoma e della cubatura dei manufatti assentiti.
2. Il regime demaniale dei cimiteri e le eccezioni alla regola. Esistenza dei cd. cimiteri particolari.
L’art. 824 c.c. (Beni delle province e dei comuni soggetti al regime dei beni demaniali) stabilisce che “ i beni della specie di quelli indicati dal secondo comma dell’articolo 822, se appartengono alle province o ai comuni, sono soggetti al regime del demanio pubblico. Allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali.”
Il riferimento al co. 2 dell’art. 822 fa dunque sì che i cimiteri vengano annoverati nel demanio accidentale, che ricomprende i beni che, per la loro natura, potrebbero eventualmente appartenere – sotto il profilo patrimoniale – anche a soggetti diversi da un ente territoriale e il cui carattere demaniale è determinato proprio dall’appartenenza a un ente territoriale.
Ciò significa che, in caso di non appartenenza a Comuni e Province, i cimiteri, come pure i mercati, non rivestono carattere demaniale.
Tale conclusione è corroborata in primo luogo dall’interpretazione della normativa codicistica e dalla circostanza che il combinato disposto degli art. 822 e 824 c.c. determini un collegamento con il demanio accidentale solo per i beni, elencati al co. 2, in ragione della loro appartenenza a un soggetto pubblico (Stato – art. 822 – oppure Province e Comuni – art. 824), appartenenza che non è automatica, ma solo eventuale, come può agevolmente ricavarsi dal confronto tra comma 1 e comma 2 dell’art. 822, laddove la prima disposizione testualmente impone un regime dominicale pubblico a specifici beni (“appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade, etc etc”), mentre la seconda inverte tale corrispondenza, stabilendo che determinati beni (strade, autostrade, strade ferrate, aerodromi, acquedotti, immobili riconosciuti d’interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia, raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche) “ fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato”.
Sulla stessa linea, il citato art. 824 co. 1, stabilisce per questi stessi beni il medesimo regime, se appartengono alle province o ai comuni.
Non vi è dubbio, quindi, che questi beni possano anche non appartenere a soggetti pubblici, e possano essere di proprietà privata (l’esistenza di strade private, pinacoteche private, biblioteche private è fuor di dubbio), come è stato anche ribadito in giurisprudenza (Cass. civ., sez. I, 14 febbraio 1979, n. 968), ove si è affermato che in materia di demanio accidentale la destinazione del bene a fini di pubblico interesse non è sufficiente a determinare la demanialità del bene se non in correlazione all’acquisto fattone dall’ente pubblico, sia pure dopo la costruzione delle opere.
2.1. Ne discende che i cimiteri e i mercati, assoggettati, per legge, al medesimo regime, rivestano natura demaniale solo se di proprietà dell’ente locale.
Tale affermazione è corroborata dall’esistenza, per entrambi i beni citati, di una serie di disposizioni di legge che escludono l’esistenza di un monopolio comunale.
Con riguardo ai mercati, l’art. 1, p. 11, del t.u. 2578/25, stabilisce che i Comuni possono assumere l’impianto e l’esercizio diretto dei pubblici servizi relativi a “ costruzione ed esercizio di mercati pubblici, anche con diritto di privativa”, ciò a conferma che i mercati possono non essere pubblici, e che l’assunzione del servizio è conseguenza di una decisione dell’ente, non un effetto che discende automaticamente in ragione della natura pubblica del bene, che, in effetti, non è sempre tale.
Parimenti, in base all’art. 54 d.P.R. 616/77, la gestione dei mercati è funzione demandata ai Comuni. Il che non significa che i mercati siano di proprietà esclusiva degli enti locali, che hanno il monopolio solo sullo svolgimento del servizio (e possono, di conseguenza, darlo in concessione).
Ed in effetti l’art. 27, co. 1, lett.d) del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 114 (cd. decreto Bersani) definisce “ mercato”, “ l’area pubblica o privata della quale il comune abbia la disponibilità, composta da più posteggi, attrezzata o meno e destinata all’esercizio dell’attività per uno o più o tutti i giorni della settimana o del mese per l’offerta integrata di merci al dettaglio, la somministrazione di alimenti e bevande, l’erogazione di pubblici servizi”.
2.2. Analoghe norme esistono anche per i cimiteri, a conferma che la loro natura non è necessariamente demaniale, ben potendo esistere cimiteri privati.
In origine tali cimiteri furono consentiti dall’art. 107 del d.r. 448/1892, in base al quale “i cimiteri particolari esistenti o da costruirsi per uso di un gruppo di popolazione, di congregazioni, o di qualsiasi altra associazione civile o religiosa, sono sempre sottoposti alla immediata vigilanza dell’autorità comunale.”
Il successivo art. 340 del t.u. delle leggi sanitarie (r.d. 27 luglio 1934, n. 1265), nel vietare la sepoltura in luoghi diversi dal cimitero, confermava la possibilità di effettuare tumulazioni nelle cappelle private e gentilizie non aperte al pubblico.
L’art. 338, co. 2, del medesimo t.u. contempla anche l’esistenza di cimiteri militari di guerra, che soggiacciono a un regime speciale quanto alla distanza dal centro abitato.
L’art. 104, co. 4, del d.P.R. 10 agosto 1990, n. 285 (Approvazione del Nuovo Regolamento di Polizia Mortuaria) ha infine ribadito il contenuto dell’art. 82 del r.d. 21 dicembre 1942, n.1880, ossia che “ le cappelle private costruite fuori dal cimitero, nonché i cimiteri particolari, preesistenti alla data di entrata in vigore del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, sono soggetti, come i cimiteri comunali, alla vigilanza dell’autorità comunale.”
A ciò va aggiunta la normativa sui cimiteri di guerra (attualmente contenuta nel codice dell’ordinamento militare – d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66), in base alla quale i sepolcreti di guerra, definitivamente sistemati nel territorio nazionale, fanno parte, con le loro dipendenze, del patrimonio dello Stato (art. 265), e non di quello dei Comuni.
2.3. Quanto sopra esposto vale a confutare l’affermazione, contenuta nel provvedimento impugnato e ribadita nelle difese del Comune, circa l’esclusiva esistenza – dopo l’entrata in vigore del Codice civile – di soli cimiteri demaniali, sia nel senso della impossibilità di erigerne di nuovi, sia nel senso della esclusione di una “conservazione di un regime di titolarità dei cimiteri diverso da quello demaniale” (cfr. memoria Comune 11.7.2014, pag. 6).
Il Codice del 1942, infatti, non ha comportato la demanializzazione automatica di tali manufatti, né ha sancito l’impossibilità di un regime proprietario differente anche per eventuali ampliamenti.
Il combinato disposto delle norme codicistiche e dell’art. 104 del Regolamento nazionale di Polizia Mortuaria n. 285 del 1990 dimostrano, al contrario, che sono ammessi cimiteri particolari, preesistenti al 1934, e che l’ente locale esercita su questi un potere di vigilanza.
2.3.1. La conferma viene anche da autorevoli precedenti giurisprudenziali in materia.
Il primo è quello costituito dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 21 luglio 1977 n. 3257, che, nel ribadire che l’art 824, co. 2 c.c., assoggetta i cimiteri comunali al regime del demanio pubblico, fa salve le eccezioni costituite dalla continuazione dell’esercizio di cimiteri particolari (art 82 del regolamento di polizia mortuaria n. 1880 del 1942, all’epoca vigente) e della possibilità di cappelle private e gentilizie costruite fuori del cimitero (art 340 del t.u. delle leggi sanitarie), stabilendo altresì che la pretesa che la parte del cimitero occupata da costruzioni funerarie di Arciconfraternite sia di proprietà privata di queste ultime postula la necessita dell’accertamento dell’estraneità della detta parte del cimitero o delle costruzioni funerarie al patrimonio comunale, nonché della posizione delle relative aree all’esterno del cimitero comunale e non rientranti comunque nel patrimonio del comune da questo concesso per tale uso.
La Cassazione fa riferimento ai cimiteri particolari anche nella sentenza del 24 febbraio 1986, n. 1101, riguardante il cimitero particolare di Trino Vercellese, di proprietà della comunità israelitica di Vercelli, nella quale, con riferimento al caso oggetto di giudizio, ritiene “irrilevante che il suddetto cimitero abbia carattere privato”, devolvendo alla giurisdizione amministrativa eventuali contese in ordine al regime delle concessioni edilizie rilasciate ai proprietari di fondi contigui.
2.4. In conclusione, è possibile ritenere che, contrariamente a quanto affermato dalla difesa del Comune di Napoli, possano esistere cimiteri, edificati anteriormente al Codice del 1942, di proprietà di soggetti normalmente associati (diocesi, confraternite, confessioni religiose non cattoliche, associazioni laiche, etc), che tali restano anche dopo l’entrata in vigore della normativa codicistica, nei cui confronti il potere pubblicistico di esplicita in un’attività di vigilanza (sanitaria e amministrativa, riguardante l’applicazione del regolamento di Polizia Mortuaria).
3. Natura di cimitero particolare del Cimitero di Fuorigrotta e regime dominicale.
Appurato quanto sopra, l’accoglimento del primo motivo di ricorso è subordinato alla circostanza, negata dal Comune, che il Cimitero di Fuorigrotta sia effettivamente di proprietà delle Arciconfraternite.
La risposta del collegio non può che essere affermativa.
Già con il ricorso introduttivo, le Arciconfraternite avevano depositato (all. 7 prod. Ricorrenti) i documenti relativi alla proprietà delle aree cimiteriali oggetto di permesso di costruire, tra i quali una serie di rogiti notarili, a partire dal 1918, che dimostrano l’avvenuto acquisto delle aree dove è sorto il Cimitero, destinato, in origine, alla sepoltura dei membri delle Arciconfraternite.
In data 23 ottobre 2014, le ricorrenti hanno altresì depositato l’ulteriore documentazione già menzionata nella parte in Fatto, costituita dalle trascrizioni degli atti di compravendita in favore delle Arciconfraternite, oltre a una relazione tecnica, a firma di un professionista Ing. Bramante, che ricostruisce in maniera dettagliata la storia del Cimitero di Fuorigrotta, che, da un originario nucleo cimiteriale, si è espanso negli anni nei terreni limitrofi all’originario nucleo cimiteriale.
La costruzione del primo impianto cimiteriale fu, infatti, realizzata a far data del 1895 su fondi riprodotti nella mappa del Regio Catasto con denominazione “folio 5 sezione CHI”(cfr. pp.1 e ss. della relazione in commento).
Seguirono successive espansioni mediante l’acquisto di ulteriori terreni nel 1918, terreni che, come certificato dal Notaio, sono attualmente ancora di proprietà delle Arciconfraternite.
Peraltro dell’originario acquisto è prova anche “l’Atto di Convenzione per abbattimento di fabbricato rurale e costruzione di strada”, sottoscritto tra le ricorrenti e i germani Marzano, del 12 febbraio 1927, trascritto in Napoli il 18 febbraio 1927 ai nn. 4284/2947 (cfr. p. 2 della Certificazione Ipocatastale del Notaio Di Finizio), dal quale si evince che con successive occupazioni delle aree limitrofe, l’originario nucleo cimiteriale subì una prima, e per lungo tempo definitiva, espansione.
Nel 1960, le Arciconfraternite chiesero formalmente al Prefetto della Provincia di Napoli di espropriare ulteriori aree, occorrenti per l’espansione del Cimitero, il che avvenne mediante il decreto del 3 agosto 1962, successivamente trascritto (cfr. allegati 8 e 9 alla relazione dell’Ing. Bramante, depositata in giudizio il 23 ottobre 2014).
Ne consegue che se il primo ampliamento del Cimitero era avvenuto principalmente a seguito di compravendite, il secondo ampliamento è avvenuto a seguito di provvedimenti di esproprio, che le ricorrenti hanno prodotto
Dalla documentazione passata in rassegna si evidenzia, poi, che la costruzione della Nuova Chiesa Sepolcrale doveva realizzarsi (ed è stata realizzata) nell’area ove, precedentemente, sorgevano vecchi manufatti funerari (da abbattere), denominati Cappella S. Giovanni, SS. Rosario e S. Nicola, Nicchiario dei Numeri Romani, Ipogeo di S. Procolo e Cappella S. Luigi, tutti in proprietà delle scriventi Arciconfraternite ed insistenti su aree di esclusiva proprietà delle ricorrenti cosi come emerge dai succitati atti di proprietà e dal rilievo fotografico effettuato prima dell’abbattimento delle stesse opere (cfr. allegato 4 della Relazione tecnica dell’ing. Bramante).
Documentazione che era nella disponibilità dell’Amministrazione comunale e sulla base della quale può certamente essere attribuita al Cimitero di Fuorigrotta la qualità di “ cimitero particolare”, come previsto dalla normativa vigente.
3.1. La conferma dell’erronea valutazione del Comune circa la mancata prova dell’appartenenza dei terreni su cui sorge il Cimitero alle odierne ricorrenti è dimostrata inequivocabilmente anche da alcuni atti emessi dallo stesso Comune di Napoli.
Le Arciconfraternite hanno infatti prodotto molti documenti nei quali la natura privata delle aree è riconosciuta (vedi in particolare Deliberazione di Giunta Comunale n. 2252 del 15.06.2007, doc. 8 prod. Ricorrenti, nella quale espressamente si dà atto che il Cimitero di Fuorigrotta è sorto nell’anno 1865 su suoli “ di proprietà delle richiamate Arciconfraternite”; Deliberazione di Consiglio Comunale n. 35 dell’1.02.2005 di approvazione del Piano Regolatore Cimiteriale della Città di Napoli, dalle cui tavole emerge la natura privata del Cimitero di Fuorigrotta, doc. 9a produzione Ricorrenti; scheda del punto 6.i.3 del P.R.C., dalla quale emerge che il Cimitero di Fuorigrotta è di proprietà privata, doc. 9.b prod. Ricorrenti; nota prot. N. 551 del 07.07.2004, confermativa della conoscenza da parte del Comune della proprietà delle ricorrenti sulle aree cimiteriali in parola, doc. 9c prod. Ricorrenti).
Con particolare riguardo alla delibera del 15 giugno 2007, cui è allegata la Convenzione accessiva al permesso di costruire, essa muove dal presupposto esplicito che il Cimitero di Fuorigrotta sia di proprietà delle Arciconfraternite; al di là del dato letterale inoppugnabile, non è logicamente ammissibile che un ente locale, qualora si considerasse proprietario dei suoli, possa stipulare un accordo sostanzialmente paritario con un soggetto esterno ad esso, chiaramente diverso da una concessione.
Unitamente a ciò, deve evidenziarsi che sono stati depositati in giudizio (doc. 9d) diversi atti di concessione di suolo a soggetti privati da parte della Diocesi di Pozzuoli, in relazione ai quali il Comune ha successivamente rilasciato semplici concessioni edilizie (non di suolo) per la costruzione delle cappelle all’interno del “ cimitero privato di Fuorigrotta”.
3.2. Alla luce di quanto sopra esposto, non possono essere accolte le prospettazioni formulate dalla difesa comunale a sostegno della tesi secondo cui il Cimitero di Fuorigrotta avrebbe perso le caratteristiche di “cimitero particolare”, diventando demaniale a tutti gli effetti.
In sintesi, il Comune utilizza un argomento empirico ed uno più prettamente giuridico.
3.2.1. Sotto il primo profilo (pag. 7 memoria dell’11 luglio 2014) esso afferma che il Cimitero di Fuorigrotta non sarebbe annoverabile tra i cimiteri particolari in quanto snaturato in tale qualità già con il permesso di costruire del 2007, che aveva comportato la costruzione di migliaia di loculi da assegnarsi in maniera indistinta a soggetti privi di alcun rapporto o collegamento con le Congregazioni (collegamento che, in base alla normativa citata, costituisce la caratteristica qualificante necessariamente il tipo di cimitero, tanto da consentirne il regime dominicale privato).
L’assunto è privo di pregio per un duplice ordine di motivi.
i) In primo luogo, come prontamente rilevato dalla difesa delle ricorrenti, il rilievo mosso dal Comune secondo cui la natura di Cimitero particolare verrebbe meno per la destinazione di loculi a soggetti non associati alle Arciconfraternite ricorrenti, non trova rispondenza in nessun dato normativo espresso.
In buona sostanza il Comune non richiama nessuna norma (ammesso che esista) per la quale il “carattere particolare” del Cimitero possa cessare per qualsivoglia causa, inclusa la concessione, a terzi (o, comunque, a soggetti esterni alle Arciconfraternite), di loculi o nicchiai componenti le strutture cimiteriali.
Come correttamente illustrato, il controllo sulle caratteristiche dei fedeli associati e la possibilità di concedere sepoltura nel cimitero de quo a soggetti esterni agli enti religiosi ricorrenti, risultano materie disciplinate, esclusivamente, dallo Statuto delle stesse Arciconfraternite, dovendosi escludere qualsivoglia ingerenza sull’argomento (di tipo amministrativo o di controllo) da parte di organismi esterni, finanche da parte della P.A., anche per le ragioni che si vedranno infra.
Sul punto, le ricorrenti hanno dedotto che il proprio Regolamento Unico (non rinvenuto in atti, ma il cui contenuto non è stato oggetto di contestatazione) consente la concessione dell’uso delle nicchie anche ad estranei, facoltà di cui le Arciconfraternite si sono avvalse ritenendo di concedere ai cittadini di Fuorigrotta (mediante bando pubblico del 12 dicembre 2011 e la predeterminazione dei criteri oggettivi per l’assegnazione) le nicchie in esubero rispetto a quelle destinate al rientro delle salme presenti nel preesistente nicchiaio.
Ne consegue che tale operazione – consistente in un insieme di attività meramente discrezionali degli enti ecclesiastici ricorrenti – non può, in assenza di una norma sul punto, tradursi nella perdita da parte del Cimitero di Fuorigrotta della sua secolare connotazione di “cimitero particolare”.
A nulla rileva, pertanto, il complicato calcolo in cui la difesa comunale si è cimentata a pag. 3 e 4 della memoria di replica del 12 novembre 2014, posto che, in mancanza di apposite regole sul punto, è del tutto irrilevante che gli spazi destinati ai resti mortali degli affiliati siano di gran lunga inferiori a quelli destinati alla cittadinanza estranea.
ii) In secondo luogo, come ribadito dal Comune nella memoria del 31 ottobre 2014, e dettagliatamente riportato nella Relazione tecnica in atti, le aree su cui sorge la Nuova Chiesa Sepolcrale, autorizzata con la variante del 2010, erano occupate da precedenti fabbricati ospitanti le salme di soggetti appartenenti alle Arciconfraternite ricorrenti; i suddetti resti mortali, temporaneamente trasferiti, previa autorizzazione del Comune, in strutture provvisorie, in attesa del completamento dei nuovi loculi, saranno nuovamente tumulati nella nuova Chiesa Sepolcrale una volta terminata(cfr. nota delle Arciconfraternite del 6 dicembre 2011 ed elenco dei loculi da trasferire con indicate le ubicazioni di origine e destinazione, depositati in data 23.10.2014, doc. 3).
Il dato fattuale per cui la parte dei nuovi loculi delle Chiesa Sepolcrale sarà destinata alla conservazione dei resti già deposti nelle strutture demolite, dimostra inequivocabilmente che l’esercizio del Cimitero di Fuorigrotta rimane delle Arciconfraternite ricorrenti, e che nessuna degradazione del regime dominicale delle aree cimiteriali può essere attribuita alla circostanza della concessione di un certo numero di loculi alla popolazione residente, posto che il cimitero non perde la sua funzione originaria di luogo destinato alla sepoltura dei membri delle Congregazioni religiose fondatrici.
3.2.2. Sotto un secondo profilo, il Comune (cfr. memoria del 31 ottobre 2014, pagg. 3 e ss.) rileva che gli artt. 107 e 108 del Regolamento approvato con R.D. n. 448 del 1892, i quali consentivano, rispettivamente, la costruzione di cimiteri particolari e di cimiteri “ separati” per le comunità straniere presenti in Italia, sono stati abrogati con l’entrata in vigore del regolamento di Polizia Mortuaria, r.d. n.1880 del 1942, rendendo non possibile la costruzione di tali cimiteri, perché la normativa in questione ha permesso a particolari comunità di ottenere reparti speciali per la sepoltura dei loro membri, ma sempre e comunque all’interno dei cimiteri (demaniali).
Tale disposizione è stata confermata dall’art. 100 del vigente D.P.R. 285/90, che fa riferimento alla previsione di “reparti speciali e separati per la sepoltura di cadaveri di persone professanti un culto diverso da quello cattolico” nonché a beneficio delle Comunità straniere che ne fanno domanda.
A parere della difesa comunale, queste due circostanze, ossia l’abrogazione degli articoli 107 e 108 del Regolamento del 1892 e la possibilità di prevedere dei reparti speciali per la sepoltura di appartenenti a comunità straniere o di altri culti, contenuta nella vigente normativa, dimostrano come il Legislatore abbia previsto, rispondendo ad esigenze mutate nel tempo, un divieto implicito alla istituzione di nuovi cimiteri particolari e, nell’ottica delle stessa ratio, all’ampliamento di quelli preesistenti.
Il tutto sarebbe confermato da quanto disposto dal comma 4 dell’articolo 104 del citato D.P.R. 285/90, che impone la vigilanza del Comune anche sui cimiteri particolari, preesistenti alla data di entrata in vigore del testo unico delle leggi sanitarie del 1934, chiarendo che dopo tale data la creazione di cimiteri particolari non è più possibile e, di conseguenza, non sarebbe possibile neppure l’ampliamento di quelli esistenti.
Ulteriori conferme dell’impossibilità di procedere alla nuova costruzione o all’ampliamento di un cimitero particolare derivano, secondo il Comune:
-dal combinato-disposto degli artt. 101 e 104 co. 4 del D.P.R. 285/90, laddove il primo prevede un particolare procedimento per la costruzione delle cappelle private fuori dal cimitero (cappelle private e gentilizie non aperte al pubblico), ammettendo quindi tale possibilità solo per queste ultime, ed il secondo dispone che le stesse sono soggette alla vigilanza dell’autorità comunale, al pari dei cimiteri particolari preesistenti allo stesso T.U.L.L.S.S. e da cui quindi si distinguono;
– dal fatto che il citato comma 4 dell’art. 104 del d.P.R. 285/90 e l’articolo 6 del Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Napoli, approvato con delibera di C.C. n. 11/2006, prevedono espressamente il potere di vigilanza su tutti i cimiteri in capo al Sindaco, anche in ordine alla spettanza dello “ius sepeliendi”.
Dalla normativa in questione, discenderebbe, secondo l’articolata prospettazione della difesa, l’esistenza di un preciso obbligo dell’autorità comunale, che determinerebbe, a sua volta, l’esistenza di un “divieto implicito alla creazione di nuovi cimiteri particolari con conseguente impossibilità di ampliamento di quelli già esistenti, pena lo svuotamento del significato degli articoli 100 e 104 del D.P.R. 285/90 e della ratio della normativa attualmente in vigore (T.U.L.L.SS 1934 e D.P.R. 285/90) in base alla quale il Comune ha la funzione esclusiva di sovrintendere alla sanità pubblica riguardo ai cimiteri”.
La disciplina speciale dei cimiteri particolari sarebbe, quindi, applicabile solo ai cimiteri preesistenti e finché mantengano immutate le loro caratteristiche, ma deve ritenersi esclusa per gli ampliamenti, a maggior ragione se detto ampliamento è destinato a semplici cittadini residenti nella zona di Fuorigrotta e non ad associati delle Congregazioni, previa partecipazione alla procedura di sorteggio per l’assegnazione dei loculi appositamente bandita dalle Arciconfraternite.
3.2.2.1. Anche questa seconda tesi portata avanti dalla difesa comunale non può essere in alcun modo condivisa.
i) In primo luogo, è del tutto errato l’assunto che l’abrogazione dell’art. 107 dell’originario Regolamento di Polizia Mortuaria (R.D. n. 448 del 1892) da parte del successivo r.d. 1880 del 1942, sostituito a sua volta dal vigente d.P.R. 285 del 1990, abbia determinato la scomparsa dei “ cimiteri particolari”.
Il Comune compie, infatti, una indebita assimilazione dei cimiteri particolari con i cd. “ cimiteri separati” di cui all’art. 108 del r.d. 448/1892, che, in base all’art. 100 del vigente d.P.R. 285/90 e di analoga norma del precedente regolamento del 1942, sono stati sostituiti con “reparti speciali e separati“ per la sepoltura di cittadini di altre nazioni o altri culti.
In realtà si tratta di un ragionamento privo di fondamento, posto che quello che riguarda i cimiteri separati, non può avere effetto sui cimiteri particolari, che sono tuttora esistenti in quanto contemplati sia dall’art. 82 del r.d. 21 dicembre 1942, n.1880, sia dal successivo art. 104, co. 4, del d.P.R. 285 del 1990: entrambe le norme ribadiscono che i cimiteri particolari esistono, e sono soggetti, come i cimiteri comunali, alla vigilanza dell’autorità comunale.
Semmai, da tali disposizioni, può trarsi l’insegnamento che essi sono tali purchè preesistenti alla data di entrata in vigore del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, ma tale conclusione nulla cambia in ordine al regime di cimitero particolare del camposanto di Fuorigrotta, la cui esistenza è certa sin dal XIX secolo.
Come visto, la stessa Cassazione ha sancito la possibilità di “ continuazione” dei cimiteri particolari.
ii) Sotto altro, ma non meno importante aspetto, va disattesa l’ulteriore argomentazione proposta da controparte, volta a qualificare le opere realizzate dalle ricorrenti come ampliamento di un cimitero particolare o costruzione di un nuovo cimitero della stessa specie.
L’assunto è del tutto infondato, dal momento che le opere realizzate dalle ricorrenti non possono essere qualificate né come ampliamento di cimitero particolare preesistente né come costruzione (ex novo) di un cimitero similare.
Invero, come agevolmente deducibile dagli atti di causa, e debitamente evidenziato dalla difesa delle ricorrenti (cfr. memoria di replica pag. 6 e ss.), le opere realizzate consistono nel rifacimento di manufatti preesistenti, destinati ad accogliere loculi per i resti mortali degli associati delle Arciconfraternite (già conservati nelle costruzioni funerarie preesistenti) e nuovi loculi da destinare (previa pubblica selezione) ai cittadini di Fuorigrotta.
Considerando che tali opere sono in fase di realizzazione su aree che, come già chiarito, sono di proprietà delle Arciconfraternite, senza che vi sia stata acquisizione di aree ulteriori, emerge con evidenza la circostanza che non si può parlare di ampliamento, inteso come ingrandimento per annessione, di un cimitero preesistente, o di costruzione di nuovo cimitero, poiché gli interventi in parola hanno interessato gli edifici funerari su aree interne al Cimitero di Fuorigrotta.
Se di ampliamento territoriale si fosse trattato, anche per il contesto, urbanizzato, in cui il Cimitero di Fuorigrotta è situato, sarebbe stata applicabile la disciplina dell’art. 338 del testo Unico delle Leggi Sanitarie del 1934, il cui 4° comma subordina la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti all’approvazione del consiglio comunale, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano una serie di condizioni, che non rileva riportare in questa sede.
Invece, nessun accenno a tale disciplina è stata fatta dal Comune nei suoi provvedimenti, come pure è sufficiente la lettura dei documenti di parte ricorrente (vedi le singole richieste di variante) per dimostrare che gli interventi di cui si chiedeva l’autorizzazione avrebbero dovuto espletarsi all’interno delle aree cimiteriali e non oltre i suoi confini.
Sotto questo profilo è evidente che i permessi richiesti miravano, sin dall’origine, all’ampliamento del Cimitero inteso come costruzione di edifici più grandi e meglio organizzati rispetto ai preesistenti, ma questo sempre all’interno dei confini del vecchio cimitero, sicchè non è sensato pensare (ed in effetti la difesa comunale sul punto nulla dice) che un “ ampliamento” di tale natura possa snaturare, in qualsiasi modo, la natura particolare del Cimitero.
iii) Parimenti infondato risulta l’assunto secondo cui l’impossibilità di costruire e ampliare i cimiteri “particolari” deriverebbe dagli artt. 101 e 104, comma 4, del D.P.R. 285/1990, posto che la disciplina relativa alla costruzione delle cappelle private fuori dal cimitero è cosa ben diversa dal regime dominicale dei cimiteri, sicchè la circostanza che per legge tali cappelle siano tuttora edificabili, previa autorizzazione delle autorità competenti, non esclude che possano essere eseguiti lavori edilizi all’interno dei cimiteri particolari, fatto salvo il divieto di istituzione di nuovi.
Non è altresì condivisibile anche quanto ritenuto dalla parte resistente in ordine all’attribuzione al Comune di un potere di vigilanza anche sulla spettanza dello “ius sepeliendi”.
La vigilanza che l’Amministrazione Comunale deve effettuare, ai sensi dell’art. 104, comma 4, del D.P.R. 285/1990, sulla gestione delle attività cimiteriali, è attività di contenuto meramente pubblicistico e non coincide con l’attività di gestione del Cimitero de quo, che rimane attività riservata ai proprietari di quest’ultimo.
Pertanto, ben potevano le Arciconfraternite richiedere i titoli abilitativi per la costruzione o la ristrutturazione dei manufatti cimiteriali, su aree di loro esclusiva proprietà, come pure ben potevano queste ultime decidere di destinare parte dei loculi alla cittadinanza, previa emissione di un bando pubblico.
Tale atto, lungi dal poter dimostrare (non si sa come) la natura pubblica dei beni in questione, è stato correttamente qualificato, dalla difesa delle Arciconfraternite, quale “espressione dell’autonomia gestionale dei titolari di cimiteri particolari, non potendosi attribuire alla procedura in questione i caratteri della pubblica evidenza”.
Infatti, proprio attraverso tale procedura le Arciconfraternite hanno, in modo trasparente e sotto il controllo dell’Autorità Comunale (con la quale hanno sottoscritto la Convenzione sulla quale si avrà modo di soffermarsi nel prosieguo), espletato un’attività di concessione di beni privati in favore della generalità dei consociati.
Ed in effetti proprio la Convenzione, allegata alla delibera di Giunta 2252/2007 (doc. 8, prod. Ricorrenti) segna il punto di incontro tra prerogative di controllo, spettanti per legge all’ente locale, e potere gestionale da parte delle Arciconfraternite.
In essa, infatti, si dà atto della collaborazione tra Comune e Arciconfraternite nell’ambito della complessiva politica comunale di gestione dei cimiteri, in considerazione del perseguimento, da parte di queste ultime, di “ interessi a rilevanza pubblica” e della “politica efficiente ed efficace, rispettosa delle funzioni che ciascun soggetto è istituzionalmente chiamato a svolgere, in grado di assicurare la trasparenza nelle attività poste in essere a garanzia e tutela dei diritti dei cittadini. “
Ed infatti, la sinergia tra i due enti è evidente se sol si consideri che il punto VI della Convenzione consente la concessione dei loculi ai cittadini che non risultino già titolari di analoghe concessioni comunali, e il punto VII impone di praticare, per i servizi di polizia mortuaria, tariffe equiparabili a quelle comunali.
Di queste diposizioni, come di altre, non vi sarebbe stato alcun bisogno laddove il Comune avesse dall’inizio disconosciuto, in capo alle Arciconfraternite, qualsivoglia potere gestionale sulle aree in questione, e, quindi, qualora avesse ritenuto la demanialità del Cimitero di Fuorigrotta.
In realtà è evidente che tale ultima prospettazione, del tutto assente nei documenti redatti dal Comune, è stata malamente inserita nel corpo del provvedimento impugnato, e sviluppata dalla difesa comunale nel corso del giudizio sulla base di argomentazioni che, come illustrato, non possono essere ritenute fondate.
4.Inapplicabilità in via diretta dell’art. 49 del Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Napoli (approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n°11 del 21 febbraio 2006).
Alla luce delle argomentazioni sin qui svolte, va ribadita la natura “particolare” del Cimitero di Fuorigrotta e l’impossibilità di applicazione al caso di specie, non solo della disciplina codicistica relativa ai beni demaniali, ma anche dell’art. 49 del Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Napoli, con conseguente accoglimento anche del secondo motivo di ricorso, che, come illustrato nelle premesse, è strettamente collegato al primo.
Il Comune, infatti, applicando alle ricorrenti la sanzione dell’acquisizione del manufatto funerario sito nel cimitero di Fuorigrotta, in ragione della disposta decadenza del permesso di costruire n. 8/2007 e della successiva (prima) variante n. 9/2010, ha fatto applicazione del comma 3° dell’art. 49 del suddetto Regolamento, in base al quale “la realizzazione di un manufatto funebre in difformità sostanziale dal permesso di costruire comporta, oltre alle sanzioni previste dal DPR 380/01 e dal D.Lgs. 42/2004, la decadenza della concessione del suolo e l’acquisizione, da parte dell’Amministrazione Comunale, degli importi a qualsiasi titolo versati, nonché delle opere edilizie realizzate.”
Tale disposizione è pacificamente applicabile ai soli concessionari del suolo, che abbiano ottenuto la concessione ai sensi dell’art. 47 del Regolamento, sul presupposto, quindi, della natura pubblica dell’area cimiteriale.
Nel caso concreto, pertanto, la riconducibilità del Cimitero di Fuorigrotta al regime dominicale privato, e non demaniale, impedisce che una disposizione di questo tipo possa trovare diretta applicazione nel caso concreto.
4.1. Le suddette considerazioni consentono di ritenere fondato quanto dedotto nel terzo motivo di ricorso, in quanto la questione dell’appartenenza del suolo si dimostra pregiudiziale rispetto alle determinazioni che il Comune ha assunto nel provvedimento definitivo, in questa sede impugnato.
È pertanto viziata la comunicazione di avvio del procedimento che, pur formalmente effettuata, ha taciuto sull’elemento che l’ente ha successivamente espressamente posto alla base della comminata decadenza, ossia la ritenuta qualifica di concessionarie in capo alle Arciconfraternite.
Infatti, stante il valore sostanziale da sempre attribuito alla predetta comunicazione (anche in relazione alla disciplina dell’art. 21 octies della l. 241/90), è evidente che una comunicazione, quale quella in oggetto, priva del riferimento alla problematica della proprietà delle aree cimiteriali, poi sviscerata nel provvedimento finale, reca certamente una lesione agli interessi della parte privata, come ribadito da Cons. St., sez. IV 26 agosto 2014 n. 4283, secondo cui le garanzie di partecipazione al procedimento amministrativo, previste dalla l. 7 agosto 1990 n. 241, vanno intese in senso sostanziale e non formalistico, nella misura in cui esse sono orientate a consentire al privato di conoscere l’esistenza di un procedimento volto a incidere sulla sua sfera giuridica e di apportare in quella sede un proprio contributo di osservazioni e controdeduzioni.
La difesa del Comune, pertanto, non coglie nel segno, nel momento in cui argomenta in ordine alla deducibilità della questione sulla proprietà del suolo dal contenuto della comunicazione di avvio del procedimento, posto che in quest’ultima l’argomento non è preso in considerazione, non potendosi pretendere che la parte lo deducesse semplicemente in ragione della paventata comminatoria di decadenza dal permesso di costruire (che, nel ragionamento del Comune, aveva quale presupposto l’attribuzione alle Arciconfraternite della qualifica di concessionario e non di proprietario del Cimitero).
5. Regime normativo applicabile al caso concreto.
L’esame dei successivi motivi di ricorso impone, pertanto, un doveroso chiarimento sulla normativa applicabile al caso concreto.
Dal contenuto del provvedimento impugnato, come dalle difese dell’Amministrazione emerge, infatti, che il Comune ha assunto le proprie determinazioni sulla base del Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Napoli, il quale, all’art. 30, co. 1, commina la “ Decadenza del permesso di costruire” in caso di : a) esecuzione di opere difformi determinanti variazioni essenziali del permesso di costruire; b) mancata osservanza delle condizioni generali e particolari indicate nel permesso di costruire.
In particolare, tra le variazioni essenziali, la lett. d) del comma 2 ricomprende anche “la realizzazione di un maggiore numero di loculi e/o tumuli rispetto a quanto autorizzato”.
Ed è questa disposizione in particolare che l’ente locale ha ritenuto applicabile al caso di specie, in considerazione della circostanza che il numero dei loculi richiesti nella variante presentata a novembre 2013 (terza variante) è assai difforme rispetto a quanto autorizzato nel 2010, a seguito della presentazione della prima variante.
La normativa regolamentare, integrativa delle disposizioni del d.P.R. 380/01 (vedi art. 28, co. 4, del Regolamento) sarebbe applicabile, stavolta, non in ragione del regime dominicale delle aree cimiteriali, essendo irrilevante che il permesso di costruire venga rilasciato a un soggetto proprietario oppure ad un concessionario, bensì in ragione del richiamo effettuato nella Convenzione sottoscritta tra le parti il 26 ottobre 2007, la quale espressamente stabiliva:
-che le Confraternite avrebbero realizzato le opere in conformità al progetto approvato, assumendosi ogni responsabilità in ordine alla buona esecuzione delle stesse (pt. II);
– che eventuali varianti che si fossero rese necessarie in corso d’opera, sarebbero state predisposte a cura e spese delle Confraternite previa approvazione del Comune di Napoli (pt. IV);
– che il mancato rispetto anche di una sola clausola derivante dalla Convenzione avrebbe comportato la decadenza del permesso di costruire non oneroso, con l’instaurazione di ogni effetto e conseguenza ai sensi delle leggi e regolamenti vigenti pro-tempore (punto XI).
Per contro, la difesa della parte ricorrente ha fermamente contestato tale tipo di soluzione, e ha negato la natura “ essenziale” della variante posta in essere con la richiesta protocollata nel novembre 2013.
Le argomentazioni poste alla base di tale prospettazione delle Arciconfraternite, pur sul comune presupposto della inapplicabilità dell’art. 30 del Regolamento alla fattispecie in questione, sono diverse tra loro, e fanno capo l’una al quarto, l’altra al quinto motivo di ricorso, sicché richiedono un esame separato.
5.1. Un primo aspetto riguarda la mancanza, in fatto, della caratteristica della essenzialità della cd. terza variante.
Sostiene infatti la parte ricorrente che l’aumento del numero dei loculi in variante al permesso di costruire del 2007 e alla successiva variante del 2010 è da ritenersi autorizzato, per formazione del silenzio assenso sulla richiesta di variante presentata dalle ricorrenti nell’aprile 2013 (cd. seconda variante), la quale prevedeva la realizzazione di 243 loculi e 2140 nicchie cinerarie aggiuntive aspetto a quelli oggetto del permesso di costruire originario.
Su tale istanza si sarebbe formato il silenzio assenso, decorsi 150 giorni dalla sua presentazione, in virtù dell’art. 20 del d.P.R. 380/01, il cui comma 8 stabilisce che “decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 9″.
La richiesta di variante del 25 novembre 2013 sarebbe stata quindi presentata dalle Arciconfraternite, quando già si era formato (settembre 2013) l’assenso sulla precedente variante di aprile, rispetto alla quale si prevedeva solo una diversa distribuzione delle opere interne con l’aumento del numero dei loculi da 243 a 291 unità e la riduzione delle urne cinerarie da 2140 a 889 unità.
In pratica, quindi, le ricorrenti deducono che una così piccola differenza tra loculi già assentiti (243) e loculi richiesti in variante (291) non costituirebbe variante definibile come “essenziale”.
5.1.1. Tale prospettazione non è condivisibile.
Come pure rilevato dalla difesa del Comune (vedi memoria dell’11 luglio 2014, pag. 10) il titolo edilizio asseritamente assentito è sostanzialmente e formalmente inesistente, in quanto oggetto di un atto di ritiro da parte del Comune su espressa richiesta delle Arciconfraternite, che nell’ottobre del 2013 avevano chiesto di archiviare la relativa pratica rinunciando alla richiesta di variante (vedi documenti prodotti dal Comune).
Ne consegue che, sotto questo profilo, il contenuto della terza variante va confrontato non quella della seconda variante, ma con lo stato di fatto e di diritto risultante dal rilascio del permesso di costruire e della prima variante (2010).
L’archiviazione disposta dall’Amministrazione è infatti conseguente alla richiesta di controparte, che deve necessariamente intendersi come rinuncia al titolo abilitante, non potendosi validamente sostenere che dopo la richiesta di archiviazione delle interessate e la consequenziale declaratoria in tal senso del Comune, le ricorrenti potessero legittimamente porre in esecuzione quegli interventi a cui avevano prima dichiarato di rinunciare.
Sotto tale profilo, neppure può legittimamente sostenersi che il comportamento del Comune avrebbe ingenerato un affidamento delle Arciconfraternite, avendo archiviato la pratica su richiesta della stessa parte interessata.
Non colgono dunque nel segno le affermazioni, contenute nel ricorso, circa la consumazione del potere di provvedere da parte dell’Amministrazione, una volta formato il silenzio-assenso.
Sono infatti le stesse ricorrenti ad ammettere che non può essere precluso alla parte pubblica l’esercizio del potere di autotutela, che è cosa diversa dal potere di decidere sull’istanza una volta intervenuto il silenzio assenso.
Nel caso di specie, non si è in presenza di un caso del secondo tipo, bensì del primo, posto che l’archiviazione della pratica è frutto di una determinazione dell’Amministrazione – su iniziativa della parte – di segno contrario rispetto al tacito assenso sull’istanza originaria.
Sono quindi inconferenti le pronunce giurisprudenziali citate dalle ricorrenti, perche facenti riferimento all’emissione a posteriori di provvedimenti espressi di diniego a fronte di silenzi taciti di contenuto autorizzativo, posto che, nel caso di specie, l’Amministrazione comunale non ha denegato la variante già tacitamente assentita, bensì, nell’esercizio delle proprie prerogative di autotutela e su richiesta della parte interessata, ha provveduto ad eliminare dal mondo giuridico la variante, facendo di fatto retrocedere la situazione a quella anteriore all’aprile 2013.
5.2. Sotto altro profilo, la negazione della essenzialità della variante è stata ricondotta dalle ricorrenti all’applicabilità, al caso di specie, esclusivamente della disciplina degli artt. 31 e 32 del d.P.R. 380/01, che contemplano una nozione di “ variante essenziale” molto più limitata rispetto all’art. 30 del Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Napoli, e nella quale non rientrerebbe la semplice variazione del numero di loculi e di urne cinerarie, senza alterazione della sagoma e della cubatura dei manufatti assentiti.
L’inapplicabilità del Regolamento discenderebbe dalla già acclarata assenza di un rapporto concessorio tra Arciconfraternite e Comune di Napoli in relazione alle aree cimiteriali in questione, non appartenenti al demanio pubblico ma di proprietà private delle medesime ricorrenti.
L’attività edilizia svolta da queste ultime soggiacerebbe, invece, alle disposizioni generali del Testo Unico per l’Edilizia (DPR 380/01) come, peraltro stabilito dallo stesso art. 28 comma 2 del Regolamento Comunale.
Sotto questo profilo, l’intervento posto in essere dalle ricorrenti sul manufatto funerario oggetto di giudizio non sarebbe qualificabile come “variante essenziale” all’originario progetto di cui al permesso di costruire n. 8/2007 e alla successiva variante n. 9/2010, ostandovi la disciplina dell’art. 31, co. 1, del D.P.R. n. 380/01 (“Sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevano ed autonomamente utilizzabile”) e 32 del medesimo testo normativo, per il quale l’essenzialità della variante ricorre esclusivamente “quando si verifica una o più delle seguenti condizioni: a) mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968; b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato; c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza; d) mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito; e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.”
In base al co. 2 del medesimo articolo, “ non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.”
Secondo le Arciconfraternite, nessuna delle ipotesi contemplate dalle disposizioni sopra citate ricorrerebbe nel caso di specie.
5.2.1. La censura è fondata per quanto sarà di seguito esposto, ma è necessaria una doverosa precisazione, che tiene conto di quanto a più riprese dedotto dalla difesa comunale, sulla base del contenuto del provvedimento impugnato.
L’applicabilità del Regolamento di Polizia mortuaria, e quindi dell’art. 30 sulla decadenza dal permesso di costruire, non viene semplicemente ancorata dal Comune all’esistenza di un rapporto concessorio tra Arciconfraternite e ente locale, ma al richiamo che di tale normativa speciale è espressamente fatto all’interno della Convenzione sottoscritta dalle parti nel 2007 (cfr. memoria del Comune del 31 ottobre 2014, pag. 8).
Tale richiamo avrebbe l’effetto di rendere vincolanti, per le parti, le disposizioni della Convenzione stessa, a prescindere dal regime dominicale delle aree oggetto di giudizio, e di consentire di fatto l’applicazione della decadenza dal permesso di costruire in forza del mancato rispetto anche di una sola clausola della Convenzione (pt. XI).
Ciò anche in ragione della specialità della materia, che, sempre secondo la difesa comunale, fa sì che la disciplina applicabile non possa essere quella generale del d.P.R. 380/01, bensì quella del Regolamento, in cui gli aspetti di carattere igienico-sanitari a tutela della salute pubblica – legati alla funzione dei manufatti funerari e alla loro capienza – sono predominanti.
5.2.2. Il collegio ritiene che la prospettazione dell’Amministrazione non sia corretta.
Il punto di partenza è l’applicabilità o meno alle ricorrenti del Regolamento di Polizia Mortuaria del comune di Napoli nella parte in cui esso, in materia di edilizia cimiteriale (art. 28 e ss.), integra, ai sensi del co. 4 dell’art. 28, le disposizioni di rango nazionale (d.P.R. 380/01 e d.lgs. 42/2004).
Tale applicabilità, in via diretta, era già stata esclusa con l’esame del motivo di ricorso relativo alla decadenza automatica ex art. 49 Reg., in quanto disposizione applicabile, in via esclusiva, ai concessionari del suolo cimiteriale.
Costoro, in base all’art. 44 del Regolamento, sono privati cui il Comune abbia assegnato una determinata area cimiteriale o un determinato manufatto con diritto di uso temporaneo, stante la natura demaniale del suolo, che lascia integro il diritto alla nuda proprietà dell’Amministrazione Comunale. Per tale motivo i manufatti costruiti da privati su aree cimiteriali poste in concessione diventano di proprietà dell’Amministrazione Comunale come previsto dall’art. 953 del C.C, allo scadere della concessione, se non rinnovata.
Ne discende che tale qualità è stata esclusa per le Arciconfraternite, in quanto proprietarie delle aree sulle quali sorge il Cimitero di Fuorigrotta.
Orbene, il ragionamento già fatto per l’art. 49, va esteso all’art. 30 Reg. e alle disposizioni del Regolamento attinenti alla materia edilizia.
È evidente, infatti, che le stesse sono applicabili solo ai soggetti concessionari del suolo cimiteriale (alias, demaniale), posto che la loro ratio è chiaramente quella di regolare nello specifico i rapporti tra ente locale (proprietario del suolo) e concessionario di un manufatto costruito su suolo demaniale.
Nello specifico, i riferimenti al concessionario sono presenti in quasi tutte le disposizioni del Titolo IV del Regolamento, e precisamente:
– art. 29, co. 7: il concessionario deve iniziare i lavori per la costruzione del manufatto funebre entro 6 (SEI) mesi dalla data di rilascio del permesso di costruire;
– art. 29, co. 9: sarà possibile per l’Amministrazione Comunale stabilire ulteriori, specifici, obblighi che il concessionario è tenuto a rispettare;
– art. 30, che poi è la norma invocata dal Comune per qualificare la variante come “ essenziale”, al co. 3 impone la previa richiesta di autorizzazione al “ concessionario che intende introdurre variazioni essenziali al permesso di costruire ottenuto”;
– art. 31, co. 3, lett. d), che fa riferimento ad un plano volumetrico in scala 1:200 (…) della costruzione oggetto della concessione, ed il successivo co. 5 che menziona anch’esso “ il concessionario”, il quale è tenuto al pagamento del diritto dovuto alle tariffe vigenti;
– ulteriori riferimenti al concessionario sono contenuti negli artt. 32 (Manutenzione ordinaria), 38 (sanzioni), 39 (Esecuzione dei lavori), 40 (Collaudo), 42 (Standard edilizi), 43 (Obbligo di manutenzione).
5.2.3. Esclusa l’applicabilità diretta del Regolamento ai soggetti non concessionari, è necessario capire se, nel caso oggetto del presente giudizio, esso sia applicabile in via indiretta, in ragione dell’accordo sottoscritto tra Arciconfraternite e Comune con la Convenzione del 2007, pacificamente annoverabile nella categoria dei contratti accessivi a provvedimento amministrativo (nella specie, il permesso di costruire rilasciato nel 2007).
La risposta negativa si impone, in quanto le parti non hanno richiamato espressamente e testualmente nessuna disposizione regolamentare né fatto riferimento al Regolamento quale disciplina integrativa della Convenzione, il rispetto della quale, da parte delle Arciconfraternite, è stato posto dal Comune quale condizione per il rilascio del permesso di costruire.
Né, d’altra parte, può ritenersi che dette disposizioni si applichino solo in ragione della loro forza normativa: è la stessa specialità della disciplina, più volte sottolineata proprio nelle difese del Comune, ad impedirlo, giacché lo specifico riferimento al regime edilizio applicabile ai concessionari, preclude che questo possa riguardare soggetti ivi non contemplati.
Parimenti, il Regolamento non può neppure considerarsi alla stregua di una fonte eteronoma inserita di diritto nel contratto (alias, nella Convenzione) ex art. 1339 c.c., in sostituzione della clausole difformi apposte dalle parti, non trattandosi di disposizioni di carattere imperativo o imposte dalla legge.
Come sottolineato in più occasioni dal Consiglio di Stato, seppur in materia di procedure ad evidenza pubblica, una lettura congiunta degli artt. 1339 e 1341 c.c. induce a ritenere che non ogni eterointegrazione è possibile in modo automatico, in difetto del clare loqui della stazione appaltante su quale deve essere il parametro vincolante per tutte le imprese partecipanti, atteso che il meccanismo sostitutivo ex art. 1339 c.c. riesce ad operare solo in presenza di norme imperative recanti una rigida predeterminazione dell’elemento destinato a sostituirsi alla clausola difforme; viceversa esso non trova applicazione laddove siano comunque affidati alle parti il metodo e la concreta manifestazione dell’elemento in questione (Cons. St., sez. III, 24 giugno 2014, n. 3195; id., 18 ottobre 2013 n. 5069).
5.2.4. Resta da capire se non sia allora applicabile direttamente l’art. XI della Convenzione, in base al quale “ il mancato rispetto anche di una sola clausola derivante dalla presente Convenzione comporta la decadenza del permesso di costruire non oneroso, con l’instaurazione di ogni effetto e conseguenza ai sensi delle leggi e regolamenti vigenti pro-tempore”.
La risposta negativa si impone per effetto del combinato disposto degli artt. 1418, 1419 e 1346 c.c., sotto il profilo della indeterminabilità dell’oggetto della disposizione in questione, riferita genericamente al mancato rispetto di qualsivoglia clausola contrattuale, senza il riferimento specifico a qualcuna di queste.
È evidente che non tutte le clausole della Convenzione, se disattese, possono determinare conseguenze negative in capo al contraente privato; questa è la dimostrazione che il riferimento indifferenziato a tutte le clausole dell’accordo, oltre che contrario al principio di proporzionalità dell’inadempimento, rende l’art. XI della Convenzione talmente generalizzato da risultare, nella sostanza, inapplicabile, e, in finale, del tutto inutile.
Allo stesso modo, è assolutamente generico, in mancanza di specificazione sul punto, anche il riferimento alla “ instaurazione di ogni effetto e conseguenza ai sensi delle leggi e regolamenti vigenti pro-tempore”.
Con specifico riguardo, poi, alla disciplina delle varianti, la Convenzione non contiene alcun riferimento alla essenzialità delle medesime, ma ne prevede (art. IV) solo la specifica approvazione da parte del Comune. Tale ultima disposizione, tuttavia, non è assistita da sanzione specifica in caso di violazione, non essendo applicabile, per quanto sopra esposto, l’art. XI della Convenzione medesima.
5.3. Da quanto sopra illustrato, discende che, tra i sottoscrittori dell’accordo, che sono poi le parti del presente giudizio, l’unica disciplina applicabile in materia edilizia non può che essere quella generale del d.P.R. 380/01, ed in particolare dell’art. 32, il cui contenuto è già stato illustrato.
Dal combinato disposto degli artt. 31 e 32 del d.P.R. 380/01, emerge con evidenza che la realizzazione dei 291 loculi contestati non costituisce variante essenziale dell’originario progetto approvato nel 2007-2010, in quanto gli interventi realizzati nel fabbricato funerario di proprietà delle Arciconfraternite (ivi compreso l’aumento del numero dei loculi) non sono riconducibili a nessuna delle citate ipotesi tassativamente previste dalla legge quali varianti essenziali.
Non è riscontrabile, infatti, alcuna modifica della destinazione d’uso e della categoria edilizia, nessun incremento delle cubature o delle superfici, nessuna modifica dei parametri urbanistico-edilizi e della localizzazione sull’area di pertinenza, e, infine, nessuna mutazione delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito, o delle norme antisismiche.
Correttamente, dunque, le ricorrenti richiamano il contenuto del verbale redatto in occasione del sopralluogo del 14 marzo 2014 (che è allegato nella produzione depositata dal Comune), nel quale viene attestato che “non esiste una sostanziale difformità in riferimento all’ingombro volumetrico ed alla sagoma del fabbricato assentito”; il maggior numero di loculi riscontrato corrisponde alla richiesta di variante presentata dalle Arciconfraternite il 25 novembre 2013 e non ancora rilasciata.
Quindi, per stessa ammissione degli organi di verifica, i 291 loculi aggiuntivi non hanno comportano alcun aumento di volumetria e/o variazione di sagoma dell’edificio assentito, riguardando esclusivamente opere interne, che, in ragione della diversa tecnica costruttiva (cemento prefabbricato) avevano minor ingombro.
Sulla stessa linea, anche il Tribunale del Riesame di Napoli, nell’ ordinanza n. 575 del 13 maggio 2014, con cui ha annullato il sequestro preventivo disposto a seguito del sopralluogo del 14 marzo, ha stabilito che le opere di cui trattasi non costituiscono variazione essenziale del progetto assentito con l’originario titolo abilitativo.
Tale conclusione è in linea anche con la giurisprudenza amministrativa, che ha in più occasioni ribadito che “per stabilire il carattere essenziale o meno di una variante al permesso di costruire occorre valutare l’insieme delle modificazioni apportate al primitivo progetto e far riferimento alle modifiche di natura qualitativa o quantitativa apportate al progetto originario, in particolare a quelle relative alla superficie coperta, al perimetro, alla volumetria ed alle caratteristiche funzionali e strutturali (interne ed esterne) dell’edificio. Sono sintomatici del carattere non essenziale della variazione gli interventi che non incidono sulle caratteristiche complessive già in pregresso assentite” (T.A.R. Toscana, sez. III, 16 ottobre 2012 n. 1614).
Sono quindi ininfluenti rispetto all’obbligo di acquisizione da parte dell’interessato di un nuovo permesso di costruire la circostanza che le altre caratteristiche dell’intervento (sagoma, volumi, altezze) siano rimaste invariate e l’assenza di ogni incidenza della variante sul regime dei distacchi e delle distanze (Cons. St., sez. I 12 ottobre 2012 n. 3295).
Ne discende che la variante richiesta dalle Arciconfraternite, e realizzata prima ancora di essere assentita dalle autorità comunali, ben può essere considerata variante in senso proprio, o non essenziale, che, come ribadito da T.A.R. Napoli, sez. II, 11 settembre 2012 n. 3847, è quella che si riferisce a modifiche quantitative e qualitative di limitata consistenza e di scarso rilievo rispetto al progetto originario e si distingue da quelle che, pur chiamate varianti nel linguaggio usuale del termine, tali non possono essere considerate perché richiedono la realizzazione di un quid novi (da valutarsi con riferimento alle evidenze progettuali quali la superficie coperta, il perimetro, il numero dei piani, la volumetria, le distanze dalle proprietà vicine, nonché le caratteristiche funzionali e strutturali del fabbricato complessivamente inteso): in questa seconda categoria vanno ricondotte le varianti cc.dd. “improprie” o “essenziali”, che si configurano come nuove concessioni e quindi comportano la necessità, laddove ritenute lesive, di autonoma e specifica impugnativa giurisdizionale.
Si ritiene, dunque, che una diversa distribuzione degli spazi interni all’edificio cimiteriale, attuata mediante la variazione del numero dei loculi rispetto al numero degli alloggiamenti per urne cinerarie, debba essere considerata semplice variazione funzionale della volumetria assentita e non variata.
L’utilizzo dei suddetti spazi è sempre quello di destinazione alla sepoltura di resti mortali, sia pure in forma diversa. Nel momento in cui la sagoma e la cubatura dell’edificio restano le medesime,ai fini urbanistici non vi è alcuna differenza essenziale, essendo l’intervento in questione paragonabile alla diversa distribuzione della stanze e delle tramezzature all’interno di un palazzo.
5.4. Non può invece essere accolta la tesi delle ricorrenti, che per assentire tali opere sia sufficiente una DIA o SCIA anche postuma.
Ed infatti, l’art. 22 del D.P.R. n. 380/2001, nel testo vigente all’epoca dei fatti, stabiliva che “ sono, altresì, realizzabili mediante denuncia di inizio attività le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell’edificio qualora sottoposto a vincolo ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire. Ai fini dell’attività di vigilanza urbanistica ed edilizia, nonché ai fini del rilascio del certificato di agibilità, tali denunce di inizio attività costituiscono parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell’intervento principale e possono essere presentate prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori.”
Orbene, il permesso di costruire n. 8/2007, ma soprattutto l’ultimo assentito, n. 9/2010 (doc. 6 prod. Ricorrenti) al punto 5. reca espressamente il divieto di apportare modifiche in variante al manufatto funerario, in special modo al numero e alla tipologia dei loculi, senza un titolo autorizzatorio preventivamente rilasciato.
Da qui l’impossibilità di procedere alle suddette modifiche, per quanto non annoverabili tra le varianti essenziali, senza il previo rilascio dell’assenso da parte delle autorità comunali, la cui mancanza, tuttavia, non può in ogni caso determinare le conseguenze che invece sono state tratte dal Comune all’atto dell’emissione del provvedimento impugnato.
6. Il sesto motivo, essendo prospettato in via subordinata per il caso di mancato accoglimento delle precedenti censure, non necessita di approfondimento, venendo meno l’interesse delle ricorrenti al suo esame, in ragione della fondatezza, appurata dal collegio, delle censure che lo precedono.
7. Per le ragioni suesposte il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati sub a), e comunque ai sensi di cui in motivazione.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi di cui in motivazione e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Comune di Napoli al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 3000,00 (tremila), oltre al pagamento del contributo unificato e delle competenze di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Angelo Scafuri, Presidente
Fabrizio D’Alessandri, Primo Referendario
Maria Barbara Cavallo, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.