TAR Puglia, Sez. II, 27 febbraio 2003, n. 873

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Massima

Testo

Norme correlate:
Capo 10 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990
Art 338 Regio Decreto n. 1265/1934

Massima:
TAR Puglia, Sez. II, 27 febbraio 2003, n. 873
Il divieto di costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici o ampliare quelli preesistenti, entro il raggio di duecento metri, si applica anche alle sopraelevazioni di edifici già esistenti; ciò perché la “sopraelevazione” deve assimilarsi a “nuova costruzione” in quanto modificativa dell’esistente, dunque capace di trasformare in modo durevole l’area coperta.

Testo completo:

TAR Puglia, Sez. II, 27 febbraio 2003, n. 873
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per La Puglia, Sede di Bari – Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n.702 del 2002 proposto da
CONTICCHIO FERDINANDO, nella qualità di legale rappresentante della EDIL SINION s.r.l., corrente in Gravina di Puglia, rappresentato e
difeso dall’avv.Maurizio Di Cagno, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Bari alla via Nicolai n.43,
CONTRO
COMUNE DI GRAVINA DI PUGLIA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv.Maria Desiante, con il quale è
elettivamente domiciliato in Bari al Viale Unità d’Italia (c/o studio avv.A.Guida),
per l’annullamento
dell’ordinanza dirigenziale n.108 del 18.4.2002, recante annullamento della concessione edilizia n.72 del 27.6.2001 con contestuale ingiunzione di sospensione lavori.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione del Comune di Gravina di Puglia;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi gli avv.M.Di Cagno e M.Desiante;
Relatore, alla pubblica udienza del 30 gennaio 2003, il I Ref. Maria Abbruzzese;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con atto notificato e depositato rispettivamente il 17 ed il 21 maggio 2002 il sig.Conticchio Ferdinando, quale amministratore unico e legale rappresentante della Edil Sidion s.r.l., corrente in Gravina di Puglia, impugna gli atti in epigrafe indicati chiedendone l’annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere.
Esponeva che con concessione edilizia n.172 del 27.6.2001 i signori Luigi e Maria Martulli erano stati autorizzati dal Comune di Gravina di Puglia ad eseguire “lavori di ristrutturazione piano terra e sopralzo primo piano e copertura del fabbricato” sito nel Comune di Gravina alla via Picciano, in catasto al fg.118, p.lla n.637; che successivamente, con atto a rogito del notaio Digiesi in data 9.10.2001 rep.n.44870, i signori Martulli vendettero il predetto immobile alla impresa Edil Sidion s.r.l. che conseguentemente richiese ed ottenne, con atto a firma del Dirigente la IV direzione, in data 3.1.2001, la voltura della citata concessione edilizia; che pertanto la società pose mano alle opere autorizzate a seguito di rituale denuncia di inizio lavori in data 22.2.2002; che, già eseguita la parte demolitoria dell’intervento edilizio, il Dirigente adottava l’impugnato provvedimento sul rilievo che l’immobile ricadeva all’interno della fascia di rispetto cimiteriale non evidenziata negli elaborati tecnici presentati a corredo della richiesta di concessione edilizia, con ordine di immediata sospensione dei lavori e annullamento della concessione.
Da qui il ricorso che deduce:
1) Violazione e malgoverno dell’art.338 del R.D.n.1265 del 27.7.1934 (t.u.l.s.). Eccesso di potere per erroneità e falsità dei presupposti, travisamento, carenza di istruttoria e di motivazione, illogicità manifesta, disparità di trattamento: la disposizione epigrafata posta a base dell’impugnato annullamento è inapplicabile nel caso di specie, posto che non si tratta di nuove costruzione né di ampliamento di costruzioni preesistenti, bensì di mera ristrutturazione senza alcuna modifica dell’ingombro ovvero della pianta dell’edificio; la realizzazione dell’intervento dunque non determinerebbe in alcun modo la riduzione della distanza esistente rispetto al cimitero, né contrasterebbe con la finalità di assicurare tranquillità e decoro ai luoghi di culto;
2) Violazione dei principi generali in materia di autotutela. Eccesso di potere per omessa ponderazione degli interessi pubblici e privati, erroneità e falsità dei presupposti, violazione del principio di affidamento, carenza di istruttoria e di motivazione, illogicità ed ingiustizia manifesta: il provvedimento non fornisce alcuna motivazione sulla ricorrenza di in interesse pubblico attuale al ripristino della legalità violata, tenuto conto del concorrente pregiudizio subito dal soggetto privato e dall’affidamento sorto in capo a quest’ultimo in considerazione del lasso di tempo intercorso dal consolidamento della posizione di vantaggio da questi acquisita; peraltro, detto interesse pubblico nella specie è insussistente, tenuto conto che il fabbricato de quo è inserito in un contesto edilizio già realizzato, ubicato a distanza dal cimitero ben inferiore a quella del fabbricato medesimo; infine, il Comune di Gravina ha recentemente consentito la realizzazione di un edificio scolastico in area sottoposta a vincolo cimiteriale ed ha richiesto al competente Servizio di Igiene e sanità pubblica dell’A.U.S.L. BA/3 parere in ordine alla riduzione a 100 mt. della fascia di rispetto cimiteriale, che il Servizio ha reso in senso favorevole;
3) Violazione dell’art.7 della L.241/90: pur precisando l’ordinanza impugnata che la stessa vale ai sensi e per gli effetti dell’art.7 L.241/90, la stessa assume la definitiva determinazione di annullamento della concessione, con violazione della epigrafata normativa.
Concludeva per l’accoglimento del ricorso.
Si costituiva l’Amministrazione che chiedeva il rigetto del ricorso in quanto infondato, posto che il divieto di edificazione di cui all’art.338 t.u.l.s. vale sia per la nuove costruzioni sia per l’ampliamento degli edifici esistenti, anche tenuto conto di quanto disposto dal Regolamento Edilizio del Comune di Gravina all’art.3.14 che considera nuove costruzioni gli interventi di ricostruzione ottenuti mediante demolizione dell’edificio esistente; l’interesse pubblico è nella specie prevalente rispetto alle posizioni del privato attesa l’inderogabilità della normativa di specie; la richiesta riduzione della fascia di rispetto non ha comportato allo stato alcuna modifica degli strumenti vigenti; la disposizione di cui all’art.7, peraltro osservata, è rispettata tenuto conto della necessità di provvedere celermente sulla fattispecie.
Le parti depositavano memorie e documenti.
All’esito della pubblica udienza del 30 gennaio 2003, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio.
DIRITTO
I. Il ricorso verte sulla contestata legittimità dell’atto in epigrafe indicato con il quale il Dirigente del Comune di Gravina di Puglia ha annullato la concessione edilizia già rilasciata ai danti causa dell’odierno ricorrente e a questo volturata, avendo accertato che il richiesto intervento edilizio di sopraelevazione avrebbe ad oggetto un fabbricato sito nella zona di rispetto cimiteriale.
II. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce l’inapplicabilità della disposizione vincolistica con riferimento all’intervento già autorizzato, poiché lo stesso consisterebbe nella mera ristrutturazione di un edificio esistente e nella sopraelevazione dello stesso, senza modifiche di ingombro e in particolare senza riduzione della fascia di rispetto, peraltro compromessa da altri edifici, tra cui alcuni pubblici, a distanza anche inferiore da quella contestata ad essa ricorrente.
II.1) Giova ricordare che l’art.338 del T.U.27.7.1934, n.1265 (T.U. delle leggi sanitarie) prescrive che i cimiteri debbano essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati; si tratta di disposizione operante indipendentemente dagli strumenti urbanistici vigenti ed eventualmente anche in contrasto con gli stessi (cfr. Cons. di Stato, sez.V, 27 agosto 1999, n.1006).
Trattasi, pertanto, di divieto di edificazione, ossia di divieto di realizzare edifici, tali qualificabili sia le nuove costruzioni, sia gli “ampliamenti” di edifici esistenti.
II.2) Orbene, il ricorrente contesta che la richiesta “sopraelevazione” costituisca “ampliamento” di edificio esistente, sviluppandosi in altezza e non in larghezza e comunque non incidendo sulla distanza cimiteriale.
La tesi non può essere accolta.
Come la giurisprudenza ha più volte chiarito, il divieto di costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici o ampliare quelli preesistenti, entro il raggio di duecento metri, si applica anche alle sopraelevazioni di edifici già esistenti (cfr. Cons. di Stato, sez.IV, 29 febbraio 1996, n.222).
E ciò perché la “sopraelevazione” deve assimilarsi a “nuova costruzione” in quanto modificativa dell’esistente, dunque capace di trasformare in modo durevole l’area coperta, e nella fascia di rispetto cimiteriale sono vietati appunto gli interventi su edifici preesistenti che comportino un’alterazione dei volumi o delle superfici oltre che le costruzioni di nuovi edifici.
III. Con il secondo motivo di ricorso (prima parte) si deduce la incongruità della motivazione spesa dall’Amministrazione che non avrebbe in alcun modo dimostrato la prevalenza dell’interesse pubblico sul concorrente interesse privato, qualificato dal lungo tempo decorso dall’acquisizione della posizione di vantaggio e dall’affidamento.
III.1) Mette conto ricordare che in tema di autotutela, la giurisprudenza ha chiarito che non occorra alcuna particolare motivazione a sostegno dell’attività di secondo grado dell’Amministrazione ove si verta in materia vincolata, senza alcuna possibilità di esercitare discrezionalmente il potere.
In materia edilizia, si verte appunto in tema di attività vincolata, essendo dunque sufficiente il richiamo alla specifica violazione dei legge per giustificare l’autotutela, con il solo limite dell’affidamento qualificato del privato assistito con norma di favore rispetto alle sanzioni conseguenti al venir meno del titolo abilitativo ove la costruzione sia stata nelle more realizzata (cfr. art.11 L.47/85).
In nessun caso il decorrere del tempo può giustificare il mancato esercizio dell’attività di autotutela.
III.2) La mancanza di discrezionalità a riguardo giustifica altresì l’omessa considerazione della situazione di fatto che dovrebbe, a dire del ricorrente, giustificare l’attività edilizia, caratterizzata dalla diffusa violazione della distanza cimiteriale e dall’ubicazione del manufatto in area tutta urbanizzata.
La deduzione neppure ha pregio, posto che, mancando, come detto, la possibilità di esercitare la discrezionalità, non può rilevare la dedotta disparità di trattamento.
Né la diffusa violazione di per sè implica la derogabilità alla distanza cimiteriale, come sopra detto imposta dalla legge anche in contrasto con le diverse determinazioni dell’Amministrazione comunale.
III.3) Quanto alla dedotta instaurazione del procedimento per la riduzione della distanza cimiteriale, deve evidenziarsi che detto procedimento non risulta allo stato concluso.
Peraltro, come la giurisprudenza ha pure chiarito, la ridetta riduzione non giova ai fini dell’attività edilizia dei privati, bensì solo ai fini della costruzione e dell’ampliamento dei cimiteri (cfr. Cons. di stato, sez.V, 11 marzo 1995, n.377).
È pertanto infondato anche il secondo motivo di ricorso.
IV. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art.7 L.241/90, posto che il provvedimento definitivo di annullamento della concessione non è stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento e che il richiamo posto nel medesimo provvedimento alle esigenze partecipative procedimentali è del tutto elusivo della disposizione indicata, giacché con lo stesso provvedimento si dà comunicazione di avvio del procedimento e si assume la definitiva determinazione di annullamento.
IV.1) Il motivo è infondato.
Va premesso che le esigenze partecipative rappresentate normativamente dal disposto di cui all’art.7 L.241/90 possono trovare esplicazione in via generale solo ove sia consentito al destinatario di partecipare in corso di procedimento e non -evidentemente – a provvedimento emanato (dunque, a procedimento concluso), valendo, in tal caso, la predetta comunicazione non certo più a fini partecipativi bensì a fini di mera notizia dell’intervenuto provvedimento.
Ciò è vero a condizione che il privato abbia titolo sostanziale a “partecipare” al procedimento, con la possibilità di introdurre “nel procedimento” elementi utili alla definizione dello stesso.
Nel caso di attività vincolata, come nella specie, è evidente che le possibilità di utile partecipazione nel senso sopra chiarito sono assai limitate, sostanziandosi in definitiva nella contestazione dei fatti posti a base all’instaurato procedimento, esclusa, come sopra detto, ogni possibilità di introdurre interessi secondari e dunque ogni discussione in ordine alla scelta del provvedimento da assumere.
Nel caso di specie, il ricorrente non contesta i fatti; pertanto, la sua partecipazione procedimentale sarebbe del tutto inutile ed inammissibile il motivo sollevato.
V. Il ricorso è pertanto infondato.
V.1) Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nell’importo in dispositivo fissato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Sezione II, pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Amministrazione resistente che si liquidano in complessivi E 1.500 (euro millecinquecento).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 30 gennaio 2003, con l’intervento dei Magistrati:
Pietro MOREA – Presidente
Doris DURANTE – Componente
Maria ABBRUZZESE – Componente est.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 27 FEB 2003.