Massima
Testo
Norme correlate:
Art 2 Legge n. 241/1990
Riferimenti: Tar Campania, Napoli, III, (R.g.n. 5305/2006)
Testo completo:
TAR Lazio, Roma, Sez. I ter, 2 gennaio 2009, n. 992
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. I ter
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 10112/2008 R.G.R., proposto da Esposito Salvatore
elettivamente domiciliato in Roma, via Veneto, n. 108, presso l’avv. Claudio Rossano che lo rappresenta e difende per mandato;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, legale domiciliataria;
per l’annullamento del rifiuto di provvedere
;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti di causa;
Data per letta nella camera di consiglio del 18.12.2008 la relazione del dr. Maria Ada Russo e uditi altresì i difensori come da verbale;
FATTO E DIRITTO
Per una migliore comprensione della vicenda in trattazione giova ricostruire gli snodi fondamentali della stessa sulla scorta delle risultanze contenute in tutti gli atti depositati e negli scritti difensivi.
Il ricorrente si qualifica titolare di una impresa individuale avente ad oggetto la vendita al dettaglio di cofani mortuari in legno e zinco, accessori sacri e arredi funebri.
In data 12.1.2006 ha effettuato comunicazione di esercizio di commercio al dettaglio di vicinato ai sensi del D. leg.vo n. 114 del 1998 (art. 7, comma 5 e 26, comma 5) con riferimento all’esercizio ubicato in Casoria alla Via San Mauro n. 57.
Successivamente, il 28.3.2006, ha chiesto al Comune di Casoria il rilascio di autorizzazione amministrativa per agenzia affari e commissioni c/terzi nel settore del servizio funebre.
In data 6.6.2006 il Comune ha respinto la sua richiesta in ragione di motivi ostativi al rilascio del titolo autorizzatorio.
Infine, in data 13.7.2006, l’Esposito ha avuto accesso al presupposto accertamento antimafia, acquisito dall’ente comunale, nel quale è stato ritenuto sussistente a carico della società Esposito Salvatore “il pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata”.
Il provvedimento è stato impugnato al competente Tar Campania, Napoli, III, (R.g. n. 5305/2006) che ha deciso con sentenza di rigetto n. 6040 del 20.6.2008.
In data 3 maggio 2007 il ricorrente ha chiesto all’UTG di Napoli di rinnovare l’accertamento antimafia a suo carico e a carico dell’omonima impresa individuale ai sensi dell’art. 10, comma 8, del D.P.R. n. 252 del 1998.
L’istanza è stata rinnovata in data 3 marzo 2008.
L’U.T.G. di Napoli non ha a tutt’oggi risposto.
Con il ricorso in epigrafe l’Esposito ha impugnato il silenzio rifiuto sulla predetta istanza di rinnovazione dell’accertamento antimafia a suo carico.
Controparte si è costituita con memoria formale in data 17.12.2008.
I). Giova richiamare, in via preliminare, la normativa in materia.
Stabilisce, invero, l’art. 4, comma 4, del d.lgs. n. 490/1994 che le informazioni del Prefetto assumono, tra l’altro, ad oggetto la verifica di “eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte delle società e delle imprese interessate”.
Precisa l’art. 10, comma 2, del D.P.R. n. 252/1998 che quando a seguito delle verifiche disposte ricorrono “elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società e nelle imprese interessate, le amministrazioni cui sono fornite le relative informazioni non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessione e erogazioni”.
L’art. 10 opera una specifica attribuzione di competenze al Prefetto ai fini di operare determinate verifiche e di rendere alle Amministrazioni informazioni in ordine alla sussistenza di elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate, con effetti preclusivi della istaurazione/prosecuzione di rapporti con le imprese coinvolte.
Dette informazioni possono essere indifferentemente richieste dalle Amministrazioni (comma 3) o dalle imprese (comma 6) e, anche sulla documentata richiesta dell’interessato, ne deve essere aggiornato l’esito al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa (comma 8).
Dal descritto quadro normativo emerge che la ratio della norma è quella di essere rivolta ad impedire – in via preventiva e precauzionale – l’accesso al mercato dei pubblici appalti ed in generale alla stipula di contratti con la P.A. o ad altri benefici a carico dell’erario, di quelle imprese che si configurino inficiate da ingerenza, condizionamento o infiltrazione da a parte di associazioni di stampo mafioso.
II). Tanto premesso può ora passarsi all’esame del merito.
Il ricorso è fondato e va accolto in quanto, nella vicenda, non si verte in materia di richiesta di riesame e, quindi, sussiste l’obbligo di provvedere.
In linea generale, si deve ricordare che il soggetto privato può certamente avanzare istanze dirette all’adozione dei provvedimenti di autotutela da parte dell’Amministrazione; ma a tale potere non corrisponde, in capo al Ministero, un obbligo giuridico di adottare provvedimenti espliciti sulla richiesta o sull’istanza.
Sotto questo profilo, non può essere invocata – generalmente – la disposizione di cui all’art. 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241, che espressamente correla il dovere di concludere il provvedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso al fatto che il procedimento medesimo consegua “obbligatoriamente” ad una istanza.
In relazione alla domanda del ricorrente, diversamente, si configura un obbligo di provvedere in capo all’Amministrazione.
Invero, nel caso di specie, non si è in presenza di una richiesta di esercizio del potere di autotutela – in riferimento al quale non sussisterebbe alcun obbligo per l’amministrazione di procedere e di provvedere – ma di un procedimento ad istanza della ricorrente che, in relazione a circostanze asseritamente sopravvenute ed astrattamente rilevanti ai fini della certificazione antimafia, chiede l’esercizio di un potere che non incide sul provvedimento a suo tempo emanato ma che concreta un nuovo atto da adottare tenendo conto della mutata situazione;
Come questa Sezione ha avuto occasione di precisare 8sent. 25.1.2006, n. 515), l’aggiornamento, d’ufficio o su domanda dell’interessato, degli accertamenti antimafia, costituisce un vero e proprio obbligo dell’Amministrazione, ai sensi del cit. art.10, comma 8, del D.P.R. n. 252 del 1998, e, quindi, l’U.T.G. di Napoli ha l’obbligo di provvedere sulla domanda del ricorrente, concludendo, in senso positivo o negativo, sulla base delle pertinenti valutazioni tecnico-discrezionali, il relativo procedimento.
Deve quindi ordinarsi all’Ufficio territoriale di Governo di Napoli di emanare un provvedimento espresso in esito all’istanza presentata dal ricorrente ai sensi dell’art. 10, co. 8, D.P.R. 252/1998 entro un termine non superiore a trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione, se anteriore, della presente sentenza.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Roma, Sezione I ter, definitivamente pronunciando, accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, dichiara illegittimo il silenzio rifiuto serbato dall’UTG di Napoli ed ordina a detta amministrazione di provvedere nel termine di trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione, se anteriore, della presente sentenza.
Compensa tra le parti le spese, competenze ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 18.12.2008.
Patrizio Giulia, Presidente
Maria Ada Russo, Estensore