Acque meteoriche e rifiuti cimiteriali da esumazione ed estumulazione

La sentenza Cass. pen., Sez. III, 13 ottobre 2025, n. 33646 potrebbe assumere rilievo anche per il settore cimiteriale, dove non sono rari i casi in cui i rifiuti da esumazione o estumulazione vengono intercettati dalle acque meteoriche di prima pioggia che cadono su piazzali aree di stoccaggio temporaneo, non adeguatamente protetti (con tettoia) e senza il rispetto della norma di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 12 del DPR 254/2003:


2. I rifiuti da esumazione ed estumulazione devono essere raccolti e trasportati in appositi imballaggi a perdere flessibili, di colore distinguibile da quelli utilizzati per la raccolta delle altre frazioni di rifiuti urbani prodotti all’interno dell’area cimiteriale e recanti la scritta “Rifiuti urbani da esumazioni ed estumulazioni”.
3. I rifiuti da esumazione ed estumulazione possono essere depositati in apposita area confinata individuata dal Comune all’interno del cimitero, qualora tali operazioni si rendano necessarie per garantire una maggiore razionalità del sistema di raccolta e trasporto ed a condizione che i rifiuti siano adeguatamente racchiusi negli appositi imballaggi a perdere flessibili di cui al comma 2.

Il punto critico è la qualificazione giuridica di tali acque: restano nell’alveo dell’art. 113 d.lgs. 152/2006 e s.m.i. (disciplina delle acque meteoriche di dilavamento) oppure, una volta contaminate, devono essere considerate reflui industriali, con le conseguenze penali dell’art. 137?
La Cassazione, esaminando un cantiere nautico, opera un passaggio interpretativo molto netto:

  • le acque meteoriche sono tali solo finché non risultano contaminate;
  • se la pioggia trascina oli, solventi, vernici o altri residui dell’attività, perde la natura meteorica e diventa refluo industriale ai sensi dell’art. 74, con applicazione della sanzione penale.

    Il ragionamento è coerente con la giurisprudenza più restrittiva (Schembri, Mele, Galletti), secondo la quale solo le acque piovane “pulite” sono meteoriche.
    Tuttavia, la decisione genera un evidente corto circuito rispetto alla disciplina speciale dell’art. 113, comma 3, che prevede impianti di prima pioggia proprio perché è fisiologico che la prima frazione di precipitazione trascini sostanze inquinanti presenti sulle superfici impermeabili.
    Altrimenti perché usare una definizione di “prima pioggia” e poi nei fatti assimilarle a quelle di “seconda pioggia”?

    È qui che il tema investe direttamente il mondo cimiteriale. In molte realtà, infatti, le aree per il deposito temporaneo dei rifiuti da esumazione/estumulazione, sono dotati (o dovrebbero esserlo) di sistemi per la gestione della prima pioggia, proprio perché la presenza di residui organici e materiali miscelati è un fenomeno tipico e non eccezionale, semmai mitigato dalla presenza obbligatoria degli imballaggi flessibili e, ancor più se fossero protetti anche da tettoia.
    La Cassazione, invece, afferma che quando l’acqua “in concreto si sporca”, essa esce dall’art. 113 e rientra nei reflui industriali.
    Una conclusione che rischia di rendere inutilizzabili, sul piano penale, i titoli autorizzativi rilasciati agli impianti di prima pioggia presenti nei cimiteri.
    E, sinceramente, lascia perplessi, visto l’obbligo del contenimento di tali rifiuti negli imballaggi.

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