Piccole note attorno alla commorienza

All’art. 29, comma 3 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 e s.m., così come precedentemente stabilito dalle disposizioni dei due Ordinamenti dello stato civile (del 1939 e, prima, del 1865), prevede: “3.- Se il parto è plurimo, se ne fa menzione in ciascuno degli atti indicando l’ordine in cui le nascite sono seguite. ”.
Con ciò ricordando come il contenuto dell’atto di nascita comprenda (precedente comma 2): a.1) il luogo, a.2) l’anno, a.3) il mese, a.4) il giorno e a.5) l’ora della nascita, le b.1) generalità, b.2) la cittadinanza, b.3) la residenza dei c.1) genitori del figlio nato nel matrimonio nonché c.2) di quelli che rendono la dichiarazione di riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio e c.3) di quelli che hanno espresso con atto pubblico il proprio consenso ad essere nominati, d) il sesso del bambino e e) il nome che gli viene dato ai sensi del successivo art. 35.
L’indicazione dell’ordine della nascita ha scarsa, se non nulla, rilevanza.
Per certi versi, qualche rilevanza poteva, quando operante la costrizione militare obbligatoria (attualmente sospesa), avere, ai fini di un’eventuale dispensa dal servizio militare, comunque in presenza di altre co-condizioni.
La fattispecie non prende in considerazione una qualche contestualità della nascita, quanto la sua pluralità, dato che l’indicazione dell’ordine, già di per sé, esclude la contestualità.
Passando all’evento “morte” (per il contenuto degli atti di morte, quando formati in Italia), si rinvia all’art. 73 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 e s.m.
Il Codice Civile, all’art. 4 [1] considera la prospettiva di una contestualità o, meglio, regola il caso in cui non possa determinarsi un ordine tra i momenti della morte di più persone, introducendo una sorta di presunzione.
Si fa, fin d’ora, notare che la fattispecie non considera la contestualità (se si vuole, la contemporaneità) dell’evento “morte”, ma ben altro, cioè:

= ordine della morte di più persone
= quando da tale ordine dipenda un effetto giuridico

Ciò, regolando l’evenienza della commorienza con il ricorso alla predetta presunzione, tutto sommato abbastanza assoluta.
Infatti, si potrebbe ipotizzare che un’eventuale autopsia giudiziaria (quando disposta) od un riscontro diagnostico potrebbero pervenire ad un accertamento sull’ordine della morte, cioè se una persona sia sopravvissuta, magari per poco, ad altra.
Ma in questo caso, l’istituto della commorienza viene escluso, dal momento che in tal modo si farebbe constare quale tra le persone interessate sia sopravvissuta alle altre e, in caso di pluralità, l’ordine in cui sono avvenuti i decessi.
La possibilità che trovi applicazione l’istituto della commorienza, per quanto possa essere infrequente, non è escludibile a priori, anzi: basterebbe considerare i casi di sinistri stradali, ma anche altre tipologie di eventi luttuosi.
Tornando ai fattori che fanno operare l’art. 4 C.C. (invitando, come sempre, ad una sua lettura) occorre sottolineare come l’istituto della commorienza non ponga l’accento tanto sulla prossimità dell’evento, quanto su altri aspetti.
Cosicché potrebbe trovare applicazione anche in casi in cui le persone eventualmente coinvolte siano decedute in luoghi tra loro lontani e in momenti che possono porre in condizioni di non certezza se vi sia stata sopravvivenza di una rispetto ad altre.
A titolo esemplificativo, vi potrebbero essere decessi che avvengano in continenti differenti, magari avendosi registrazioni tali da non consentire una qualche valutazione circa quale delle persone sia sopravvissuta ad altre, inclusa l’eventuale carenza oggettiva di registrazioni.
Aspetti questi che non possono essere disgiunti dal fatto che dalla sopravvivenza dipenda un qualche effetto giuridico.
Per fare un esempio (non esaustivo), si potrebbero considerare due persone (per ridurre ai minimi termini la pluralità), che possiamo chiamare: [A] e [B], tra le quali vi sia un rapporto di discendenza in linea diretta di 1° grado (non interessa se la linea diretta dia discendente o ascendente).
Si aggiunge che quella persona che è discendente dall’altra non abbia sorelle/fratelli, anche qui per ridurre la pluralità dei soggetti, e che questa/o discendente abbia una/un coniuge (o figura assimilatane [2]).
In questa situazione, si consideri l’effetto giuridico della successione mortis causa, dove, a seconda di quale tra le due persone sia sopravvissuta all’altra, viene a mutare l’effetto giuridico se la/il coniuge (o, assimilata/o) succeda all’affine (quello che è ascendente).
Ovviamente, quello della successione è solo uno dei tanti esempi cui si possa fare riferimento.
La semplificazione risultante dalla riduzione della pluralità delle persone considerabili, non esclude che possa aversi una complessità, in relazione ad eventuali pluralità di persone coinvolte e delle relazioni tra loro intercorrenti, quando ve ne siano.
Lettrici e lettori perdoneranno se le relazioni tra [A] e [B] e “collegati” siano state enunciate richiamandosi alle formulazioni tratte dal Titolo V del Libro I del C.C., in luogo di altre di maggior uso nel c.d. linguaggio comune (madre/padre, figlia/o, suocera/o, nuora/genero, ecc.), ma questa scelta sembrava essere maggiormente meno esposta ad equivoci.


[1] = Codice Civile, Art. 4. (Commorienza).
Quando un effetto giuridico dipende dalla sopravvivenza di una persona a un’altra e non consta quale di esse sia morta prima, tutte si considerano morte nello stesso momento.
[2] = Cfr.: art. 1, comma 20 L. 20 maggio 2016, n. 76.

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