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Norme correlate:
Massima
Testo
Norme correlate:
Art 3 Legge n. 287/1990
Art 4 Legge n. 287/1990
Testo completo:
Corte di appello, Genova, Sez. I, 26 novembre 2007, n. 1230
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI GENOVA, SEZIONE PRIMA CIVILE
composta dai magistrati:
dott. Vincenzo Ferro, Presidente relatore
dott. Loris Dirozzi, Consigliere
dott. Rosa Maria Di Virgilio, Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento civile in unico grado iscritto al n. 1190 R.G. 2002
promosso dalla
LA GENERALE POMPE FUNEBRI s.p.a., avente sede in Genova, in persona del suo legale rappresentante in carica Riccardo Calzoni, già rappresentata e difesa in giudizio dall’avv. Ivan Melis del foro di Milano e dall’avv. Andrea Anzalone del foro di Genova come da procura in calce al ricorso introduttivo, ora rappresentata e difesa dall’avv. Andrea Anzalone, dall’avv. Franco Vigotti e dall’avv. Alberto Marconi del foro di Genova come da procura a margine della comparsa conclusionale, con elezione di domicilio presso l’avv. Franco Vigotti in Genova via Venti Settembre 33/7,
– attrice –
nei confronti della
AZIENDA SERVIZI FUNEBRI del COMUNE di GENOVA A.Se.F., avente sede in Genova, in persona del suo legale rappresentante in carica direttore generale Bianca Tiozzo, rappresentata e difesa in giudizio dall’avv. Francesco Munari e dall’avv. Corrado Mauceri del foro di Genova in virtù di procura in calce alla copia notificata del ricorso introduttivo, con elezione di domicilio presso l’avv. Corrado Mauceri in Genova via Palestre 2,
– convenuta –
in materia di concorrenza
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Per l’attrice:
“Piaccia alla Ecc.ma Corte di appello, ogni contraria istanza, azione e/o eccezione disattesa, previa ogni declaratoria meglio vista:
a) accertato il carattere abusivo e illegittimo, ai sensi dell’art. 3 della Legge n. 287/1990, del comportamento della convenuta come denunciato in atti e per le causali tutte ivi indicate, disporre la cessazione dell’uso di uffici commerciali all’interno della struttura ospedaliera di San Martino a cura di ASEF, indipendentemente dalla effettiva titolarità dei medesimi;
b) condannare la convenuta al risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente per il periodo decorrente dal 1° dicembre 2001 (inizio di operatività dell’ASEF) fino alla effettiva permanenza degli uffici della convenuta in loco, per avere illecitamente sottratto, abusando della sua posizione dominante, potenziale clientela nel mercato delle onoranze funebri correlato alle camere mortuarie di San Martino in Genova, applicando la misura dell’utile di impresa al valore medio dei servizi, avuto riguardo alle risultanze dei bilanci versati in atti, o in subordine con valutazione equitativa.
Con vittoria di spese, diritti e onorari di lite.”
Per la convenuta:
“Voglia l’Ecc.ma Corte di appello, contrariis reiectis:
in via preliminare, dichiarare inammissibili, nulle e/o improcedibili le domande azionate nel presente giudizio da LA GENERALE;
in via subordinata, nella denegata ipotesi in cui la Corte di appello ritenga di non accogliere l’eccezione di inammissibilità, nullità e/o improcedibilità di cui sopra, rigettare ogni e qualsiasi domanda, anche risarcitoria, avanzata da LA GENERALE in quanto infondata in fatto e in diritto e comunque non provata.
Con vittoria di spese onorari e diritti del presente giudizio, ivi compresa la fase cautelare.”
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio in unico grado, la società LA GENERALE POMPE FUNEBRI s.p.a., avente sede in Genova esponeva: che il Comune di Genova, il quale aveva in precedenza svolto in economia mediante una struttura interna (Azienda trasporti funebri ATF) i servizi obitoriali e di polizia mortuaria di propria competenza, aveva, con deliberazione 12 aprile 2001 n. 48, creato per l’esplicazione di tali attività la AZIENDA SERVIZI FUNEBRI DEL COMUNE DI GENOVA A.Se.F. la quale era subentrata in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi già facenti capo ad ATF relativamente e limitatamente al contratto di servizio all’uopo stipulato; che il Comune aveva alla stessa trasferito tra l’altro i rapporti di locazione relativi agli immobili ove avevano sede gli uffici di ATF e tra essi “in locazione passiva con effetto immediato le sedi e/o i locali di civica proprietà già occupate dall’Azienda Trasporti Funebri tra i quali: … piazzale Marsano 10 ubicati al piano rialzato dell’edificio ove ha sede tra l’altro il civico obitorio”; che A.Se.F., provvedeva anche, in base ad una convenzione risalente al 1972, alla gestione delle camere mortuarie – di per sé rientrante nella sfera di attribuzione dell’azienda ospedaliera – senza corrispettivo; che la presenza di A.se.F. all’interno dell’ospedale di San Martino, con la presenza, in particolare, nei locali delle camere mortuarie di un operatore di A.Se.F. (rispondente allo scopo di “intercettare i potenziali clienti per lo svolgimento del servizio funerario e di accompagnarli nei vicini uffici A.Se.F. ove si firma il vero e proprio conferimento d’incarico”) dava luogo ad una situazione di commistione tra funzioni pubblicistiche e attività privata imprenditoriale e nella creazione di una posizione di privilegio a danno di altri operatori di onoranze funebri; che tale situazione appariva caratterizzata da molteplici profili di illegittimità, sotto il profilo del diritto comunitario (con riferimento agli articoli 33 e 49 del Trattato CEE) dovendo il servizio di gestione delle camere mortuarie essere affidato mediante gara ad evidenza pubblica nel rispetto dei criteri della pubblicità e della trasparenza, sotto il profilo del diritto interno non sussistendo la necessaria duplice autorizzazione amministrativa per lo svolgimento dell’attività commerciale e dell’agenzia di affari all’interno della struttura ospedaliera, ed ancora sotto il profilo del diritto interno per la ricorrenza degli estremi dell’abuso di posizione dominante ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 della L. 10 ottobre 1990, n. 287. L’attrice chiedeva quindi “in via preliminare, disporre interinalmente la cessazione dell’uso di uffici commerciali all’interno della struttura ospedaliera di San Martino a cura di A.Se.F. indipendentemente dalla effettiva titolarità dei medesimi; nel merito, condannare A.Se.F. al risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente, da determinarsi in corso del giudizio, per il periodo decorrente dal 1° dicembre 2001 (inizio di operatività dell’ASEF) fino alla effettiva permanenza degli uffici della convenuta in loco, per avere illecitamente sottratto, abusando della sua posizione dominante, potenziale clientela nel mercato delle onoranze funebri correlato alle camere mortuarie di San Martino in Genova, applicando la misura dell’utile di impresa al valore medio dei servizi, avuto riguardo alle risultanze degli ultimi due bilanci della ricorrente.”
Previa rituale tempestiva notificazione del ricorso e del susseguente decreto presidenziale, si costituiva in giudizio la AZIENDA SERVIZI FUNEBRI DEL COMUNE DI GENOVA A.Se.F., la quale contestava la fondatezza delle domande della ricorrente (contestando in particolare la sussistenza di estremi di una posizione dominante nel mercato rilevante e di estremi di propri comportamenti abusivi) e ne chiedeva la reiezione.
La causa, istruita mediante scambio di memorie, produzione di copiosa documentazione da entrambe le parti, e assunzione di prove orali, è stata riservata per la decisione, davanti alla Corte come in epigrafe costituita, nell’udienza collegiale del 20 dicembre 2006.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La chiarezza dei termini della controversia rende possibile, al di là delle sovrabbondanti estrinseca zioni della dialettica processuale, l’espressione della ratio decidendi in forma esauriente ma sintetica.
Nel contesto della Legge 10 ottobre 1990 n. 287, avente ad oggetto “norme per la tutela della concorrenza e del mercato”, nell’ambito del titolo I (recante “norme sulle intese, sull’abuso di posizione dominante e sulle operazioni di concentrazione” l’art. 4 stabilisce nel rimo comma che è vietato l’abuso da parte di una o più imprese di una posizione dominante all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante”. E l’art. 33 nel secondo comma attribuisce alla cognizione della Corte di appello territorialmente competente “le azioni di nullità e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV”.
La .nozione di posizione dominante trova esplicazione nella giurisprudenza comunitaria (nella quale devono essere ricercati e possono essere rinvenuti i criteri interpretativi fondamentali in materia) nel senso che “La posizione dominante consiste in una posizione di potenza economica grazie alla quale l’impresa che la detiene è in grado di ostacolare la persistenza di una concorrenza effettiva sul mercato in questione, avendo la capacità e la possibilità di porre in essere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei concorrenti, dei clienti, e in ultima analisi dei consumatori” (Corte di giustizia 13 febbraio 1979 Hoffmann La Roche). E poiché la condotta integrante gli estremi di illiceità che ricevono sanzione ai sensi del citato art. 33 non si esaurisce nella fruizione di una posizione dominante ma richiede l’abuso della stessa, occorre ricordare ulteriormente che, secondo la giurisprudenza di legittimità, “Si ha abuso di posizione dominante quando un’impresa, approfittando di tale sua posizione, tenti di impedire l’ingresso nel mercato a chi voglia accedervi, ovvero di estromettere altre imprese ivi presenti e non dominanti, adottando comportamenti oggettivi che limitino ex ante, nel mercato stesso, la libertà di movimento dei concorrenti, ed ostacolino in tal modo la effettiva concorrenza (Cass. 17 maggio 2000 n. 6368). Infine, ulteriore precisazione viene dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale nel senso che la nozione di mercato rilevante consta dalla coesistenza di due componenti, rispettivamente costituite dalla coincidenza merceologica e da una condizione geografica risolventesi nella individuazione di un’area territoriale nella quale le imprese acquistano o forniscono prodotti o servizi caratterizzata da significativa omogeneità delle condizioni di concorrenza, che può essere tenuta distinta da altre zone pur contigue nelle quali le condizioni di concorrenza sono sensibilmente diverse.
Passando al concreto, occorre premettere che nel novero dei servizi funerari si distinguono:
a) quelli attribuiti istituzionalmente alla competenza dei Comuni, che costituiscono attività di rilevanza pubblicistica e come tali sono disciplinati in modo uniforme su tutto il territorio nazionale (in particolare, dalle norme del Regolamento nazionale di polizia mortuaria);
b) quelli attribuiti alla competenza delle strutture ospedaliere, a lor volta rispondenti ad esigenze di interesse pubblico e uniformemente disciplinati a livello nazionale;
c) i sevizi di onoranze funebri e di trasporti funebri, che costituiscono materia di attività imprenditoriale commerciale che si svolge in regime di libera concorrenza.
Nel Comune di Genova, le attività di cui sub a) sono state svolte fino al 30 novembre 2001 in economia dall’Azienda A.T.F. del Comune, e a partire dal 1° dicembre 2001 dalla azienda speciale AZIENDA SERVIZI FUNEBRI del COMUNE di GENOVA A.Se.F. in virtù di specifico contratto di servizio; le attività di cui sub b) , che si svolgono in locali comunemente noti come camere mortuarie, sono frequentemente affidate dalle strutture ospedaliere alla gestione delle aziende operanti nei servizi funerari, e in virtù di tale prassi, nell’Ospedale di S. Martino, alla medesima AZIENDA SERVIZI FUNEBRI del COMUNE di GENOVA A.Se.F., (la quale gestisce tali servizi anche negli ospedali di Sampierdarena e Celesia, mentre LA GENERALE POMPE FUNEBRI s.p.a. esplica analoga attività nell’Ospedale Galliera e in tutti gli altri ospedali dell’A.S.L. Genovese); i servizi di cui sub c) sono affidati all’iniziativa privata, ivi compresi quelli dei trasporti funebri che in passato (fino al 1° maggio 2002) erano oggetto di privativa.
Ciò premesso, è ovvio – e risponde a dati di comune esperienza – che la concentrazione in un solo soggetto dell’esercizio dei servizi rientranti nella seconda e nella terza delle categorie some sopra delineata, e la contiguità dei locali in cui gli uni e gli altri hanno sede, si risolva in una posizione dominante suscettibile di produrre effetto distorsivo sul funzionamento del modello concorrenziale a cui dovrebbe essere ispirata l’attività strettamente imprenditoriale di cui alla terza categoria, in virtù della suggestione che da ciò può derivare – anche senza l’adozione di particolari mezzi di persuasione – nelle persone che, colpite dal decesso di un congiunto e soggette a tutti i condizionamenti psicologici che ciò comporta, possono essere indotte ad avvalersi dell’offerta commerciale dello stesso soggetto operante nei servizi obitoriali piuttosto che di quella di un altro.
Tutto ciò è tanto notorio che spesso l’aggiudicazione da parte degli ospedali della gestione delle camere mortuarie avviene senza corrispettivo, e ciò non certo sul presupposto di una maggiore sensibilità etica o civica ma, realisticamente, nella comune consapevolezza dell’acquisizione, per tal modo, di quella che ben potrebbe essere definita una rendita di posizione in favore dell’aggiudicatario.
Che tale sistema sia da considerare rispondente a criteri di buona amministrazione dei servizi funebri, nel rispetto del principio della parità delle condizioni nello svolgimento di attività private di carattere (lecitamente) speculativo, può anche essere posto il discussione. Ma fino a quando esso sia previsto e consentito dalla legge, e fino a quando non vengano caducati i provvedimenti amministrativi nei quali trova attuazione, la sussistenza di una posizione dominante come sopra individuata, e 1’eventualmente accertato arricchimento che ne consegue a favore di un determinato imprenditore, non può attingere in se stessa la rilevanza della illiceità colpita dalla legge 10 ottobre 1990 n. 287. E tale è, in prima approssimazione, la valutazione che deve ricevere, nella fattispecie sub judice, il contrasto di interessi tra la AZIENDA SERVIZI FUNEBRI del COMUNE di GENOVA A.Se.F. e LA GENERALE POMPE FUNEBRI s.p.a. in relazione all’Ospedale di San Martino di questa città.
Che un problema esista al riguardo, emerge dal fatto che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato con provvedimento in data 7 ottobre 2003 ha ritenuto “che l’attività di gestione delle camere mortuarie dell’ospedale di S. Martino di Genova svolta contemporaneamente a quella nel mercato dei servizi funerari soprattutto in combinazione con la contiguità egli uffici commerciali alle camere mortuarie, possa effettivamente consentire alla A.Se.F. di godere un vantaggio concorrenziale nei confronti degli altri operatori” e ha invitato il Comune di Genova “a porre in essere delle misure correttive volte a mettere tutti gli operatori in condizioni di parità sotto il profilo concorrenziale” e a introdurre “strumenti volti a migliorare l’informazione dei consumatori [sic] in merito ai servizi funebri offerti sul mercato”. Ma tutto ciò esula dall’ambito degli strumenti di tutela giurisdizionale previsti dall’art. 33 della Legge 10 ottobre 1990 n. 287.
La connotazione in termini di illiceità della condotta imprenditoriale della AZIENDA SERVIZI FUNEBRI del COMUNE di GENOVA A.Se.F., suscettibile di assumere rilevanza civilistica e di essere sanzionata dal giudice ordinario, potrebbe esserle riconosciuta soltanto se le risultanze processuali ponessero in evidenza il compimento, da parte della stessa, e per essa da parte dei suoi operatori, di specifici comportamenti risolventisi nell’abuso ossia – alla stregua della precisazione definitoria precedentemente riferita – nell’approfittarnento voluto della condizione di fatto suesposta al fine di impedire l’ingresso nel mercato ad altri imprenditori, ovvero di estrometterne altre imprese ivi presentì e non dominanti (quali la odierna ricorrente), con l’adozione di atteggiamenti oggettivi illeciti in quanto idonei a limitare, nel mercato stesso, la libertà di movimento dei concorrenti e dei loro potenziali clienti, e ad ostacolare in tal modo la effettiva esplicazione della concorrenza: in altre e più semplici (e dolorose) parole, con tentativi di accaparramento delle preferenze dei dolenti. Orbene, non può dirsi che nel presente giudizio risulti assolta dalla ricorrente -alla quale ne incombeva l’onere- la dimostrazione dell’avvenuta realizzazione di comportamenti di tal natura: tali non potendosi considerare, da un lato, la possibilità per A.Se.F. di fornire informazioni (che non consta peraltro essere mai state date in modo scorretto) in occasione dei contatti con i privati, e, dall’altro, alcuni sporadici episodi di conflitto tra singoli operatori di cui si è avuta notizia da fonte testimoniale, ai quali non può essere attribuita la valenza sintomatica di preordinata sistematica attività di disturbo dell’attività altrui.
II riconoscimento della insussistenza degli estremi della situazione illecita di cui si chiede, da parte della ricorrente, la repressione, esplica rilevanza assorbente rispetto alla ulteriore specifica questione – sulla quale non è quindi necessario prendere posizione – se il risarcimento del danno possa ricomprendere, quali forme di reintegrazione in forma specifica ai sensi dell’art. 2058 C.C., provvedimenti giudiziali inibitori, nella specie, dell’uso di uffici commerciali all’interno della struttura ospedaliera di San Martino a cura di ASEF, indipendentemente dalla effettiva titolarità dei medesimi, come richiesto dalla ricorrente.
Si accede quindi al rigetto delle domande proposte da LA GENERALE POMPE FUNEBRI s.p.a. nei confronti della AZIENDA SERVIZI FUNEBRI del COMUNE di GENOVA A.Se.F..
La peculiarità della vicenda e delle ragioni della decisione giustifica la totale compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando in via definitiva, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, respinge le domande proposte da LA GENERALE POMPE FUNEBRI s.p.a. nei confronti della AZIENDA SERVIZI FUNEBRI del Comune di Genova, A.Se.F. dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio.
Genova, 17 settembre 2007