Consiglio di Stato, Sez. III, 17 settembre 2012, n. 4933

Norme correlate:
Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990
Art 2598 Regio Decreto n. 262/1942
Art 115 Regio Decreto n. 773/1931
Art 8 Legge n. 287/1990

Riferimenti: Cons. St., V, 30 novembre 2000, n. 6362
Consiglio di Stato, Sez. III, 17 settembre 2012, n. 4933

Il servizio di gestione delle attività connesse al decesso dei pazienti in ambito ospedaliero e della camera mortuaria ha natura di servizio pubblico.
Sull’illegittimità del divieto di partecipazione a carico delle imprese di onoranze funebri nel caso di affidamento all’esterno mediante appalto.
L’attività di onoranze funebri si sostanzia in quelle prestazioni volte ad apprestare le ultime onoranze alle salme ed è attività di natura squisitamente commerciale offerta ad una utenza indifferenziata, per cui il relativo esercizio va lasciato al mercato, in un ambito contrassegnato dalla più ampia libertà di concorrenza. Il servizio correlato ai decessi in ambito ospedaliero (e quindi tutte le attività che riguardano: il trasporto delle salme dal reparto alla camera mortuaria e, quando richiesto, dalla camera mortuaria alla camera settoria; la custodia dei cadaveri; la consegna delle salme ai necrofori per le onoranze funebri nel rispetto delle scelte dei dolenti ), ha invece i connotati di un servizio pubblico (si tratta, invero, di un servizio che ha i connotati della indispensabilità, attese le gravi conseguenze di carattere igienico-sanitario che si avrebbero in caso di suo mancato esercizio e che pertanto soddisfa un bisogno insopprimibile della collettività ), ascrivibile alla cura dei soggetti pubblici preposti alla tutela della salute e da esercitarsi da parte di questi mediante gestione a mezzo personale alle dirette dipendenze delle Aziende Sanitarie, ovvero mediante suo affidamento all’esterno previa procedura di gara. Nel caso di scelta di tale seconda opzione gestionale ed organizzativa, l’assenza, che si riscontra nel caso di specie, nella legge di gara, della previsione di una tariffa o di un canone a carico dell’utenza indifferenziata e la fissazione invece di un corrispettivo a carico della stazione appaltante valgono indubitabilmente a qualificare il servizio come svolto a favore dell’amministrazione appaltante, con conseguente assoggettamento alle regole proprie dell’affidamento dei servizi in appalto, di cui al D. Lgs. n. 163/2006.
L’esclusione dalla possibilità di partecipazione alla gara di appalto di imprese fondata sulla sola circostanza oggettiva ch’esse, pur in possesso di tali requisiti di capacità, hanno nel loro oggetto sociale anche quello di “onoranze funebri”, si pone in contrasto con i principi comunitari in materia di tutela della concorrenza (di libertà di stabilimento, di prestazione dei servizii, ecc.), nonché di quello nazionale di rango costituzionale, che salvaguarda la libertà di iniziativa economica.

Testo completo:
Consiglio di Stato, Sez. III, 17 settembre 2012, n. 4933

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10127 del 2011, proposto da:
CATTOLICA 2000 S.r.l.,
in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Cardarelli e Filippo Lattanzi ed elettivamente domiciliata presso lo studio degli stessi, in Roma, via G.P. da Palestrina, 47,
contro
– l’Azienda Complesso Ospedaliero San Filippo Neri,
in persona del legale rappresentante p.t.,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Filippo Brunetti e Francesco Sacchi ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, via Crescenzio, 19;
– la Regione Lazio,
in persona del legale rappresentante p.t.,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv.to Rosa Maria Privitera ed elettivamente domiciliata presso la sede dell’Avvocatura dell’Ente, in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;
– il Presidente della Regione Lazio, nella qualità di Commissario ad acta nominato con delibera del Consiglio dei Ministri in data 23 aprile 2010;
– il Consiglio dei Ministri,
in persona del Presidente p.t.;
– il Ministero dell’Economia e delle Finanze,
in persona del Ministro p.t.;
– il Ministero della Salute,
in persona del Ministro p.t.,
costituitisi in giudizio, ex lege rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli ufficii della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, 12,
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO – ROMA – SEZIONE III QUATER n. 08647/2011, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO SERVIZIO DI GESTIONE E ATTIVITA’ CONNESSE AL DECESSO DEI PAZIENTI IN AMBITO OSPEDALIERO E GESTIONE DELLA CAMERA MORTUARIA.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio degli appellati;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive domande e difese;
Vista l’Ordinanza n. 230/2012, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 20 gennaio 2012, di accoglimento della domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta, alla pubblica udienza del 15 giugno 2012, la relazione del Consigliere Salvatore Cacace;
Uditi, alla stessa udienza, l’avv. Francesco Cardarelli per l’appellante, l’avv. Francesco Scacchi per l’Azienda Ospedaliera, l’avv. Rosa Maria Privitera per la Regione Lazio e l’avv. Massimo Santoro dello Stato per le Amministrazioni Statali appellate;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. – L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla procedura di gara indetta dalla l’Azienda Complesso Ospedaliero San Filippo Neri di Roma nell’agosto 2011 per l’affidamento del servizio di gestione delle attività connesse al decesso dei pazienti in ambito ospedaliero e della camera mortuaria.
2. – Avverso il bando di gara, nonché avverso le presupposte linee-guida regionali sulle modalità di gestione dei decessi ospedalieri e delle camere mortuarie (decreto del Commissario ad acta n. U0102 in data 17 dicembre 2010) è insorta in primo grado la ricorrente (azienda che incontestatamente afferma di operare ormai da oltre dieci anni nell’ambito dei servizi funebri e di offrire a diverse strutture ospedaliere pubbliche servizii di competenza aziendale relativi alla cura delle salme ed alla gestione dei locali morgue) con tre distinti motivi di impugnazione:
– il primo era diretto a contestare il divieto di partecipazione imposto a carico delle imprese di onoranze funebri ovvero di quelle ad esse collegate per vincoli di parentela degli amministratori, mediante denuncia della relativa prescrizione della legge di gara sia per vizii proprii che per vizio di illegittimità derivata dalle linee guida regionali laddove prevedono che, in caso di gara per l’affidamento in appalto di tale servizio, “le Aziende Sanitarie dovranno avvalersi del divieto di partecipazione alla gara per le imprese di onoranze funebri &”;
– con il secondo motivo di ricorso si lamentava l’illegittima commistione, in sede di bando, fra i requisiti di ammissione alla selezione ed i criterii di valutazione delle offerte;
– con il terzo, infine, si contestava l’assoluta inadeguatezza del prezzo posto a base d’asta, atteso, si affermava, che nel novero delle prestazioni richieste era ricompreso non solo l’espletamento dei servizii strettamente inerenti alla cura dei decessi in ambito ospedaliero, ma altresì la effettuazione di lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, oltre che di adeguamento alla normativa vigente, dei locali adibiti all’esercizio dell’attività.
Nel giudizio di primo grado si costituivano, per resistere, la Regione Lazio e l’Azienda Ospedaliera.
3. – Con l’impugnata sentenza il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma:
– ha esaminato, e respinto, il primo motivo di ricorso, concernente la legittimità delle clausole di gara (e delle presupposte linee-guida regionali), nella parte in cui impediscono alla ricorrente di partecipare alla gara in questione(nonché ad altre gare aventi oggetto similare) in quanto impresa esercente servizii di pompe funebri;
– ha dichiarato inammissibili gli ulteriori motivi, in quanto “la definitiva esclusione o l’accertamento della illegittimità della partecipazione alla gara(ipotesi alle quali è assimilabile quella in cui versa l’attuale ricorrente) impedisce di assegnare al concorrente la titolarità di una situazione sostanziale che lo abiliti ad impugnare la lex specialis di gara” (pag. 5 sent.).
4. – Con atto ritualmente notificato e depositato l’originaria ricorrente ha interposto appello, contestando criticamente, anche con successiva memoria, le statuizioni della sentenza di primo grado.
5. – Si sono costituiti in giudizio, per resistere all’appello, la Regione Lazio, il Presidente della Regione Lazio in qualità di commissario ad acta per il ripiano del disavanzo nel settore sanitario, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero della Salute e l’Azienda Complesso Ospedaliero San Filippo Neri.
6. – In particolare la Regione Lazio e l’Azienda Ospedaliera, con le rispettive memorie, hanno analiticamente controdedotto alle censure avversarie.
7. – Con Ordinanza n. 230/2012, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 20 gennaio 2012, è stata accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata.
8. – Con memorie rispettivamente in data 29 e 30 maggio 2012 tanto l’Azienda Ospedaliera quanto l’appellante hanno meglio illustrato le rispettive argomentazioni difensive.
Con memorie rispettivamente in data 3 e 4 giugno 2012 tanto l’appellante e l’Azienda Ospedaliera hanno svolto sintetiche repliche alle più recenti deduzioni avversarie.
9. – La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 15 giugno 2012.
10. – Va, preliminarmente, respinta l’eccezione, sollevata dall’Azienda Ospedaliera appellata, di inammissibilità per difetto di interesse delle censure, proposte in primo grado e riproposte in appello, rivolte avverso le linee guida regionali, in quanto, come dalla stessa appellata espressamente ammesso (v., da ultimo, mem. repl. del 4 giugno 2012), con la contestata disciplina di gara l’Azienda ha “inteso recepire le linee guida regionali”, sì che esse si pongono alla stregua di atto generale presupposto, suscettibile di assumere carattere direttamente lesivo per l’interessata con l’adozione dell’atto applicativo (nella specie l’impugnata lex specialis) sul primo fondato.
Ciò posto, nel merito l’appello è fondato e dev’essere accolto, nei limiti di cui appresso.
10.1 – Il thema decidendum centrale (nell’esame del quale, per ragioni di comodità espositiva, si può prescindere dalla tassonomia delle questioni come poste con l’atto di appello) è quello della legittimità della disciplina della gara de qua avente ad oggetto l’affidamento del servizio di gestione delle attività connesse al decesso dei pazienti in ambito ospedaliero e della camera mortuaria (nonché delle presupposte linee-guida regionali), nella parte in cui reca un divieto di partecipazione a carico delle imprese di onoranze funebri.
Tale divieto viene invero individuato, nell’impugnato decreto del Commissario ad acta, fra gli strumenti idonei ad ottenere nel settore in questione “la netta separazione delle attività igienicosanitarie da quelle di natura imprenditoriale”; necessità, questa, in relazione alla quale le linee-guida sottolineano la convergenza di interventi e decisioni di organi giurisdizionali o di garanzia (Consiglio di Stato con decisione n. 1639/2005; Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con AS 392/2007; Autorità di Vigilanza sui Contratti pubblici con pareri 147/2007; varie decisioni di TT.AA.RR.), nonché di leggi e regolamenti ad hoc varati dalle Regioni Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna: e ciò al fine, ivi si afferma, di “evitare situazioni profondamente distorsive della concorrenza e atte a determinare condizioni di pregiudizio economico ai cittadini”.
10.2 – Ritiene il Collegio che la veduta prescrizione di gara (così come la corrispondente indicazione contenuta nell’atto generale regionale presupposto) si appalesi illegittima per le seguenti ragioni:
a) l’attività di onoranze funebri (esercitabile in forza di autorizzazione ex art. 115 del T.U. 18 giugno 1931, n. 773 e di licenza ex art. 24 della legge 11 giugno 1971, n. 426: Cons. St., V, 30 novembre 2000, n. 6362) si sostanzia in quelle prestazioni volte ad apprestare le ultime onoranze alle salme ed è attività di natura squisitamente commerciale offerta ad una utenza indifferenziata, per cui il relativo esercizio va lasciato al mercato (Cons. St., VI, 27 dicembre 2006, n. 7950), in un ambito contrassegnato dalla più ampia libertà di concorrenza;
b) il servizio correlato ai decessi in ambito ospedaliero (e quindi tutte le attività che riguardano: il trasporto delle salme dal reparto alla camera mortuaria e, quando richiesto, dalla camera mortuaria alla camera settoria; la custodia dei cadaveri, per i tempi previsti dal DPR 285/90 o secondo quanto disposto dal medico necroscopo o dall’Autorità Giudiziaria; la consegna delle salme ai necrofori per le onoranze funebri nel rispetto delle scelte dei dolenti), del cui affidamento qui si discute, ha invece i connotati di un servizio pubblico (si tratta, invero, di un servizio che ha i connotati della indispensabilità, attese le gravi conseguenze di carattere igienico-sanitario che si avrebbero in caso di suo mancato esercizio e che pertanto soddisfa un bisogno insopprimibile della collettività), ascrivibile alla cura dei soggetti pubblici preposti alla tutela della salute e da esercitarsi da parte di questi mediante gestione a mezzo personale alle dirette dipendenze delle Aziende Sanitarie, ovvero mediante suo affidamento all’esterno previa procedura di gara;
c) nel caso di scelta di tale seconda opzione gestionale ed organizzativa, l’assenza, che si riscontra nella legge di gara che viene nel caso concreto qui in considerazione, della previsione di una tariffa o di un cànone a carico dell’utenza indifferenziata e la fissazione invece di un corrispettivo a carico della stazione appaltante valgono indubitabilmente a qualificare il servizio come svolto a favore dell’amministrazione appaltante, con conseguente assoggettamento alle regole proprie dell’affidamento dei servizii in appalto, di cui al D.Lgs. n. 163/2006 (del resto, negli atti amministrativi oggetto del giudizio non si è mai dubitato che di appalto di servizii si tratti: né nell’atto di indirizzo regionale, ove si fa riferimento alla prassi dell’affidamento in appalto come modalità di esternalizzazione del servizio; né nel bando di gara emanato dall’Azienda Ospedaliera, dove in più punti, a cominciare da quello concernente l’oggetto dell’avviso, si fa riferimento ad un “appalto pubblico”; né nel capitolato speciale d’appalto, cui l’avviso rinvia, ove si parla di “oggetto dell’appalto”, “durata e ammontare dell’appalto”, di “appalto” che comprende “l’esecuzione delle seguenti attività &”);
d) la giurisprudenza in tema di appalti pubblici di servizii condivide il principio, secondo cui la stazione appaltante può esigere requisiti idoneativi più severi rispetto a quelli individuati dagli artt. 41-42 del D.Lgs. n. 163/2006 in materia di requisiti di capacità economica e tecnica, nonché l’ulteriore principio di tassatività delle cause di esclusione dalle procedure di selezione dei contraenti negli appalti pubblici, come elencate all’art. 46, comma 1bis, del D.Lgs. n. 163/2006;
e) il citato potere discrezionale di eterointegrazione dei requisiti idoneativi per la partecipazione alle gare deve essere esercitato secondo i criterii, non discriminatorii, di logicità, ragionevolezza e proporzionalità rispetto alla specificità del servizio oggetto di appalto, in modo da restringere non oltre lo stretto indispensabile la platea dei concorrenti (Cons. St., V, 19 marzo 1996, n. 279; C.G.A.R.S., 9 giugno 1998, n. 399).
10.3 – Alla stregua di tali coordinate, invero, rileva il Collegio che, se è vero che la specificità, peculiarità e delicatezza del servizio de quo (di custodia dei cadaveri, di trasporto della salma dai reparti alla camera mortuaria, di trattamento conservativo delle salme, ecc.), presidiato dal Regolamento di polizia mortuaria n. 285 del 1990, richiedono che sia evitata ogni commistione fra l’attività pubblica di svolgimento di talune operazioni di polizia mortuaria e quella privata di onoranze funebri, ciò certamente giustifica l’abbandono di quegli schemi negoziali (quale quello precedentemente in corso proprio tra le parti del presente giudizio) che una tale commistione realizzino mediante inglobamento nella stessa procedura selettiva, e nel successivo rapporto contrattuale, di oggetti assolutamente eterogenei, quali la gestione dell’attività igienico-sanitaria di cura delle salme di degenti in ambito ospedaliero e della camera ardente ospedaliera (di competenza della p.a. e dalla stessa esternalizzata secondo i modelli contrattuali all’uopo previsti dall’ordinamento) ed il servizio imprenditoriale privato (come tale lasciato al libero mercato) delle pompe funebri (v., in tal senso, AS 392 in data 23 maggio 2007 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato; pareri n. 77 in data 21 aprile 2011 e n. 147 in data 13 dicembre 2007 dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture), ma certamente non giustifica di per sé (e non vale a rendere legittima) la clausola, della cui conformità all’ordinamento qui si discute, inibitoria della partecipazione alla gara (avente ad oggetto i soli servizii di polizia mortuaria) di imprese di pompe funebri.
Ritiene in proposito il Collegio che, una volta che per la partecipazione all’appalto di cui si tratta siano stati richiesti determinati requisiti tecnici che presuppongono un’organizzazione di mezzi e di personale specializzato idonea ad operare nel settore specifico oggetto dell’appalto, l’esclusione dalla possibilità di partecipazione alla gara stessa di imprese fondata sulla sola circostanza oggettiva ch’esse, pur in possesso di tali requisiti di capacità, hanno nel loro oggetto sociale anche quello di “onoranze funebri”, si ponga in contrasto con i principii comunitarii in materia di tutela della concorrenza (di libertà di stabilimento, di prestazione dei servizii, ecc.), nonché di quello nazionale di rango costituzionale, che salvaguarda la libertà di iniziativa economica.
Giova osservare, in primo luogo, che, quando il legislatore ha voluto escludere dalla partecipazione alle gare alcuni soggetti od enti in ragione della loro composizione o delle specifiche caratteristiche della loro attività, lo ha espressamente stabilito, con norme di carattere eccezionale e di stretta e tassativa interpretazione, nel senso ch’esse sono soggette ad una interpretazione costituzionalmente e comunitariamente orientata, con l’esclusione di applicazioni analogiche; sicché, nella specie, non può costituire elemento pregiudicante per la ricorrente il divieto di cumulo di attività introdotto con mero atto amministrativo, se pur volto ad evitare un potenziale conflitto di interessi a salvaguardia del corretto gioco della concorrenza, peraltro in un settore, quello delle onoranze funebri, diverso da quello oggetto dell’appalto (nel senso, del resto, della necessità a tal fine di interventi normativi è lo stesso AS 392 AGCM posto insistentemente a base delle difese delle appellate).
Va poi rimarcato che lo stesso interesse pubblico alla tutela della concorrenza e dei consumatori, cui viene dalle appellate stesse ricondotta la contestata clausola di esclusione, non può essere perseguito in violazione del principio comunitario di proporzionalità, che richiede non soltanto la dimostrazione dell’idoneità della misura a raggiungere lo scopo perseguito, ma anche la dimostrazione della sua adeguatezza, nel duplice senso della corrispondenza alla situazione presa in considerazione e della non eccedenza rispetto ad essa, in modo che la stessa risulti corrispondente a quanto è strettamente necessario per raggiungere lo scopo.
In proposito, occorre considerare che l’esclusione di una determinata categoria di operatori economici (quelli esercenti servizii di onoranze funebri) dal mercato degli appalti di gestione di determinati servizii pubblici di polizia mortuaria, da un lato viola il principio comunitario di favor per la massima partecipazione alla gara d’appalto che riguardi tale secondo mercato, dall’altro eccede lo stesso scopo dichiarato di voler evitare il costituirsi di posizioni di privilegio che nel primo mercato si verrebbero potenzialmente a realizzare in capo alla ditta (esercente su detto libero mercato servizi di pompe funebri) che ottenga l’affidamento in appalto di servizii mortuarii; ed infatti l’esercizio congiunto dell’attività di pubblica utilità appaltata con quella imprenditoriale delle onoranze funebri deve, per poter realizzare il paventato rischio di alterazione della concorrenza, tradursi in specifiche attività di sviamento poste indebitamente in essere da addetti al servizio oggetto di appalto pubblico, ben individuabili dall’Amministrazione appaltante mediante l’attivazione (del resto prevista dalle stesse linee guida regionali qui pure in considerazione) di idonei strumenti di controllo durante la fase di esecuzione del rapporto e che, ove accertati, ben possono portare allo scioglimento del vincolo contrattuale per violazione degli obblighi previsti a carico dell’appaltatore, oltre che alla segnalazione all’ente locale di competenza per l’attivazione dei poteri di polizia amministrativa allo stesso spettanti, in materia di licenze di agenzie di affari e di quelle di onoranze funebri in particolare, in ipotesi di comportamenti scorretti atti a creare turbativa delle attività delle concorrenti e sviamento di clientela.
Sotto altro profilo, va anche osservato che gli atti di concorrenza sleale non sarebbero comunque collegabili alla posizione di aggiudicataria del servizio pubblico in sé considerata, ma all’eventuale successivo comportamento antigiuridico della ditta aggiudicataria, che, in dipendenza di tale posizione, ponesse in essere atti scorretti suscettibili di arrecare danno, anche solo potenziale, alle imprese concorrenti nel settore delle pompe funebri; e le imprese concorrenti potranno difendersi da tali comportamenti con la tutela apprestata dagli artt. 2598, n. 3, 2599 e 2600 cod. civ. (Cons. St., V, 30 novembre 2000, n. 6362).
10.3 – Del tutto inconsistente è, poi, il rilievo del T.A.R., secondo cui il riferimento operato dalla ricorrente all’art. 41 Cost. sarebbe “improprio” (“atteso che la distinzione operata dalla lex specialis tra le due suddette attività non comporta alcun limite all’esercizio della libera attività da parte dell’impresa ricorrente nell’ambito della propria competenza professionale, ma al contrario evita illegittime invasioni negli ambiti & che rientrano nell’esclusiva competenza delle strutture ospedaliere, che legittimamente e responsabilmente predispongono rimedi atti ad evitare incursioni mercantilistiche all’interno degli stessi”: pag. 4 sent.), dal momento che il principio ritraibile dall’invocata norma costituzionale si espande invero in pieno allorché, come enunciato dalla stessa resistente Regione nelle sue difese, l’attività di natura pubblicistica venga esternalizzata mediante affidamento ad operatori privati attraverso il meccanismo dell’evidenza pubblica, creando così un mercato di riferimento sicuramente soggetto non all’incursione, quanto piuttosto al libero dispiegarsi dell’iniziativa privata entro limiti di ragionevolezza e logicità delle relative regole di accesso, sicuramente superati, come s’è visto, dalla clausola di esclusione, della quale qui si discute.
Né, per finire, si rivela conferente il richiamo, operato dall’Azienda Ospedaliera resistente nelle sue prospettazioni difensive, dell’art. 8 della legge n. 287/1990, laddove impone alle imprese operanti in regime di monopolio, che intendano svolgere attività in mercati diversi, di svolgere tale seconda attività mediante società separate, giacché la norma si applica alle imprese, che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato; e tale non è certo la posizione di un appaltatore di un pubblico servizio.
10.4 – In definitiva, la pur indefettibile e necessaria distinzione delle due attività che vengono qui in considerazione(quella di natura pubblicistica diretta ad adempiere agli obblighi che discendono dalle disposizioni di polizia mortuaria ispirate solo da esigenze di carattere igienico sanitario e quella di natura economica ed imprenditoriale sottoposta alle regole del mercato di assicurare lo svolgimento degli adempimenti conseguenti al decesso) non consente (e tanto meno richiede ai fini della sua effettiva realizzazione), pur col “nobile” intento di evitare un qualsivoglia effetto di distorsione della concorrenza, di introdurre, in una gara avente ad oggetto la prima, una clausola escludente dei soggetti operanti sul libero mercato per lo svolgimento della seconda, dovendosi piuttosto, come s’è visto, utilizzare, in assenza di uno specifico intervento del legislatore, altri, diversi, strumenti, volti a garantire, nella pratica quotidiana dell’eventuale esercizio di entrambe le attività da parte del medesimo soggetto, il corretto e fisiologico esplicarsi della concorrenza.
L’appello, dunque, così come il corrispondente ricorso di primo grado, vanno sul punto accolti.
10.5 – Quanto, invece, ai restanti due motivi del ricorso di prime cure, che il T.A.R. ha dichiarato inammissibili per carenza di interesse in capo alla ricorrente una volta affermata la legittimità della veduta clausola escludente e che l’appellante ha in questa sede riproposto, una volta venuta meno, per effetto del decisum di cui sopra, la preclusione d’ordine processuale rilevata dal Giudice territoriale:
– va dichiarato inammissibile, per carenza di interesse concreto ed attuale a ricorrere, il motivo, con cui si denuncia una indebita commistione tra requisiti di partecipazione alla gara e criterii di valutazione dell’offerta, avente ad oggetto una disposizione della lex specialis suscettibile di rivelarsi per la partecipante alla gara lesiva solo all’ésito della sua concreta applicazione in sede di espletamento della gara e di aggiudicazione della stessa, anche per effetto di tale concreta applicazione, ad altra concorrente;
– va pure dichiarata inammissibile la doglianza, con la quale si deduce l’incongruità ed inadeguatezza dell’importo posto a base di gara “per un servizio della durata di 18 mesi, dall’oggetto invero assai complesso ed articolato”: ed invero, da un lato la censura si appalesa perplessa e contraddittoria, in quanto in palese contrasto con quanto altrove affermato nel corpo dello stesso ricorso (“essendo la base d’asta per il solo servizio pubblico del tutto adeguata”: pag. 15 app.); dall’altro essa è comunque generica e sfornita di qualsiasi elemento di prova, dal momento che l’appellante non ha fornito al Giudice alcun termine di paragone (con correlati elementi costitutivi) dell’importo, che, a suo avviso, sarebbe dovuto esser posto a base d’asta nella procedura di affidamento di cui si tratta.
11. – L’appello, in conclusione, è da accogliere nei limiti di cui sopra, con conseguente parziale accoglimento, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso di primo grado.
Sussistono giusti motivi, stante l’eterogeneità di indirizzi sul thema decidendum centrale, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, in parte accoglie ed in parte dichiara inammissibile il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 15 giugno 2012, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza – riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere, Estensore
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/09/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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