Consiglio di Stato, Sez. V, 8 febbraio 2011, n. 842

Norme correlate:
Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990
Capo 18 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990

Massima:
Consiglio di Stato, Sez. V, 8 febbraio 2011, n. 842
SERVIZI CIMITERIALI – D.P.R. 285/1990 – CONCESSIONI PERPETUE ANTECEDENTI LA RIFORMA – TRASFORMAZIONE IN CONCESSIONI A TEMPO DETERMINATO – NON SUSSISTE
È illegittima la revoca della concessione perpetua per la tomba di famiglia sorta in epoca anteriore all’entrata in vigore del d.P.R. n. 285/1990, in assenza di specifiche condizioni.
Non solo l’art. 92 del d.P.R. n. 285 del 1990 non prevede affatto la trasformazione delle concessioni perpetue in concessioni a tempo determinato (limitandosi a stabilire, ovviamente per il futuro, che non possano essere rilasciate che concessioni a tempo determinato e di durata non superiore a 99 anni e, in generale, che tutte le concessioni si estinguono con la soppressione del cimitero, salvo il diritto dei titolari di concessioni non ancora scadute di ottenere nel nuovo un posto corrispondente), ma per quelle di durata eccedente i 99 anni la revoca possa essere disposta unicamente alla contestuale ricorrenza di tre condizioni, ossia, oltre il non uso ultracinquantennale ed il verificarsi di una “grave situazione insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno del Comune”, anche l’impossibilità di “provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di un nuovo cimitero”; condizione, quest’ultima, nella specie non esplicitata dalla stessa norma regolamentare, che anzi al terzo e quarto comma prevede l’esecuzione di lavori di sistemazione dell’intero cimitero e, in particolare, dei A, D, F e G, nelle more dei quali i rispettivi concessionari “non residenti nel Comune, avranno comunque diritto alla sepoltura nei quadri comuni fino alla scadenza della concessione”.

Testo completo:
Consiglio di Stato, Sez. V, 8 febbraio 2011, n. 842
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10220 del 1999, proposto da:
Comune di Lavis, rappresentato e difeso dagli avv. Vanni Ceola e Massimo Colarizi, con domicilio eletto presso l’avv. Massimo Colarizzi in Roma, via Panama n. 12;
contro
Dal Maso Emma, Dal Maso Anna e Vinco Alberto;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. DELLA PROVINCIA DI TRENTO n. 00318/1999, resa tra le parti, concernente REVOCA CONCESSIONE CIMITERIALE PERPETUA
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2010 il Cons. Angelica Dell’Utri e udito per l’appellante l’avv. Colarizi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con atto notificato il 19 novembre 1999 e depositato il 1° dicembre seguente il Comune di Lavis ha appellato la sentenza 9 settembre 1999 n. 318 del Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, sede di Trento, con la quale, in accoglimento del ricorso proposto dai signori Emma Dal Maso, Anna Dal Maso ed Alberto Vinco, discendenti del defunto signor Cirillo Dal Maso tumulato nel 1888 nella tomba di famiglia n. 23 del campo A del cimitero di Lavis, sono stati annullati il provvedimento sindacale 30 dicembre 1997 n. 14921, di comunicazione della revoca della concessione e diniego della sussistenza del diritto alla sepoltura di parenti residenti fuori dal Comune ai sensi dell’art. 109, co. 2, del regolamento di polizia mortuaria e cimiteriale del medesimo Comune, nonché lo stesso art. 109, co. 2..
A sostegno dell’appello ha dedotto:
1.- Erroneamente il TRGA ha ritenuto che il provvedimento sindacale dovesse essere preceduto da avviso di avvio del procedimento di revoca. In primo luogo, erroneo è ritenere perpetua la concessione vantata dai ricorrenti, poiché non è stato prodotto alcun documento comprovante l’esistenza di una siffatta concessione, né il diritto è stato intavolato secondo il regime di diritto austriaco in cui è sorta. In secondo luogo, era materialmente impossibile per il Comune venire a conoscenza dell’esistenza dei ricorrenti, nati e sempre residenti in altra Regione, a maggior ragione nella considerazione dello stato di abbandono in cui versava la tomba, tale da accreditare l’inesistenza di eredi del signor Cirillo Dal Maso.
2.- Nell’accogliere la censura di illegittimità dell’art. 109, il TRGA è caduto nell’equivoco, in parte indotto dall’errata terminologia del regolamento laddove si parla di concessioni perpetue, di considerare appunto perpetua la concessione, mentre in realtà si tratta di una situazione di fatto, non regolamentata, risalente ad oltre 100 anni innanzi, per la quale non si era mai proceduto al recupero delle aree al patrimonio comunale ancorché abbandonate da decenni; in tal senso l’Ente ha correttamente ritenuto di applicare l’art. 92 del D.P.R. n. 285 del 1990 per evidenti ragioni di ordine e buon governo del cimitero, tenuto conto del notevole fabbisogno locale. Semmai, il diritto vantato dai ricorrenti, ove esistente, deve ritenersi anacronistico e non più tutelato dall’ordinamento.
A seguito di avviso di segreteria datato 23 settembre 2009, in data 26 marzo 2010 il Comune ha prodotto nuova istanza di fissazione d’udienza anche sottoscritta personalmente dal Sindaco.
All’odierna udienza pubblica l’appello è stato introitato in decisione.
DIRITTO
L’art. 109, co. 2, del regolamento di polizia mortuaria e cimiteriale del Comune di Lavis dispone, quanto al cimitero del capoluogo, che a norma dell’art. 92 del D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 le concessioni del campo A “ritenute tombe di famiglia con concessione perpetua” sono da considerarsi concessioni a tempo determinato di durata eccedente a 99 anni rilasciate prima dell’entrata in vigore del D.P.R. 21 ottobre 1975 n. 803, sicché “saranno revocate quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma, in considerazione della grave insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno del Comune”.
Con il provvedimento sindacale del 30 dicembre 1997 i ricorrenti in primo grado sono stati informati della revoca della concessione di cui si discute, relativa alla tomba di famiglia sita appunto nel campo A, essendo trascorsi più di 50 anni dall’ultima tumulazione.
Con l’appellata sentenza il TRGA ha annullato la revoca sia in quanto non preceduta da avviso di avvio del procedimento ex artt. 13 della legge regionale n. 13 del 1993 e 7 ss. della legge n. 241 del 1990, sia per violazione del comma 4 del detto art. 109, nella parte in cui, avendo stabilito la sospensione delle inumazioni nei campi A, D, F e G fino al completamento dei lavori di sistemazione, prevede che i concessionari di tombe dei quadri sopra indicati, tra cui il campo A, non residenti nel Comune di Lavis “avranno comunque diritto alla sepoltura nei quadri comuni fino alla scadenza della concessione”. Ha annullato altresì la disposizione regolamentare impugnata in quanto in contrasto col richiamato art. 92 del D.P.R. n. 285 del 1990, il quale non prevede la trasformazione delle concessioni perpetue in concessioni a tempo determinato, ma stabilisce che le future concessioni cimiteriali debbano essere ricondotte a una delle due tipologie ivi indicate e che non possano essere più concesse aree cimiteriali per uso perpetuo, sicché le esistenti concessioni perpetue rimangono assoggettate al regime giuridico in base al quale sono sorte e, dunque, possono essere modificate solo per espressa disposizione di legge, da novazioni consensuali o dal concretarsi dei casi di estinzione. Ha inoltre aggiunto che, oltretutto, il Comune nel provvedimento ha ricollegato la revoca alla sola condizione della mancata tumulazione nei 50 anni e nel regolamento anche alla insufficienza del cimitero, mentre l’art. 92 richiede congiuntamente anche il requisito della impossibilità di provvedere tempestivamente all’ampliamento del cimitero stesso.
Ciò posto, l’appello in esame deve ritenersi infondato.
Il primo motivo muove dall’assunta erroneità del presupposto del carattere perpetuo della concessione vantata dai ricorrenti, stante la carenza di alcun documento che comprovi sia l’esistenza di una siffatta concessione, sia l’avvenuta intavolazione, secondo il regime austriaco ancora vigente nella Provincia autonoma di Trento, del relativo diritto. In tal senso si insiste col secondo ed ultimo motivo, inteso a sua volta a contestare l’annullamento dell’impugnata norma regolamentare recata dal secondo comma dell’art. 109.
Tali censure non tengono conto che il riportato art. 109, co. 2, laddove dà rilevo anche ad una mera situazione di fatto di concessione perpetua delle cosiddette tombe di famiglia in relazione alla sola circostanza della loro localizzazione nel campo A, ne autorizza come tale la tutela. In altri termini, esso stesso trasforma l’eventuale, detta situazione di mero fatto in una propriamente di diritto, così riconoscendone la sussistenza nell’ordinamento locale.
Conseguentemente, deve ritenersi, per un verso, l’attuale esistenza del diritto nascente dalla concessione perpetua e, per altro verso, che ai fini del rispettivo esercizio sui discendenti del signor Cirillo Dal Maso non gravasse l’onere di produrre alcun documento circa il rilascio della concessione perpetua, né tanto meno di dimostrare l’avvenuta intavolazione del corrispondente diritto reale. D’altra parte, la revoca della concessione (e la sottostante mutazione del titolo da perpetua a tempo determinato per 99 anni) per non uso ultracinquantennale presupponeva appunto che si trattasse proprio di concessione “ritenuta” perpetua.
Quanto alla restante doglianza esposta nello stesso primo motivo, secondo la quale l’Ente non sarebbe stato materialmente in grado di inoltrare la prescritta comunicazione di avvio del procedimento, non essendo a conoscenza dell’esistenza dei predetti eredi (nati e sempre residenti in altra Regione) ed avuto riguardo anche allo stato di abbandono della tomba, basta osservare che lo stesso provvedimento 30 dicembre 1997 n. 14921 del Sindaco del Comune di Lavis, impugnato, è diretto al signor Alberto Vinco, all’indirizzo di via Boscomantico n. 11 in Verona, ed oltretutto fa espresso riferimento a” colloqui recentemente intercorsi”, sicché non vi era alcun ostacolo fattuale alla comunicazione preventiva dell’intento di dichiarare la revoca della concessione.
Infine, circa il secondo motivo giova aggiungere che, come giustamente rilevato dal primo giudice, non solo l’invocato art. 92 del D.P.R. n. 285 del 1992 non prevede affatto al trasformazione delle concessioni perpetue in concessioni a tempo determinato (limitandosi a stabilire, ovviamente per il futuro, che non possano essere rilasciate che concessioni a tempo determinato e di durata non superiore a 99 anni e, in generale, che le tutte concessioni si estinguono con la soppressione del cimitero, salvo il diritto dei titolari di concessioni non ancora scadute di ottenere nel nuovo un posto corrispondente), ma per quelle di durata eccedente i 99 anni la revoca possa essere disposta unicamente alla contestuale ricorrenza di tre condizioni, ossia, oltre il non uso ultracinquantennale ed il verificarsi di una “grave situazione insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno del Comune”, anche l’impossibilità di “provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di un nuovo cimitero”; condizione, quest’ultima, nella specie non esplicitata dalla stessa norma regolamentare, che anzi al terzo e quarto comma prevede l’esecuzione di lavori di sistemazione dell’intero cimitero e, in particolare, dei A, D, F e G, nelle more dei quali i rispettivi concessionari “non residenti nel Comune di Lavis, avranno comunque diritto alla sepoltura nei quadri comuni fino alla scadenza della concessione”.
In conclusione, la sentenza gravata non può che essere confermata.
Non v’è luogo a provvedere alle spese del grado, stante la mancata costituzione in giudizio delle parti appellate.
Respinge l’appello.
Nulla spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, respinge l’appello.
Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Gianpiero Paolo Cirillo, Consigliere
Marzio Branca, Consigliere
Aldo Scola, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 08/02/2011

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