Quesito pubblicato su ISF2021/Spec-b

Se l’urna è stata appena ritirata e non trova posto nell’ossario del cimitero, si può effettuare il travaso oppure serve anche in questo caso l’autorizzazione?
Risposta:
L’urna, sovente, è composta da due contenitori: l’uno è quello dove materialmente vengono racchiuse le ceneri dopo la vagliatura. Può essere un semplice sacchetto di plastica sigillato con nastro adesivo o un volume solido (di plastica, metallo …) ed è obbligatoriamente previsto dall’art. 2, lett. e) del D.M. 1° luglio 2002.
L’altro, invece, è l’involucro esterno visibile allo sguardo dei dolenti e di solito è realizzato in materiale pregiato (legno, marmo, vetro, vetroresina, metallo prezioso …). Il vetro, quindi, è una soluzione possibile e molto elegante, se usata come contenitore della vera e propria urna.
Ai sensi dell’art. 80, comma 4 D.P.R. 285/1990 (Regolamento Nazionale di Polizia mortuaria) sono le normative locali, cioè i regolamenti comunali di polizia mortuaria, a stabilire gli ingombri massimi di nicchie cinerarie e, quindi delle urne.
Un’urna cineraria, di solito contiene circa poco più di 3 Kg/4 Litri di ceneri (se ad esser stato cremato è il cadavere di un soggetto adulto di media corporatura).
La cenere risultante da cremazione è una polvere sottilissima e facilmente compattabile – proprio per questa ragione viene sminuzzata e tritata, vds. art. 2, lett. d) D.M. 1° luglio 2002 – da cui non debbono mai esser riconoscibili pezzetti di ossa (art. 343 T.U. Leggi Sanitarie approvato con R.D. 1265/1934).
Per le urne cinerarie non esistono limiti costruttivi (se non quelli, di mero dimensionamento, di cui sopra), ci si può, quindi, sbizzarrire con tutte le possibilità offerte dal moderno design, fatti salvi, ovviamente, il buon gusto e la sacralità della morte.
Questo è il quadro nazionale secondo il quale le urne debbono prevedere sistemi di identificazione (targhetta indelebile con gli estremi anagrafici del defunto) e sigillatura, così da impedire eventuali profanazioni, come lo sversamento accidentale delle ceneri, che ex art. 411 Cod. Penale costituisce reato.
Alcune normative regionali, prevedono anche l’interro delle urne (ossia l’inumazione); esse allora dovranno esser costruite con materiali biodegradabili, poiché ex art. 75, comma 1 D.P.R. 285/1990 è vietato inumare oggetti (feretri o, adesso anche urne) non facilmente decomponibili.
Ecco, allora, l’unica vera restrizione, seppur di rango locale. Le ceneri debbono esser ermeticamente racchiuse nell’urna.
La circ. Min. Sanità 24 giugno 1993, n. 24 ha precisato come la sigillatura possa esser ottenuta trami-te saldatura a fuoco (brasatura dolce con stagno) se il contenitore è metallico o con collante di sicura presa. Si tratta della cosiddetta saldatura a freddo ottenuta con pasta adesiva, legittimata dal Ministero della Salute anche per la chiusura delle bare di zinco per i feretri di cui all’art. 30 D.P.R. 285/1990.
Il recipiente, in cui sono direttamente versate le ceneri, deve esser impermeabile; quello esterno, invece, deve semplicemente esser chiuso (con soluzioni ad incastro, viti, bulloni …), così da scongiurare effrazioni ancorché involontarie.
Ci sono urne composte da un’anima di metallo o plastica, (dove sono riversate le ceneri) rivestita da un secondo contenitore realizzato con materiali pregiati, in altri casi, per maggior economicità si usa il semplice sacchetto di plastica da riporre, poi nell’urna vera e propria.
Il senso ultimo della “sigillatura” è la salvaguardia dell’integrità delle ceneri contro eventuali sversamenti accidentali o profanazioni, poiché per gli esiti da completa cremazione di un cadavere non sussistono pericoli di ordine igienico sanitario, come, invece, accade per i cadaveri.
Le ceneri, infatti, non rilasciano liquidi cadaverici; la tenuta stagna, allora, serve solo per preservarle dall’aggressione di agenti esterni, poiché per la Legge Italiana le ceneri del cremato sono un unicum inscindibile ed inseparabile, non possono quindi nella stessa unità di tempo esser ripartite in più luoghi o tra più persone affidatarie.
L’unica intrinseca pericolosità degli esiti da completa cremazione potrebbe essere il rilascio di nuclidi radioattivi (art. 80, comma 5 D.P.R. 285/1990, ma è un’ipotesi piuttosto remota, regolata prima dal D.Lgs. 257/2001 ed oggi dal D.Lgs. 101/2020).
In caso di conservazione stabile (tumulazione in cimitero, affido personale delle ceneri che saranno depositate presso un domicilio privato) è d’obbligo l’uso di un’urna capace di garantire nel tempo le perfette condizioni di ermeticità e resistenza meccanica, proprio per evitare accidentali sversamenti, perdita delle ceneri o infiltrazione di umidità. Pietra e vetro sono, pertanto, materiali assolutamente idonei.
L’urna deve avere destinazione stabile (art. 343 R.D. 1265/1934) ed esser custodita in un vano chiudibile anche se a vista, con l’urna esposta (può esser una vetrina, una teca, un mobile), proprio per impedire rovinose cadute, rotture furti o improvvisi scossoni. Sarebbero pertanto da evitare forme di per sé troppo fragili ed instabili. L’interro, come rilevato prima, è un’opzione prevista solo da pochissime legislazioni regionali (ad es.: Emilia-Romagna, L.R. 29 luglio 2004, n. 19 e regolamento attuativo 23 maggio 2006, n. 4); in moltissime zone d’Italia tale pratica continua ad esser vietata, per-ché si configurerebbe come una velata forma di dispersione nel terreno e la dispersione delle ce-neri richiede una procedura autorizzativa aggravata proprio perché si sconfina in ambito penale (art. 411 Cod. Penale).
Molti regolamenti comunali di polizia mortuaria nella progettazione delle nicchie cinerarie dettano queste misure cm. 30x30x30 si tratta, però, di una semplice indicazione, non codificata, ancora da nessuna norma nazionale, si deve valutare, quindi caso per caso.
Se i sigilli di garanzia sono stati apposti all’esterno, ossia sull’urna di pregio, l’effrazione degli stessi non è possibile (se non su precisa disposizione della Magistratura o dell’Autorità Sanitaria), perché integrerebbe la fattispecie di reato di cui all’art. 349 Cod. Penale.
Se, al contrario, i prefati suggelli a tutela dell’integrità dell’urna, sono stati applicati solo sul sistema di raccolta ceneri (il famoso sacchetto di plastica saldato di cui all’art. 1, comma 1, lett. e) D.M. 1° luglio 2002); si potrebbe tentare il percorso di un’apposita istanza rivolta al Comune (escluderei, a ceneri consegnate, la competenza del gestore del crematorio), in quest’ultimo caso spetterebbe al locale ufficio della polizia mortuaria la relativa autorizzazione al trasbordo del sacchetto in un’urna più semplice come foggia e dimensioni.
Attenzione: il Comune potrebbe pure opporre diniego, anche se motivato, qui, ci muoviamo, infatti, in una sorta di “terra di mezzo” dai confini assai labili ed incerti.
L’operazione, per la sua estrema delicatezza sarà compiuta in cimitero, alla presenza di un addetto, il quale verbalizzerà detta traslazione da un contenitore ad un altro, con consentanea verifica.
Ad ogni modo è vietato aprire il sistema di raccolta ceneri (se non per la dispersione, autorizzata, a sua volta, dallo Stato Civile), siccome tale violazione presenterebbe pesanti profili di natura penale (art. 411 Cod. Penale).

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