Cosa si prova al cimitero

Gironzolando nella rete ci si può imbattere in schifezze, ma anche in riflessioni interessanti. Di queste ultime ne proponiamo una, di una diciannovenne, che ha particolarmente colpito la redazione.

La Città dei Morti

Insofferente.
A tutti e a tutto.

Sono andata al cimitero, alla lapide di Simone.
Ho messo nel vaso le due solite gerbere rosse e ho lasciato questo biglietto:

22 settembre 2007
Stamattina ho aperto gli occhi e mi mancavi come l’aria.
Sciocco pensare di trovarti qui. Illudermi.
Ma a volte ho bisogno di farlo, di dare un nome ad ogni mia lacrima.
Il tempo passa e mi accorgo che le lacrime non saranno mai abbastanza.
Oggi ho pensato che non mi conosci. Non sai che persona sono diventata.
E’ un pensiero che mi fa impazzire.
Mi manchi, sempre.
Ti voglio bene, sempre.

Poi ho accompagnato Valerio alla tomba di suo zio (secoli per trovarla… ho temuto seriamente che insieme saremmo invecchiati prima di rivedere l’uscita).
Abbiamo cambiato i fiori ormai secchi, e tolto le ragnatele dal lumino e dai quadretti.
Pulivo tutto con una pezzetta bagnata, pensando che è fin troppo facile lasciarsi trascinare in un simile gorgo… prendersi cura di una tomba, annegare l’assenza in gesti meccanici, sudare per tenere tutto pulito lindo curato, che non dia un senso di trascuratezza e abbandono… illudersi di riportare in vita chi è morto.
In momenti come quello penso che potrei passare la vita ad occuparmi delle tombe degli altri.

I cimiteri sembrano mondi paralleli.
Il silenzio, i cipressi, le croci (a braccetto con tutti gli altri luoghi comuni).
Spazi immensi, intere città.
Le mura con le entrate e le uscite. Gli uffici. Il crematorio.
A tutto si deve dare un nome, a tutti la propria etichetta. Tutto in ordine, catalogato, così è possibile trovare un ghetto ebraico anche a Prima Porta.
Strade asfaltate, costruzioni moderne e piccole cappelle disseminate ovunque, nel verde dei prati cosparsi di croci, nel marrone intenso della terra viva impietosa che inghiotte tutto.
Riesci a immaginare i mucchietti di vermi, la putrefazione in atto.
Strati su strati di gente morta.
Piani su piani di gente morta.
In balia dei vivi. Per i vivi.
Solo per noi.
L’ennesima espressione dello sconfinato egoismo umano.
O forse solo un ultimo gesto di pietà.

Ma al cimitero non ti trovo mai. Sicuramente non sei lì.

Cioè, per dire, se io fossi morta… cor cazzo che ci andrei al cimitero. ‘Na tristezza.
Preferirei i compleanni. Il Natale, il Capodanno. Il giorno più scialbo dei giorni qualunque… mi raggomitolerei sotto le coperte di chi ho amato con tutta me stessa, perché nessuno che mai sia stato importante per me sia lasciato del tutto solo in un momento di malinconia.
Chissà. Chissà.
Lo so, lo so. Le domande senza risposta.
Umpf.

Attraversarla a 200 km all’ora la Città dei Morti… con i Corr’s a palla e gli occhi chiusi.

franz

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