A Bergamo la sepoltura degli islamici è stata rimessa al TAR per sapere chi ne attesta la fede

A Bergamo vi sono due principali gruppi islamici della città, quello che fa riferimento al Centro culturale islamico di via Cenisio e l’Associazione Musulmani di Bergamo (l’ex Comitato musulmani), che sono in disputa da qualche tempo, dapprima sulla ripartizione dei fondi provenienti dal Qatar per costruire una moschea e ora sulla gestione delle sepolture degli islamici e la questione finisce al TAR di Brescia.
Prima dell’estate 2018 il Comune di Bergamo ha destinato un’area del cimitero di via per Azzano alla formazione di un reparto speciale per la sepoltura dei defunti di religione islamica.
Sei islamici però si sono rivolti ad un legale per chiedere al Tar di sospendere quella delibera che, secondo loro, viola i principi costituzionali relativi al diritto di libertà dell’espressione religiosa.
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Il ricorso si concentra soprattutto sull’articolo 9 della convenzione sul cimitero islamico, in particolare quando dice che «nel Reparto speciale islamico del Cimitero civico di Colognola sono accolti tutti i defunti di quella religione per i quali ne venga fatta richiesta e di cui venga attestata preventivamente la professione della fede islamica da parte del Centro Culturale Islamico di Bergamo».
Con la vecchia convenzione, il Centro Culturale Islamico si impegnava invece ad accogliere nel proprio cimitero tutti i defunti di quella religione che lo desiderano.
«Non capiamo perché — spiega uno dei 6 ricorrenti — tocchi al Centro islamico, che è un’associazione privata, attestare la professione di fede islamica di un defunto. Questa competenza potrebbe almeno essere estesa a tutte le quattro associazioni islamiche che hanno firmato con il Comune il Patto per l’Islam».
Il ricorso aggiunge che la scelta del Comune non tiene conto delle molteplici espressioni religiose presenti nel mondo islamico e «pone in essere situazioni di fatto che possono prestarsi a decisioni quanto meno arbitrarie e che collidono con il principio generale della pubblica amministrazione, che nell’erogazione dei servizi non può essere condizionata da legittime scelte soggettive che interessano la sfera privata dei cittadini e che, almeno al momento del commiato non possono certo essere poste in discussione».
Il nuovo testo, secondo i sei ricorrenti islamici, pone limiti all’esercizio del diritto alla libertà d’espressione religiosa garantito dalla Costituzione. «L’aver posto — aggiungono — la necessità dell’acquisizione dell’attestazione di professione di fede islamica, rilasciata da un’associazione privata quale presupposto per lo svolgimento dei servizi funebri nell’area dedicata, pone un nuovo ingiustificato vincolo che non solo prima non esisteva ma che può limitare, ostacolare e perfino escludere l’iter dello svolgimento dei servizi funebri ai cittadini islamici dando possibile adito a contestazioni in ogni sede».
Il Comune, che si è costituito nella causa promossa dai sei islamici, aveva modificato la convenzione facendo diventare l’area islamica un reparto speciale del cimitero di Bergamo. Con le stesse regole previste per gli altri reparti speciali, come per esempio quello riservato ai valdesi.
Davanti al Tar, il Comune spiegherà che è il Centro islamico ad attestare la professione della fede islamica dei defunti perché quel reparto del cimitero è stato realizzato dal Centro di via Cenisio, a sue spese, com’era previsto nella convenzione precedente.

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