Interpretazioni giuridiche essenziali

Premessa:

La legge 30 marzo 2001 n. 130 nei suoi istituti più innovativi (affido delle urne e dispersione delle ceneri) è ancora “congelata” e non produce tutti i suoi effetti, perchè essendo legge di principi avrebbe richiesto un’implementazione a livello regolamentare con una modifica al testo del DPR 285/90 ora non più possibile per la variazione nell’assetto delle competenze tra Stato e Regioni dopo la riforma del Titolo V cui è stata sottoposta la nostra Carta Costituzionale.

Lo stesso Ministero degli Affari Interni in data 18 agosto 2006 ha ribadito come l’ Art. 3 della Legge 30 marzo 2001 n. 130 sia ancora inapplicabile su tutto il territorio nazionale.

Le parti, invece, già operative ed immediatamente compatibili con il DPR 285/90, sono:

  • ART. 6, comma 2

La norma che riserva la gestione dei crematori unicamente ai Comuni, che sono tenuti ad esercitarla nelle forme consentite dall’art. 113 del T.U. sull’ordinamento degli EE.LL., D.Lgs. 267/2000. Viene così tacitamente abrogato l’art. 343 comma 1 del T.U. delle leggi sanitarie che onerava le amministrazioni comunali alla concessione gratuita dell’area per l’erezione di crematori su iniziativa di privati.

  • ART. 4

La modifica dell’art.338 del T.U. delle leggi sanitarie, che consente di ridurre, in quanto non vi sono problemi dal punto di vista igienico sanitario, le distanze delle zone di rispetto di cimiteri di sole urne cinerarie. Pertanto sono attuabili ampliamenti delle strutture cimiteriali esistenti costituiti da reparti di sepolture a tumulazione riservati alla conservazione di urne cinerarie. È inoltre da valutare se, stante la sostanziale equiparazione circa la non pericolosità sanitaria delle ceneri e dei resti mortali scheletrizzati, questa norma possa applicarsi anche a fabbricati di ossarietti. È questa una delle maggiori innovazioni della norma, in quanto consente, inoltre, di costruire ex novo o adattare edifici o aree preesistenti, da destinare a luoghi di conservazione delle urne cinerarie. Soprattutto nelle grandi città ciò potrà consentire cimiteri di urne di quartiere, riducendo i tempi e le difficoltà per il loro raggiungimento da parte dei visitatori (per lo più persone anziane). Tali edifici acquistano la natura di demanio comunale.

  • ART. 5, comma 1

La norma che stabilisce che gli oneri e le spese derivanti dalla cremazione e dagli adempimenti cimiteriali di salme di persone indigenti, sono sostenuti dal Comune di ultima residenza, nei limiti delle disponibilità di bilancio. Pare di comprendere, per l’inciso “indipendentemente dal luogo nel quale avviene la cremazione”, che ci si limiti al solo rimborso delle spese di cremazione, in qualunque impianto venga svolta la cremazione stessa, non al trasporto del feretro, come già chiarito con l’art. 1 comma 7-bis del DL 392/2000 convertito in legge con modificazioni con L.28.2.2001, n. 26. In questi casi è inoltre a carico dell’Ente Locale il costo degli adempimenti cimiteriali, con ciò sembra di intendersi che nulla è dovuto per il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione, né per la dispersione nel cinerario comune, mentre queste attività sono da rendere a titolo oneroso quando vi siano possibilità economiche da parte dei familiari o di chi dispone il funerale.

  • ART. 7

La norma che impone ai Comuni di dare adeguata informativa ai cittadini sulle diverse pratiche funerarie, anche in relazione all’onere economico. Sempre ai fini informativi il medico curante (che redige il certificato di morte) è tenuto a fornire ai cittadini informazioni sulle diverse possibilità di disposizione del cadavere (ovverosia inumazione, tumulazione, cremazione e ciò che comporta in termini procedurali). Sarebbe quindi opportuno predisporre, di concerto con le Aziende Sanitarie territoriali e ospedaliere, una adeguata informazione ai medici tenuti a fornire informazioni ai familiari dei defunti. Stante la vigenza della norma pare utile che questa azione avvenga attraverso la consegna di apposito materiale informativo editato in tempi brevi. Alla elaborazione dei testi potrebbero concorrere i Comuni e le Amministrazioni interessate. Parrebbe inoltre doveroso, nel medio periodo, un aggiornamento delle carte dei servizi da parte delle strutture sanitarie. È da notare che salvo qualche eccezione, in passato, l’informazione alla famiglie era svolta dalla impresa funebre, non già – come la legge ora prevede – da soggetti istituzionali super partes. Ciò favorisce l’applicazione del principio di neutralità della comunicazione.

Il dibattito sulla Legge 130/2001 verte su questa questione di fondo, quasi metagiuridica per le sue fortissime implicazioni morali, filosofiche, religiose: la cenere del corpo umano può uscire dal circuito cimiteriale oppure al pari di cadaveri e loro trasformazioni di stato (ossa, esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo) deve esser esclusivamente accolta in cimitero (fatti salvi i 2 casi invero ormai rarissimi di sepolcri privati costruiti fuori del perimetro cimiteriale e tumulazioni privilegiate) o può venir diversamente custodita?

Il problema è annoso ed attorno ad esso si sono arrovellate intere generazioni di giuristi a questo proposito conviene meditare su di una sentenza, per certi versi, coraggiosa e visionaria se consideriamo l’epoca ed il contesto storico in cui fu emessa. Come sovente accade è il giudice, dovendo risolvere un caso concreto, ad anticipare il legislatore, ricavando la norma da applicare attraverso un processo deduttivo:

Consiglio di Stato sezione I del 24 maggio 1938 n. 515 – “La regola, stabilita dall’art. 340 T.U. luglio 1934 n. 1265 della obbligatorietà di seppellire i cadaveri nei cimiteri, ha carattere generale ed assoluto e non si può ad essa derogare se non per esplicita disposizione di legge; pertanto, è da ripudiarsi il principio secondo il quale i resti mortali delle persone decedute da oltre un decennio possono equipararsi, per il trasporto e la conservazione, ai residui della cremazione: tale principio urterebbe anche col disposto dell’art. 343 secondo comma T.U. cit., il quale esige che la cremazione sia completa perché le ceneri possano trovare sede altrove, che nei cimiteri; se dovesse attuarsi il concetto che le ossa umane dopo dieci anni o più dal seppellimento possano essere trasportate e definitivamente sistemate fuori dei cimiteri, questi perderebbero il carattere che la legge ha voluto loro imprimere; l’art. 340 avrebbe valore limitato nel tempo, il che è escluso dalla lettera della legge”.

È, poi, noto infatti come in alcuni paesi anche culturalmente vicini al nostro sia consentita da molto tempo la dispersione delle ceneri in natura. Nel nostro paese tale pratica non era possibile in quanto l’art. 411 del codice penale – Distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere – dispone che “1. Chiunque distrugge, sopprime o sottrae un cadavere, o una parte di esso, ovvero ne disperde le ceneri, è punito con la reclusione da due a sette anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso in cimiteri o altri luoghi di sepoltura, di deposito o di custodia.” Era dunque espressamente prevista come fattispecie penalmente rilevante la dispersione delle ceneri. Essa trovava un’unica attenuazione nella possibilità prevista dal regolamento di polizia mortuaria, il già citato D.P.R. n. 285/90, di conferire, e l’uso del termine non è casuale, le ceneri indistintamente in un cinerario comune all’interno del cimitero in caso di mancata scelta dei familiari su una forma di sepoltura delle ceneri.

La regionalizzazione della polizia mortuaria è teorizzata e posta in essere da due filosofie giuridiche.

La prima scuola di pensiero si rifà alla interpretazione letterale della L. 130/01 e non tiene in considerazione il parere del Consiglio di Stato, Sezione Prima, in data 29/10/1993 n. 2957/03, richiamato con il DPR 24/2/2004 ( A questa scuola di pensiero si rifà la Regione Emilia Romagna e solo in seconda battuta la Regione Piemonte. In tale ipotesi la Regione non può stabilire alcunché in proposito, se non circa le modalità di dispersione. Difatti alla luce della attuale ripartizione di ruoli e potestà legislative tra Stato, Regioni ed Enti Locali, l’attuazione anche regolamentare di ambiti normativi relativi a materie esclusive dello Stato (come lo stato civile) non può che avvenire con legge/regolamento statale, che resta ancora necessario per l’operatività della L. 130/01.

La seconda scuola di pensiero, cui si rifà la Regione Lombardia e successivamente la Toscana, ritiene chela Regione sia titolata a specificare – come norma sanitaria – il trattamento delle ceneri, semplicemente riportando l’enunciato che la legge 130/01 stabilisce come principio stendendolo, laddove funzionale allo scopo.

Quando si parla di autorizzazioni deve, ormai, esser tenuto sempre presente l’Art. 107, comma 3 lettera f) del Decreto Legislativo 18 agosto 2000 n. 267 e successive modificazioni.

L’ASL si configura come un ente tecnico-strumentale rispetto alla potestà autorizzatoria del Comune.

Le autorizzazioni di polizia mortuaria sono, dunque, atti gestionali di tipo amministrativo e rientrano tra le funzioni ed i compiti attribuiti in via esclusiva e non derogabile ai dirigenti o nei comuni privi di figure dirigenziali a chi ne assolva le relative mansioni.

Esse non appartengono nemmeno al novero delle autorizzazioni sanitarie, si pensi ad esempio al provvedimento per dar luogo alla cremazione di un cadavere, dove i presupposti giuridici per il suo rilascio sono dati sostanzialmente da una volontà (variamente provabile in relazione alla situazione particolare del caso concreto) e da una certificazione medica aggravata attestante l’esclusione della morte cagionata da evento criminoso.

Eventuali trasgressioni al procedimento autorizzativo della polizia mortuaria (esempio trasporto senza autorizzazione o in violazione delle norme sul trasporto funebre) sono soggette a sanzione amministrativa ai sensi dell’Art. 358 del Regio Decreto 1265/1934 (Testo Unico Leggi Sanitarie).

Alcune autorizzazioni di polizia mortuaria sono, però, estranee da questo contesto si pensi agli istituti di autorizzazione ad inumazione o tumulazione di competenza dell’Ufficiale di Stato Civile che pur essendo estranee rispetto ai procedimenti dello Stato Civile sono, tuttavia, attribuite all’Ufficiale di Stato Civile.

L’autorizzazione alla dispersione delle ceneri in natura, ha invece, riflessi di natura penale perchè ai sensi dell’Art. 411 comma 2 del Codice Penale lo sversamento delle ceneri attuato in modo difforme dal desiderio del de cuius, oppure non consentito dall’Ufficiale di Stato Civile costituisce pur sempre reato.

L’Art. 411 del Codice Penale si limita però a determinare una fattispecie di reato a nulla rilevando nella materia dello Stato Civile (rt. 117, comma 2 lettera i) Cost.) invece disciplinata dal DPR 396/2000.

C’è subito una complessa questione da affrontare proprio riguardo agli effetti della Legge 130/2001 poi implementata ed attuata dalle diverse leggi regionali.

La Legge 130/2001 interviene in tema di norma penale aggiungendo con il suo Art. 2 due commi all’Art. 411 del Codice Penale e la Legge Penale non può mai esser retroattiva, quindi (il condizionale è d’obbligo) per le ceneri di soggetti deceduti in regime di DPR 285/90 (o ancor peggio di DPR 803/1975) dovrebbero valere le sole destinazioni a quell’epoca previste, ossia tumulazione o sversamento in cinerario comune.

L’unica forma di retroattività consentita è il cosiddetto principio del favor rei in forza del quale nessuno può continuare ad esser punito per aver posto in essere, in passato, un azione che attualmente non costituisce più un crimine.

Il Manuale di diritto penale, parte II – Edizioni Dott. Giuffrè, Milano nell’esaminare la norma incriminatrice della dispersione delle ceneri è dell’avviso che l’antigiuridicità del delitto non sia esclusa dal fatto che si esegua la volontà del defunto, siccome una volontà privata non può disporre dell’applicazione della legge, e detta volontà escluderebbe il delitto solo se fosse ammessa dalla legge. (una volontà di dispersione manifestata ad esempio nel 1991 sarebbe entrata in pesante conflitto con l’allora divieto di dispersione ex Art. 411 CP, ponendosi fuori dell’ordinamento stesso).

Con il termine di “antigiuridicità” deve intendersi l’assoluta contraddizione di un comportamento posto concretamente in essere con tutte le parti dell’Ordinamento Giuridico.

Diverse sono le interpretazioni elaborate dalla dottrina.

Secondo alcuni giuristi la Legge 130/2001 avrebbe dovuto essere applicata a partire dalla sua emanazione, senza attendere le modifiche al regolamento nazionale di polizia mortuaria, quindi non avrebbe potuto produrre effetti retroattivi per i riflessi concernenti la dispersione delle ceneri (e in effetti la dispersione ha effetti retroattivi).

Lo spartiacque avrebbe potuto esser rappresentato dall’entrata in vigore della Legge 130/2001, dopo tutto essa ha novellato la norma di natura penale.

Anche se poi non dovesse sussistere questo discrimine di ordine temporale e quindi si potessero disperdere pure le ceneri stabilmente tumulate il punto più difficile da superare sarebbe proprio la manifestazione della volontà, perchè la dispersione richiede pur sempre una manifestazione di volontà rafforzata del de cuius e ben formalizzata (volontà, peraltro, non rappresentabile dal coniuge o altri congiunti).

C’è chi è più possibilista, però, in pratica la volontà di dispersione delle ceneri di un cadavere magari espressa nel 1991 era sì inattuabile perché la legge penale lo vietava e puniva tale pratica, anche se costituiva pur sempre un intimo desiderio del de cuius; se, però, ora la legge penale vieta la dispersione se fatta in forma diversa da quanto autorizzato e se la autorizzazione è data, non si vede perché non si possa dar seguito alla dispersione postuma.

Il problema, allora, è se autorizzare o meno. Se però la legge regionale espressamente prevede questa possibilità (riflessi sul passato della legge regionale in tema di dispersione delle ceneri) non si rileverebbero fondate ragioni ostative sempre se nel frattempo la disposizione normativa non sarà stata modificata in senso restrittivo, abrogata o peggio ancora cassata in quanto ritenuta illegittima.

2 thoughts on “Interpretazioni giuridiche essenziali

  1. X Mauro,

    Sull’assoggettamento all’imposta di bollo delle autorizzazioni al trasporto funebre e delle relative richieste di rilascio si veda la Risoluzione 75/E del 3 giugno 2005 dell’Agenzia delle Entrate.

    Il trasporto funebre, come fattispecie, rientra, infatti, nelle previsioni dell’art. 3 Tariffa, Parte I allegato A) al dPR 26/10/1972, n. 642.

    Ex Art. 26 DPR 10 settembre 1990 il trasferimento del feretro dal comune di decesso verso quello sede dell’impianto di cremazione e delle risultanti ceneri verso la loro destinazione ultima è autorizzato con un solo ed unico decreto perfezionato sempre dal comune di partenza del trasporto stesso.

    E’ l’autorizzazione all’inumazione o, separatamente, alla tumulazione ad essere consegnata in esenzione dall’imposta di bollo (almeno, finche’ nessuno si accorga di questo fatto: oggi, la fonte che lo consente, cioè l’Art. 74 DPR n.396/2000 è di rango secondario, mentre dovrebbe essere richiesta norma di rango primario per la riserva di legge posta ex art. 23 Cost.).

  2. sono della provincia di caserta.
    leggendo tutto il testo non ho trovato il chiarimento su una procedura che spesso accade in vari comuni della provincia: quante marche da bollo occorrono per effettuare un trasporto dal luogo di decesso al comune di cremazione e ritorno delle ceneri? 2 oppure 3 marche? e dove vanno?

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