Autorizzazione alla cremazione

Autorizzazione alla cremazione

Per la Legge Italiana tutte le operazioni di polizia mortuaria soggiacciono sempre a preventiva autorizzazione.

Si parla di “autorizzazione”, intendendo con essa il provvedimento amministrativo con il quale la Pubblica Amministrazione, in funzione preventiva e su istanza di parte, provvede alla rimozione di un limite legale posto all’esercizio di un’attività inerente ad un diritto soggettivo preesistente in capo al destinatario.

Per tumulazione ed inumazione, tuttavia, non sono contemplati particolari filtri o procedure ben più strutturate rispetto alla semplice verifica dei titoli formali.

Come noto i principi legislativi da assumere a riferimento in materia di cremazione sono quelli stabiliti dall’articolo 343 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 “Approvazione del Testo Unico delle leggi sanitarie” e dagli Artt. 78 e seguenti del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria DPR 285/90.

L’autorizzazione alla cremazione e alla sepoltura si collocano su due ambiti distinti, ed hanno finalità diverse, così come ha confermato lo stesso Ministero di Grazia e Giustizia con nota n. 1/50/FG 33 (92) 114 del 12 giugno 1992.

La prima attiene all’autorità comunale (dirigente o funzionario incaricato) l’altra, invece, appartiene agli adempimenti propri dell’Ufficiale di Stato Civile.

L’autorizzazione alla cremazione rientra, oggi, nelle prerogative del dirigente di settore (Art. 107 comma 4 D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) individuato da ciascun Comune, di fatto può essere anche, ma non necessariamente, l’Ufficiale di stato civile, qualora vi sia identità personale nell’esercizio delle due funzioni, ma i due ruoli debbono rimanere separati. Tra l’altro l’istituto della delega sul potere di autorizzare la cremazione è fondato sull’Art. 17 comma 1 bis (e 17 bis) del Decreto Legislativo 165/2001.

Autorizzazione al trasporto ed alla cremazione possono esser contestuali, ossia insistere fisicamente sullo stesso supporto cartaceo (occorre sempre applicare l’imposta di bollo ex DPR 642/1972). Il documento, però dovrebbe esser redatto in duplice copia; l’una da consegnare, dopo l’arrivo in cimitero, al responsabile del servizio di custodia, l’altra, invece, dovrebbe rimanere agli atti nell’archivio dell’impianto di cremazione. Questa possibilità di notevole semplificazione è inibita per le autorizzazioni al trasporto ed alla sepoltura in quanto l’una riguarda il dirigente, l’altra, invece, l’Ufficiale di Stato Civile (si veda l’Art. 11 della Legge 4 Gennaio 1968 n. 15).

La competenza dirigenziale risulta, oggi, perfino non derogabile, se non per espressa disposizione di legge, tuttavia per rendere più efficiente la macchina comunale la responsabilità dell’istruttoria e di ogni altro adempimento inerente il singolo procedimento sino alla stessa sottoscrizione finale degli atti autorizzativi può esser trasferita ad altri dipendenti comunali (subordinati rispetto al dirigente) in servizio presso la stessa unità.

Il personale dipendente incaricato è tenuto ad osservare le direttive impartitegli dal datore di lavoro e non può rifiutare tale incarico detto altrimenti “delega interna”. Rispetto alla qualificazione del personale dipendente verso cui il dirigente possa attribuire, ove lo ritenga, tale incarico, occorre precisare che l’individuazione del personale dipendente rientra nei poteri del dirigente che li esercita nel rispetto del CCNL e del Regolamento comunale di organizzazione degli uffici e dei servizi. Questo principio è valido per tutte le autorizzazioni comunali di polizia mortuaria.

E’ il comune nel quale è avvenuto il decesso a rilasciare l’autorizzazione alla cremazione, naturalmente, se si ignora la località in cui si sia consumato il trapasso l’autorizzazione spetta al comune in cui la salma, prima ed il cadavere, poi, sono stati deposti per il periodo d’osservazione. Per la sua intrinseca irreversibilità la cremazione è sottoposta ad un particolare meccanismo autorizzatorio, in cui elemento costitutivo soggettivo è la volontà di procedere alla cremazione di un defunto, in quanto le spoglie umane non sono né di proprietà pubblica né res nullius (ossia cosa di nessuno) e la loro tutela assume riflessi di natura penale.

La cremazione eseguita senza autorizzazione configurerebbe, oltre ad una violazione regolamentare, la fattispecie criminosa di distruzione di cadavere.

La cremazione da effettuarsi in territorio italiano richiede il preventivo rilascio di un’autorizzazione amministrativa, il cui inadempimento comporta l’immediata segnalazione al procuratore della Repubblica (art. 75 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396).

La legge italiana regola il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione su più piani, riconducibili a due principali:

  • La volontà, con ulteriori livelli distintivi (testamento una volta pubblicato, autonoma volontà dei familiari, adesione ad una SO.CREM.);
  • La definitiva rimozione anche del solo sospetto che la morte sia dovuta a reato, ottenuta, in via ordinaria, attraverso apposito certificato redatto dal medico curante o dal medico necroscopo (di solito spetta a quest’ultimo la segnalazione all’Autorità Giudiziaria di eventuali notizie di reato, ma questa responsabilità di informare la magistratura ai sensi dell’Art. 365 Codice Penale sorge in capo a qualunque sanitario).

In sostanza la norma nazionale con l’Art. 79 comma 4 DPR 10 settembre 1990 n. 285 stabilisce che occorre una determinata verifica in certe situazioni funerarie estreme come, appunto la cremazione con cui si può eliminare definitivamente ogni prova in caso di morte per reato, ed il tipo di soggetto legittimato a compierla

E’, allora, il medico curante o il necroscopo a certificare l’assenza di sospetto che la morte sia dovuta a reato.

Il DPR 285/90 chiede l’autenticazione della la firma da parte del coordinatore sanitario. Ciò dare a chi autorizza la cremazione (dipendente del Comune a ciò incaricato) questa certezza: la firma apposta dal medico è proprio del soggetto che la può apporre. Cosicché il ruolo del coordinatore sanitario (leggasi responsabile del servizio ASL, dopo il riordino del Servizio sanitario nazionale nel 1992 come già giustamente rilevato dalla stessa circolare ministeriale 24 giugno 1993 n. 24), citato dal DPR 285/90, è solo quello di autenticare la firma del medico il quale attesta la morte per cause non dovute a reato.

L’autenticazione della firma, sembra, tuttavia, un’anacronistico bizantinismo per almeno due ragioni:

1) ai sensi del DPR 445/2000 la firma dei pubblici ufficiali non è soggetta ad autenticazione;

2) la stessa legge 130/2001 non fa menzione di questa procedura.

La certificazione di cui sopra essendo meramente sanitaria ai sensi dell’Art. 49 DPR 445/2000 non può esser sostituita da altra documentazione non medica.

Diverse regioni, allora, seppur con tecniche diverse non richiedono più l’autenticazione.

Se la morte è violenta (la violenza si qualifica come un evento in cui vi sia una certa forza e brutalità contro natura, non necessariamente correlata a un reato o ad un sospetto di reato) o, peggio ancora è stata prodotta da un omicidio, occorre il Nulla Osta alla sepoltura della Procura della Repubblica e diventa superfluo il certificato di cui sopra firmato dal medico curante o da quello necroscopo.

Abbiamo, quindi 4 possibili fattispecie:

a) la morte dovuta a reato; b) la morte dovuta a sospetto di reato; c) la morte per causa violenta; d) la morte sospetta di causa violenta.

Questo Nulla Osta, tuttavia non è sufficiente per procedere alla cremazione, se esso non riporta espressamente che il cadavere può essere cremato.

Difatti l’Autorità Giudiziaria può consentire l’effettuazione dei funerali e la temporanea sepoltura, riservandosi di procedere ad ulteriori indagini nell’interesse della giustizia in un secondo momento.

In questo frangente non viene consentita la cremazione del cadavere, ma unicamente la sepoltura a sistema di inumazione o di tumulazione, che consentono in tempi successivi ulteriori indagini previa, rispettivamente, esumazione od estumulazione.

Senza Nulla Osta della Autorità Giudiziaria (in questi casi) il comune non può autorizzare la cremazione.

La cremazione, così come il diritto di scegliere il proprio sepolcro, e la tipologia della tomba, è annoverata tra i diritti della personalità.

La cremazione sembrerebbe attenere alla determinazione dei livelli essenziali concernenti i cosiddetti diritti civili e sociali costituzionalmente garantiti e l’espressione del suo desiderio viene pertanto regolata dalla legge nazionale applicabile alla persona.

Questa disciplina vale per deceduti su territorio italiano quando siano cittadini italiani, mentre se si tratta di cittadini stranieri, parimenti venuti a mancare su suolo italiano, si deve provvedere in conformità alla Legge Straniera (art. 24 Legge 31 maggio 1995, n. 218 sul diritto internazionale privato).

Quindi si può cremare in Italia il cadavere di una persona di altra nazionalità se, e solo se, la legge di quella Nazione contempla la possibilità di cremare i defunti della propria popolazione.

L’esclusione che la morte sia dovuta a reato costituisce disposizione imprescindibile ed inderogabile, anche per la cremazione di defunti stranieri.

Di conseguenza le norme volte a fugare il sospetto della morte dovuta a delitto si applicano non solo ai cittadini italiani, ma anche a quelli stranieri per il principio dell’obbligatorietà della legge penale.

Un cittadino italiano deceduto all’estero può esser colà cremato se l’Autorità Straniera del Paese di decesso ha dato il suo Nulla Osta alla cremazione.

Nella maggior parte degli Stati moderni sussistono, infatti, precise cautele per evitare la cremazione di cadaveri nell’evenienza di morte sospetta.

Quando, invece, si abbia l’estradizione del cadavere in Italia e la cremazione sia richiesta in territorio italiano, il requisito dell’esclusione del sospetto di morte cagionata da reato costituisce condizione sostanziale ed inderogabile.

In assenza di documentazione certa acquisita all’estero, attestante la morte provocata da cause naturali non resta che appurare tali circostanze attraverso idonea valutazione medico-legale conseguente a specifico esame autoptico da svolgersi in Italia, prima della cremazione del cadavere.

La regola generale del “comune di decesso” non risulta evidentemente idonea per definire quale comune debba autorizzare l’incinerazione se la cremazione viene richiesta successivamente all’introduzione del feretro dall’estero. La cremazione del cadavere di persona deceduta all’estero dopo l’avvenuto trasporto del feretro in Italia, determina, davvero, conseguenze rilevanti sotto il profilo del procedimento.

In tali casi, la titolarità dell’autorizzazione alla cremazione va definita, in via interpretativa, attraverso un altro criterio da individuare alla luce del punto 14.2, secondo periodo della circolare del Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993, essa, quindi, sorge in capo al comune italiano in cui il cadavere, in transito verso la sua destinazione ultima, è stata introdotto.

Dopo il 27 ottobre 1990 il diritto di scelta della cremazione è possibile anche ai familiari del de cuius, in forza dell’Art. 79 comma 2 DPR 285/90, purché, ovviamente, non vi sia una un desiderio contrario espresso e documentato in vita dal defunto.

E’ pertanto ammessa anche la cremazione di un minore, poiché l’ordinamento italiano riconosce la legittimità della rappresentazione da parte di entrambi i genitori su dichiarazione congiunta (dopo la Legge 8 febbraio 2006 n.54) di quest’ultimi anche attraverso atti separati. Così, basterà che uno solo dei genitori si trovi nella condizione di non poter esercitare la potestà attribuitagli (eccezion fatta, beninteso, per i casi di interdizione giudiziale), oppure sia contrario, per impedire il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione.

Ove entrambi i genitori fossero deceduti (mettiamo la disgraziata ipotesi di un incidente), e ci fosse concorrenza di più parenti nello stesso grado, anche in tal caso occorrerà la manifestazione di volontà da parte di tutti i soggetti di pari grado, salvi i casi, anche qui, di interdizione giudiziale attestata nei modi di legge.

Anche il cadavere di una persona interdetta (la quale non può decidere di sé nemmeno per il tempo successivo alla sua morte) può esser cremato perché se l’interdizione risulta da sentenza passata in giudicato, il soggetto è privo della capacità di agire e non potrà rendere alcuna manifestazione di volontà, ma in suo luogo potrà pronunciarsi il tutore (art. 424 del codice civile).

Se il feretro era stato precedentemente sepolto, è il comune di seppellimento che autorizza la cremazione. Ciò vale sia nella situazione giuridica di cadavere, sia nella situazione giuridica di resto mortale (esito di fenomeni cadaverici trasformativi conservativi).

Conviene soffermarsi ancora sulla cremazione dopo un primo periodo di sepoltura:

E’ del tutto legittimo cremare un cadavere precedentemente tumulato o inumato, il comune è tenuto a rilasciare detta autorizzazione purché si acquisiscano agli atti:

1) una dichiarazione di tutti i familiari (in primis il coniuge) circa la loro volontà alla cremazione.

2) una dichiarazione degli stessi familiari di mancanza di espressa volontà contraria del de cuius alla cremazione.

3) l’attestazione comprovante l’effettiva estumulabilità/esumabilità del feretro. In una sepoltura privata, a sistema di inumazione o tumulazione, potrebbero, infatti, esservi dei divieti in tal senso da parte del fondatore del sepolcro, così il disseppellimento potrebbe avvenire solo alla scadenza della concessione (per concessioni a tempo determinato). L’inaccessibilità del feretro, perchè il tumulo è sprovvisto di vestibolo (cioè di spazio necessario alla sua movimentazione senza dover spostare altre bare, comporta l’inestumulabilità, ma, questo impasse potrebbe esser superato con la procedura di deroga di cui all’Art. 106 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria.

In seguito si segue lo stesso protocollo operativo di routine, come se ci si trovasse di fronte al cadavere di un soggetto appena deceduto.

A questo proposito occorre ricordare come, per fugare anche il solo dubbio di morte dovuta a fatto criminoso, si possa procedere a riscontro diagnostico o autopsia anche dopo diversi anni dalla morte qualora non si riesca a reperire idonea certificazione per le finalità di cui all’Art. 79 commi 4 e 5 del DPR 285/90 (esclusione di morte sospetta o dovuta a delitto ed eventuale Nulla Osta dell’Autorità Giudiziaria).

Saranno poi parimenti necessarie le autorizzazioni ad esumazione/estumulazione e quella al trasporto se il feretro per esser cremato dovrà uscire dal recinto cimiteriale.

Se, però, il de cuius, in forza del suo jus eligendi sepulchrum, ossia diritto a scegliersi la propria tomba, aveva chiesto di esser sepolto (non specificando se come cadavere o sue trasformazioni di stato) in una determinata tomba (esempio: a fianco dei genitori o di un figlio prematuramente scomparso) questo suo desiderio deve esser rispettato (inibendo, così, la possibilità di traslazione) e le ceneri verranno ritumulate nello stesso avello dove fu racchiuso il feretro.

Bisogna ora chiarire il problema dello spartiacque temporale rappresentato dal 27 ottobre 1990, data in cui entrò in vigore il DPR 285/90.

In precedenza, in regime di DPR 803/75, poi sostituito dal più recente DPR 285/90, la cremazione di un cadavere sarebbe stata ammessa solo dietro precisa volontà del de cuius formalizzata per mezzo di una disposizione testamentaria scritta.

L’Art 79 comma 2 del DPR 285/90 (cremazione su dichiarazione di volontà resa dai congiunti del de cuius) non è retroattiva, essa, infatti, opera solo per i cadaveri di soggetti morti dal 27 ottobre 1990 in avanti.

Per una certa corrente della dottrina il problema cronologico non dovrebbe porsi in quanto l’Art. 108 comma 2 del DPR 10 settembre 1990 n. 285 ha abrogato il vecchio regolamento di polizia mortuaria in tutte le sue parti e limitazioni, con riflessi anche sulle situazioni pregresse.

Dunque, ad oggi, la cremazione del cadavere di persona deceduta prima del 27 ottobre 1990 e tumulata da meno di 20 anni sarebbe ammissibile solo caso di rinvenimento postumo di una volontà del de cuius a favore della cremazione (per gli inumati non si registrerebbe, invece, nessuna difficoltà, in quanto per essi sarebbe già pienamente trascorso il periodo legale di sepoltura fissato ordinariamente in 10 anni).

Il 27 ottobre 2010, se non frattempo non sarà intervenuta una riforma dell’ordinamento nazionale di polizia mortuaria, il DPR 285/90 compirà 20 anni, da quel momento in poi tutti i cadaveri tumulati prima del 27 ottobre 1990 saranno direttamente cremabili, in quanto per essi saranno già trascorsi almeno i 20 anni di sepoltura richiesti dal DPR 15 luglio 2002 n. 254(detti cadaveri non saranno più tali in quanto del tutto assimilabili alla fattispecie del resto mortale).

Possiamo, dunque, sintetizzare tutto l’iter autorizzatorio in questo schema: Se il de cuius è deceduto dopo l’entrata in vigore del DPR 285/90 e non vi è uno scritto da parte del defunto che affermi la sua contrarietà alla pratica della cremazione, il comune in cui il feretro è stato tumulato o inumato deve autorizzare l’estumulazione per avviamento a cremazione su esplicita richiesta di tutti i familiari aventi diritto previa la presentazione di tutti i titoli richiesti dal’Art. 79 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria.

Per la cremazione di cadavere l’autorizzazione deve sempre esser individuale e nominativa.

Cremazione di parti anatomiche, prodotti abortivi ed ossa.

La cremazione è un atto di disposizione non solo su cadaveri o loro sezioni (parti anatomiche riconoscibili) ma anche sulle loro trasformazioni di stato postmortali (ossa e resti mortali). Cerchiamo, ora di esaminare in modo analitico queste diverse fattispecie:

  • Parti anatomiche riconoscibili: le inerenti autorizzazioni al trasporto, alla sepoltura o alla cremazione attengono all’Autorità Sanitaria Locale del luogo ove dette parti anatomiche sono state “prodotte” per effetto di intervento chirurgico. Entro 48 ore la persona che ha subito l’amputazione con oneri a proprio carico può deciderne la destinazione, altrimenti prevarrà il trattamento deciso in via generale dall’ASL, la quale corrisponderà al gestore del crematorio o del cimitero la tariffa relativa alla prestazione erogata. Quando non vi sia una destinazione “dedicata” su istanza degli aventi diritto le parti anatomiche possono anche esser sepolte in maniera promiscua ed indistinta in un’unica cassa o fossa. Le parti anatomiche non riconoscibili sono unicamente smaltite attraverso termodistruzione in apposito impianto
  • Prodotti abortivi: sempre se hanno raggiunto le 28 settimane di età intrauterina o, comunque, su esplicita istanza dei genitori possono esser accolti in cimitero. L’art. 7 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 non individua il termine di presunta età di gestazione di 22 settimane (termine presente in altre legislazioni, es.: quella francese), quanto tre ipotesi di presunta età gestazionale: 1) meno di 20 settimane, 2) tra le 20 e le 28 settimane, 3) oltre le 28 settimane. La legge Italiana sembra considerare solo la loro sepoltura (inumazione o anche tumulazione se sussiste il titolo di accettazione in sepoltura privata ex Art. 50 comma 1 lettera c) DPR 285/90) con le due autorizzazioni (al trasporto ed al seppellimento) spettanti alla locale ASL; per la loro cremazione, invece, servirebbe una terza autorizzazione firmata dall’autorità comunale. Se ci limitassimo strettamente ad dato testuale, senza considerare lo sviluppo storico e sociale della normativa funeraria la cremazione dovrebbe esser inibita, siccome il Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria distingue e pone una rigida separazione tra la tradizionale sepoltura in tumulo o fossa di terra e l’incinerazione. Ma in realtà non è così, perchè ormai le tre pratiche funerarie ammesse dalle Legge Italiana (inumazione, tumulazione e cremazione godono di pari dignità. Un’interpretazione più evolutiva, soprattutto alla luce dell’Art. 3, comma 4 D.M. 1° luglio 2002 consentirebbe, addirittura, di sostenere che le modalità di cui all’art. 7 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 possano essere ritenute vigenti per quanto riguarda la competenza soggettiva alle autorizzazioni, attribuita all’ASL anche per la cremazione dei prodotti abortivi. Tutto il procedimento autorizzatorio, dunque, si concentrerebbe nella sola ASL, senza, più il bisogno di un’ulteriore provvedimento da parte del comune,con una notevole semplificazione burocratica. L’estensione alle tre pratiche funerarie possibili (inumazione in campo comune o sepoltura privata, tumulazione in sepoltura privata e cremazione) tra l’altro, è considerata anche per le parti anatomiche riconoscibili dall’art. 3, comma 2 D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254 senza limitazioni di ordine giuridico. Possiamo, dunque, giungere a questa conclusione: il prodotto abortivo è sempre cremabile solo se richiesto dai genitori attraverso un atto di disposizione in termini affettivi e di pietas verso i defunti. Feti e prodotti abortivi non accoglibili in crematorio (poichè non richiesti), in quanto più assimilabili a rifiuti ospedalieri speciali, ai sensi dell’Art 2, lett. h), punto 2) DPR 254/2003, così come le parti anatomiche non riconoscibili, debbono esser avviati a termodistruzione presso un inceneritore (Art. 14 DPR 15 luglio 2003 n. 254). Si rendono necessari alcuni chiarimenti: il prodotto abortivo non potrebbe essere considerato neppure un minore non avendo acquisito la capacità giuridica (art. 1 c.c.), esso non è oggetto delle registrazioni di stato civile, per cui non sussiste “titolo” probatorio della cittadinanza bisogna, allora distinguere in relazione alla cittadinanza (seppure questa si acquisti solo con la nascita, almeno nell’ordinamento giuridico italiano) quanto meno con riferimento alla madre (sussistendo con essa rapporto giuridico di filiazione). Per i cittadini stranieri trova applicazione la loro legge nazionale, alla luce dell’art. 24 L. 31 maggio 1995, n. 218 “Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”. Naturalmente, trattandosi di un onere a carico della struttura sanitaria laddove l’espulsione del prodotto del concepimento ed assimilati è avvenuta, qualora vi sia richiesta di parte per una specifica pratica funeraria, l’onere viene a porsi in capo al soggetto richiedente. Se è lecita (e lo è!) la cremazione dei prodotti abortivi ed assimilati, deve anche ammettersi la conseguente applicabilità delle forme di conservazione e/o destinazione delle ceneri alternative alla collocazione in cimitero che ne risultino previste dalle norme, anche regionali, laddove emanate.
  • Ossa: il diritto a disporre dei cadaveri (e dei loro resti) non si esaurisce in seguito alla prima destinazione degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura. Circa l’assenso alla cremazione dell’ossame trovano applicazione le norme contemplate per la cremazione delle cadaveri al momento immediatamente successivo al decesso, specie per quanto riguarda la priorità tra coniuge e parenti nei vari gradi e, nel caso di difetto del coniuge, la possibile pluralità di persone nello stesso grado (indipendentemente dalla linea di parentela o dalla sua ascendenza o discendenza). E’ sempre richiesta un’autorizzazione da cui, però, deve emergere solo la volontà di cremare le ossa. Non è più necessaria, infatti, per ovvi motivi la procedura aggravata volta ad escludere la morte sospetta o dovuta a reato. La cremazione delle ossa provenienti da operazioni cimiteriali o da un precedente deposito in ossario comune può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando vi sia disinteresse da parte dei familiari del defunto.

Ovviamente per le ossa contenute nell’ossario comune non sussiste più nessun potere di disposizione da parte dei possibili aventi titolo, in quanto la destinazione dell’ossario comune si configura come un trattamento irreversibile provocato anche dall’inerzia dei congiunti del de cuius. L’unico a poterne deliberare la calcinazione, per recuperare spazio, è il sindaco attraverso un proprio atto.

Il disinteresse si qualifica come un atteggiamento inequivocabile di rifiuto ad esercitare lo jus sepulchri, protratto per un tempo sufficientemente lungo e certo o quale mancanza di soggetti titolati a decidere sulla destinazione alternativa di ossa e resti mortali.

Secondo un certo filone del dibattito tra gli studiosi della materia funeraria l’assenso all’incinerazione delle semplici ossa non sembrerebbe richiedere requisiti particolari di forma, come accade, invece, per incinerare un cadavere, se non quello della sua dichiarazione a chi è legittimato a richiedere ed ottenere la cremazione dei resti mortali. Per le ossa racchiuse ancora nella cassetta ossario, ma non più richieste per ulteriori periodi di sepoltura “dedicata” in loculo o celletta e naturalmente per l’ossame dell’ossario comune si possono adottare provvedimenti autorizzatori contestuali e cumulativi (una sola autorizzazione per più resti ossei appartenute a diversi cadaveri. Per le ossa dell’ossario comune il problema nemmeno si pone perchè l’ossario comune presuppone già una conservazione in forma promiscua ed indistinta.

108 thoughts on “Autorizzazione alla cremazione

  1. Salve, vorrei sapere per quanto tempo debba essere conservata la domanda e la relativa autorizzazione alla cremazione e chi sia il soggetto preposto a tale operazione.
    Grazie
    Paolo

    1. X Paolo,

      stante la “legge archivistica” di cui al D.P.R. n.1409/1963 istanza e relativo provvedimento di autorizzazione alla cremazione (prima di attivare la procedura di scarto) saranno conservate per anni 40 negli schedari del Comune e del cimitero sede del crematorio.

  2. Salve sono Silva, un cittadino iscritto AIRE morto in Germania, con espressa volontà alla cremazione, chi rilascia l’autorizzazione? Noi come comune in cui verranno portate le ceneri ?

    1. X Silvia,

      Senza addentrarmi dei meandri della legislazione teutonica….

      Rilascia la relativa autorizzazione l’autorità territoriale tedesca.

      Nell’eventualità che il corpo sia trasportato in Italia e la cremazione debba avvenire in Italia, l’autorita’ competente è quella del comune italiano in cui il feretro e’ stato cosi’ trasportato.

  3. Buongiorno,
    Mia madre, cittadina peruviana, è deceduta nel 2013 a Napoli ed il suo corpo è stato sepolto. Ora io (figlia unica) vorrei procedere alla cremazione. Vorrei sapere ho bisogno del consenso di padre, nonostante non siano mai stati sposati? Oppure del consenso di altri familiari?
    Grazie

    1. X Bea,

      Il rito dell’incinerazione delle spoglie umane si pone nel milieu giuridico dei c.d. diritti della personalità, cioè gli atti di disposizione del proprio corpo ex Art. 5 Cod. Civile,, diritto al nome e sua tutela, diritto all’immagine etc.

      In materia di diritti della personalità, il sistema italiano di diritto internazionale privato, normato dalla Legge 31/5/1995 n. 218, adotta il criterio, molto salomonico, del rinvio alla legge nazionale della persona scomparsa.

      In particolare, il rimando alla legge nazionale dello straniero di cui all’art. 24 della Legge 31/5/1995, n. 218 conduce a questa conseguenza: gli istituti che disciplinano l’accesso alle diverse pratiche funebri e, nella specie, alla cremazione di cittadini stranieri, siano regolati dalla legge nazionale di appartenenza.

      Pertanto, per lo straniero deceduto in Italia, può essere rilasciata l’autorizzazione alla cremazione solo sulla base delle norme e con le modalità previste dalla legge nazionale del defunto.

      Si deve considerare che infatti che possono esistere ordinamenti di altri Stati che non ammettono la cremazione o che regolano diversamente le modalità e le procedure per dar luogo alla stessa.

      L’art. 79 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 definisce le procedure per il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione. Tale disposizione va valutata anche in correlazione con la L. 30 marzo 2001, n. 130, seppure nel suo attuale stato di inattuabilità nonché in alcune regioni con Leggi regionali emanate in proposito.

      I presupposti per il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione da parte dell’autorità’ comunale sono:

      1) la volontà;
      2) l’assenza di reato

      La cremazione di uno straniero può essere autorizzata se ed in quanto essa sia ammessa dalla legge nazionale del defunto e sulla base delle condizioni e presupposti stabiliti, regolati dalla legge nazionale caso per caso.

      Le sole norme “italiane” (cioè del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) che trovano applicazione anche nel caso di richiesta di rilascio di autorizzazione alla cremazione di un defunto cittadino straniero, sono, oltre che quelle sulla competenza al rilascio dell’autorizzazione (e fatto – comunque – salvo il caso che la legge straniera non definisca diversamente), quelle prescritte dall’art. 79, commi 4 e 5 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, avendo un carattere di applicazione territoriale, come in genere si ha per le norme penalistiche (art. 3 C. P).

      Per autorizzare la cremazione di un cittadino straniero quindi dovranno essere valutati, sulla base della legge nazionale del defunto, l’ammissibilità del ricorso alla cremazione, le modalità per procedere alla stessa, l’individuazione dei soggetti che possano disporre in tale senso e le modalità con cui tali disposizioni possano essere date.

      La verifica di detti presupposti non può che derivare se non da una dichiarazione, attestazione, certificazione dell’autorità competente dello Stato di cui lo straniero è cittadino.

      Pertanto, la cremazione può essere autorizzata solo se essa sia ammessa dalla legge nazionale dello straniero deceduto e sulla base delle condizioni e dei presupposti stabiliti dalla rispettiva legge nazionale.

      In assenza della presentazione di una dichiarazione delle autorità competenti del Paese di appartenenza (ovvero dell’autorità diplomatica o consolare presente in Italia) da cui risulti, sulla base della legge del proprio Stato, la possibilità, le condizioni e la forma per far luogo all’autorizzazione richiesta, non pare possibile procedere al rilascio della stessa, non esistendo i presupposti giuridici per aderirvi.

      Si richiama, infine il DECRETO del PRESIDENTE della REPUBBLICA 31 agosto 1999, n. 394 (Art. 2 e 2-bis) per rapporti giuridici con extracomunitari.

      1. buongiorno volevo capire: per cremare i resti cadaverici di persona deceduta circa 15 anni fa occorre recuperare il certificato necroscopico e anche il certificato di morte non sospetta a reato? se all’epoca del decesso il certificato necroscopico nulla precisa e non risulta neppure il certificato di morte non sospetta a reato e’ possibile procedere al rilascio dell’autorizzazione alla cremazione? e’ possibile far certificare ora per allora la morte non sospetta a reato dal necroscopo? quale procedura occorre attivare per il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione?

        1. X Antonella,

          il quesito tutto gravita attorno a questa questione procedurale e di timing: Il certificato “ora per allora” di esclusione del sospetto di morte dovuta a reato, vigente 15 anni or sono il solo ed attuale regolamento nazionale di polizia mortuaria approvato con D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, a quell’epoca la Legge 30 marzo 2001, infatti, n. 130 era stata sì già promulgata, ma non ancora implementata dalle singole Regioni, rimanendo così lettera morta. La stessa Legge n. 130/2001 in questo campo, tra l’altro poco innova, spostando semplicemente la competenza unicamente in capo al medico necroscopo (escludendo, così da questa funzione di garanzia il medico curante)

          Le certificazioni mediche relative a situazioni pregresse si chiamano, per consuetudine, “ora per allora”.

          Dopo questa premessa passiamo ad una domanda che viene posta su questo blog in almeno altre tre occasioni: ed, allora, è possibile cremare un cadavere estumulato prima del completo decorso del periodo legale di sepoltura pari ad un minimo di anni 20?

          In tutte le risposte offerte da questo coeso gruppo redazionale viene confermato che l’autorizzazione postuma può essere rilasciata previa acquisizione della documentazione richiesta dall’art. 79 D.P.R. n.285/1990, compresa la certificazione medica di cui al comma 4 attestante che la morte non è dovuta a reato.

          Solo marginalmente, in un’occasione venne toccato il problema della difficoltà che si incontra dovendo accordare la certificazione ex art.79 comma.4 a distanza di anni, cioè “ora per allora”. Riporto il relativo stralcio: “Occorre tenere conto del fatto che tale ATTESTAZIONE medica, nel caso di specie, non viene consegnata agli atti nell’immediatezza del decesso. Pertanto, a seconda dell’epoca del decesso e delle condizioni di conservazione del defunto, per rilasciare tale atto l’A.s.l. dovrà precedentemente effettuare un’autopsia o un riscontro diagnostico sulla stessa …”.

          L’autopsia di un cadavere estumulato è straziante per le famiglie: non va inoltre trascurato l’aspetto economico. La mia proposta è di affidare allo Stato Civile il compito di rintracciare il certificato necroscopico stilato in occasione del decesso (quelli degli anni passati sono archiviati presso l’Ufficio Territoriale di Governo) e di controllarlo: se non figura una causa di morte violenta e non ci sono condizioni particolari poste dall’autorità giudiziaria l’autorizzazione alla cremazione dovrebbe essere concessa automaticamente, senza l’acquisizione del certificato ex art. 79, comma 4 D.P.R. n.285/90. Siccome so per primo come modifiche in questo senso dell’ordinamento dello stato civile e del D.P.R. n.285/1990 siano molto improbabili, credo che ancora per molto tempo il dilemma ruoterà attorno alla firma del medico necroscopo o del medico curante che ha redatto la denuncia sulla causa di morte (alias: Scheda ISTAT).

          Qualora ambedue queste figure sanitarie fossero irreperibili l’unica soluzione legalmente legittima sarebbe quella di:

          1) procedere comunque a riscontro diagnostico/autopsia

          2) lasciar trascorrere altri 5 anni affinchè il cremando cadavere divenga, in via amministrativa un semplice resto mortale (= esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo) per il quale è prevista ed ammessa la procedura destrutturata allo scopo di ottenerne l’incinerazione (basterebbe un atto volitivo, nemmeno troppo formalizzato per la manifestazione della volontà cremazionista e non occorrerebbe più la certificazione sanitaria di cui sopra che infiniti ostacoli adduce e produce, specie se “ora per allora”.)

  4. salve,
    nel caso in cui LA coniuge fosse irreperibile da 4 anni (causa trasferimento all’estero e assenza di recapiti, oltre assoluta indifferenza), come possono i fratelli autorizzare la cremazione??
    grazie

    1. X Barbara,

      Secondo una lettura molto formale e rigida della norma, il coniuge, che ha titolo privilegiato a pronunciarsi, nel silenzio del de cuius, rimane tale sino alla sua morte o allo scioglimento del vincolo matrimoniale trascritto negli atti di stato civile.
      La Legge n. 130/2001 ci fornisce uno spunto di riflessione, quando ragiona in termini di ogni altra forma di manifestazione della volontà cremazionista, da parte della persona defunta, diversa dalla scheda testamentaria o dall’iscrizione ad apposita So.Crem, personalmente mi sentirei di adire il Giudice, in sede civile, anche se ciò possa apparire ultroneo, chiedendo un provvedimento d’urgenza ex Art. 700 Cod. Proc. Civile, la Magistratura potrà ricorrere ad ogni mezzo di prova, compreso quello testimoniale.

      In difetto, non credo proprio che, se non con qualche indubbia forzatura, gli uffici comunali possano rilasciare l’autorizzazione alla cremazione solo su istanza dei fratelli del de cuius, se quest’ultimo risulta ancora sposato.

  5. X Antonio,

    negli atti di disposizione per il post mortem, tra i quali s’annovera, senz’altro, la cremazione, non si dovrebbe parlare tanto di eredi (= posizione soggettiva per la successione patrimoniale) quanto di consanguinei, di pari grado, ascendenti o discendenti.

    Il diritto a decidere la destinazione di una spoglia mortale ex Art. 79 comma 1 II Periodo del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria, nel silenzio del de cuius, la cui volontà è comunque sovrana, ( pur sempre nel rispetto della Legge) spetta al coniuge superstite o, in difetto di questi, ai congiunti più prossimi, sino al sesto livello di parentela, l’ultimo, cioè riconosciuto dal Cod. Civile.

    Nel caso prospettato (detto inter nos: la locale So.Crem è incappata in un errore interpretativo di natura pacchiana!!!…della serie come fanno a non conoscere la Legge???) debbono pronunciarsi congiuntamente il genitore ed il figlio della defunta, in quanto parenti più stretti, affinché si proceda a cremazione della stessa, in Sicilia, infatti, si applica, ed interamente, ancora, l’Art. 79 del DPR 10 settembre 1990 n. 295, ossia del Regolamento Statale di Polizia Mortuaria. Data l’urgenza della questione (l’ufficio comunale della polizia mortuaria DEVE far rispettare la legge e non può ricorrere a scorciatoie) perché non affrontare il problema in sede giurisdizionale (tribunale civile in tema di diritti soggettivi, come appunto quello sulla cremazione) richiedendo, in giudizio, un provvedimento ex Art. 700 Cod. Proc. Civile?

  6. Buonasera, sono un operatore funerario e volevo sottoporre un quesito :
    una defunta – nubile all’anagrafe e quindi mai coniugata – ha manifestato in vita la proprio unico figlio legittimo e riconosciuto la volontà di essere cremata alla sua morte, avvenuta qualche giorno fa. il padre della defunta è ancora vivo e lucidissimo alla veneranda età di 93 anni.
    ho prodotto al comune il consenso e le autorizzazioni previste dalla vigente normativa a firma SOLO DEL FIGLIO, UNICO EREDE LEGITTIMO.
    il comune mi ha imposto anche l’autorizzazione del padre, ignaro del decesso della figlia, a pena di non consentirne la cremazione sostenendo che nonno e nipote sono pari grado ed hanno lo stesso diritto da manifestarsi congiuntamente.

    ho provato a consultare qualche SO. CREM che sostiene la mia stessa tesi e cioè che era sufficiente solo l’autorizzazione dell’unico figlio legittimo però non hanno saputo darmi pezze giustificative per attaccare il funzionario “solerte” che ha consentito uno stato di malessere dell’anziano genitore inizialmente ignaro del triste evento.

    la procedura è corretta ?

    attendo fiducioso e saluto cordialmente

    AFG – palermo

  7. X IDE,

    I riferimenti normativi, per la cremazione di minore, sono il paragrafo 14.2 della circolare ministeriale interpretativa n. 24/993 e soprattutto Art. 3 comma 1 lett. b) punto 4 Legge n. 130/2001.

    Il diritto alla cremazione è divenuto dunque trasmissibile, trasferendosi, ope legis, la volontà dalla persona ai familiari, purché, ovviamente, non vi sia una volontà contraria espressa e documentata in vita dal defunto. Nella specie, “mancando la disposizione volontaria” ed essendo ininfluente il fatto che il minore non possa ancora testare, la volontà passa ai “parenti nello stesso grado” (i genitori), i quali debbono manifestare congiuntamente la volontà di cremare il figlio, trattandosi di soggetti posti dalla legge sullo stesso piano. Cosicché, basterà che uno solo dei genitori si trovi nella condizione di non poter esercitare la potestà attribuitagli (eccezion fatta, beninteso, per i casi di interdizione giudiziale), oppure sia contrario, per impedire il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione. Analogamente, ove entrambi i genitori fossero deceduti (mettiamo il caso di un incidente), e ci fosse concorrenza di più parenti nello stesso grado, anche in tal caso occorrerà la manifestazione di volontà da parte di tutti i soggetti di pari grado, salvi i casi, anche qui, di interdizione giudiziale attestata nei modi di legge (così Bruschi e Panetta, Scolaro).

    Dopo il 27 ottobre 1990, quando, cioè entra il vigore l’attuale Regolamento nazionale di Polizia Mortuaria, approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285 il diritto di scegliere la cremazione è possibile anche aper familiari del de cuius, in forza dell’Art. 79 comma 2 DPR 285/90, purché, ovviamente, non vi sia una un desiderio contrario espresso e documentato in vita dal defunto.

    E’, pertanto, ammessa anche la cremazione di un minore, poiché l’ordinamento italiano riconosce la legittimità della rappresentazione da parte di entrambi i genitori su dichiarazione congiunta (dopo la Legge 8 febbraio 2006 n.54) di quest’ultimi anche attraverso atti separati. Così, basterà che uno solo dei genitori si trovi nella condizione di non poter esercitare la potestà attribuitagli (eccezion fatta, beninteso, per i casi di interdizione giudiziale), oppure sia contrario, per impedire il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione.

    Ove entrambi i genitori fossero deceduti (mettiamo la disgraziata ipotesi di un incidente), e ci fosse concorrenza di più parenti nello stesso grado, anche in tal caso occorrerà la manifestazione di volontà da parte di tutti i soggetti di pari grado, salvi i casi, anche qui, di interdizione giudiziale attestata nei modi di legge.

    Anche il cadavere di una persona interdetta (la quale non può decidere di sé nemmeno per il tempo successivo alla sua morte) può esser cremato perché se l’interdizione risulta da sentenza passata in giudicato, il soggetto è privo della capacità di agire e non potrà rendere alcuna manifestazione di volontà, ma in suo luogo potrà pronunciarsi il tutore (art. 424 del codice civile).

  8. buongiorno,
    a vostro parere le iscrizioni dei minori nelle società per rilasciare la volontà a essere cremate, fatte da chi esercita la responsabilità genitoriale o curatore ecc..
    sono in contrasto con l’art.591 del cc?
    il 591 non prevede che uno fa testamento per un altro.
    e poi quando il soggetto diventa maggiorenne non dovrebbe confermare lui la volontà?
    grazie per la cortese risposta.

  9. X Michael,

    Sì. falsificare la firma è un reato perseguibile penalmente su istanza di parte.

    Il reato di firma falsa (476-493bis) si concretizza nel caso in cui si violano i presupposti di fiducia e di tutela che il nostro ordinamento giuridico attribuisce a determinati e specifici documenti. In materia di protezione penale per i documenti si fa riferimento a qualunque scritto su un determinato e idoneo sostegno e supporto, il cui compito è quello di sorreggere una richiesta di carattere giuridico o di evidenziare un episodio che possieda rilievo giuridico

    i reati ipotizzabili, quindi, sono almeno: 1) falso in atto sostitutivo di atto di notorietà punibile ex Art. 76 DPR n.445/2000, e relative leggi speciali attuative, quale dichiarazione mendace 2) falso privato in atto pubblico.

    Sarei più cauto sulla fattispecie di soppressione o distruzione di cadavere.

    La dispersione delle ceneri non in conformità con la volontà espressa dal de cuius e non surrogabile da soggetti terzi (trattandosi di un’assai estrema electio sepulchri e, come tale, irreversibile) è sanzionata dall’Art. 411 Cod. Penale.

    Le conviene sporgere denuncia all’Autorità Giudiziaria.

  10. Salve,
    Se i genitori di mia moglie falsificano la mia firma per cremare e anche per disperdere le ceneri, come devo procedere, dove devo fare la denuncia e che tipo di reato costituisce?… sono finalmente risalito alla documentazione che è stata presentada al Gestore del servizio (attualmente si incaricano loro delle procedure) è ho visto con dispiacere che i familiari si sono impossessati della fotocopia della mia C.I., e che hanno falsificato delle firme nelle richieste e atti di notorietà, tutto fatto tramitre agenzia, anche l’agenzia d’onoranze funebri e considerata complice?…. e se mi potete dire quali sono gli articoli di legge che parlano di questo caso vi sarei molto grato!!
    Buona serata…

    1. Mio padre, cittadino polacco, morto a Milano. Ho affidato la pratica e il funerale (cremazione) ad una casa funebre di Milano. Mia madre ha firmato l’atto notorio per la cremazione ma mi dicono che il comune ancora non ha autorizzato la cremazione, sono passati 10gg. Pare che consolato polacco chiede qualche documento che non ho capito di cosa si tratti. Ma non è necessaria solo la firma dell’atto notorio? Questo deve essere firmato davanti all’ufficiale comunale?
      I miei genitori sono sposati ma in Polonia quindi atto di matrimonio non è presente in Italia e da quello che ho capito mia madre non può fare autocertificazione. Serve traduzione dell’atto per confermare che mia madre è la moglie e può firmare l’atto notorio?

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