Tar Abruzzo, Sez. I, 13 novembre 2014, n. 801

Testo completo:
Tar Abruzzo, Sez. I, 13 novembre 2014, n. 801
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 26 del 2009, proposto da:
Ditta Cedi di Ciotti Emidio, rappresentata e difesa dall’avv. Piero Cantalamessa, con domicilio eletto presso Paolo Avv. Quadruccio in L’Aquila, via Salaria Antica Est, 86/D;
contro
Comune di Controguerra in persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall’avv. Carlo Scarpantoni, con domicilio eletto presso Alessandro Avv. Gentileschi in L’Aquila, via Marsicana,53 – Civita di Bagno;
per l’annullamento
dell’ordinanza 1° novembre 2008, n. 44, con la quale il Responsabile del IV Settore del Comune di Controguerra ha disposto la “reintegrazione e manutenzione nel possesso degli impianti elettrici-manutentivi, costituenti il servizio di illuminazione di lampade votive, situato nel cimitero comunale”; nonchè degli atti presupposti e connessi, tra cui la deliberazione della Giunta municipale 28 ottobre 2008, n. 201.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Controguerra;
Viste le memorie difensive;
Vista l’ordinanza collegiale 26 gennaio 2009, n. 27, con la quale è stata respinta la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 ottobre 2014 il dott. Michele Eliantonio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’attuale ricorrente riferisce di essere concessionaria del servizio di gestione e di illuminazione delle lampade votive del cimitero del Comune di Controguerra.
Riferisce, altresì, che il relativo contratto di concessione del 23 gennaio 1996 prevedeva all’art. 2 una durata di anni 13 a partire dal 1° novembre 1995 “rinnovabile una sola volta su richiesta espressa del concessionario e delibera consiliare di accettazione”. Tale disposizione, prevedeva, poi, testualmente che “alla predetta scadenza della concessione il cimitero dovrà essere riconsegnato al Comune in ottimo stato di manutenzione e tutte le eventuali migliorie passeranno in esclusiva proprietà del Comune senza alcun corrispettivo a titolo di riscatto o per altre cause”.
Riferisce, infine, che con ordinanza del 1° novembre 2008, il Responsabile del IV Settore del Comune di Controguerra aveva disposto alla prima scadenza del contratto la restituzione degli impianti elettrici-manutentivi del cimitero, dopo che la Giunta municipale, con deliberazione 20 ottobre 2008, n. 2301, avendo rilevato che non era intervenuta la deliberazione consiliare di proroga, aveva dato al predetto Responsabile l’indirizzo politico-amministrativo di voler gestire in economia il servizio e ciò stante il divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici.
Con il ricorso in esame ha impugnato tale ordinanza, unitamente agli atti presupposti e connessi, deducendo le seguenti censure:
1) che in ordine al richiesto rinnovo avrebbe dovuto pronunciarsi il Consiglio comunale e non la Giunta municipale così come disposto dall’art. 2 del contratto e dell’art. 42 del D.Lgs. 267/2000;
2) che l’Amministrazione comunale si era contrattualmente obbligata a rinnovare per una sola volta la concessione;
3) che l’art. 57 del codice dei contratti pubblici, che vieta il rinnovo dei contratti, non era applicabile alla fattispecie, trattandosi di una concessione di servizi, peraltro stipulata in data anteriore all’entrata in vigore di tale norma;
4) che l’Amministrazione non avrebbe potuto gestire in economia il servizio in quanto l’art. 113 del t.u. degli enti locali impone l’indizione di una gara ed in quanto le somme destinate (€ 3.000) sono insufficienti;
5) che il Comune non aveva considerato l’interesse pubblico sotto l’aspetto economico e funzionale del rinnovo della concessione.
Ha concluso rilevando di aver diritto ad un indennizzo o, in subordine, al risarcimento dei danni per indebito arricchimento, in relazione alle migliori apportate, e per il mancato ammortamento delle somme investite.
Il Comune di Controguerra si è costituito in giudizio e con memoria depositata il 14 gennaio 2009 ha diffusamente contestato il fondamento delle censure dedotte.
Con ordinanza collegiale 26 gennaio 2009, n. 27, è stata respinta la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato sulla base della seguente testuale considerazione: “i motivi addotti dalla società ricorrente appaiono in sostanza privi di un apprezzabile fumus boni juris in quanto non sussisteva alcun obbligo per l’amministrazione di rinnovo della concessione mentre ritiene il collegio che, anche nella specie, sia applicabile l’art. 57 del codice degli appalti, il che esclude in radice, per l’infondatezza probabile del ricorso, la possibilità di concessione di un provvedimento cautelare”.
Alla pubblica udienza del 27 ottobre 2014 la causa è stata trattenuta a decisione.
DIRITTO
1. – Con il ricorso in esame – come sopra esposto – l’attuale ricorrente, concessionaria del servizio di gestione e di illuminazione delle lampade votive del cimitero del Comune di Controguerra, ha impugnato i seguenti atti:
a) la deliberazione 28 ottobre 2008, n. 201, con la quale la Giunta municipale aveva deciso di gestire in economia il servizio;
b) l’ordinanza del 1° novembre 2008, con la quale il Responsabile del IV Settore del Comune di Controguerra aveva ordinato la restituzione degli impianti elettrici-manutentivi del cimitero alla scadenza del contratto.
Va al riguardo ricordato che il relativo contratto di concessione del 23 gennaio 1996 prevedeva all’art. 2 una durata della concessione di anni 13 a partire dal 1° novembre 1995 “rinnovabile una sola volta su richiesta espressa del concessionario e delibera consiliare di accettazione”. Tale disposizione, prevedeva, poi, testualmente che “alla predetta scadenza della concessione il cimitero dovrà essere riconsegnato al Comune in ottimo stato di manutenzione e tutte le eventuali migliorie passeranno in esclusiva proprietà del Comune senza alcun corrispettivo a titolo di riscatto o per altre cause”.
Alla scadenza del contratto la concessionaria ha richiesto il rinnovo della concessione per ulteriori 13 anni, ma la Giunta municipale, avendo rilevato che non era intervenuta la deliberazione consiliare di proroga, ha dato al Responsabile del Comune l’indirizzo politico-amministrativo di voler gestire in economia il servizio e ciò anche in relazione al vigente divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici.
Con il ricorso in esame la ricorrente, riconoscendo di avere in ordine al rinnovo della concessione una posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo, ha contestato la legittimità degli atti predetti con riferimento all’incompetenza della Giunta municipale a pronunciarsi in merito, alla violazione dell’obbligo a rinnovare per una sola volta la concessione ed alla mancata considerazione dell’interesse pubblico al rinnovo della concessione.
Ha impugnato, altresì, la decisione del Comune di procedere alla gestione diretta del servizio.
2. – In via pregiudiziale va osservato che relativamente all’impugnativa proposta sussiste la giurisdizione di questo Tribunale, in quanto il c.p.a. per un verso all’art. 113 comma 1, lett. b), devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le “controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici” e per altro verso all’art. 133 comma 1, lett. e) – nel definire i confini della giurisdizione esclusiva del g.a. sulle controversie relative ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture – dispone che tale giurisdizione comprende anche le controversie “relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture”.
Ciò posto, poiché nel caso di specie si discute proprio in ordine al rinnovo di un contratto pubblico, deve ritenersi che relativamente alla controversia proposta sussista la giurisdizione di questo Tribunale.
3. – Chiarito tale aspetto, va meglio precisato che il predetto art. 2 del contratto di concessione prevedeva espressamente che il rapporto avrebbe avuto una durata di 13 anni, con possibilità di rinnovo “una sola volta” su richiesta espressa del concessionario e previa “delibera consiliare di accettazione”.
Tale disposizione, cioè, prevedeva una durata ben definita del rapporto concessorio in questione (13 anni), alla cui scadenza il rapporto avrebbe avuto termine; era stato, peraltro, attribuito al Consiglio comunale il potere (ampiamente discrezionale) di disporre (prima della scadenza) il rinnovo della concessione, sempre, ovviamente, in presenza di un interesse pubblico al riguardo e della conformità del rinnovo alla normativa vigente alla data del rinnovo.
In altri termini, contrariamente a quanto ipotizzato con il ricorso, il contratto non aveva attribuito alla concessionaria il diritto ad ottenere il rinnovo della concessione, ma aveva subordinato il rinnovo del rapporto ad una valutazione ampiamente discrezionale da svolgere in merito da parte del Consiglio comunale.
Ora era accaduto che il consiglio comunale non aveva assunto tale atto deliberativo, previsto dal contratto, e che la Giunta municipale, con deliberazione 20 ottobre 2008, n. 2301, avendo rilevato che non era intervenuta la deliberazione consiliare di proroga, aveva dato al Responsabile del servizio l’indirizzo politico-amministrativo di voler gestire in economia il servizio e ciò anche in relazione al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici e delle concessioni.
Così meglio precisato il contenuto della clausola contrattuale in parola e degli atti impugnati, va anche ricordato che la normativa sia comunitaria, che nazionale, ha vietato in via generale il rinnovo dei contratti e delle concessioni pubbliche.
Quanto a queste ultime, in particolare, i rinnovi automatici sono oggi incompatibili anche con i principi della direttiva servizi 2006/123/CE (c.d. Bolkestein), in quanto ostativi all’esplicazione della libera concorrenza.
4. – Ciò detto, ritiene il Collegio che i motivi dedotti con il ricorso avverso il mancato rinnovo della concessione siano tutti privi di pregio e ciò in quanto:
– la mancata decisione del Consiglio comunale di procedere al rinnovo della concessione, aveva di certo legittimato la Giunta municipale ad assumere le conseguenti determinazioni in ordine alla gestione del servizio, che non avrebbe potuto non essere svolto;
– l’Amministrazione comunale, contrariamente a quanto ipotizzato dalla ricorrente, non si era contrattualmente obbligata a rinnovare la concessione;
– il divieto di rinnovo dei contratti pubblici e delle concessioni è previsto non solo dall’art. 57 del codice dei contratti pubblici, ma anche dalla normativa comunitaria.
5. – Con il ricorso la ricorrente contesta anche la legittimità delle decisione della Giunta di gestire in economia il servizio, in quanto, a suo dire, si sarebbe dovuta indire una gara, in quanto le somme destinate (€ 3.000) erano insufficienti ed in quanto non era stata adeguatamente considerato l’interesse pubblico sotto l’aspetto economico e funzionale.
Anche tali censure non sono idonee ad inficiare la legittimità dell’atto deliberativo in questione, e ciò in quanto – come la giurisprudenza amministrativa ha già precisato (T.A.R. Lazio, sez. Latina, 28 febbraio 2013 n. 207) – la Giunta municipale può legittimamente assumere la decisione di gestire direttamente il servizio delle lampade votive all’interno del cimitero comunale, dal momento che la disciplina normativa vigente consente alle amministrazioni pubbliche la gestione in economia (diretta o con cottimo fiduciario) “a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione” (cfr. art. 6-bis del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165) e “qualora ne ricorrano le condizioni” ai sensi dell’art. 125, D.lg. 12 aprile 2006 n. 163; né può in radice escludersi detta possibilità in capo all’Amministrazione, posto che il principio della concorrenza non può prevalere sui principi di efficienza ed economicità e buon andamento dell’attività amministrativa, laddove una ragionevole valutazione induca a ritenere preferibili soluzioni interne all’Amministrazione interessata e dunque non competitive.
Né appare in merito rilevante l’importo delle somme destinate al riguardo, in quanto nel rilevare il servizio l’Amministrazione non avrebbe dovuto effettuare alcun ulteriore investimento, dato che – come previsto dal contratto di concessione – alla scadenza gli impianti avrebbero dovuto essere riconsegnati al Comune “in ottimo stato di manutenzione” e che tutte le eventuali migliorie sarebbero passate “in esclusiva proprietà del Comune senza alcun corrispettivo a titolo di riscatto o per altre cause”.
In aggiunta, va anche osservato il Comune avrebbe anche acquisito l’utile della gestione del servizio, con possibilità, quindi, di acquisire tutte le somme necessarie per continuare a gestire il servizio.
6. – Una volta ritenuti gli atti impugnati immuni dalle censure dedotte, va conseguentemente respinta anche la richiesta di risarcimento dei danni; né può accogliersi l’ulteriore richiesta di risarcimento in relazione alle migliori apportate ed al mancato ammortamento delle somme investite, dato che la più volte citata previsione contenuta nel contratto di concessione aveva espressamente escluso la corresponsione di corrispettivi per “eventuali migliorie” apportate.
7. – Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere respinto.
La natura della controversia e la risalenza del ricorso inducono, per concludere, il Collegio a disporre l’integrale compensazione delle spese e degli onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in L’Aquila nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Michele Eliantonio, Presidente, Estensore
Paolo Passoni, Consigliere
Maria Abbruzzese, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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