TAR Puglia, Sez. III, 10 maggio 2006, n. 1657

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Massima

Testo

Norme correlate:
Art 338 Regio Decreto n. 1265/1934

Testo completo:
TAR Puglia, Sez. III, 10 maggio 2006, n. 1657
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA
Sede di Bari, Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 889 del 1997 proposto da CRISTOFARO & MOSCHETTA S.n.c., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’Avv. Francesco Priore, presso il quale è elettivamente domiciliato in Bari alla via Q. Sella n. 5 (studio legale F.sco Maione);
contro
il Comune di Conversano non costituito in giudizio;
per l’annullamento
dell’ordinanza sindacale del 17.02.1997, con la quale è stato ingiunto lo sgombero immediato da persone e cose dei locali comunali tenuti in locazione, nonché la chiusura dell’attività di marmeria;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 13.04.2006 il Cons. Pietro Morea e udito, altresì, l’Avv. Francesco Priore per la ricorrente società;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con atto notificato il 1.04.1997 la società Cristofaro e Moschetta, conduttrice d’immobile comunale con esercizio di attività di marmeria, ha impugnato l’ordinanza sindacale del 17.02.1997 n. 19/97, con la quale è stato disposto lo sgombero immediato da persone e cose dei locali comunali, nonché la chiusura dell’attività di marmeria.
Precisa che la predetta ordinanza trova giustificazione nell’occupazione abusiva dei locali, nell’attività di lavorazione del marmo non conforme alla destinazione d’uso dei locali medesimi che ricadono in una zona di rispetto cimiteriale; gli stessi, tra l’altro, sono privi di requisiti igienico-sanitari. Deduce le seguenti censure:
1) eccesso di potere per difetto d’istruttoria: i locali comunali sono condotti in forze di un regolare contratto di locazione intervenuto tra la società istante e l’ente locale;
2) violazione dell’art. 217 T.U. 27.07.1934 n. 1265 e dell’art. 38 della L. 142 del 1990: il provvedimento impugnato non è stato preceduto dalla prescrizione delle cautele opportune per prevenire il danno od il pericolo preventivo;
3) falsa applicazione dell’art. 338 T.U. 1265/34: l’immobile comunale non ricade, come erroneamente si assume nell’atto impugnato, nella zona di rispetto cimiteriale, in quanto il parere di congruità espresso dall’ufficio tecnico comunale nel 1992, epoca di stipula del contratto locativo, nulla dice a riguardo.
Con ordinanza del 16.04.1997 n. 243 il T.A.R. ha accolto l’istanza cautelare proposta.
DIRITTO
Muove la società ricorrente –che conduce un immobile di proprietà comunale per l’esercizio d’attività di lavorazione del marmo sin dal 1992- dal presupposto che illegittimamente l’ente locale ha disposto lo sgombero da persone e cose dei locali medesimi, nonché la chiusura della relativa attività; ciò in quanto le ragioni assunte dal Comune a base dell’atto impugnato sono in parte non veritiere in fatto (il riferimento attiene ad un regolare contratto di locazione stipulato tra le parti, mentre nell’atto impugnato si assume l’occupazione abusiva dell’immobile), in parte non costituiscono il presupposto dell’adozione immediata di un provvedimento sanzionatorio, bensì impongono all’ente locale l’obbligo di prescrivere opportune cautele per prevenire od impedire il danno, ovvero il pericolo temuto, il riferimento attiene allo stato di pericolo per l’incolumità pubblica nel quale versa l’immobile, mentre la norma specifica (art. 217 T.U. della legge sanitaria n. 1265/34) esige l’adozione di opportune cautele prima di disporre la sanzione dello sgombero dal locale.
Le censure sono fondate.
Da una parte l’atto di locazione stipulato tra parte pubblica e privato (depositato in giudizio) costituisce prova di un regolare stato di conduzione dell’immobile da parte della società istante; dall’altra, secondo legge (art. 217 T.U. 1265/1934) l’ente locale, prima di disporre provvedimento di chiusura e/o di sgombero dei locali, una volta accertato il pericolo per l’incolumità pubblica, deve imporre al privato ogni prescrizione e cautela volta ad eliminare lo stato di danno o di pericolo temuto.
Tale prescrizione, nella specie, è mancata: da qui l’illegittimità dell’atto impugnato.
Alla stregua di quanto precede, assorbita la residua censura, il ricorso va accolto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il tribunale amministrativo regionale per la puglia Sede di Bari Sezione Iii, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Condanna il Comune di Conversano al pagamento, in favore della ricorrente società, delle spese di lite che liquida in € 1000/00 (mille/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 13.04.2006, con l’intervento dei Magistrati:
Amedeo URBANO, Presidente
Pietro MOREA, Componente, Est.
Roberto Maria BUCCHI, Componente
Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 10 maggio 2006