Cassazione civile, Sez. II, 19 luglio 2016, n. 14749

Massima:
Cassazione civile, Sez. II, 19 luglio 2016, n. 14749
SENTENZA
sul ricorso 10305-2011 proposto da:
PIERRI RITA PRRRTI42P65F56RB, PIERRI ALFONZO
PRRLNZ76S08Z401Q, QUALE EREDE LEGITTIMO DI PIERRI
ANTONIO, PIERRI IOLANDA PRRLND45H46L049T, PIERRI ANNA
PRRNNA39B55L049C, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA DARDANELLI 37, presso lo studio dell’avvocato
GIUSEPPE CAMPANELLI, rappresentati e difesi
dall’avvocato BRUNO BUONFRATE;
2016
1039
– ricorrenti. –
contro
BATTISTA DOMENICO BTTDNC47E01E986B, BATTISTA PIETRO
BTTPTR49C19E986Q, BATTISTA MARIA MADDALENA
BTTMMD6OH54E986E, QUALI EREDI DI BATTISTA NICOLA,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DIONIGI 43,
presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PUGLISI,
rappresentati e difesi dall’avvocato MAURIZIO DINOI;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 229/2010 della CORTE D’APPELLOLECCE
SEZ.DIST. DI di TARANTO, depositata il 28/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/05/2016 dal Consigliere Dott. EMILIO
MIGLIUCCI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. – Con atto di citazione del 21 maggio 2003, Pierri Antonio, Pierri
Rita, Pierri Anna e Pierri Jolanda convenivano Battista Nicola dinanzi al
Tribunale di Taranto, onde sentire dichiarare il loro esclusivo diritto
al sepolcro nell’edicola funeraria di famiglia, fondata dal comune dante
causa Pierri Alfonso, con conseguente condanna al rilascio dei loculi
illegittimamente detenuti.
Si costituiva Battista Nicola eccependo che i due loculi, in cui erano
stati tumulati i suoi figli Cosimo e Antonio, erano stati a lui
espressamente concessi da Pierri Alfonso, mediante nulla osta posto in
calce all’istanza presentata nel setteffibre del 1976 al Sindaco di Taranto
e da questi accolta.
Il Tribunale di Taranto, con sentenza depositata il 10 luglio
2006, condannava il Battista al rilascio dei loculi occupati,
qualificando il rapporto intercorso come comodato senza determinazione di
durata ex art. 1810 cod.civ.
2. – Avverso la suddetta sentenza proponeva appello Battista
Nicola. Resistevano i Pierri. Con comparsa del 17 aprile 2007 si
costituivano Battista Domenico, Battista Pietro e Battista Maria
Maddalena, quali eredi di Battista Nicola, nelle more deceduto.
Con sentenza depositata in data 29 ottobre 2010, la Corte d’appello
di Lecce, sezione distaccata di Taranto, accoglieva l’appello e, in
riforma dell’impugnata sentenza, rigettava la domanda proposta da Pierri
Antonio, Pierri Rita; Pierri Anna e Pierri Jolanda, compensando
integralmente le spese del doppio grado di giudizio.
I Giudici ritenevano quanto segue.
Ai sensi dell’art. 93 dpr n. 295 del 1990, è consentita al
fondatore concessionario del manufatto destinato a tomba gentilizia
ovvero alla sepoltura propria e dei propri familiari, il diritto di
fare tumulare anche estranei nella tomba di famiglia, mentre i suoi
discendenti hanno un diritto alla sepoltura che è indisponibile verso
gli estranei; secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di
sepolcro, il concessionario ha un diritto di natura reale che, essendo
disponibile, può essere trasferito a terzi.
Nelle specie, il concessionario dell’edicola funeraria, Alfonso
Pierri, concesse nel settembre 1976 il nulla osta alla tumulazione
nell’ edicola funeraria dei due figli di Nicola Battista: pertanto, era
da escludere che tale diritto fosse fondato su un contratto di comodato
senza determinazione di tempo.
3. – Per la cassazione della sentenza della corte d’appello hanno
proposto impugnazione Pierri Alfonzo, quale erede legittimo di Pierri
Antonio, Pierri Rita, Pierri Anna, e Pierri Iolanda sulla base di due
motivi illustrati da memoria. Battista Domenico, Battista Pietro e
Battista Maria Maddalena hanno resistito con controricorso.
ricarvI DELLA DECISIONE
l. – Va disattesa la eccezione inammissibilità del ricorso sollevata
dai resistenti.
Dalla produzione depositata con il ricorso, deve rilevarsi la
legittimazione attiva di Pierri A1fonzo : dal certificato di morte è
emerso che Pierri Antonio è deceduto il 25-9-1996 e dalla dichiarazione
sostitutiva di atto notorio resa da Alfonzo Pierri questi è risultato
figlio naturale ed erede di Pierri Antonio : tale documentazione non è
stata specificamente contestata dai resistenti che si sono limitati a
denunciare il difetto dello “ius postulandi” sul rilievo (smentito dalla
citata documentazione) che il ricorso era stato proposto da Pierrí
Alfonzo, quale erede legittimo del fu Pierri Antonio, quando Pierri
Antonio era tuttora in vita e che il “de cuius sarebbe Pierri Alfonso,
effettivamente deceduto : come si è detto, Pierri Alfonzo è risultato
persona diversa da da Pierri Alfonso e Pierri Antonio era deceduto.
Qui è appena il caso di ricordare come colui che, assumendo di
essere erede di una delle parti originarie, intervenga in un giudizio
civile pendente tra altre persone, ovvero lo riassuma a seguito di
interruzione, o proponga impugnazione, deve fornire la prova, ai sensi
dell’art. 2697 cod. civ., oltre che del decesso della parte originaria,
anche della sua qualità di erede di quest’ultima; se la
dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui agli artt. 46 e 47
del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, non costituisce di per
sè prova idonea di tale qualità, esaurendo i suoi effetti nell’ambito dei
rapporti con la P.A. e nei relativi procedimenti amministrativi, deve
essere tuttavia valutato, anche ai sensi della nuova formulazione
dell’art. 115 cod. proc. civ., come novellato dall’art. 45, comma 14,
della legge 18 giugno 2009, n. 69, in conformità al principio di non
contestazione, il comportamento in concreto assunto dalla parte nei cui
confronti la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà venga fatta
valere, con riferimento alla verifica della contestazione o meno della
predetta qualità di erede e, nell’ipotesi affermativa, al grado di
specificità di tale contestazione, strettamente correlato e proporzionato
al livello di specificità del contenuto della dichiarazione sostitutiva
suddetta ( S.U. 12065/2014). Nella specie, come si è detto, non sono
state minimanente contestate le risultanze documentali menzionate pure
in calce al ricorso fra i documenti prodotti.
2.1,- Il primo motivo censura la violazione e la falsa applicazione degli
artt. 214 e 216 cod. proc. civ. 2702 e 2703 cod. civ. nonché omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione.
Secondo i ricorrenti, la Corte d’appello avrebbe dovuto rilevare
che gli attori in primo grado, a fronte della produzione in copia
fotostatica del nulla osta alla tumulazione dei figli del convenuto,
avevano disconosciuto in prima udienza tanto la conformità della copia
all’originale quanto la sottoscrizione del de cuius ai sensi ex art. 214
cod. proc. civ. Prodotta all’udienza del 30.01.2004, da parte convenuta,
la copia autentica della suddetta documentazione, gli attori avevano
reiterato l’eccezione di disconoscimento della sottoscrizione. Al
riguardo deducono che la mancata richiesta dì verificazione della
scrittura ne avrebbe determinato, al sensi ex art. 216 cod. proc. civ.,
l’inutilizzabilità in giudizio. I ricorrenti eccepiscono, inoltre, che la
corte avrebbe al contrario ritenuto, aprioristicamente, incontestato il
rilascio nel 1976, da parte del concessionario, del nullaosta alla
tumulazione dei due figli di Battista Nicola nella edicola funeraria da
lui fondata.
2.2. Il motivo è infondato.
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In primo luogo, la contestazione della conformità all’originale di
un documento prodotto in copia ovvero il disconoscimento del documento
non può avvenire con clausole di stile e generiche, quali “impugno e
contesto” ovvero “contesto tutta la documentazione perché inammissibile
ed irrilevante”, ma va operata – a pena di inefficacia – in modo chiaro e
circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che
si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca
dall’originale (Casa. 03/04/2014, n. 7775).
Nel caso di specie i ricorrenti non hanno dimostrato di avere
formulato specifica contestazione della autenticità del documento, si
sono limitati a riportarsi “alle eccezioni già spiegate”, per cui la
contestazione non risulta idonea a integrare gli estremi del
disconoscimento.
Non si ravvisa, inoltre, un vizio di motivazione in ordine alla
generica contestazione fornita dai ricorrenti in relazione al rilascio
del nullaosta alla tumulazione da parte del concessionario.
3.1 – Il secondo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione
delle norme di diritto e omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un punto decisivo della controversia. La Corte di
appello, anche nel caso di ritenuta prova dell’autorizzazione del
concessionario alla tumulazione, avrebbe dovuto rilevare l’illegittimità
della stessa a fronte della normativa in vigore e negare lo “ius
sepulcri” in favore del convenuto, stante la mancanza di vincoli di
sangue col fondatore stesso. La normativa applicabile non sarebbe la
legge n. 1990/65 ma il d.p.r. n. 803/75, vigente all’epoca del nulla
osta, risalente al settembre 1976. In particolare, si osserva che, a
differenza della precedente normativa (r.d. 1880/1942), che espressamente
prevedeva la possibilità di trasferimento del diritto di sepolcro a
titolo oneroso o gratuito a favore di terzi, l’art. 94 d.p.r. n. 803/75
negava tale possibilità. La Corte d’appello, in ogni caso, anche
nell’ipotesi di ritenuta possibilità di cedere a terzi lo “ius sepulcri”
avrebbe comunque errato nel negare la sussistenza di un contratto in
comodato precario, in violazione dell’articolo 1810 cod.civ., a fronte di
una concessione a titolo perpetuo rilasciata dal de cujus, Pierri
Alfonso, per la tumulazione dei due figli di Battista Nicola, non
risultando la stessa subordinata ad alcun limite.
3.2. Il motivo è fondato.
Occorre qui
chiarire che lo “ius sepulchri”, cioè il diritto
alla tumulazione (autonomo e distinto rispetto al diritto reale sul
manufatto funerario o sui materiali che lo compongono), deve presumersi
di carattere non ereditario, ma familiare, in difetto di specifica
diversa volontà del fondatore, e quindi considerarsi sottratto a
possibilità di divisione o trasmissione a terzi non legati “iure
sanguinis” al fondatore medesimo, mentre resta in proposito irrilevante
la eventuale cedibilità prevista nel regolamento o nell’atto di
concessione comunale(Cass. 1789/07). Ed invero, nel sepolcro
ereditario lo “ius sepulchri” si trasmette nei modi ordinari, per atto
“inter vivos” o “mortis causa”, come qualsiasi altro diritto,
dall’originario titolare anche a persone non facenti parte della
famiglia, mentre nel sepolcro gentilizio o familiare – tale dovendosi
presumere il sepolcro, in caso di dubbio – lo “ius sepulchri”
attribuito, in base alla volontà del fondatore , in stretto riferimento
alla cerchia dei familiari destinatari del sepolcro stesso, acquistandosi
dal singolo “iure proprio” sin dalla nascita, per il solo fatto di
trovarsi col fondatore nel rapporto previsto dall’atto di fondazione o
dalle regole consuetudinarie, “iure sanguinis” e non “iure successionis”,
e determinando una particolare forma di comunione fra contitolari,
caratterizzata da intrasmissibilità del diritto, per atto tra vivi o
“mortis causa”, imprescrittibilità e irrinunciabilità. Tale diritto
di sepolcro si trasforma da familiare in ereditario con la morte
dell’ultimo superstite della cerchia dei familiari designati dal
fondatore, rimanendo soggetto, per l’ulteriore trasferimento, alle
ordinarie regole della successione “mortis causa Cass. 7000/12).
Pertanto, nel caso di sepolcro familiare, la titolarita dello jus
sepulcri spetta ai componenti la famiglia del fondatore, legati al
medesimo jure sanguinis, sempre che il fondatore non abbia diversamente
disposto. Infatti, la volontà del fondatore è sovrana, potendo senza
limiti restringere od ampliare la sfera del beneficiari del diritto e
determinare entro quali limiti vada intesa la “famiglia” ai fini della
titolarita di tale diritto. Poichè, come si è detto, la titolarita dello
jus sepulcri in ordine ad una tomba gentilizia, quale diritto primario di
essere seppellito o di collocare le salme in un sepolcro familiare,
determina una comunione indivisibile in virtù del mero rapporto
consanguineo (Cass. 532/1979), il diritto non è più disponibile neppure
da parte del fondatore, una volta costituito con l’atto di fondazione il
diritto a favore del familiari.
Nella specie, la sentenza ha dato erroneamente rilevanza al nulla
osta alla tumulazione nell’edicola funeraria che il concessionariofondatore
aveva dato nel 1976, quando si era già costituita la comunione
da parte dei familiari per cui non sarebbe stato possibile la
costituzione di diritti a favore dei terzi estranei.
La sentenza va cassata in relazione al secondo motivo, con rinvio,
anche per le spese della presente fase, alla Corte di appello di Lecce
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo del ricorso rigetta il primo cassa la
sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le
spese della presente fase, alla Corte di appello di Lecce.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 maggio 2016
Il Cons. estensore Il Presidente

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