Massima
Testo
Norme correlate:
Capo 18 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990
Art 1140 Regio Decreto n. 262/1942
Art 1145 Regio Decreto n. 262/1942
Massima:
Cassazione civile, 20 settembre 1991, n. 9837
Lo ius sepulchri ha natura di diritto reale patrimoniale; ne discende che l’esercizio del potere di fatto, corrispondente al contenuto di tale diritto, concreta “possesso”, ai sensi dell’art. 1140 c.c., ed è quindi tutelabile anche con l’azione di manutenzione.
Testo completo:
Cassazione civile, 20 settembre 1991, n. 9837
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Gaetano CAROTENUTO Presidente
” Vincenzo DI CIÒ Consigliere
” Cesare MAESTRIPIERI ”
” Aldo MARCONI Rel. ”
” Antonio VELLA ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto
da
MACHEDA ANTONINO, residente in Montebello Jonico; elettivamente
domiciliato in Roma Via Sistina, 123 c-o l’avv. Alberto Panuccio che
lo rappresenta e difende per delega a margine;
Ricorrente
contro
ROMEO GIOVANNA in ZAMPAGLIONE, residente in Montebello Jonico (RC),
elettivamente domiciliata in Roma Via Bracciano, 2 c-o l’avv. Olindo
Casanova che la rappresenta e difende insieme all’avv. Salvatore
Familiari per delega a margine del controricorso;
Controricorrente
per l’annullamento della sentenza del Tribunale di Reggio Calabria in
data 4.6-30.9.86;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
25.9.90 del Cons. Marconi;
È comparso l’avv. Alberto Panuccio difensore del ricorrente che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;
È comparso l’avv. Olindo Casanova difensore del resistente che ha
chiesto il rigetto del ricorso;
Sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Fabrizio
Amirante che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO
Definendo con sentenza del 23.10.1981 la causa possessoria proposta da Giovanna Romeo contro Antonino Macheda, il Pretore di Melito Porto Salvo condannò il convenuto a demolire la tomba costruita nel cimitero di Saline Joniche sul breve spazio di un vialetto tre le due tombe dell’attrice.
La decisione venne confermata in appello, e contro la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria, in data 4 giugno-30 settembre 1986, i soccombente Macheda ha proposto due motivi di ricorso per cassazione, contraddetti dal controricorso e dalla memoria ex art. 378 c.p.c. dell’intimata Romeo.
DIRITTO
Nel primo mezzo il ricorrente addebita al Tribunale di aver ritenuto che l’area de qua fosse tutelabile in manutenzione (art. 1170 c.c.) alla stregua dello stato di fatto (“non è contestato” – si legge nella sentenza – che la Romeo “godesse del possesso delle due tombe di famiglia”); poiché “il vialetto cimiteriale” è bene demaniale (art. 823-824 c.c.), rispetto al quale l’azione di manutenzione “è ammissibile entro i limiti segnati dalla concessione del bene privato” (si legge nel ricorso), incombeva alla Romeo provare (art. 2697 c.c.) l’effettiva estensione delle facoltà a lei spettanti in base alla concessione comunale (se esistente); e comunque – aggiunge il ricorrente – egli ebbe a formulare apposite istanze in tal senso ex art. 210 e 213 c.p.c., erroneamente considerate ininfluenti insieme alla dedotta prova testimoniale sulla conformità della sua opera alle “indicazioni e prescrizioni date dal rappresentante del Comune”.
Sennonché difetta il presupposto che dovendo sorreggere la censura, posto che l’impugnata sentenza ha precisato in linea preliminare quanto segue: “contrariamente all’opinione espressa dall’appellante (Macheda), il Pretore non ha inteso affatto tutelare un possesso della Romeo su spazi diversi da quello occupato dalle sue due tombe di famiglia, ma unicamente l’esercizio da parte sua dell’ius sepulchri, inteso come diritto di dare sepoltura e di onorare la memoria dei defunti, che si estrinseca con molteplici azioni, quali il passaggio al sepolcro, l’ornamento dello stesso, la sua manutenzione”. In altri termini non ricorre nella specie l’ipotesi della manutenzione nel possesso di bene demaniale, sostenuta dal ricorrente e rientrante nella previsione dell’ultimo comma dell’art. 1145 c.c., in quanto è noto che lo “jus supulchri” non viene più considerato come parte del suolo cimiteriale ma, in relazione alla sua struttura come delineata dal Tribunale in aderenza ai consolidati principi giurisprudenziali in materia, ha natura di diritto reale patrimoniale con caratteri speciali; talché l’esercizio di un potere di fatto corrispondente al contenuto del cennato diritto concreta possesso ai sensi del primo comma dell’art. 1140 c.c. ed è quindi tutelabile anche con l’azione di manutenzione secondo la disciplina generale. Se ne trae, alla luce di questo chiarimento, che rettamente il Tribunale ha risolto il conflitto assumendo la situazione di fatto esistente al momento della denunciata turbativa.
Né giova al ricorrente addurre, nel connesso terzo motivo, la legittimità del suo operato in quanto “conforme alle prescrizioni e alla concessione assentita” (con riverbero anche sull’animus turbandi), come sarebbe risultato se il Tribunale avesse dato ingresso alle istanze istruttorie. E in realtà l’impugnata sentenza, dicendo che dell’invocata concessione amministrativa a favore del Macheda non era stata “fornita in causa una prova adeguata”, ha sostanzialmente e giustamente disatteso (anche nel merito) l’allegazione difensiva poiché, trattandosi di formale atto amministrativo richiedente “ad substantiam” un titolo documentale, l’interessato avrebbe dovuto produrlo ed eventualmente chiedere (se necessario per stabilirne la concreta portata) un’ulteriore indagine da parte del giudice.
Per analoghe ragioni va rigettato il secondo motivo ancora da esaminare, che non è stato utilmente proposto siccome diretto contro un esauriente e perciò non rivalutabile apprezzamento di merito (“dalla perizia d’ufficio è emerso che il manufatto del Macheda, considerata la sua distanza dai loculi della Romeo, ostacola a costei il possesso dei sepolcri, ed in particolare non consentendo l’inferre mortum, e rendendo più difficile la manutenzione dei loculi ed il passaggio”).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di questo giudizio di cassazione in complessive Lit. 1.059.950= di cui Lit. 1.000.000 per onorari.
Roma, 25 settembre 1990.