Presenza d’acqua in tomba di famiglia

Domanda

Aprendo una tomba per una tumulazione alla presenza dei familiari, gli operatori cimiteriali hanno rilevato notevole presenza di acqua nel vestibolo (1.500 mm. di livello). Nonostante la risoluzione del problema (acqua aspirata con pompa elettrica) e tumulazione portata a termine, i familiari hanno denunciato presunte responsabilità del Comune. Hanno inoltre chiesto, come indennizzo, 6 loculi, cioè lo stesso numero di posti presenti nella tomba di famiglia. Tutto ciò premesso, il Comune chiede un parere in merito alla questione. Domanda, inoltre, se le acque, a contatto con i corpi in decomposizione o con materiali come lo zinco, possano inquinare la falda acquifera della zona.

Risposta

Dall'esposizione dei fatti non è dato apprendere se la tomba di famiglia sia stata costruita:
a) da una famiglia su un'area avuta in concessione dal Comune;
b) dal Comune, prima dell'affidamento del servizio all'ente gestore, per cederla in uso;
c) dall'ente gestore, per cederla in uso.
Inoltre non è chiaro se la tomba sia isolata o in aderenza ad altre, cioè abbia parti in comune con altri manufatti.
Nel caso non sia isolata, può esservi un concorso di cause, dovute anche a soggetti confinanti.
Ciò premesso, da quanto descritto, pare di escludere che l'acqua formatasi possa essere legata a condensa di umidità.
Il livello, prima e dopo gli aggottamenti, fa presupporre un'infiltrazione, con tutta probabilità dalla soletta di base e/o da una o più pareti laterali.
La circostanza può derivare dal non aver costruito la tomba tenendo conto delle variazioni della falda.
In cimiteri con tali situazioni, si prevede un'impermeabilizzazione interna o esterna (con camicia di zinco esterna o con guaina interna o esterna).
All'atto della costruzione o per cause successive, la tomba può non possedere le caratteristiche di impermeabilità ai liquidi ed ai gas prescritte (art. 76 D.P.R. n. 285/1990).
La responsabilità in proposito è quindi:
- nel caso di cui alla lettera a), di chi ha la proprietà della tomba (concessionario dell'area);
- nel caso di cui alla lettera b), Comune;
- nel caso di cui alla lettera c), ente gestore.
Chi ha detta responsabilità può rivalersi, nei tempi di legge, su chi ha progettato la struttura, se il vizio deriva da progettazione errata o imperfetta.
O sull'impresa edile che ha realizzato materialmente l'opera, se il vizio deriva da imperfetta costruzione.
Circa l'uso della tomba, l'Azienda ha provveduto alla tumulazione, ritenendo che l'acqua derivasse da condensa, sbagliando ad effettuarla subito dopo il primo aggottamento.
Gli operatori avrebbero dovuto procedere con l'aggottamento e attendere per valutare se si trattava di infiltrazione o di condensa.
Si doveva collocare il feretro provvisoriamente in camera mortuaria, in attesa dei lavori per garantire l'impermeabilità ai liquidi ed ai gas.
In alternativa il feretro poteva essere tumulato in altro luogo, salvo la successiva traslazione.
Circa la possibilità che vi sia una concausa dovuta all'inefficienza della rete fognaria, pare causa remota, ma non da escludere a priori.
Comunque da valutare in base a confronto comparativo con altre zone cimiteriali o con indagini con pozzo piezometrico per valutare l'escursione della falda.
Infine la questione dell'indennizzo chiesto dalla famiglia.
Se la tomba è stata costruita dal Comune per 6 posti, lo stesso può legittimamente trovare un accordo stragiudiziale, che preveda la disponibilità di 6 loculi.
Se invece la tomba è stata costruita da altri, il Comune non solo non può dare alcunché, ma deve pure inibirne l'uso finché non siano ripristinate le condizioni ex art. 76 D.P.R. 285/90.
Infine, sul possibile inquinamento della falda, per le tombe la normativa garantisce doppiamente: impermeabilità ai liquidi e ai gas della struttura e cassa di zinco saldata a fuoco, aggiuntiva a quella di legno.
Per le sepolture in campo di inumazione, queste si possono fare se il piano di posa del feretro è almeno 50 cm. sopra il franco di massima risalita della falda freatica.
Cosicché le percolazioni sono solo quelle naturali, per la lisciviazione dei composti organici, connessa alla piovosità della zona.
È evidente l'ignoranza della collettività sui fenomeni che procedono alla scheletrizzazione dei cadaveri inumati.
Ma è del tutto ovvio e naturale, oltre che legittimo, che tali processi di trasformazione determinino limitate ricadute nel terreno circostante e nel regime di acque della zona.
Queste ricadute si possono limitare con l'addizione di particolari sostanze nei terreni di inumazione, ma non eliminare completamente, essendo parte del ciclo della natura.