Le ceneri dei morti a Reggio Emilia

Nel cimitero di Coviolo a Reggio Emilia fiorisce una polemica da parte del Presidente della locale So.Crem e il Comune per il modo con il quale vengono forniti i servizi di cremazione. Sull’argomento è recentemente intervenuto l’articolo “Le ceneri dei morti abbandonate sul prato”, pubblicato sul quodiano Il Resto del Carlino, cronaca di Reggio, del 3 settembre 2008:

Si cammina tra le ceneri dei morti. Così, senza nessun segnale, nessuna protezione. E’ una mancanza di ‘pietas’ che colpisce, quella che si trova nel cimitero di via Rosselli a Reggio. Dietro l’edificio che ospita i tre forni per la cremazione (una scelta fatta dal 12 per cento dei reggiani), il prato è intervallato da montagnole di polvere bianca.

“C’è il progetto del Giardino dei Ricordi – spiega Bruno Bertolaso, presidente della Socrem (Società per la Cremazione) di Reggio -, si parla di attrezzarlo con getti d’acqua in un prato verde, il tutto in uno spazio delimitato». Il progetto avrebbe dovuto essere già realizzato, ma del cantiere non si vede traccia. Ora occorre aspettare la pioggia, perchè dilavino le ceneri. Ma il prato è abbandonato a se stesso, non c’è nessun segnale, nessuna indicazione del luogo e del suo significato. Manca anche un semplice cartello che contenga i nomi delle persone di cui sono state disperse le ceneri.

Eppure per questo “non servizio”, il Comune fa pagare 184 euro. Un obbligo, perchè si tratta di rispettare la legge che prevede l’esistenza di un Giardino dei ricordi. Così si paga, ma il Giardino dei ricordi ancora non c’è.

Vista la situazione, non sorprende che solo il 3 per cento (50-60 persone all’anno) scelga ora di disperdere le proprie ceneri in quest’area verde dall’aspetto abbandonato. Peccato perchè, come sottolinea lo stesso Bertolaso, Reggio per molti aspetti è all’avanguardia come strutture e tradizione nel campo della cremazione. L’ex sindaco Antonella Spaggiari aveva dato una spinta decisiva, con un contributo – ancora applicato – che dimezzato la spesa per la cremazione. Molte province si stanno attrezzando solo in questi anni a esaudire una scelta sempre più diffusa.

“L’altro problema – spiega Bertolaso – è la Sala del Commiato. Oggi viene usata come magazzino, con le bare in attesa. Il Comune è sempre stato sensibile, ha raddoppiato l’Ara la scorsa primavera. Manca però l’impianto di condizionamento. E soprattutto manca un semplice rituale che permetta ad amici e parenti di vivere il distacco con una preghiera d’addio, un saluto, una musica o la lettura di una poesia, prima di lasciare che la bara passi nella stanza dei forni. Noi avevamo chiesto di poter gestire come Socrem questo passaggio, ma il Comune non ha accettato la nostra proposta”. Un altro problema riguarda i tempi d’attesa. “In passato si è arrivati a una media di 5, 6 giorni, con punte di 12, prima di poter fare la cremazione. Ma aspettare dieci giorni per una famiglia è una tragedia, questo è un altro grave problema di ‘pietas'”, dice Bertolaso.

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