Lombardia e Veneto: conflitti ed antinomie sul trasporto “a cassa aperta”: procedure a confronto.

Il caso spinoso in esame ha il merito di enucleare il problema “atroce” della relazione complessa e contraddittoria fra norme regionali in materia di polizia mortuaria nel caso di persone decedute che siano traslate fra più Comuni di Regioni diverse dal momento del decesso a quello del seppellimento o cremazione.

Nella fattispecie concreta si è verificato un decesso nella regione Lombardia, ma – ancora nella fase di osservazione – il deceduto è stato traslato in un’abitazione privata di un Comune della regione Veneto senza alcuna autorizzazione sanitaria o amministrativa, assistiamo, allora, ad un trasporto a cassa aperta ma sine titulo, evidentemente tra Comuni contermini, ma siti entro confini regionali diversi. Qui, una volta allertato il servizio di medicina necroscopica è stata accertata la morte e successivamente il defunto è ‘tornato’ nel Comune lombardo a quo di decesso, ove è stato, poi, tumulato.

163151040-f8979b1b-8754-48b4-b540-ccde0ef14e54Il tema su cui incentrare la nostra breve analisi inerisce alla diversa disciplina del trasporto del defunto durante il periodo dell’osservazione che si ha nelle due regioni coinvolte. In Lombardia, l’art. 39, comma 1 del Regolamento Regionale n. 6/2004 dispone che per i trasporti di salma di cui all’articolo 4, comma 4, della Legge Regionale (ovvero in fase di osservazione) il medico curante o comunque appartenente al Servizio sanitario nazionale, compili apposita attestazione, su modello approvato dalla Giunta regionale, denominato allegato 2 alla D.G.R. 20278 del 21 gennaio 2005.

E’ quindi indispensabile, per movimentare la salma l’autorizzazione contenuta in una certificazione ex art. 49 D.P.R. n. 445/2000, non surrogabile da soggetti terzi di un sanitario il quale attesti assicuri che:

a) la salma può essere trasportata senza pregiudizio per la salute pubblica in un determinato luogo preventivamente identificato e ritenuto idoneo per la prosecuzione del periodo di osservazione.
b) si esclude anche il solo sospetto di morte violenta o peggio ancora dovuta a fatto criminoso, altrimenti s’imporrebbe di default l’applicazione dell’art. 365 Cod. Penale, la salma finirebbe sotto procura divenendo ipso facto inamovibile sino al rilascio del nulla osta di cui all’art. 116 D.Lgs n. 271/1989

In Veneto, al contrario, tale trasporto nella fase dell’osservazione è regolato dall’art. 11 L.R. 18/2010, per il quale, durante il periodo di osservazione, di cui all’articolo 10, su semplice richiesta dei familiari o altri aventi titolo (convivenze more uxorio coppie di fatto, unioni civili ai sensi della Legge n. 76/2016) , il cadavere può essere trasferito al domicilio del defunto, alla struttura obitoriale o alla casa funeraria siti anche in Comune diverso, il tutto senza un filtro legittimante di natura medica.

L’impresa funebre che esegue il trasferimento comunica solo tempestivamente all’ufficiale di stato civile e al medico necroscopo la nuova sede ove il cadavere è stato trasferito per l’osservazione: non è quindi richiesta la dichiarazione medica che autorizza il trasporto e questa disposizione così disinvolta può esser foriera di gravi incomprensioni sia con l’autorità sanitaria, sia con la Magistratura.

Ora, le normative regionali di cui sopra rinvengono piena applicazione solo nel caso in cui tutto il procedimento di traslazione della salma dal luogo di decesso fino alla sepoltura avvenga all’interno della medesima Regione. In altri termini, il regime ‘semplificato’ e deregolamentato del trasporto funebre “a cassa aperta”, specialmente nella fase dell’osservazione (ma non solo) che alcune leggi regionali hanno introdotto vale nell’ambito del territorio regionale: fuori di esso, la normativa regionale non può produrre effetti e forse è il più grave limite di una normazione adottata localmente ed in modo disarticolato o comunque molto difforme: se proprio la polizia mortuaria deve avere quest’assetto così scomposto e frammentato sarebbe almeno auspicabile un accordo di reciprocità tra Regioni limitrofe come potenzialmente confermato anche dall’art. 117 penultimo comma Cost.

La disciplina della regione Veneto, quindi, molto più ‘snella’ di quanto non sia quella della Lombardia non avrebbe potuto essere applicata nel territorio di quella Regione.

Poichè una parte del trasporto (dal luogo di decesso al confine regionale) si è svolto in Lombardia, quindi, avrebbe dovuto essere acquisito il modello di cui all’allegato 2 della Regione Lombardia, perchè necessario a garantire la correttezza del trasporto all’interno del perimetro regionale.

Non sarebbe, tuttavia, stato sufficiente: in casi come questi, in cui siano coinvolte più Regioni, a nostro parere si deve seguire il dettato del regolamento nazionale di polizia mortuaria di cui all’art. 17 D.P.R. n.285/1990, per il quale qualsiasi trasporto (eccetto quello necroscopico di cui al paragrafo 5 Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24) deve essere autorizzato dal Comune e qui il D.P.R. n. 285/1990 funge da “esperanto” normativo, cioè come un sistema, un linguaggio giuridico ad andamento “carsico” quand’anche non residuale e di sintesi che interviene quando sussistano rapporti di extra territorialità.

Nel Regolamento nazionale, infatti, non è prevista una distinzione in termini di modalità tra il trasporto eseguito prima o dopo che si sia conclusa la fase dell’osservazione, probabilmente perchè il D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, nella sua “postmaturità” è figlio di un tempo in cui tale traslazione avveniva solo nei casi specifici di cui all’articolo 12 (verso il deposito d’osservazione o l’obitorio) e non vi sono nel regolamento stesso ipotesi di trasporto prive della relativa autorizzazione amministrativa.

Pertanto, il trasporto del defunto dal Comune di decesso al Comune ove sono situate le cappelle mortuarie (case funerarie?) o addirittura l’abitazione privata del de cuius – essendo in altra regione – avrebbe dovuto essere autorizzato dal Comune di decesso, che avrebbe anche potuto acquisire la dichiarazione dell’allegato 2, a ‘copertura’ del tratto compreso nel territorio regionale, ma, invero, questo passaggio parrebbe quasi pleonastico, quando non ultroneo, per l’ovvio principio sancito solennemente anche dalla Legge n. 241/1990 del divieto di appesantimento del procedimento amministrativo per una sua implicita economicità ed efficienza nell’adozione dei provvedimenti.

Considerato il lasso di tempo ormai intercorso, per cui il trasporto in fase di osservazione è già avvenuto, non sembra ipotizzabile che il medico a suo tempo intervenuto possa ora rilasciare, in sanatoria ed ex post, l’autorizzazione necessaria che avrebbe dovuto essere preventiva allo spostamento del deceduto, ma deve essere valutata attentamente l’applicazione del meccanismo di diritto punitivo ora contemplato dall’art. 107 D.P.R. 285/1990 ora dall’art. 77 L.R. Lombardia per il mancato rispetto delle norme interessate dal procedimento. Le sanzioni saranno elevate con modalità e procedure di cui alla Legge n. 689/1981.

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Carlo Ballotta

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5 thoughts on “Lombardia e Veneto: conflitti ed antinomie sul trasporto “a cassa aperta”: procedure a confronto.

  1. X Maria-Antonietta,

    GRAZIE! Non so quale ruolo Lei ricopra nei plessi del Suo Comune Le Leggi Regionali pongono l’Ufficiale di Stato Civile dinanzi a spinosi ed inquietanti interrogativi, anche perchè lo Stato Civile è funzione meramente statale solo demandata per il suo svolgimento ai Comuni.
    Una Legge Regionale non dovrebbe mai insinuarsi nella materia dello Stato Civile (il cui “Vangelo è rappresentato dal D.P.R. n. 396/2000) sottoposta esclusivamente alla potestà legislativa dello Stato Centrale e questo per Costituzione.
    Attribuire nuovi compiti all’Ufficiale di Stato Civile con norma regionale è, quindi (o meglio SAREBBE!) altamente illegittimo, ma se non interviene la Consulta con una sua pronuncia storica a porre freno al proliferare incontrollato di queste leggi e leggine, spesso redatte con la maldestra tecnica del Copia-Incolla, assisteremo entro breve tempo alla completa disgregazione del nostro sistema funerario che ha goduto sempre (dall’Editto napoleonico di SAINT CLOUD in poi) di una certa lineare continuità spazio-temporale.
    Colpevolmente il Parlamento è silente ed i Consigli REgionali sono troppo permeabili alle single issues di particolari gruppi di pressione (leggasi lobbies legate al mando dell’imprenditoria funebre privata) i quali nell’inerzia dei pubblici poteri deputati ad assumere le decisioni politiche (quelle vere e di ampio respiro!) pretendono di cucirsi addosso legislazioni ad hoc…e se ne vantano pure in pubblico!
    Segnalo come un’analoga Legge Regionale (quella Veneta) nella pretesa di assorbire le autorizzazioni al trasporto in quelle per sepoltura o cremazione abbia prodotto, nelle autorità locali una parziale sconfessione/retromarcia, in cui l’assessorato competente, con notevole arrampicata sugli specchi, propone una lettura della disposizione oggetto del contendere in ottica logico sistemica con la disciplina nazionale di riferimento obbligato (Capo IV D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285). Orbene in forza di quest’interpretazione si otterrebbe una reviviscenza degli artt. 23 e segg. D.P.R. n. 285/1990, fonte regolamentare dalla quale il Veneto, in nome di una mal congeniata autonomia, vorrebbe addirittura prescindere.
    Piccola provocazione (giusto per ridere!) Le Legge Regionali scontano il limite invalicabile della competenza geografica, cioè valgono solo ed esclusivamente entro i confini della Regione che le ha promulgate. E quando dovessero sussistere rapporti di extra territorialità ad esempio con un trasporto funebre che, per tragitto e destinazione coinvolga più Regioni?
    La risposta è semplice se non v’è accordo di reciprocità almeno tra Regioni Limitrofe si applica unicamente il regolamento nazionale di polizia mortuaria, il quale anche se un po’ –invero – vetusto è pienamente in vigore. Questa teoria del doppio binario, in nome di una sballatissimo federalismo all’italiana è assai perniciosa e foriera di guai ermeneutici. Lei non trova?

    1. Gent.mo Carlo,
      la sua analisi è lucidamente ed impietosamente realistica.
      Io trovo che la disgregazione del sistema funerario non sia degna di uno Stato di diritto che dovrebbe basarsi innanzitutto principio di legalità. Ormai però, questo principio cede sempre più il passo ad interpretazioni “a sentimento” della legge ed alla polverizzazione dello Stato di diritto sotto la spinta di interessi particolaristici delle lobbies di turno (o a volte della semplice ignoranza). Conseguenza di ciò è che noi “operatori” che siamo tenuti all’applicazione delle leggi, non sappiamo più che pesci prendere ed i cittadini sono esposti ad ogni forma di discrezionalità ed arbitrio. Il medioevo è alle porte e questo, per il diritto e per il genere femminile (al quale mi pregio di appartenere) non è una bella notizia…

  2. X Maria-Antonietta (Che, ormai, è una fans sfegatata di questo blog)

    La convulsa stagione delle Leggi Regionali ha lentamente scardinato anche i principi base dell’Ordinamento Nazionale di Polizia Mortuaria (R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 e D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285). La Legge Regionale Sarda mutua molti suoi istituti (anche piuttosto controversi) dalla Legge Regionale Veneto n. 18/2010, tar cui, appunto si annoverano le autorizzazioni al trasporto assorbite dal titolo di sepoltura, in questo discostandosi molto dal Capo IV D.P.R. n. 285/1990, il quale prevedrebbe pur sempre un’autorizzazione amministrativa rilasciata dal Comune.
    Una norma di Legge approvata e promulgata è tale (cogente, obbligatoria e valida erga omnes) sino a quando, una volta impugnata secondo Costituzione,, non venga dichiarata illegittima dalla Consulta, e quindi espunta dall’Ordinamento Giuridico. Il nuovo regime del trasporti funebri in Sardegna purtroppo è questo e va rispettato.
    Si segnala come l’autorizzazione alla tumulazione/inumazione di cui all’art. 74 D.P.R. n. 396/2000, attenendo alla materia dello Stato Civile afferisca ai servizi di cui all’art. 14 D.LGs n. 267/2000, mentre l’autorizzazione al trasporto rientrerebbe tra quelli enumerati dall’art. 13 D.Lgs n.267/2000. Cambiano quindi le competenze e le rispettive sfere d’intervento, nella ripartizione dei poteri e delle potestà tra Stato e Regioni.
    Per questa ed altre ragioni che, qui, sarebbe ozioso enunciare, la “lunare” Legge Regionale Calabrese è stata oggetto di impugnativa da parte del Governo avanti la Corte Costituzionale, consiglio vivamente di continuare ad applicare il dettato della Legge Regionale Sarda – per ora – così per come essa è, e di rimanere alla finestra, magari fischiettando “Albachiara”, celeberrima hit vasscorossiana, in attesa di possibili sviluppi chirificatori, quando la Consulta deciderà di pronunciarsi sul caso calabrese, poichè ci potrebbero essere forti ripercussioni in tutta la normativa funeraria locale.

    1. E’ vero, sono una vostra fan sfegatata perchè siete tempestivi ed estremamente professionali e preparati. Grazie mille per la risposta, che accolgo senza riserve. Credo che ci risentiremo presto…

  3. Buongiorno, la Legge Regionale Sardegna 2 AGOSTO 2018, N. 32, all’art.Art. 23 prevede:
    Autorizzazione al trasporto funebre
    1. Il trasporto funebre è autorizzato dal comune nel quale è avvenuto il decesso.
    2. L’autorizzazione all’inumazione, alla tumulazione o alla cremazione, rilasciata dall’ufficiale dello stato civile, vale anche come autorizzazione al trasporto.
    3. Quando la sepoltura o la cremazione avviene in ambito regionale in un comune diverso da quello che ha rilasciato l’autorizzazione, l’impresa che esegue il trasporto avvisa il comune di destinazione.
    L’art. 339 del T.U.LL.SS. 1265/1934 prevede che i trasporti di cadavere da comune a comune siano soggetti ad autorizzazione (del Sindaco).
    Che fare? Si osserva la Legge Regionale, anche se in palese contrasto con la normativa nazionale oppure si applica la Legge Regionale solo nell’ambito del Comune di decesso?
    Grazie

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