Si tratta di:
Lombardia (per effetto del comma 2 dell’art. 7 della L.R. 18 novembre 2003, n. 22 e con le modalità di cui all’art. 13 del regolamento regionale 9 novembre 2004, n. 6).
Emilia Romagna (Art. 11 L.R. 29 Luglio 2004 n. 19)
Toscana (L.R.31 maggio 2004 n. 29)
Marche (Art. 6 L.R. 1 febbraio 2005 n. 3)
Lazio (Artt. 162 e 192 L.R. 28 aprile 2006 n. 4)
Val d’Aosta (L.R.23 dicembre 2004 n. 37)
Umbria (L.R. 21 luglio 2004 n. 12)
Campania (L.R. 9 ottobre 2006 n. 20)
Liguria (L.R. 4 luglio 2007 n. 4)
Piemonte (L.R. 31 ottobre 2007, n.20)
Friuli Venezia Giulia (L.R. 30 settembre 2008, n.4)
Puglia (L.R. 15 dicembre 2008, n.34)
Basilicata (L.R. 28 aprile 2008, n.14)
L.R. 28 aprile 2009, n. 14 Regolamentazione per la cremazione dei defunti, affidamento, conservazione e dispersiome
Liguria L.R. 11 marzo 2008, n. 4 – Modifiche alla legge regionale 4 luglio 2007 n. 24 (Disposizioni in materia di cremazione, affidamento e dispersione delle ceneri)
Liguria R.R. 11 marzo 2008 n. 1 Regolamento cremazione dispersione affidamento ceneri
Liguria L.R. 06 agosto 2009, n. 34 modifiche LR 2007-24 Disposizioni in materia di cremazione, affidamento e dispersione delle ceneri
Veneto DGR. n. 1909 del 27.07.2010: Legge Regionale 4 marzo 2010 n.18 – Norme in materia funeraria.
Toscana L.R. 12 novembre 2013, n. 66 – Affidamento, conservazione e dispersione delle ceneri derivanti dalla cremazione dei defunti. Modifiche alla l.r. 29/2004.
Trentino Bolzano Decreto del Presidente della Giunta Provinciale Bolzano del 17 dicembre 2012, n.46 Regolamento di esecuzione della legge provinciale in materia cimiteriale e di cremazione del 19/01/2012, n.1
Trentino Bolzano L.P. 19 gennaio 2012, n.1 Disposizioni in materia cimiteriale e di cremazione
X Sandro,
La Legge Regionale Toscana n.18/2007 così come modificata dalla più recente Legge Regionale n.31/2009 ha introdotto la distinzione semantica e funzionale tra salma/cadavere (e relativi trasporti), prevedendo, anche, che il primo (trasporto di salma) possa avvenire con destinazione in strutture per il commiato, ma tale Legislazione Regionale non regola né delinea in modo univoco queste strutture per il commiato, con questa conseguenza perniciosa: dette sale, in Toscana non possono che essere finalizzate allo svolgimento di ?riti? in presenza di solo feretro (cioè quando pervenga la bara chiusa dal luogo di partenza del trasporto funebre), mentre le prestazioni di vestizione e di eventuali trattamenti di tantatocosmesi debbono necessariamente avvenire nei luoghi istituzionalmente preposti in cui si trovi il cadavere per l’osservazione, e dove debba provvedersi alla chiusura della bara, una volta completato il suddetto periodo d’osservazione ex Art. 30 DPR n.285/1990.
L’ ?assenza di una definizione precisa, con legge regionale, delle strutture del commiato rende particolarmente difficile il trasporto di salma, altrimenti già pienamente autorizzabile, in quanto questo istituto è già operativo.
In altre parole, la vestizione e la sigillatura della bara possono aversi in luogo diverso dai servizi mortuari delle strutture sanitarie o dai depositi di osservazione di cui all’?art. 12 (e 13) D.P.R. 285/90 (fatto salvo il decesso presso un’abitazione privata) solo se vi sia stato un previo trasporto di salma.
Quando la salma diventa cadavere, ogni successivo trasporto è soggetto alle comuni quanto note norme del D.P.R. 285/90 e non può che avvenire se non a cassa chiusa e confezionata in rapporto alla tipologia del trasporto e della forma di sepoltura prescelta (ragion per cui, a questo punto, la vestizione deve, per forza, già esser avvenuta), così, a questo punto, l?’ esposizione riguarderebbe unicamente il solo feretro e non già il defunto mostrato a “cassa aperta”. Si rammenta come, in difetto di apposita norma regionale, l’unica disposizione nazionale applicabile per la “casa funeraria” essendo quest’ultima, poi, assimilabile, in tutto e per tutto, al servizio mortuario sanitario (=camera ardente ospedaliera) di nosocomi e case di cura private accreditate, sia quella di cui al DPR 14 gennaio 2007.
Salve, vorrei sapere da qualcuno se esiste una normativa nella regione Toscana sulle caratteristiche e requisiti di costruzione di una sala addebita alla veglia funebre di salma o cadavere io trovo solo il vecchio regolamento di polizia mortuaria DPR285/90 che fa riferimento all obitori
Cosa ben diversa. Grazie
X Gustavo,
per la scarsa e lacunosa normativa nazionale in materia di impresa funebre, questo soggetto economico per poter operare deve esser congiuntamente in possesso di:
1) autorizzazione al commercio (una volta tabella merceologica XIV ; C.7 prodotti vari, articoli funebri) oggi liberalizzata dopo cosiddetto Decreto Bersani I e decreti Governo Monti (ora basta la SCIA)
2) licenza di Pubblica Sicurezza (art. 115 T.U. leggi di P.S.) il cui rilascio, oggi, è di competenza non più della Questura, bensì del comune, almeno dopo il D.LGS n. 112/1998.
Questi sono i due titoli strettamente necessari, almeno su tutto il territorio italiano.
E se una regione non ha deliberato…come si muove per avviare una nuova attività??
X Maurizio,
Nella fattispecie in esame si applica L’art. 162, 3 L.R. (Lazio) 28/4/2006, n. 4
Essendo infruttuosamente decorsi i termini perchè il Governo impugasse la Legge Regionale di cui sopra quest’ultima è da intendersi valida, perfetta, efficace, e quindi, produttiva di tutti i suoi effetti giuridici.
Non mi risulta che l’attività dello Stato Civile (DPR n. 396/2000) e, a questo punto, incidentalmente, Legge n. 130/2001, laddove implementata da apposita norma regionale, dipenda dal regolamento comunale di polizia mortuaria, utile, semmai, per la disciplina di dettaglio su procedure e modalità di dispersione delle ceneri, fatta salva la potestà regolamentativa comunale, negli ambiti di sua spettanza individuati dalla Legge, ex Art. 117 comma 6 III Periodo Cost. per il principio di cedevolezza è il regolamento comunale a doversi adeguare (o soccombere??) dinnanzi alla normativa regionale, viviamo, infatti, ormai in un ordinamento plurilegislativo, con vari livelli di governo tra loro correlati in modo paratattico, poi, è verissimo, la mancanza di gerarchia alle volte induce a risultati perversi ed aberranti, ma questo ragionamento impossibile da sviluppare in relazione al quesito posto, rischierebbe di indurci a qualche lunga considerazione sul federalismo “sballato” all’italiana introdotto con la Legge di Revisione Costituzionale n. 3/2001.
L’eventuale rifiuto dell’Ufficiale di Stato Civile ad accordare l’autorizzazione alla dispersione deve pur sempre esser corredato da adeguata motivazione, indicando contestualmente l’Autorità cui presentare ricorso, così almeno recita l’Art. 3 comma 4 della Legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo, un diniego così vago, generale ed elusivo non sarebbe, pertanto ammissibile.
Solo laddove vi siano domande di dispersione di ceneri basate sulla espressione della volontà del de cuius riportata oralmente a familiari e da tutti questi ultimi manifestata al posto del de cuius, l’Ufficiale di stato civile potrebbe sospendere il rilascio della autorizzazione alla dispersione in attesa che sentenza passata in giudicato determini eventualmente le condizioni per darvi luogo.
In alcune regioni, come anche in Lazio, sono state adottate leggi regionali che tentano (se, poi, vi riescano e’ altro conto) di dare attuazione alla L. 30/3/2001, n. 130), leggi che sono pur sempre tali (anche se se ne ravvisino o possano rilevare palesi vizi di in costituzionalità, aspetto di legittimità che l’autorità amministrativa non puo’ eccepire fino a che non intervenga una pronuncia della Corte Costituzionale.
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Se ne ricava che, lasciando da parte ogni valutazione se una o l’atra norma (di legge, non di regolamento!) regionale abbia o meno raggiunto il risultato di dare effettiva attuazione alla L. 130/2001, le singole leggi regionali vanno osservate, da parte dell’autorità amministrativa.
Ritendo si possa procedere al perfezionamento della richiesta autorizzazione alla dispersione,, nelle more dell’adeguamento del regolamento comunale , adottando apposito atto di indirizzo politico-amministrativo, che appare idoneo a disciplinare l’istituto con i caratteri di generalità ed astrattezza propri della fonte regolamentare.
Mio suocero è deceduto in abruzzo e, secondo la sua volontà, è stato cremato e le sue ceneri dovrebbero essere disperse nel terreno di perrtinenza della mia abitazione nel lazio. Si tratta di un luogo privato al di fuori di centri abitati.
L’ufficiale di stato civile del comune coinvolto però, nonostante la legge regionale in lazio consenta la dispersione delle ceneri, si rifiuta di rilasciare l’autorizzazione perchè dice che si tratta di una pratica non prevista dall’attuale regolamento comunale.
Questo suo rifiuto è lecito o prevalono le norme nazionali e regionali? Quali ragioni posso eventualmente portare per ottenere l’autorizzazione?
Gentile Fabio,
nell’increscioso fatto da Lei descritto rilevo notevoli violazioni procedurali, passibili di sanzione amministrativa e persino con qualche riflesso di natura penale.
In Veneto l’istituto della cremazione con i suoi logici corollari di affido e dispersione delle ceneri è disciplinato dalla Sezione V della Legge Regionale n.18/2010 la quale, poi, rinvia ai principi dettati dalla Legge Statale n.130/2001, demandando ai comuni la regolamentazione di dettaglio, attraverso apposito regolamento municipale di polizia mortuaria.
La manifestazione di volontà a seguito di cui dar luogo a cremazione può avvenire anche tranquillamente su impulso dei famigliari aventi diritto a pronuncarsi e con le modalità (atto sostitutivo di notorietà ex DPR n.445/2000) fissate dalla Circolare Ministeriale Interni 1 settembre 2004 n. 37, ma tutta la dottrina e la normativa regionale (Emilia Romagna esclusa) per la dispersione in natura propende per una dichiarazione di volontà del solo de cuius (la electio sepulchri, in questo caso così estremo, è infatti, di sola eleggibilità da parte della persona interessata, quand’essa, ovviamente sia ancora in vita) e per altro RAFFORZATA attraverso la forma scritta, proprio perchè con la dispersione, che è pratica irreversibile e confliggente con il concetto stesso di Jus SEpulchri, si sconfina in ambito penale ex Art. 411 comma 1 C.P. come novellato dalla stessa Legge n. 130/2001.
Quindi: la dispersione è autorizzata dall’Ufficiale di Stato Civile, il quale sì autorizza, ma solo sulla base dell’inequivoca volontà, per il proprio post mortem, del de cuius.
Ora, mentre sotto il profilo civilistico falsificare un testamento comporta l’indegnità morale a succedere (si è, così, estromessi, ope legis, dalla successione mortis causa) questa operazione presenta anche dei risvolti penali ai sensi dell’Art. 485 C. P.
Ad ogni modo la dispersione delle ceneri in natura, cioè all’aperto e fuori del cimitero, ex Legge n.130/2001 (queste previsioni sono già, di per sè, minimali e, dunque, non ulteriormente comprimibili) implica questi limiti operativi:
1) deve avvenire fuori del centro abitato così come definito dall’Art. 3, comma 1, numero 8), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 “Nuovo codice della strada”.
2) Non può dar origine ad alcun fine di lucro (la gratuità è d’obbligoper ovvie implicazioni di ordine morale e filosofico/religioso
3) Avviene solo nel rispetto della volontà del de cuius
4) Se attuata in mare, nei laghi e nei fiumi è consentita nei tratti liberi da natanti e da manufatti;
La Legge n.130/2001 sotto l’aspetto del diritto punitivo è norma minus quam perfecta perchè per la trasgressione ai suoi disposti non prevede esplicite sanzioni, se non quella più grave di cui all’Art. 411 C.P.
Le sanzioni, allora, in via residuale, saranno quelle di cui
1) ai regolamenti comunali di polizia mortuaria ex Art. 16 Legge n. 3/2003
2) all’Art. 107 del Regolamento Nazionale di polizia mortuaria, in quale opera un rinvio all’Art. 358 comma 1 DEl REgio DEcreto n.1265/1934
3) all’Art. 53 della Legge REgionale Veneto n.18/2010.
Esse saranno elevate secondo le procedure della Legge Statale n. 689/2981, indicando nella notifica anche l’Autorità cui presentare il possibile ricorso.
salve,mi sono incuriosito a questo argomento proprio in questi giorni,visto che, a seguito della dipartita della nonna,mi sono trovato ad assistere allo spargimento delle ceneri nel giardino antistante al mio laboratorio.(preciso che il tutto è avvenuto in maniera molto privo di rispetto per la persona in cenere,o meglio,sembrava stessero vuotando un sacchetto del caminetto e a calci è stata dipersa la cenere)
sono a chiedere un parere a questo gesto,preciso che nelle immediate vicinanaze ci sono gruppi di case ,ed i vicini ,non erano favorevoli a questo gesto. inoltre a quanto mi ricordo,la nonna non voleva essere sepolta a terra,e nemmeno cremata,.. a seguito della breve malattia che ha portato alla morte la nonna,sono magicamente spuntati i voleri della persona in questione ,ma senza alcuna dichiarazione scritta di proprio pugno.
inoltre io ritengo che non sia un luogo idoneo il luogo scelto dai fratelli del mio babbo per lo spargimento delle ceneri,giusto a 5 mt dall ingresso del mio stabile,e nemmeno a 3 dalle recinzioni dei confini dei vicini dove giocano bambini etc etc.
si parla della regione Veneto provincia Rovigo se ci fossero degli articoli di legge da poter impugnare nel caso di……
sarei lieto e grato di avere qualche delucidazione in merito.
grazie anticipatamente F.
X Nello,
Non è chiaro se la formulazione della Legge Regionale del Lazio 28 aprile 2006, n. 4 all’Art. 162 comma 2 si riferisca separatamente ai due istituti di affido familiare e dispersione o li accomuni nel procedimento di manifestazione della volontà e relativa autorizzazione.
La questione è effettivamente controversa: con la dispersione delle ceneri si può incorrere in violazione del Codice Penale ed è per questo che si opta per una espressione del de cuius rafforzata. In dottrina, infatti, si ritiene che la dispersione sia di unica eleggibilità da parte del de cuius, quando questi, ovviamente sia ancora in vita
Si potrebbe optare per individuare l’espressa volontà del de cuius sia: – attraverso la forma scritta di chi la esprime (allora si ha il testamento nelle sue varie forme); – oppure anche attraverso la forma scritta di chi (avente titolo e in caso di contemporaneità dei pari grado tutti) riporta la volontà espressa inequivocabilmente dal de cuius, ricordando come il DPR n.445/2000 punisca le dichiarazioni mendaci.
Anche la Regione Emilia Romagna con la DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 13 ottobre 2008, n. 1622 aderisce all’interpretazione piuttosto estensiva ed aperturista in termini di dispersione delle ceneri che sembra, ad una prima lettura del testo normativo, esser stata adottata dalla Regione Lazio.
Secondo la Regione Emilia Romagna la volontà di dispersione può essere espressa sia nella forma testamentaria che in altra forma scritta ma olografa o ancora manifestata dal coniuge o in assenza dal parente più prossimo, individuato secondo gli artt. 74, 75, 76 e 77 del codice civile e nel caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, da tutti gli stessi, con atto debitamente autenticato da un pubblico ufficiale.?In realtà occorrerà conformarsi a quanto regolato in sede regionale e/o comunale, finché non intervenga norma nazionale unificante.
Opinione mia personalissima, senza pretesa alcuna di infallibilità: molte leggi regionali scontano pesanti limiti di incostituzionalità, ma in questi anni il governo (di qualunque colore politico esso fosse) non le ha impugnate dinnanzi alla Consulta, anzi “fregandosene” altamente del progressivo sfaldamento e smantellamento dell’Ordinamento Nazionale di Polizia Mortuaria: è questo il perverso portato del federalismo sballato all’italiana.
La legge 130/2001, all’articolo 2 depenalizza la dispersione delle ceneri “sulla base di espressa volontà del defunto”, mentre la Legge della Regione LAZIO del 28/4/2006 n.4, all’art. 162, comma 2, prevede che l’autorizazione alla dispersione delle ceneri viene rilasciata “con particolare riferimento alla manifestazione di volontà espressa del defunto o dei suoi familiari”. Secondo il mio parere, mi sembra che le due norme siano in palese contrasto. Nello specifico, una legge regionale non può derogare ad una nazionale, pur avendo, quest’ultima, previsto una competenza in un ambito particolare sulla quale le regioni possono emettere un regolamento. Credo che la “volontà espressa del defunto”, e non dei suoi familiari, debba essere sempre prevista anche nella Regione Lazio. Chiedo pareri urgenti in merito. Grazie
@ Angelo
In effetti il DPR n.285/1990 nulla dice in merito agli atti di disposizione su salme, cadaveri, resti mortali ossa o ceneri, allora in via analogica si applica l’Art. 79 comma 2 DPR n.285/1990 il quale non riguarda solo la cremazione, ma qualsiasi operazione cimiteriale richiesta dai congiunti del de cuius (per quelle istituzionali, come accade per l’esumazione ordinaria invece, non è richiesto nè necessario alcun consenso degli aventi titolo.
L’Art. 79 comma 2 DPR n.285/1990 enuncia il principio di poziorità (= potere + priorità) per stabilire chi debba o possa decidere sulla destinazione di un defunto. Prevale il coniuge superstite, c’è giurisprudenza costante in materia e l’Art. 79 comma 2 altro non è se non il portato, condensato in norma positiva, di un’elaborazione giurisprudenziale.
Tra aventi diritto di pari grado (esempio: tutti i figli) occorre sempre l’unanimità, non vale il criterio della maggioranza, trattandosi di diritti personalissimi.
Il corpo di mio padre sepolto in una cappella privata da quasi 50 anni, ed ora occorre trasferirlo in altra sede. Due miei fratelli desiderano operare la riduzione dei resti in cassetta ossea, mentre io preferisco traslarlo per intero in un loculo, a mie spese. Chiedo se mi posso validamente oppormi all’operazione voluta dai miei parenti oppure loro possono imporre la loro decisione a maggioranza (due contro uno).
Si premette che la normativa specifica nei casi evidenziati è stabilita dalla locale USL e, laddove intervenga, dalla Regione con apposite direttive di indirizzo.
Per la legge italiana (Art. 32 DPR n.285/1990) anche i cadaveri (e quindi i feti ed i prodotti abortivi ad essi assimilabili di cui all’Art. 7 DPR n.285/1990 e le parti anatomiche riconoscibili di cui al DPR n.254/2003) sottoposti a trattamento antiputrefattivo possono esser inumati, salvo, per particolari casi (gli infetti) in cui l’AUSL vieti l’interro.
Per la siringazione con formalina di feti e prodotti abortivi occorre seguire le stesse prescrizioni previste per le salme. Per il trattamento antiputrefattivo si ritiene debba essere ridotta opportunamente la quantità di formalina F.U. in quanto la quantità di 500 c.c. è calcolata sul cadavere di adulto.
Ai sensi dell’art. 3, comma 4 D.M. 1° luglio 2002, si può sostenere che le modalità di cui all’art. 7 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 possano essere ritenute vigenti per quanto riguarda la competenza soggettiva alle autorizzazioni, attribuita all’A.S.L. anche in caso di cremazione di feti e prodotti abortivi.
Sì, feti e prodotti abortivi possono esser cremati ai sensi del D.M. 1 luglio 2002 adottato in attuazione dell’Art. 5 comma 2 Legge 30 marzo 2001 n. 130.
Si precisa infine che in tutti i casi in cui non vi sia permesso di seppellimento individuale, ma cumulativo si segue la procedura stabilita per parti anatomiche riconoscibili, quindi sepoltura ( in forma indistinta nel cimitero) o cremazione.
I prodotti abortivi (20-28 settimane) conservati sotto formalina possono essere cremati? Dato che non si possono nemmeno mettere in terra, per la dispersione nel terreno di sostanze tossiche, come bisogna comportarsi?
Grazie
Regione Toscana, prov di Firenze
Ci sono novità in merito alla possibilità di costruire forni crematori fuori da un cimitero ?
Regione Lombardia, prov. di Varese o Milano
Grazie
maurizio.carretta@yahoo.it
No. Nulla di nuovo. I crematori in Lombardia e in tutta Italia si costruiscono solo dentro i cimiteri e in ogni caso da parte di un Comune, che può anche farli costruire e gestire da privati (in concesisone o con project financing)