Tar Puglia, Sez. III, 13 agosto 2015, n. 2618

Testo completo:
Tar Puglia, Sez. III, 13 agosto 2015, n. 2618

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce – Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 992 del 2008, proposto da:
Lacatena Lorenzo, rappresentato e difeso dall’avv.to Bruno Decorato, con domicilio eletto presso l’avv. Carlo Fumarola in Lecce, Via Principi di Savoia, 67;
contro
Comune di Massafra, n.c.;
nei confronti di
Bello Eugenio, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Misserini, con domicilio eletto presso l’avv. Agnese Caprioli in Lecce, Via Luigi Scarambone, 56;
per l’annullamento
– dell’ordinanza n. 34 in data 11 marzo 2008, protocollata in pari data con il n. 09208, adottata dal Dirigente del Settore Ecologia ed Ambiente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Massafra e notificata il successivo 28 marzo 2008;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente a quello impugnato, anche se non conosciuto;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del sig. Bello Eugenio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 maggio 2015 la dott.ssa Maria Luisa Rotondano e uditi per le parti gli avv.ti B. Decorato e G. Misserini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ordinanza n. 6 del 24 gennaio 2008, a seguito della relativa istanza prot. n. 2115 in data 21 gennaio 2008 formulata dall’odierno ricorrente sig. Lacatena Lorenzo (volta ad ottenere la diffida al sig. Bello Eugenio – acquirente, in virtù di scrittura privata autenticata del 19 gennaio 1996, dei diritti sulla cappella gentilizia, costruita su di un lotto di suolo cimiteriale in Massafra, dal cedente/concessionario del predetto suolo, sig. Lacatena Orazio, in seguito deceduto, padre del sig. Lacatena Lorenzo – a non ostacolare la tumulazione dei resti mortali di propri congiunti), il Dirigente dell’Ufficio Ecologia ed Ambiente del Comune di Massafra ha ordinato al sig. Bello Eugenio di “astenersi da qualsiasi atto ed azione impeditiva inerente la tumulazione dei resti mortali dei sigg.ri Lacatena Orazio (concessionario), Angiulli Natalina (moglie) e Lacatena Mario (figlio) …., nella cappella gentilizia realizzata nel Cimitero del Comune di Massafra dal sig. Lacatena Orazio, titolare di concessione in virtù degli artt. 89 e 95 del Regolamento di Polizia Mortuaria di questo Ente”.
Con successiva ordinanza n. 34 in data 11 marzo 2008, prot. n. 09208, a seguito di “ricorso in autotutela” presentato dal sig. Bello Eugenio (con cui quest’ultimo evidenziava che la predetta ordinanza n. 6 del 24 gennaio 2008 era stata adottata “ignorando la sentenza n. 1200/2007 emessa il 05/06/2007 e depositata il 05/09/2007” dal Tribunale di Taranto nel giudizio promosso dal sig. Lacatena Lorenzo nei confronti del sig. Bello Eugenio e del Comune di Massafra , con la quale venivano rigettate “le domande di parte attrice” – e sollecitava l’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Ente civico), lo stesso Dirigente ha “revocato” la predetta ordinanza n. 6/2008, motivando tale determinazione sulla base della sentenza del Tribunale di Lecce – Sezione Distaccata di Taranto n. 1200/2007, emessa il 5 giugno 2007 e depositata il 5 settembre 2007 (sulla quale si veda infra, in particolare, il punto n. 1 della parte “Diritto”).
Avverso tale determinazione è insorto, con il ricorso in esame, il sig. Lacatena Lorenzo, figlio del defunto concessionario sig. Lacatena Orazio.
A sostegno dell’impugnazione interposta, sinteticamente, ha dedotto:
1) violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 21 quinquies della L. n. 241/1990, eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza di istruttoria;
2) violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della L. n. 241/1990, eccesso di potere per carente istruttoria ed erronea presupposizione;
3) violazione dei principi generali in materia di esercizio del potere di autotutela della P.A., eccesso di potere per erroneità dei presupposti, carenza di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità, perplessità dell’azione amministrativa, ingiustizia grave e manifesta, violazione e falsa applicazione dell’art. 92 del D.P.R. 285/1990 e degli artt. 89 e 95 del Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Massafra.
Non si è costituito in giudizio il Comune di Massafra.
Si è costituito in giudizio il controinteressato, sig. Bello Eugenio, chiedendo la reiezione del gravame.
Con sentenza n. 548/2012 del 22 giugno/ 22 ottobre 2012 la Corte di Appello territoriale, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal sig. Lacatena Lorenzo nei confronti del sig. Bello Eugenio e del Comune di Massafra, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha riconosciuto il diritto del sig. Lacatena Lorenzo e dei propri congiunti alla sepoltura. Tale sentenza è passata in giudicato, come risulta dalla certificazione della competente Cancelleria civile.
A seguito della predetta pronuncia di appello, il Comune di Massafra non ha assunto alcun ulteriore consequenziale provvedimento (come risultante dalle istruttorie disposte).
Con nota depositata il 14 aprile 2015, il ricorrente ha fatto presente di avere inviato, in data 21 marzo 2015, al Sindaco ed al Dirigente del Settore Ecologia ed Ambiente del Comune di Massafra raccomandata a.r., ricevuta dai destinatari in data 24 marzo 2015, con la quale ha invitato e diffidato le Autorità in indirizzo “a voler provvedere con la massima urgenza ad adottare in sede di autotutela un provvedimento di annullamento o revoca dell’ordinanza n. 34 dell’11.3.2008…..e comunque il provvedimento più appropriato a seguito della intervenuta sentenza della Corte di Appello di Lecce – Sezione Distaccata di Taranto n. 548/2012, oramai passata in giudicato”.
All’udienza pubblica del 27 maggio 2015, su richiesta delle parti, la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
0. – Il ricorso è infondato.
Per ragioni di ordine logico devono essere preliminarmente esaminati i vizi “sostanziali” dedotti (primo e terzo motivo di ricorso).
1. E’ necessario innanzitutto precisare che il provvedimento impugnato (ordinanza n. 34/2008) è stato adottato dall’Ente civico in (espressa) considerazione della sentenza n. 1200/2007, depositata il 5 settembre 2007, del Tribunale di Taranto, con la quale erano state rigettate “le domande di parte attrice” – sig. Lacatena Lorenzo – nel giudizio civile da questi promosso nei confronti del sig. Bello Eugenio e del Comune di Massafra, e cioè, sinteticamente, per quanto di rilievo (si vedano le “conclusioni delle parti” riportate nella pronuncia): 1) la domanda di nullità del contratto di cessione stipulato, con scrittura privata autenticata, in data 19 gennaio 1996 tra il sig. Lacatena Orazio, padre dell’odierno ricorrente, ed il sig. Bello Eugenio, odierno controinteressato (avente ad oggetto tutti i diritti ad esso cedente spettanti sulla cappella gentilizia costruita su di un lotto di suolo ubicato nel Cimitero di Massafra, unitamente al possesso di quanto venduto), con condanna, in ogni caso, alla consegna della cappella gentilizia de qua; 2) le ulteriori domande (presentate in via subordinata), relative alla declaratoria “che l’attore è titolare del diritto alla sepoltura, nonché del diritto a seppellire i propri congiunti (rectius genitori e fratello Martino), e conseguentemente condannare il convenuto sig. Bello Eugenio a consegnare le chiavi della cappella gentilizia in favore dell’attore, nonché a consentire ogni attività connessa al rivendicato diritto di sepoltura”. Tale sentenza, quindi, aveva sancito: 1) la validità del suddetto contratto di cessione (“il diritto sulla intera costruzione realizzata sopra (o al di sotto) dell’area cimiteriale è stato oggetto di valido contratto di <> tra le parti, in quanto alienabile”, premettendo, tra l’altro, l’insussistenza del dedotto contrasto con l’art. 89 del Regolamento comunale di Polizia mortuaria – non sanzionante “con la nullità l’atto di cessione di diritto di superficie sull’intera area cimiteriale concessa al fondatore,… di cui…. il Lacatena Orazio poteva liberamente disporre…. né…. la vendita dell’intera costruzione” – si veda pag. 14 della sentenza); 2) la non spettanza al sig. Lacatena Lorenzo del diritto alla sepoltura, avendo statuito che “.. le domande dell’attore vanno tutte rigettate, tenuto conto che, avendo il fondatore della cappella cimiteriale alienato la stessa a Bello Eugenio, il predetto non è titolare di un diritto alla tumulazione (diritto secondario al sepolcro) che avrebbe acquistato per il solo fatto di trovarsi in un determinato rapporto di parentela con il fondatore nel caso in cui fosse rimasto titolare a sua volta di un diritto al sepolcro primario” (così pag. 16 della sentenza).
La suddetta pronuncia del primo Giudice è stata parzialmente riformata dalla sentenza n. 548/2012, passata in giudicato, con la quale la Corte di Appello di Lecce – Sezione Distaccata di Taranto, “definitivamente pronunciando sull’appello avverso la sentenza n. 1200/2007 del Tribunale di Taranto”,depositata “in data 5.9.2007, proposto da Lacatena Lorenzo nei confronti di Bello Eugenio e del Comune di Massafra”, lo ha accolto “per quanto di ragione e, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, che nel resto conferma, così provvede: 1) accoglie per quanto di ragione la domanda subordinata proposta da Lacatena Lorenzo e condanna Bello Eugenio a consegnare a Lacatena Lorenzo le chiavi della cappella gentilizia per cui è causa, sita nel cimitero di Massafra, nonché a consentirgli ogni attività connessa alla sepoltura dei propri congiunti; …”.
2. – Orbene, il ricorrente deduce, con il primo motivo di ricorso, la violazione degli artt. 3 e 21 quinquies della L. 241/1990, nonché l’eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza di istruttoria. Sostiene, in primo luogo, che la sentenza n. 1200/2007, posta a fondamento dell’atto impugnato, avrebbe riguardato esclusivamente il trasferimento del diritto sulla cappella gentilizia (di natura reale), prescindendo completamente dallo ius sepulchri inteso come diritto alla sepoltura (di natura personale). Asserisce, inoltre, che l’atto gravato sarebbe viziato in considerazione dell’omessa motivazione in ordine alle ragioni giustificatrici della nuova determinazione amministrativa, in particolare ai sopravvenuti motivi di interesse pubblico o alla nuova valutazione dell’interesse pubblico originario posti a base dell’atto di “revoca” impugnato.
2.1 – La censura non merita accoglimento.
Innanzitutto, risulta per tabulas che (si veda il precedente punto n. 1, cui si rinvia) la sentenza di primo grado del Giudice Ordinario ha rigettato tutte le domande attoree (sia quella principale, relativa alla nullità del contratto, sia le ulteriori domande formulate in via subordinata, inerenti al riconoscimento del diritto alla sepoltura, alla consegna della chiavi, nonché a consentire ogni attività connessa al rivendicato diritto di sepoltura).
Ciò posto, la Sezione rileva, innanzitutto, che il provvedimento gravato sostanzialmente recepisce e si adegua alle statuizioni della sentenza n. 1200/2007, in considerazione – come ritenuto, appunto, dal primo Giudice – della validità del contratto di cessione e dell’insussistenza del diritto alla tumulazione dei resti mortali dei congiunti del sig. Lacatena Lorenzo (c.d. diritto al sepolcro secondario), nel mentre l’Ente civico aveva posto a fondamento della precedente “revocata” ordinanza n. 6/2008 l’asserita nullità del contratto di cessione dei diritti sulla cappella de qua e la titolarità, vantata dal sig. Lacatena Lorenzo, del diritto alla tumulazione.
Inoltre, in disparte ogni considerazione in ordine alla natura giuridica dell’atto di ritiro impugnato (annullamento piuttosto che revoca), ad avviso del Collegio, nel mentre il potere di autotutela è, di norma, discrezionale, il provvedimento in esame si configura, invece, quale atto vincolato, in quanto doverosa esecuzione di un dictum giudiziale (appunto, la predetta sentenza del G.O. di prime cure, resa nel giudizio civile promosso dallo stesso sig. Lacatena Lorenzo, provvisoriamente esecutiva tra le parti ex art. 282 c.p.c. e resa pubblica – mediante deposito in cancelleria – il 5 settembre 2007, ben prima della stessa adozione della “revocata” ordinanza n. 6/2008, avvenuta il 4 gennaio 2008, il che esclude anche ogni rilievo del dedotto affidamento asseritamente ingenerato in capo al sig. Lacatena Lorenzo, “beneficiario” dell’ordinanza “revocata”). La rilevata natura vincolata dell’atto di autotutela de quo, da un lato, comporta che risulti necessaria – e sufficiente – la – sola – “esplicitazione dei presupposti del provvedimento” (in altri termini, la giustificazione del medesimo – arg. ex T.A.R. Lazio, Roma, III ter, 23 aprile 2007, n. 3523), vale a dire, nel caso di specie, il – solo – essenziale richiamo alla sentenza di primo grado più volte menzionata, peraltro già nella disponibilità dell’odierno ricorrente/attore nel giudizio civile; dall’altro fonda, in ogni caso, la sussistenza in re ipsa dell’interesse pubblico alla “revoca” del provvedimento.
Pertanto, l’atto di ritiro impugnato risulta correttamente ed adeguatamente motivato con il compiuto – sia pur sintetico – richiamo alla pronuncia di cui innanzi: tale tecnica motivazionale soddisfa i requisiti di cui all’art. 3 della L. n. 241/1990.
Né può ritenersi che la sentenza della Corte di Appello di Lecce – Sezione Distaccata di Taranto n. 548 del 22 giugno 2012, depositata il 22 ottobre 2012, passata in giudicato, sopravvenuta, nel corso del presente giudizio (nelle more sospeso), al provvedimento gravato (recante, da un lato, in parziale riforma della pronuncia del primo giudice, il definitivo riconoscimento, in capo all’odierno ricorrente sig. Lacatena Lorenzo, del c.d. “diritto secondario al sepolcro”, nonché, dall’altro, la conferma della validità del contratto di cessione) possa in qualche modo influire sulla legittimità del provvedimento impugnato ai fini del presente giudizio.
Va da sé, infatti, che, quantunque definitive le statuizioni di cui alla (sopravvenuta) sentenza di appello (passata in giudicato), la spettanza dello ius sepulchri in capo all’odierno ricorrente sig. Lacatena Lorenzo è stata definitivamente acclarata solo successivamente all’adozione dell’ordinanza oggetto del presente giudizio, sicchè l’Amministrazione non poteva, nel caso di specie, che determinarsi (al momento dell’adozione dell’atto) unicamente (così come, in effetti, ha correttamente fatto) sulla scorta della sentenza civile di primo grado ed alla stessa conformarsi: il provvedimento impugnato era, quindi, legittimo nel momento in cui è stato assunto, in quanto il Comune di Massafra, con tale atto, si è doverosamente adeguato al dictum del Giudice di primo grado. Pertanto, ad avviso della Sezione, la pronuncia (sopravvenuta) della Corte di Appello non è idonea ad inficiare la legittimità dell’ordinanza gravata.
3. – Neppure coglie nel segno il terzo motivo di ricorso, con il quale il sig. Lacatena Lorenzo lamenta, sostanzialmente, l’asserita erroneità ed ingiustizia della sentenza n. 1200/2007 del Giudice di prime cure (“ancora soggetta ai termini di impugnazione”), deducendo: da un lato, nuovamente, che tale pronuncia si riferirebbe in via esclusiva al trasferimento del diritto sulla cappella gentilizia (c.d. diritto primario al sepolcro), prescindendo dallo ius sepulchri inteso come diritto alla sepoltura (c.d. diritto secondario al sepolcro), avendo asseritamente il giudicante omesso di pronunciare sulle domande subordinate proposte; dall’altro, che la predetta sentenza sarebbe erronea, in quanto in contrasto con l’art. 89 del Regolamento comunale di Polizia Mortuaria (“E’ vietato al concessionario di un’area cimiteriale destinata a sepoltura privata vendere o affittare l’area o anche parte dei loculi”) e 92, comma 4, del D.P.R. n. 285/1990 (“4. Non può essere fatta concessione di aree per sepolture private a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro o di speculazione”), essendo, in definitiva, possibile la cessione del diritto primario sulla cappella gentilizia e, viceversa, esclusa la cedibilità del diritto alla sepoltura. Il ricorrente sostiene, infine, che l’impugnato provvedimento di autotutela sarebbe del tutto privo di ogni motivazione circa la sua necessaria adozione e carente di istruttoria.
3.1 – Al riguardo è sufficiente osservare, da un lato, che la sentenza n. 1200/2007 (il cui richiamo, si ribadisce, costituisce idonea motivazione del provvedimento impugnato, che, appunto in quanto adottato sulla base della suddetta pronuncia, provvisoriamente esecutiva ex art. 282 c.p.c., si configura come atto vincolato, si rinvia a quanto già esposto al precedente punto n. 2.1) si pronuncia su tutte le domande attoree (rigettandole – si veda quanto esposto, in merito, ai precedenti punti nn. 1 e 2.1), e, dall’altro, che la valutazione e l’eventuale censura della summenzionata sentenza n. 1200/2007 sono compito del Giudice naturale a ciò preposto per legge (nel caso in esame, della Corte di Appello Lecce – Sezione Distaccata di Taranto, come, poi, è effettivamente avvenuto) e non di questo Tribunale.
4. – Acclarata, quindi, la legittimità sostanziale del provvedimento impugnato, può esaminarsi la censura (di ordine formale) relativa alla dedotta violazione dell’art. 7 della L.n. 241/1990, con riferimento alla mancata comunicazione di avvio del procedimento di “revoca”.
4.1 – Anche tale assunto non coglie nel segno.
La rilevata natura di atto vincolato del provvedimento impugnato, con la conseguente impossibilità (al momento di adozione dell’atto) di un diverso – e favorevole all’odierno ricorrente – contenuto del provvedimento stesso, conduce, difatti, all’applicazione alla fattispecie in esame dell’art. 21 octies, comma 2, della L. n. 241/1990 (“2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”). Ciò posto, il vizio (formale) dedotto rientra tra i c.d. “vizi non invalidanti del provvedimento”, ai sensi dell’art. 21 octies della L. n. 241/1990, in quanto tale irrilevante e, dunque, insuscettibile di determinare l’annullamento dell’atto.
5. – In conclusione, fermi restando le iniziative ed i rimedi giudiziari che il privato riterrà di attivare conseguentemente (ad esempio attraverso l’azione avverso l’eventuale silenzio della P.A. riguardo alle successive eventuali istanze formulate in ordine all’esercizio del doveroso potere di autotutela da parte dell’Amministrazione in conseguenza dell’obbligo di conformazione al giudicato civile sopravvenuto – formatosi sulla sentenza della Corte di Appello di Lecce – Sezione Distaccata di Taranto n. 548 del 22 giugno 2012), il ricorso non può riconoscersi meritevole di accoglimento.
6. – Sussistono gravi ed eccezionali motivi (la peculiarità in fatto ed in diritto delle questioni trattate) per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dispone l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Lecce nella Camera di Consiglio del giorno 27 maggio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Costantini, Presidente
Enrico d’Arpe, Consigliere
Maria Luisa Rotondano, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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