Tar Piemonte, Sez. II, 14 agosto 2015, n. 1329

Testo completo:
Tar Piemonte, Sez. II, 14 agosto 2015, n. 1329

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1369 del 2014, proposto da:
ANTONELLA BOLLA, GABRIELLA FERRONI, GIULIANO MARTINO, ENRICO INDELLICATI MECHIM, ETTORE DESTEFANIS, CELINE SARDI, LUCA MASOERO, ANNA TERESA BAREI, LEILA INDELLICATI MECHIM, MARIA VILLA, PIERLUIGI VANARA, RENATA GAGLIARDI, ANGELO BERTON, BRUNO LEONE, GIUSEPPINA CORDERO, GIUSEPPINA FACTA, FRANCESCO MAROCCO, ACHILLE BRIANTI, DANIELA FORMENTINI, GIANFRANCO GRASSI, ENZO BERTON, GRAZIELLA FANCELLO, PATRIZIA VILLA, DANIELA CLAUDIA FEHER, AMEDEO LI CALSI, IOLANDA BASSI, LAURA BORGIALLI, NATALIA VADA, MAURO MARIA LUCA DE BERNARDI, MARIO GHO, LIDIA RONDOLOTTO, PIERLUIGI MASSAZA, GIOVANNA FERRUA, ALESSANDRO VIGLIANO, MARIA CAVAGNINO, FIORINA RAVETTA, GIANCARLO MAROCCO, MIRCA GIULIANI, ROBERTO FASSIO, GIORGIO AMERIO, NICOLETTA MONCALVO, RENATA MANGIARINO, GRAZIELLA DONDI, MASSIMO GALLI, LAURA VIANO, ROSANNA MONGELLI, ADA VENDRAMINI, EMILIO MARTOGLIA, ALBERTO ZANADA, NIVES STORRI, ANDREA MOSCA, GIULIO MOSCA, GERARDO CAMPOLILLO, ROSANNA FIRPO, DOLLY MORRONE, SILVANO CAVALLERO, ROSANGELA ULLA, PIO BRACCO, MARCO FASSIO, EUGENIO AMERIO, GIAN PAOLO GAVEGLIO, SUSANNA MARTOGLIA, ROBERTO MERLO, ENZO ROMANO, LAURA TURCO, PAOLA CAVASSA, ANDREA DELLEANI, GRAZIA PORTA, ENRICA MASSAZA, CINZIA CORTESE, GIOVANNA SANMARTINO, PAOLA MARTOGLIA, ENRICO CECI, SIMONE PULCHER, LUISA PACCHIANA PARRAVICINI, LORENA CORDARO, STEFANIA MONTAFIA, ANTONIO CERTANTOLA, LUIGI MONCALVO, MATTEO BRIANTI, STEFANO GUAZZOTTI, BIANCA MARIA CUNIBERTI, ASSUNTA BARBUI, CARLA CAMOLOTTO, GIOVANNI MERLO, PIERINO MERITANO, ANDREA FELTRO, MICHELE VERDE, rappresentati e difesi dagli avv. Sergio Viale, Alessandro Sciolla, con domicilio eletto presso Alessandro Sciolla in Torino, corso Montevecchio, 68;
contro
COMUNE DI MONCALIERI, rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore Mirabile, con domicilio eletto presso T.A.R. Piemonte- Segreteria in Torino, corso Stati Uniti, 45;
REGIONE PIEMONTE, rappresentata e difesa dall’avv. Eugenia Salsotto, con domicilio eletto presso Eugenia Salsotto in Torino, piazza Castello, 165;
nei confronti di
NUOVA EDILOPERA S.R.L., rappresentata e difesa dagli avv. Riccardo Montanaro, Giorgio Martorelli, Marco Franco Scalvini, con domicilio eletto presso Riccardo Montanaro in Torino, Via del Carmine, 2;
per l’annullamento
della deliberazione del Consiglio Comunale di Moncalieri n. 59/2014 in data 27/06/2014 avente ad oggetto: “Area industriale dismessa ex D.E.A. in via Torino n. 70. Demolizione edificio esistente e costruzione di edifici a destinazione residenziale, terziaria, commerciale e relative opere di urbanizzazione – Parere di massima per l’applicabilità dell’art. 5 commi 9-14 della Legge 12.07.2011 n. 106”, nonchè ancora per l’annullamento degli atti tutti antecedenti ed, in particolare, della nota della Regione Piemonte, Direzione Programmazione Strategica, Politiche territoriali ed Edilizia prot. n. 34791 del 31/12/2013, avente ad oggetto “fasce di rispetto cimiteriale e vincoli edificatori”, preordinati, consequenziali e comunque connessi dei relativi procedimenti amministrativi, e per ogni ulteriore e consequenziale statuizione a norma di legge.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Moncalieri, della Regione Piemonte e di Nuova Edilopera S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 giugno 2015 il dott. Antonino Masaracchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società Nuova Edilopera s.r.l., proprietaria di alcune aree situate in Moncalieri (TO), via Torino n. 70 (ed anche conosciute con la denominazione di “aree ex DEA”), si era rivolta al Comune di Moncalieri per sottoporre all’amministrazione un proprio progetto di riqualificazione mediante demolizione dei fabbricati esistenti (e già destinati ad impianti industriali) e ricostruzione di edifici a destinazione residenziale, terziaria e commerciale. Si tratta di un complesso industriale ormai abbandonato che era stato costruito, negli anni ’60 del secolo scorso, a ridosso del cimitero comunale, e precisamente ad una distanza pari a 100 metri (e, dunque, all’interno della fascia di rispetto cimiteriale, pari a metri 200, stabilita dall’art. 338 del r.d. n. 1265 del 1934).
In particolare, il progetto presentato dalla società proprietaria mirava all’ottenimento di un permesso di costruire in deroga, ai sensi dell’art. 5, commi 9 ss., del decreto-legge n. 70 del 2011, convertito in legge n. 106 del 2011, al fine della riqualificazione di detta area urbana degradata.
Con deliberazione del Consiglio comunale n. 59/2014, del 27 giugno 2014, il Comune di Moncalieri ha reso parere positivo sul progetto, avendo tra l’altro valutato il perseguimento di specifici e concreti interessi pubblici per effetto della realizzazione delle opere.
Con il ricorso in epigrafe alcuni “residenti e/o proprietari di immobili e/o esercenti attività economiche limitrofi o comunque nelle vicinanze dell’area c.d. ‘Ex D.E.A.’” hanno impugnato detto parere positivo, insieme alla nota n. 34791, del 31 dicembre 2013, con la quale la Regione Piemonte- Direzione Programmazione Strategica, Politiche Territoriali ed Edilizia aveva rilasciato un parere positivo sulla possibilità di mantenere la fascia di rispetto cimiteriale, per quella zona, a soli 100 metri. Degli atti impugnati è stato domandato l’annullamento, previa sospensione cautelare, per i seguenti motivi di legittimità:
– violazione dell’art. 338 del r.d. n. 1265 del 1934 e dell’art. 33 della legge n. 47 del 1985, per violazione della fascia di rispetto cimiteriale ivi prevista: in particolare, i ricorrenti qui hanno sostenuto che tutto il complesso ex DEA sarebbe abusivo, in quanto la deroga al rispetto della fascia cimiteriale (deroga risalente ad un provvedimento del Prefetto di Torino del 14 aprile 1960) non l’avrebbe riguardata, con la conseguenza che la sua superficie lorda di pavimento non potrebbe essere legittimamente recuperata;
– violazione dell’art. 338 del r.d. n. 1265 del 1934, sotto altro profilo, nonché dell’art. 27 della legge della Regione Piemonte n. 56 del 1977 e dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990; violazione delle statuizioni di cui al decreto del Prefetto di Torino del 14 aprile 1960; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti; difetto e/o insufficienza di istruttoria e di motivazione; contraddittorietà, illogicità grave e manifesta;
– violazione dell’art. 14 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dell’art. 5, comma 13, lett. a, del decreto-legge n. 70 del 2011, convertito in legge n. 106 del 2011: ciò, in quanto l’intervento in progetto, lungi dal corrispondere ad un qualche interesse pubblico, sarebbe anzi contrastante con l’interesse della collettività locale all’utilizzazione (previo suo ampliamento) del cimitero urbano.

2. Si è costituita in giudizio la controinteressata Nuova Edilopera s.r.l., depositando documenti e chiedendo il rigetto del gravame.
Si sono altresì costituite in giudizio la Regione Piemonte, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, ed il Comune di Moncalieri, in persona del Sindaco pro tempore, entrambi depositando documenti ed argomentando l’infondatezza del ricorso.
Tutte le parti resistenti, in particolare, hanno eccepito il difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti i quali, pur qualificandosi come proprietari o commercianti delle zone limitrofe, non avrebbero tuttavia specificato di quale interesse differenziato o qualificato essi sarebbero portatori, in relazione al progetto edilizio per cui è causa. E’ stata, altresì, sollevata l’eccezione di difetto attuale di interesse, avuto riguardo alla natura meramente endoprocedimentale e prodromica degli atti impugnati. La sola controinteressata ha inoltre eccepito la tardività del ricorso in quanto, a fronte del periodo di pubblicazione della delibera comunale (pubblicazione mantenuta fino al 30 luglio 2014), il ricorso “è invece pervenuto” solo il 24 novembre 2014 “e dunque ben oltre il termine di legge”.
3. Alla camera di consiglio del 28 gennaio 2015, chiamata per la discussione dell’incidente cautelare, i ricorrenti hanno rinunciato alla domanda di sospensiva.
In vista della pubblica udienza di discussione, tutte le parti costituite hanno svolto difese, anche nella forma delle reciproche repliche.
Alla pubblica udienza del 24 giugno 2015, quindi, la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Il ricorso è inammissibile.
Come correttamente eccepito dalle parti resistenti, infatti, non è rinvenibile, in capo ad alcuno dei ricorrenti, nessun interesse differenziato e/o qualificato all’annullamento degli atti impugnati. La giurisprudenza ha ritenuto che, qualora l’oggetto della contestazione sia la disciplina urbanistica di aree estranee a quelle di proprietà di parte ricorrente, il criterio della vicinitas non è sufficiente a fornire le condizioni dell’azione, dal momento che non esaurisce gli ulteriori profili di interesse all’impugnazione. E’ stato così precisato, ad esempio, che soccorre, in tali evenienze, il principio per cui per proporre impugnativa è necessario che la nuova destinazione urbanistica che concerne un’area non appartenente al ricorrente incida direttamente sul godimento o sul valore di mercato dell’area viciniore o comunque su interessi propri e specifici del medesimo esponente, dovendo di tanto l’interessato fornire se non una rigorosa dimostrazione, almeno idonei principi di prova (cfr. Cons. Stato, sez. IV., sent. n. 6016 del 2011; nello stesso senso, più di recente, Cons. Stato, sez. IV., sentt. n. 3137 del 2012 e n. 3180 del 2015). In tal modo viene esclusa l’ammissibilità di ricorsi strumentali o con finalità meramente ostruzionistiche e dilatorie, agevolando la speditezza dell’azione di pianificazione urbanistica dell’Amministrazione.
Non ignora il Collegio che il principio della non sufficienza della vicinitas, ai fini di radicare la legittimazione al ricorso, è stato in giurisprudenza affermato soprattutto con riferimento all’impugnazione degli strumenti urbanistici generali, ma non anche con riguardo all’impugnazione di singoli titoli edilizi. Tuttavia, nella fattispecie per cui è causa, viene in considerazione un istituto, quello del permesso di costruire in deroga, previsto dall’art. 5, commi 9 ss., del decreto-legge n. 70 del 2011, convertito in legge n. 106 del 2011, il quale, per la sua ratio e per le finalità che persegue, possiede una valenza di programmazione tale da assimilarlo, quanto ad effetti e portata, più ad uno strumento urbanistico (o, quantomeno, ad una variante di strumento urbanistico generale) piuttosto che ad un mero titolo edilizio. Il rilascio di questo permesso, invero, richiede una previa comparazione dell’interesse alla realizzazione (o al mantenimento) dell’opera con ulteriori interessi pubblici, come quelli urbanistici, edilizi, paesistici e ambientali, potendo anche comportare – come nel caso – il mutamento della destinazione d’uso già impressa dallo strumento urbanistico vigente: di conseguenza, la scelta compiuta dall’amministrazione si qualifica – per l’appunto – in termini di “deroga” alle vigenti disposizioni urbanistiche, deroga operata sulla base di valutazioni di opportunità politica (cfr. i precedenti della Sezione, sentt. nn. 1286 e 1287 del 2013). Coerentemente, del resto, mediante il richiamo all’istituto di cui all’art. 14 del d.P.R. n. 380 del 2001, la legge prevede che la relativa deliberazione spetti alla competenza del Consiglio comunale, ossia all’organo politico dell’Ente locale, e non agli uffici amministrativi preposti al rilascio degli ordinari titoli edilizi.
Come ritenuto in giurisprudenza con più preciso riguardo agli strumenti urbanistici, pertanto, anche nell’ipotesi dell’impugnazione di un permesso di costruire in deroga la semplice prossimità non può, di per sé, essere considerata elemento sufficiente a fondare l’interesse al ricorso, ma ad essa dovrà aggiungersi un elemento ulteriore, costituito dal fatto che dalla realizzazione delle opere possa derivare un peggioramento della situazione patrimoniale o personale del ricorrente. Occorrerà, pertanto, l’allegazione e la prova di uno specifico e concreto pregiudizio riveniente ai suoli in proprietà degli istanti per effetto degli atti impugnati dai quali, per definizione, quei suoli non sono incisi direttamente.
Nel caso di specie, come detto, i ricorrenti non hanno fornito alcuna prova del pregiudizio che loro deriverebbe dall’esecuzione del progetto di riqualificazione dell’area, così lasciando nell’ombra il pregiudiziale aspetto della loro legittimazione ad agire (cfr. già l’obiter dictum di questa Sezione, nella richiamata sent. n. 1287 del 2013).
Nella memoria depositata in giudizio il 23 maggio 2015 essi hanno accennato ad un generico loro interesse alla “difesa dell’unica zona di espansione del più importante cimitero cittadino”, richiamando anche il proprio “diritto alla sepoltura”, dimenticando però che, per un verso, la scelta di un futuro ed eventuale allargamento di quel cimitero non può che spettare alla discrezionalità dell’amministrazione comunale (né, peraltro, si tratta dell’unico cimitero esistente nella zona, a quanto si desume dalle stesse parole usate dai ricorrenti) e che, per altro verso, il loro “diritto alla sepoltura” non potrebbe di certo presupporre la pretesa di essere sepolti esattamente in quel medesimo cimitero.
I ricorrenti, inoltre, hanno accennato ad un generico pregiudizio che deriverebbe loro “dall’enorme aumento del carico urbanistico impresso all’area che peggiorerebbe la loro qualità della vita” nonché “dalla presenza di un complesso di edifici estremamente ‘impattante’ sul contesto limitrofo sia dal punto di vista visivo, paesaggistico ed urbanistico sia dal punto di vista ambientale”. A ciò però è agevole ribattere, da un lato, che quelli rappresentati costituirebbero al più interessi identificabili in capo ai soli residenti, ma non certo in capo ai commercianti (o esercenti di attività economiche) i quali ultimi, invece, non potrebbero che rallegrarsi dell’aumento del carico urbanistico della zona – con conseguente conflitto di interessi tra singole categorie di ricorrenti, tale da poter condurre ad un ulteriore profilo di inammissibilità del ricorso cumulativo – e, dall’altro lato, che le pur invocate finalità di tutela paesaggistica ed ambientale sono (tra le altre) esattamente quelle che hanno condotto l’amministrazione comunale a formulare il parere positivo al rilascio del permesso de quo, trattandosi di un’area degradata, ospitante un complesso industriale ormai dismesso, e che richiede quindi una ragionevole e sollecita opera di recupero.
5. In considerazione della novità delle questioni trattate, il Collegio rinviene comunque giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione seconda, definitivamente pronunciando,
Dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2015 con l’intervento dei magistrati:
Vincenzo Salamone, Presidente
Savio Picone, Primo Referendario
Antonino Masaracchia, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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