Consiglio di Stato, Sez. II, 12 aprile 2021, n. 2496

Consiglio di Stato, Sez. II, 12 aprile 2021, n. 2946

Pubblicato il 12/04/2021
N. 02946/2021REG.PROV.COLL.
N. 02530/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2530 del 2013, proposto da
< omissis > S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gaspare Dalia, Giuseppe Mauriello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Mauriello in Roma, D. Martorelli, via Bertolono, 30
contro
Comune di San Marzano Sul Sarno, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Michele Gaeta, con domicilio eletto presso lo studio Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104;
Regione Campania, non costituita in giudizio
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 1584/2013
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Marzano Sul Sarno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2021 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti;
Rilevato che l’udienza si svolge ai sensi degli artt. 25 del Decreto Legge 137 del 28 ottobre 2020 e 4 comma 1, Decreto Legge 28 del 30 aprile 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.
FATTO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Salerno, sez. I, 1° agosto 2012, n. 1584 ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti, proposti dall’attuale parte appellante, per l’annullamento:
– della delibera n. 95 del 21 giugno 2011, adottata dalla Giunta comunale del Comune di san Marzano sul Sarno, pubblicata il 30 giugno 2011 per quindici giorni consecutivi, avente ad oggetto “Determinazione del diritto fisso Trasporti funebri”;
– se e nella misura in cui occorra, se interpretata in senso sfavorevole agli interessi della ricorrente, della delibera di G.C. n. 58 del 20 aprile 2011, avente a oggetto: “Approvazione tariffe cimiteriali anno 2011” e della nota prot. n. 5991 del 18 maggio 2011 del Comune di San Marzano sul Sarno;
– se e nella misura in cui occorra, se interpretati in senso sfavorevole agli interessi della ricorrente, del Regolamento comunale di polizia mortuaria, limitatamente agli artt. 13 e 17, in parte qua, approvato con delibera di C.C. n. 35 del 10 luglio 1997 e del disciplinare trasporto funebre, approvato con delibera di C.C. n. 173 dell’11 novembre 2004, limitatamente all’art. 17, in parte qua;
– dell’atipico provvedimento, prot. n. 1062/P.L. spedito per la notifica il 13.10.2011, recapitato in data successiva, al 18 ottobre 2011, con il quale il Responsabile del Settore Polizia Locale del Comune di San Marzano sul Sarno ingiungeva alla ricorrente di corrispondere all’amministrazione comunale la somma di euro 44.784,00, con allegati prospetti, a titolo di “aggio” per il trasporto funebre per gli anni 2006/2007/2008/2009;
– se e nella misura in cui occorra, se interpretati in senso sfavorevole agli interessi della ricorrente, dell’art. 5 della convenzione per l’espletamento del servizio di trasporto funebre, rep. n. 620 del 20 novembre 2006, stipulata tra il Comune di San Marzano sul Sarno e la ricorrente, nella parte in cui impone all’impresa una mora del 5% per ogni settimana di ritardo nel pagamento del 12% dell’importo delle tariffe per il trasporto funebre; dell’art. 5 del Disciplinare per il trasporto funebre, approvato con delibera di G.C. n. 173 dell’11 novembre 2004, nella parte in cui impone alle imprese una mora del 5% per ogni settimana di ritardo nel pagamento del 12% dell’importo delle tariffe per il trasporto funebre.
Secondo il TAR, sinteticamente:
– l’art. 19, comma 3, L. 285-1990 espressamente prevede che anche i Comuni “di arrivo del trasporto possono imporre il pagamento di un diritto fisso”;
– tale disciplina si colloca in un più ampio quadro normativo, secondo il quale all’autorizzazione al trasporto della salma da parte del Sindaco del Comune in cui è avvenuto il decesso deve aggiungersi l’autorizzazione al seppellimento rilasciata dal Comune di destinazione del cadavere, ai sensi dell’art. 6 L. n. 285/1990, di guisa che non si evince dall’articolato della delibera impugnata, neanche per implicito, la volontà dell’Amministrazione comunale di introdurre una atipica autorizzazione per il trasporto verso il Comune di arrivo della salma;
– dall’insussistenza di una nuova autorizzazione al trasporto per il Comune di San Marzano sul Sarno discende che non può configurarsi la prospettata modifica al Regolamento di polizia mortuaria del medesimo Ente, di guisa che non emerge la correlata invasione delle competenze riservate all’organo consiliare;
– non si può disconoscere in capo al Comune il potere di imporre un corrispettivo per l’esercizio, da parte dei privati, dei trasporti funebri, al di là della questione sull’attualità o meno del diritto di privativa in relazione a tale servizio pubblico comunale;
– il fondamento normativo dell’imposizione si rinviene nell’art. 19, comma 2, del Regolamento di Polizia Mortuaria, il quale prevede che: “Nei casi previsti dall’art. 16, comma 1, lettera a), ove il servizio dei trasporti con mezzi speciali non sia esercitato dal comune e con diritto di privativa, il comune per i trasporti funebri che consenta di eseguire a terzi nel territorio comunale, e sempre che non si tratti di trasporti eseguiti da confraternite con mezzi propri, può imporre il pagamento di un diritto fisso la cui entità non può superare quella stabilita per trasporti di ultima categoria;
– dalla formula della norma, che deve ritenersi tuttora vigente, discende la facoltà del Comune di imporre un corrispettivo dovuto dai privati per lo svolgimento di trasporti funebri;
– le considerazioni che precedono valgono a denotare l’infondatezza delle censure articolate in sede di motivi aggiunti aventi medesimo tenore di quelle di cui al ricorso introduttivo;
– infondate sono altresì le censure relative al difetto di competenza del Cap. Camillo P. – risultando in atti (v. decreto sindacale n. 6 del 25 marzo 2011 e deliberazione di Giunta comunale n. 19 del 10 febbraio 2011) che è Responsabile dei Servizi cimiteriali e della polizia mortuaria, settore al quale obiettivamente afferisce l’impugnato provvedimento prot. n. 1062/P.L. – nonché al difetto di contraddittorio, in quanto l’ingiunzione di pagamento in oggetto è stata preceduta da un confronto dialettico tra le parti di causa, con la conseguente esibizione all’Amministrazione di documentazione afferente ai trasporti espletati (v. nota della < omissis > S.r.l. del 24 maggio 2011);
– l’Amministrazione ha emesso l’impugnata ingiunzione in applicazione dell’art. 5 della convenzione stipulata (rep. n. 620 del 20 novembre 2006), stipulata tra la ricorrente ed il Comune per l’espletamento del servizio di trasporto funebre, secondo cui “la ditta corrisponderà al Comune, entro il 5 del mese successivo ad ogni trimestre e con una mora del 5% per ogni settimana di ritardo o frazione di essa, il 12% dell’importo delle seguenti tariffe per ogni trasporto effettuato;
– l’Amministrazione non può dirsi nelle condizioni di far valere il diritto a norma dell’art. 2935 c.c., ai fini della decorrenza del termine prescrizionale, se non viene a conoscenza della fonte del debito, di guisa che si attaglia alla fattispecie la previsione di cui all’art. 2941, comma 1, n. 8), nella seguente testuale previsione: “la prescrizione rimane sospesa…tra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto
”. L’eccezione va quindi disattesa;
– per quanto riguarda, infine, la pretesa illegittimità del calcolo della mora secondo i criteri previsti dal richiamato art. 5 della convenzione, il cui importo, a parere della ricorrente, sarebbe da ridurre ope judicis a norma dell’art. 1384, non ricorrono i presupposti applicativi della norma, in considerazione della particolare rilevanza dell’interesse creditorio al conseguimento della prestazione dedotta in contratto.
L’appellante contestava la sentenza del TAR, eccependone l’erroneità e riproponendo, in sostanza, i motivi del ricorso di primo grado.
Con l’appello in esame, chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.
Si costituiva il Comune appellato, chiedendo la reiezione dell’appello.
All’udienza pubblica del 23 febbraio 2021 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Si può prescindere dall’esame delle preliminari eccezioni di tardività e di inammissibilità per difetto di interesse del ricorso, formulate dal Comune appellato, stante l’infondatezza dell’appello nel merito.
2. In ordine al primo motivo di appello, si deve rilevare che il trasporto funebre è un servizio pubblico locale, ascrivibile alla “attività funebre” e distinto dai servizi “obitoriali e cimiteriali”, anch’essi, a loro volta, ascritti ai servizi pubblici locali.
Nella vigenza della L. n. 142-1990, il Consiglio Comunale di San Marzano sul Sarno – con delibera 10 luglio 1997, n. 35 – aveva approvato il regolamento comunale di polizia mortuaria che, all’art. 13, prevedeva che “Nel territorio del Comune i trasporti funebri sono svolti con i mezzi di cui all’art. 20 del d.P.R. 285/90, previo pagamento del diritto fisso da stabilire ai sensi dell’art. 19, comma 2 del citato d.P.R. 285/90”.
Con l’impugnata delibera n. 95-2011, la Giunta Comunale ha stabilito “l’importo del diritto fisso previsto per il rilascio delle autorizzazioni al trasporto funebre in ambito urbano, diretto ad altro comune o all’estero nella misura” di euro 200,00.
Come è noto, con sentenza 6 giugno 2005, n. 11726 la Sez. I della Corte di Cassazione ha affermato l’avvenuta abrogazione dell’art. 1, n. 8, R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578, contenente il T.U. delle leggi sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei Comuni e delle Province, là dove demanda l’assunzione in privativa del servizio di trasporto funebre alla decisione dell’autorità amministrativa.
La sentenza ribadisce l’incompatibilità della precedente disciplina con quella nuova dettata dall’art. 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142 la quale, prevede che i servizi riservati in via esclusiva ai Comuni e alle Province siano “stabiliti dalla legge” e non da una scelta amministrativa ricadendo, quindi, in un ambito caratterizzato dalla libertà di concorrenza.
La giurisprudenza ha chiarito definitivamente che non potendo più prevedere la privativa del trasporto funebre, per effetto della Legge n. 142/1990 ora confluita del Decreto Legislativo n. 267-2000 (testo unico ordinamento enti locali) il comune non può più esigere il diritto fisso di cui all’art. 19, commi 2 e 3 del vigente regolamento nazionale di polizia mortuaria approvato con Decreto del Presidente della Repubblica n. 285 del 10 settembre 1990.
Il servizio di trasporto funebre a pagamento può essere effettuato da tutti i soggetti in possesso dei requisiti prescritti dalla legge, essendo venuto meno il regime di esclusiva in favore del Comune
Il nuovo diritto fisso ex art. 149, comma 4, lettera c), d.lgs. n. 267/2000 che si può imporre non deve più gravare sul trasporto funebre in quanto tale, ma appunto, come nel caso di specie, sull’autorizzazione al trasporto stesso.
Infatti, come detto, l’impugnata delibera n. 95/2011 ha stabilito “l’importo del diritto fisso previsto per il rilascio delle autorizzazioni al trasporto funebre in ambito urbano, diretto ad altro comune o all’estero nella misura” di euro 200,00.
3. Il diritto fisso per il trasporto funebre costituisce all’evidenza una tassa per servizi indivisibili che sono a carico della finanza locale e sono ormai estranei, come detto, al regime di privativa.
Il corrispondente importo compete sia ai Comuni di partenza del corteo funebre che a quelli di arrivo, secondo le rispettive determinazioni, ai sensi dell’art. 19, comma 3, d.P.R. n. 285/1990, le cui disposizioni non confliggono con il soppresso diritto di privativa.
E’ indubbio che anche i trasporti funebri provenienti da altro Comune e destinati al cimitero – o al definitivo deposito delle ceneri – nel Comune di San Marzano sul Sarno, si svolgono, almeno in parte, nel territorio di quest’ultimo, che non è di semplice transito.
Ne consegue l’esattezza della sentenza appellata poiché il diritto fisso previsto dalle delibere impugnate non discende dall’introduzione di una “atipica autorizzazione” al trasporto da parte del Comune di destinazione al seppellimento (o alla conservazione delle ceneri) – da aggiungersi a quella prevista dall’art. 24, primo comma e 26 d.P.R. n. 285/1990, che deve essere rilasciata dal Sindaco del Comune nel quale è avvenuto il decesso, ma costituisce espressione del legittimo esercizio del potere impositivo del Comune di San Marzano sul Sarno, per i trasporti funebri sul suo territorio.
D’altra parte, è indubbio che anche i trasporti funebri provenienti da altro Comune e destinati al cimitero – o al definitivo deposito delle ceneri – nel Comune di San Marzano sul Sarno, si svolgono, almeno in parte, nel territorio di quest’ultimo, che non è di semplice transito.
4. Né è condivisibile la censura di asserita violazione dell’art. 17 del disciplinare approvato con delibera di C.C. n. 173/2004 che stabilisce che “nessun diritto è dovuto per il trasporto di salme provenienti da altri comuni ed effettuato da ditte non convenzionate con il Comune”.
La società appellante, esercita da anni l’attività di onoranze funebri Comune di San Marzano sul Sarno, come essa stessa dichiara anche nell’atto di appello e, quindi, è “convenzionata” – rectius: autorizzata) dal Comune di San Marzano sul Sarno per il servizio di trasporto funebre.
Infine, deve rilevarsi che le delibere del 2011 non incidono sul regolamento locale, perché non istituiscono un’entrata (il diritto fisso) non già prevista dal regolamento stesso, nei sensi sopra illustrati, e non sono pertanto soggette al parere previsto dalla norma regionale.
Il richiamo effettuato dalla parte appellante al dictum di cui alla sentenza della Corte Costituzionale 27 luglio 2004, n. 272 non è pertinente, posto che il servizio di trasporto funebre è un servizio pubblico locale di rilevanza economica e che l’art. 149, comma 4, lett. c), d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 contempla espressamente, tra le entrate dei Comuni anche le “tasse e diritti per servizi pubblici”.
5. L’impugnata nota n. 1062/PL, non riguarda il pagamento del “diritto fisso” per i trasporti funebri (euro 200,00 per ciascun trasporto, come fissato nella delibera di G.C. n. 95/2011) e nemmeno si riferisce ai servizi cimiteriali (di cui alla delibera di G.C. n. 58/2011).
Come ivi si legge, essa riguarda il pagamento “delle somme versate a titolo di aggio, relativamente agli anni 2006/2007/2008/2009”, cioè l’importo previsto dall’art. 5 della convenzione a rogito del Segretario Comunale rep. n. 620 del 20.1.2006, che la società ricorrente ha liberamente sottoscritto e clausola contrattuale della quale, in primo grado ma nemmeno in questo grado, ha dedotto vizi caducatori (determinata nel 12% del corrispettivo convenzionalmente fissato per ciascun tipo di trasporto funebre – vedasi nota 1062/PL e art. 5 convenzione).
La prescrizione dei predetti crediti è quella decennale ordinaria – che sarebbe scaduta nel 2016 per quelli di più antica data (risalenti al 2006) – mentre la nota indirizzata al loro recupero è stata ricevuta dalla società appellante il 19 ottobre 2011.
Nel caso concreto, infatti, nessuna “legge dispone diversamente” riguardo alla durata della prescrizione (né è stata invocata).
In particolare, non è applicabile la prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2948, n. 4 c.c., difettando il requisito della periodicità, che ricorre se “la prestazione è suscettibile di adempimento solo con il decorso del tempo”.
Né potrebbe essere diversamente, poiché non si tratta di ratei di un solo credito di misura predeterminata, sia pure convenzionalmente, ma di distinti crediti scaturenti, di volta in volta, dal numero e dal tipo di prestazioni rese al pubblico dalla società appellante, dalle quali deriva la loro misura percentuale.
Né, infine, può lamentarsi la mancanza di avviso di avvio del procedimento, atteso che (a prescindere dalla sua applicabilità al caso di specie), l’atto comunale non avrebbe potuto aver altro contenuto che quello in concreto adottato, ex art. 21-octies, comma 2, L. n. 241-1990.
6. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto in quanto infondato.
Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda),
Definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe indicato, lo respinge.
Condanna la parte appellante al pagamento delle spese di lite del doppio grado di giudizio, spese che liquida in euro 3.000,00 in favore del Comune appellato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Claudio Contessa, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere, Estensore
Antonella Manzione, Consigliere
Cecilia Altavista, Consigliere
Carla Ciuffetti, Consigliere
L’ESTENSORE (Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti)
IL PRESIDENTE (Claudio Contessa)
IL SEGRETARIO

Written by:

Sereno Scolaro

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