Consiglio di Giustizia Amminitrativa per la Regione Siciliana, Sez. Giurisdiz., 30 settembre 2021, n. 819

Massima

Il vincolo di rispetto cimiteriale, che è in vigore a far data dal 1934, risponde all’esigenza di tutelare e salvaguardare i plurimi interessi pubblici che il legislatore ha considerato assolutamente prevalenti a fronte di qualsivoglia interesse di natura privatistica. Il vincolo nasce, in primo luogo, dalla necessità di tutelare il rispetto e la sacralità del culto dei defunti. A questa esigenza si accompagnano esigenze di natura sanitaria. Per ultimo, il vincolo di inedificabiltà considera la possibilità che in futuro possa essere necessario espandere l’area territoriale destinata alle sepolture. Si tratta di un vincolo che trova fondamento nell’immaginario collettivo più profondo della comunità e che il legislatore ha deciso di tutelare optando per una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto.

Testo

Consiglio di Giustizia Amminitrativa per la Regione Siciliana, Sez. Giurisdiz., 30 settembre 2021, n. 819

Pubblicato il 30/09/2021
N. 00819/2021REG.PROV.COLL.
N. 00885/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 885 del 2020, proposto dai signori
Maria Pia M., Rosolino L., Giuseppa A., Maria Grazia T., Rosalia T., rappresentati e difesi dall’avvocato Lucia Alfieri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Anna Maria Impinna, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sede dell’ufficio legale comunale in Palermo, piazza Marina 39;
Comune di Palermo – Area tecnica della riqualificazione urbana e delle infrastrutture – Ufficio condono edilizio non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. 00620/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Palermo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 settembre 2021 il Cons. Antonino Caleca e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Oggetto del presente giudizio di appello è la sentenza n. 620/2020 pubblicata in data 13 marzo2020 con cui il Tar Sicilia Palermo, sez. II, ha respinto il ricorso principale ed i successivi motivi aggiunti proposti dagli appellanti per l’annullamento del diniego di sanatoria e delle successive ordinanze di demolizione relative ad immobili siti in Palermo, via Papa Sergio I ed identificati in catasto al foglio n. 25, p.lle 3042, 3043 e 3044, adibiti all’attività commerciale di vendita di fiori e a laboratorio artigianale.
2. I fatti di causa rilevanti ai fini del decidere possono essere brevemente riassunti nei termini che seguono.
3. La signora Giuseppa C. (dante causa dei ricorrenti) in data 22 maggio 1986, al fine di regolarizzare degli edifici di sua proprietà sopra indicati siti in via Papa Sergio I, presentava al Comune di Palermo istanza di condono.
4. Con provvedimento n. 58 prot. n. 938257 del 7 agosto 2017, notificato a tutti i ricorrenti in data 16 agosto 2017, il Comune odierno resistente respingeva la concessione in sanatoria di cui all’istanza citata.
Il provvedimento del Comune indica i seguenti motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di condono:
“·Secondo il P.R.G. del 1962 (Tav. 4 scala 1:500) ricadono in zona “sede stradale con vincolo panoramico“;
·Secondo la Variante Generale al P.R.G. approvata con D.D.558 e I 24/DRU del 2002 ricadono in zona “fascia costiera, e gli immobili risultano preordinati alla demolizione. Inoltre sono prospicienti la regia trazzera n. 209”; ed inoltre ricadono all’interno della perimetrazione di cui alla L. 1497/39, L. 431/85 (nota n°7888 del 31/10/1987) e D.L. n°42/04, art. 136 e art. 142; all’interno della perimetrazione del vincolo Paesaggistico M. Pellegrino; all’interno della perimetrazione del vincolo cimiteriale; all’interno della perimetrazione dalla battigia catastale.
5. Successivamente in data 17 novembre 2017 il Comune di Palermo con le ordinanze nn. 471, 481 e 492 ingiungeva la demolizione delle suddette opere edilizie, identificate al catasto fabbricati al foglio n. 25, rispettivamente, con le particelle n. 3042, n. 3043 e n. 3044.
6. Con il ricorso introduttivo gli odierni appellanti impugnavano il diniego del condono e con i motivi aggiunti chiedevano, previa sospensione, l’annullamento delle ordinanze di demolizione.
7. Si costituiva in primo grado l’amministrazione resistente per chiedere la reiezione del ricorso.
8. In sede cautelare il primo giudice sospendeva le ordinanze demolitorie.
9. Il Tar disponeva verificazione al fine di accertare se l’esecuzione del provvedimento demolitorio poteva arrecare pregiudizio agli immobili, di proprietà di terzi, strutturalmente collegati a quello oggetto del provvedimento impugnato.
10. Con la sentenza di merito venivano respinti sia il ricorso introduttivo che i motivi aggiunti.
11. La sentenza sfavorevole per gli odierni appellanti si fonda sui seguenti assunti considerati dirimenti:
-sull’istanza di condono non si forma alcun silenzio assenso nell’ipotesi in cui la stessa non sia supportata da tutta la necessaria documentazione, comprese le indispensabili autorizzazioni relative ai vincoli che gravano sul territorio interessato;
-il vincolo cimiteriale è un vincolo di inedificabilità assoluta e preesistente alla realizzazione dei manufatti oggetto della presente fattispecie;
-il provvedimento dell’Amministrazione contiene una motivazione plurima e quindi è legittimo anche se è conforme a diritto uno solo dei motivi esplicitati, non occorrendo scrutinarli funditus nella loro interezza;
-la demolizione delle opere abusive, se eseguita con gli accorgimenti suggeriti dalla relazione di verificazione, non cagiona alcun danno agli immobili limitrofi:
-in presenza di abusi acclarati non si ha luogo ad alcun legittimo affidamento.
12. Avverso la sentenza ricorrono gli originari ricorrenti con motivi che sostanzialmente ripercorrono le doglianze già sottoposte allo scrutinino del primo giudice, arricchite con le critiche alle specifiche motivazioni della sentenza appellata.
13. Si è costituito anche nel presente grado di giudizio il Comune di Palermo per chiedere il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado.
14. Con ordinanza n. 794 del 2020 questo Consiglio ha respinto l’istanza cautelare di sospensione di esecutività della sentenza del Tar.
15. In vista dell’udienza di merito il Comune ha depositato memoria per insistere nelle proprie prospettazioni difensive.
17. All’udienza di merito del 22 settembre 2021 la causa è stata assunta in decisione.
18. L’appello deve essere respinto essendo infondati tutti i motivi addotti a suo sostegno.
19. Con il primo motivo gli appellanti deducono la “violazione e falsa applicazione dell’art.39 della l. n.724/94 e del correlato art 35 della l. n.47/85- violazione delle norme e dei principi in materia di atti di secondo grado – illegittimità diretta e derivata – eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione”.
Si sostiene nell’appello che la documentazione che accompagnava la domanda di condono doveva considerarsi completa e si afferma che “l’assenso tacito dell’istanza di condono, costituisce una sorta di automatismo al mero decorso del termine, non ritenendosi ostativa neanche l’incompleta presentazione della domanda di condono.”
Il silenzio assenso, a detta di parte appellante, così formatosi poteva essere rimosso solo mediante l’esercizio del potere di annullamento di ufficio da parte del Comune con un procedimento che avrebbe dovuto rispettare tutti i passaggi e le garanzie previste dalla legge generale sul procedimento amministrativo per l’adozione dei provvedimenti in autotutela.
Nel corpo dello stesso motivo si sostiene l’erroneità della sentenza che ha ritenuto il vincolo cimiteriale preesistente alla realizzazione dei manufatti (ignorando specifiche emergenze processuali con riferimento all’atto di compravendita di uno degli immobili) e che ha considerato lo stesso quale vincolo assoluto non considerando la natura e l’utilizzo degli immobili di cui si chiede la demolizione.
Si critica ancora la sentenza per non avere la stessa escluso la sussistenza degli ulteriori vincoli indicati dal provvedimento comunale in epoca di realizzazione degli immobili.
20. Il motivo non è fondato.
21. Per giurisprudenza ormai assolutamente prevalente, cui questo Consiglio aderisce, il silenzio assenso sulle domande di condono può realizzarsi solo a fronte di istanze che siano suffragate da una completa ed esaustiva documentazione che comprenda, ove consentiti, anche i nulla osta e le autorizzazioni relative ai vincoli che eventualmente gravano sul territorio di riferimento.
Risulta, peraltro, evidente che, affinché possa configurarsi un comportamento inerte del Comune, ci si deve trovare di fronte ad una situazione nella quale l’ente ha a disposizione tutti gli elementi per la definizione della domanda, richiedendosi, in particolare, la completezza della documentazione, utile non solo a verificare la condonabilità dell’opera ma anche a determinare le conseguenti somme dovute dal privato.
Il costante orientamento giurisprudenziale in materia (cfr. Cons. Stato, VI, 21-2-2019, n. 1210;VI, 5-12-2018, n.6899; IV, 11-10-2017, n. 4703; IV, 26-4-2018, n, 2517) è, invero, nel senso che, per la formazione del silenzio-assenso sull’istanza di condono edilizio, è necessario che ricorrano i requisiti sia dell’avvenuto pagamento dell’oblazione dovuta e degli oneri di concessione, che dell’avvenuto deposito di tutta la documentazione prevista per l’istanza di condono, affinché possano essere utilmente esercitati tutti i poteri di verifica da parte dell’amministrazione comunale. Pertanto, l’assenza di completezza della domanda di sanatoria osta alla formazione tacita del titolo abilitativo, potendosi esso formare per effetto del silenzio-assenso soltanto se la domanda di sanatoria presentata possegga i requisiti soggettivi ed oggettivi per essere accolta, rappresentando, il mero decorso del tempo, soltanto un elemento costitutivo, tra gli altri, della fattispecie autorizzativa
” (Cons. St. sent. n. 8181/2019).
Nella memoria depositata nel presente grado di giudizio la difesa del Comune afferma che:
“il Comune depositava (in primo grado n.d.r.) la nota prot. 795388/2018 dell’Ufficio condono edilizio con documentazione che assevera l’inesistenza, in punto di fatto, dei presupposti per la concessione della sanatoria.
Precisamente:
l’istanza di sanatoria era del tutto incompleta, anzitutto perché la documentazione allegata era riferita solo ad uno dei fabbricati che si chiedeva di condonare. – Né risultano versamenti relativi agli oneri concessori, né in acconto né a conguaglio. – Neppure risultava alcuna richiesta di N.O. alle autorità preposte alla tutela dei diversi vincoli interessanti l’area de quo.”
22. Relativamente ai vincoli ed alla possibilità, in via generale, di ottenere la sanatoria è pacifico per la giurisprudenza del Consiglio di Stato che, in presenza di un vincolo, la sanatoria può essere concessa soltanto su parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo (Cons. St. sent. n. 8469/2020).
In sede di ordinanza cautelare n. 794/2020 questo Consiglio ha ribadito che:
“-è principio consolidato della giurisprudenza amministrativa l’impossibilità giuridica di formazione di un provvedimento tacito di assenso su domande di sanatoria edilizia relative a immobili ricadenti in aree sottoposte a vincoli per l’ipotesi della mancanza di espresso parere favorevole, giacché il rilascio della concessione in sanatoria per abusi in zone vincolate presuppone necessariamente il parere favorevole della competente autorità” (cfr. Con. St., sez. V, n.1933/ 2007)”.
23. Ritiene il Collegio che le prospettazioni difensive non siano fondate per la dirimente considerazione che nell’area oggetto del presente procedimento sussiste un insuperabile ed assoluto vincolo di edificabilità
Sussiste, infatti, nella zona in cui insistono le opere in esame il vincolo cimiteriale.
Il Collegio ritiene opportuno, a questo punto, richiamare le norme che disciplinano il citato vincolo ed i suoi effetti.
Le norme di riferimento sono l’art 338 del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 e l’articolo 57 de d.P.R. n. 285 del 1990.
Dispone l’art. 338 del r. d. 27 luglio 1934, n. 1265 nel testo oggi in vigore:
“I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
A detta della stessa norma (comma 5) il Consiglio comunale può derogare al limite dei 200 metri solo su conforme parere dell’autorità sanitaria ed unicamente per realizzare opere pubbliche o interventi urbanistici ovviamente di pubblico interesse.
L’articolo 57 de d.P.R. n. 285 del 1990 dispone che:
“I cimiteri devono essere isolati dall’abitato mediante la zona di rispetto prevista dall’art. 338 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni”.
Le norme richiamate impongono di definire il vincolo cimiteriale quale vincolo assoluto ex lege.
Il vincolo, che è in vigore a far data dal 1934, risponde all’esigenza di tutelare e salvaguardare i plurimi interessi pubblici che il legislatore ha considerato assolutamente prevalenti a fronte di qualsivoglia interesse di natura privatistica.
Il vincolo nasce, in primo luogo, dalla necessità di tutelare il rispetto e la sacralità del culto dei defunti.
A questa esigenza si accompagnano esigenze di natura sanitaria.
Per ultimo, il vincolo di inedificabiltà considera la possibilità che in futuro possa essere necessario espandere l’area territoriale destinata alle sepolture.
Si tratta di un vincolo che trova fondamento nell’immaginario collettivo più profondo della comunità e che il legislatore ha deciso di tutelare optando per una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto.
L’assunto è stato più volte ribadito dal Consiglio di Stato ed è stato condiviso dalla Corte di Cassazione:“come bene evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità correttamente richiamata dalla Corte d’appello, l’art 338 del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 prescrive che i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dai centri abitati e tale disposizione opera indipendentemente dagli strumenti urbanistici ed eventualmente anche in contrasto con gli stessi.
In detta fascia di rispetto cimiteriale è vietato sia costruire nuovi edifici sia intervenire su manufatti preesistenti con opere che comportino un’alterazione dei volumi o delle superfici (Sez. 3, n. 8553 del 24/05/1996, Rv. 206680). Inoltre, in tema di inedificabilità assoluta, la deroga al divieto di costruzione di nuovi edifici nel raggio di duecento metri dal perimetro dei cimiteri è consentita unicamente con riguardo all’esecuzione di un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, con esclusione, quindi, dell’edilizia residenziale privata
” (Cass. Pen. sent. n. 5507 del 12 febbraio 2020).
Il Consiglio di Stato con la sentenza, sez. IV, 8 luglio 2019, n. 4692 ha ribadito che:
“a) il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici;
b) il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
c) il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti
.”
24. A fronte di un vincolo assoluto non è possibile alcun condono o sanatoria dell’opera abusivamente realizzata.
Il vincolo di rispetto cimiteriale preclude il rilascio della concessione edilizia, anche in sanatoria ai sensi dell’art. 33, l. 28 febbraio 1985 n. 47, senza necessità di valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell’opera con i valori tutelati dal vincolo (C.G.A.R. S, ss.rr. n.4/2016).
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5458 del 20 luglio 2021 ha ulteriormente precisato:
In linea generale, il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici; esso ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale; il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica e si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per a loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti”.
La sentenza citata decide in merito ad una fattispecie sovrapponibile a quella oggetto del presente procedimento affermando:
In dettaglio, il Comune ha basato il diniego sulla circostanza che l’immobile oggetto di controversia “risulta posto ad una distanza inferiore ai 200 mt. (art. 338, comma 1, R.D. n. 1265/1934) e pertanto rientrante interamente all’interno dell’area di rispetto cimiteriale” e, quindi, è insuscettibile di sanatoria, ai sensi dell’art. 33, comma 1 lettera d), della legge n. 47/1985, in forza del quale non sono sanabili le opere in contrasto con vincoli che comportino l’inedificabilità assoluta.
Tale conclusione è pienamente aderente alla giurisprudenza di questo Consiglio, secondo cui non sono condonabili le opere abusive realizzate all’interno della fascia di rispetto cimiteriale, atteso che tale vincolo determina una situazione di inedificabilità ex lege ed integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto

Come si desume dalle citate sentenze, il vincolo cimiteriale, contrariamente a quanto sostenuto da parte appellante, è certamente antecedente alla realizzazione dell’opera abusiva.
Afferma la sentenza appellata che “risulta dall’istanza di condono che i lavori sono stati ultimati nell’anno 1979; il vincolo cimiteriale – che ex lege determina una situazione di inedificabilità e che non necessita di recepimento da parte dello strumento urbanistico – è stato introdotto con il menzionato regio decreto, in epoca anteriore alla realizzazione degli abusi.”
25. Irrilevante è pertanto anche il contenuto del contratto di compravendita.
Tutte le doglianze veicolate con il primo motivo di appello, pertanto, non sono fondate.
26. Non è fondato il secondo motivo di appello.
Il mero decorso del tempo non trasforma in legittimo ciò che è fin dall’origine illegittimo.
Costituisce tuttavia ius receptum il principio in forza del quale, a prescindere da ogni altra considerazione, le sanzioni edilizie, quale quella in questione, non risentono del tempo trascorso dalla commissione dell’abuso, come ribadito dall’Adunanza plenaria” (Cons. St. sent. n. 6181/2021 del 1 settembre 2021).
La stessa sentenza precisa che “Il decorso del tempo, infatti, lungi dal radicare in qualche misura la posizione giuridica dell’interessato, rafforza piuttosto il carattere abusivo dell’intervento, anche perché non ci si può fondatamente dolere del ritardo con cui l’Amministrazione ripristina la legalità.”
27. Non è fondato il terzo ed ultimo dei motivi.
La verificazione disposta dal primo giudice è decisamente esaustiva e chiarisce come la demolizione di ciò che è abusivo possa essere effettuata in sicurezza grazie ad alcuni accorgimenti tecnici da adottare nel corso dell’esecuzione dei lavori.
La sentenza appellata arriva a queste conclusioni anche dopo averte adeguatamente ponderato le osservazioni formulate in merito da parte oggi appellante.
28. Tutti i motivi sono infondati e l’appello deve essere, pertanto, respinto.
29 Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna gli appellanti a rifondere, in solido, le spese del secondo grado di giudizio a favore dell’Amministrazione costituita che liquida complessivamente in euro 2.000,00 (duemila) oltre spese accessorie se previste per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 22 settembre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina, Presidente
Raffaele Prosperi, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere
Maria Immordino, Consigliere
Antonino Caleca, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Antonino Caleca)
IL PRESIDENTE (Fabio Taormina)
IL SEGRETARIO