Norme correlate:
Massima
Testo
Norme correlate:
Capo 18 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990
Massima:
Consiglio Stato, Sez. V, 11 ottobre 2002, n. 5505
La normativa regolamentare comunale di polizia mortuaria e sui cimiteri in tanto è legittima in quanto non viene a porsi in contrasto con la normativa regolamentare adottata dal Governo, in virtù di quanto previsto dall’art. 4 disp. prel. c.c. La normativa comunale che impone, a pena di decadenza, il rinnovo della concessione cimiteriale perpetua al trascorrere di ogni trentennio è venuta a trovarsi in contrasto con la disposizione di cui all’art. 93 del regolamento governativo approvato con d.P.R. n. 803 del 1975 (il cui contenuto è stato poi ripetuto nell’art. 92 d.P.R. 10 settembre 1990 n. 285). Nella normativa statale, per le concessioni di durata superiore ai 99 anni rilasciate anteriormente al d.P.R. n. 803 del 1975, l’esercizio del potere di revoca nell’interesse pubblico viene ancorato a due precisi presupposti (superamento di 50 anni dall’ultima tumulazione e grave insufficienza del cimitero), che debbono concorrere entrambi per la legittimità del provvedimento di revoca, mentre la decadenza viene consentita rispetto all’inosservanza di determinati obblighi a carico del concessionario da precisare con l’atto di concessione (o con la convenzione che sovente l’accompagna). Con l’entrata in vigore del d.P.R. n. 803 del 1975, debbono ritenersi abrogate “in parte qua” le disposizioni regolamentari comunali che imponevano il rinnovo della concessione ogni trentennio e deve, pertanto, ritenersi illegittimo il provvedimento di decadenza fondato sulla persistenza della vigenza di tali disposizioni comunali.
Testo completo:
Consiglio Stato, Sez. V, 11 ottobre 2002, n. 5505
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.7353/1995, proposto da Belli Giampaolo, rappresentato e difeso dagli avv.ti C. Simoncini e D. D’amato, elettivamente domiciliato presso il secondo in Roma, via Cola di Rienzo n.111;
CONTRO
Comune di Bergamo, in persona del Sindaco p.t., rappr. e dif. dagli avv.ti P. Gaggioli, V. Gritti ed E. Romanelli, elettivamente domiciliato presso quest’ultimo, in Roma via Cosseria n.5; per la riforma
della sentenza TAR Lombardia, sez. Brescia, n.581 del 17.10.1994, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dal sig. Belli;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio de Comune;
Viste le memorie difensive prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 19.3.2002, relatore il consigliere Aniello Cerreto ed uditi altresì i difensori delle parti come da verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto:
FATTO
Il sig. Belli , con l’appello in epigrafe, ha fatto presente che era proprietario di una cappella cimiteriale nel cimitero maggiore di Bergamo e che il Comune con provvedimento del 10.8.1990 aveva dichiarato la decadenza dalla concessione cimiteriale per mancanza di conferma, non essendosi provveduto a richiederne il rinnovo, secondo quanto previsto dalle disposizioni dei regolamenti comunali richiamati; che proposto ricorso al TAR avverso detto provvedimento e le disposizioni richiamate, per violazione del D.P.R. n.803/1975 (non potendo dichiararsi decaduta la concessione cimiteriale per motivi diversi da quelli previsti da tale normativa) e dei principi generali in materia nonché per eccesso di potere per difetto di motivazione, illogicità ed ingiustizia manifesta; che il TAR aveva respinto il ricorso ritenendo legittime le norme regolamentari locali che prevedevano la decadenza dalla concessione perpetua per mancata presentazione della domanda di riconferma ad ogni trentennio e non applicabili le disposizioni D.P.R. n. 803/75 concernenti la revocabilità della concessione, mentre la decadenza, riguardando le modalità esecutive della convenzione, poteva essere autonomamente regolata dall’Ente locale.
Ha dedotto che detta sentenza era erronea ed ingiusta in quanto:
– il provvedimento impugnato era stato adottato nel 1990 e perciò la sua legittimità doveva essere valutata sulla base della normativa vigente e cioè il D.P.R. n.803/1975, il quale disciplinava anche il caso delle concessioni perpetue;
– i regolamenti comunali in tanto potevano ritenersi legittimi in quanto fossero conformi alla legge, non potendo essi introdurre autonomamente maggiori oneri a carico del privato;
– la normativa da applicare era quella del D.P.R. n.803/1975, che non consentiva di adottare l’impugnato provvedimento di decadenza.
Costituitosi in giudizio, il Comune ha chiesto il rigetto dell’appello, rilevando che i vari regolamenti comunali che si erano succeduti nel tempo (1905, 1916, 1939 e 1960) prevedevano l’obbligo dell’interessato di chiedere la riconferma della concessione alla scadenza del trentennio.
Con memoria conclusiva, l’appellante ha ribadito il suo interesse all’impugnativa delle disposizioni regolamentari comunali, diventato attuale solo con l’adozione del provvedimento di decadenza, insistendo per l’accoglimento dell’appello.
Alla pubblica udienza del 19.3.2002, il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
1. Con sentenza TAR Lombardia, sez. Brescia, n.581 del 17.10.1994, è stato respinto il ricorso proposto dal sig. Belli avverso il provvedimento del 10.8.1990, con il quale il Sindaco del comune di Bergamo aveva dichiarato la decadenza dalla concessione cimiteriale perpetua per mancanza di riconferma nel trentennio sulla base della normativa regolamentare comunale.
Avverso detta sentenza ha proposto appello l’interessato, sostenendo sostanzialmente l’illegittimità di detta normativa comunale in quanto in contrasto con la disciplina statale di cui agli artt. 93 e 99 D.P.R. 21.10.1975 n.803.
2.L’appello è fondato.
2.1. Il TAR, dopo aver precisato che con la convenzione del 1°.6.1915 (intercorsa tra il Comune e la famiglia Belli) era stata ottenuta dalla famiglia Belli una concessione su un’area del nuovo cimitero per la costruzione di una cappella di famiglia (poi realizzata), ritiene che i diritti spettanti al concessionario potevano essere affievoliti dal Comune con l’esercizio del potere regolamentare volto ad assicurare l’ordinato governo del cimitero. Per cui, avendo il Comune previsto nei vari regolamenti che si erano succeduti nel tempo (1905, 1916, 1939 e 1960) la decadenza dalla concessione per mancato rinnovo allo scadere di ogni trentennio, doveva ritenersi legittimo l’atto di decadenza per non essere intervenuto il prescritto rinnovo. Né erano applicabili le invocate disposizioni di cui al D.P.R. n.803/1975 che limitavano unicamente il potere di revoca della concessione, mentre la decadenza (attenendo alle modalità esecutive della convenzione) poteva essere autonomamente regolata dall’Ente locale.
2.2.Al riguardo si osserva che la normativa regolamentare comunale di polizia mortuaria e sui cimiteri in tanto è legittima in quanto non viene a porsi in contrasto con la normativa regolamentare adottata dal Governo, in virtù di quanto previsto dall’art. 4 delle disposizioni preliminari al codice civile.
Ciò premesso, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, nel caso in esame la normativa comunale che impone, a pena di decadenza, il rinnovo della concessione cimiteriale perpetua al trascorrere di ogni trentennio è venuta a trovarsi in contrasto con la disposizione di cui all’art. 93 del regolamento governativo approvato con D.P.R. n.803/1975 (il cui contenuto è stato poi ripetuto nell’art. 92 del D.P.R. 10.9.1990, n.285).
Detta disposizione statale, dopo aver precisato che le concessioni cimiteriali rilasciate dopo l’entrata in vigore del regolamento, non possono avere una durata superiore ai 99 anni, salvo rinnovo, prevede per quelle anteriori, di durata superiore ai 99 anni, la facoltà di revoca da parte del Comune quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma e si verifichi una grave situazione di insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno e non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di nuovo cimitero. Consente poi al Comune, con l’atto di concessione, di imporre al concessionario determinati obblighi tra cui quello di costruire la sepoltura entro un tempo determinato, pena la decadenza della concessione.
Con la conseguenza che nella normativa statale, per le concessioni di durata superiore ai 99 anni rilasciate anteriormente al D.P.R. n.803/1975, l’esercizio del potere discrezionale di revoca nell’interesse pubblico viene ancorato a due precisi presupposti (superamento di 50 anni dall’ultima tumulazione e grave insufficienza del cimitero), che debbono concorrere entrambi per la legittimità del provvedimento di revoca, mentre la decadenza viene consentita rispetto all’inosservanza di determinati obblighi a carico del concessionario da precisare con l’atto di concessione (o con la convenzione che sovente l’accompagna).
Per cui, il Comune alla data di adozione del provvedimento di decadenza (1990), trattandosi di concessione di durata almeno superiore ai 99 anni ( in quanto nella convenzione del 1915 non era stato posto alcun termine alla relativa concessione) non aveva il potere di imporre sulla base della propria normativa regolamentare altri adempimenti, ai quali ricollegare la decadenza della concessione, potendo fare ciò solo con l’atto di concessione o con le modifiche successive (il che non era avvenuto nella specie).
Invero, con l’entrata in vigore del D.P.R. n.803/1975, debbono ritenersi abrogate in parte qua le disposizioni regolamentari comunali che imponevano il rinnovo della concessione ogni trentennio (artt. 170 e 171 del Regolamento del Cimitero di Bergamo del 1960) e per l’effetto deve ritenersi illegittimo il provvedimento di decadenza impugnato che si fondava sulla persistenza della vigenza di tali disposizioni comunali.
3.Per quanto considerato, l’appello deve essere accolto.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. V)
Accoglie l’appello indicato in epigrafe e per l’effetto in riforma della sentenza del TAR, accoglie il ricorso originario, come motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19.3.2002 con l’intervento dei Signori:
Agostino Elefante, Presidente
Corrado Allegretta, Consigliere
Goffredo Zaccardi, Consigliere
Aniello Cerreto, Consigliere rel. est
Gerardo Mastrandrea, Consigliere
L’ESTENSORE, f.to Aniello Cerreto
IL PRESIDENTE, f.to Agostino Elefante
IL SEGRETARIO, f.to Luciana Franchini