Alcune note sul sistema sanzionatorio per le violazioni al Regolamento di polizia mortuaria – 2/2

I rinvii nell’art. 107

Riprendendo il testo dell’art. 107 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. si nota che vi è un rinvio ad alcune disposizioni del T.U.LL.SS., precisamente agli artt. 338, 339, 340 e 358.
L’art. 338 ha ad oggetto la lascia di rispetto cimiteriale, l’art. 339 (già visto) al trasporto funebre, l’art. 340 al divieto di sepoltura fuori dai cimiteri (norma a rilevanza di ordine pubblico interno, prevedendo non solo una sanzione per il caso di violazione, ma altresì di “ripristino” della situazione violata).
Fin qui si tratta di norme che statuiscono prescrizioni e comportamenti, mentre l’art. 358, in particolare il suo comma 2, appare maggiormente pertinente al sistema sanzionatorio.
Infatti, questo individua un sistema sanzionatorio per i regolamenti di applicazione dello stesso T.U.LL.SS., fornendo un supporto aggiuntivo, e di rango primario, alla previsione dell’art. 107 stesso.
Si fa notare come l’art. 16, comma 1 D. Lgs. 22 maggio 1999, n. 196 “Attuazione della direttiva 97/12/CE che modifica e aggiorna la direttiva 64/432/CEE relativa ai problemi di polizia sanitaria in materia di scambi intracomunitari di animali delle specie bovina e suina. “ abbia modificato tale comma 2 dell’art. 358 T.U.LL.SS. disponendo che le parole: “i>fino a lire quattrocentomila” sono sostituite dalle seguenti: “da lire tremilioni (ora: 1.549,37 €) a lire diciottomilioni (ora: 9.296,22 €), salvo che il fatto costituisca reato“”.
Ora, il rapporto tra la misura edittale minima e quella massima, porta a richiamare l’art. 16 “(Pagamento in misura ridotta)” L. 24 novembre 1981, n. 689 e s.m., per cui è ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione: in pratica, il soggetto sanzionato può, nel termine ivi previsto, provvedere al pagamento in misura ridotta, nelle misura che gli sia maggiormente favorevole tra 1/3 del massimo e il minimo x 2, che, nel caso dell’art. 358, comma 2 T.U.LL.SS. si “traduce” in 3.098,74 €.
Per inciso, l’art. 16 d.lgs. 22 maggio 1999, n. 196 è stato oggetto di abrogazione (ad eccezione dell’art. 12, comma 1) da parte dell’art. 22, comma 1, lett. b) d.lgs. 5 agosto 2022, n. 134 “Disposizioni in materia di sistema di identificazione e registrazione degli operatori, degli stabilimenti e degli animali per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/429, ai sensi dell’articolo 14, comma 2, lettere a), b), g), h), i) e p), della legge 22 aprile 2021, n. 53”, con cui è stato riorganizzato il sistema d’identificazione e registrazione (c.d. sistema I&R), con tale abrogazione l’art. 358, comma 2 t.u.ll.ss., r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 e s.m. torna a prevedere le sanzioni “originarie”, che, con i “moltiplicatori” sopra indicati e previa conversione in euro, portano ad una sanzione amministrativa pecuniaria “fino a 206.,00 €”, con l’osservazione additiva che, essendovi solo sanzione stabilita nel massimo, non può trovare applicazione il sopra citato art. 16 l. 24 novembre 1981, n. 689 e s.m.
Ma il rinvio all’art. 16 L. 24 novembre 1981, n. 689 e s.m., porta anche a richiamare i precedenti artt. 13 e ss. della medesima legge, richiamando come questo ultimo preveda che:
(comma 1) Gli organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono, per l’accertamento delle violazioni di rispettiva competenza, assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica.
(comma 4) All’accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, i quali, oltre che esercitare i poteri indicati nei precedenti commi, possono procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del pretore del luogo ove le perquisizioni stesse dovranno essere effettuate. Si applicano le disposizioni del primo comma dell’articolo 333 e del primo e secondo comma dell’articolo 334 del codice di procedura penale.
(comma 5) E’ fatto salvo l’esercizio degli specifici poteri di accertamento previsti dalle leggi vigenti.
Mentre per chi rivesta la qualifica di ufficiale e/o agente di P.G. l’individuazione appare sostanzialmente implicita in tale qualifica, quale precisazione qualche precisazione può meritare l’attribuzione agli “organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni ….” dal momento che nelle materie considerate dal D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. potrebbero non essere immediatamente chiari a quali figure si faccia riferimento: ad esempio, se si considera l’art. 51 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. è chiara l’attribuzione di una competenza in capo ai comuni (in realtà la norma cita “il Sindaco”, ma sulle questioni che ruotano attorno alle competenze degli organi comunali occorre sempre considerare anche le disposizioni del T.U.E.L., D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m. e, temporalmente prima di questo, della L. 8 giugno 1990, n. 142, norma di rango primario e, per questo, prevalente), ma ciò non agevola l’individuazione delle figure che, all’interno del comune assolva alle funzioni di “organi addetti al controllo”, anche se possano, in linea di massima, richiamarsi le disposizioni in materia di polizia locale.
Non solo, ma non si può sottovalutare il fatto che, in alcune fattispecie, vi possa essere una “sovrapposizione” tra “controllato” e “controllore”.
Un solo esempio, tra i tanti possibili: se “personale” (si vuole essere generici) comunale violasse l’art. 76, comma 8 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. …
Oppure, altro esempio: se il comune non osservasse, violandole, le disposizioni dell’art. 58 stesso D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
Ma vi sono disposizioni dello stesso Regolamento di polizia mortuaria per le quali gli “organi addetti al controllo” sono individuabili in figure del tutto estranee ai comuni, come si ha nei casi degli artt. 20 e 21 del medesimo Regolamento di polizia mortuaria, dove è chiaramente sussistente una competenza del personale dell’A.S.L.
Ma ciò apre un’ulteriore questione: non sono mancati casi in cui, con meri atti amministrativi, alcune regioni hanno stabilito che le (proprie) A.S.L. si astengano (o non vi provvedano) dallo svolgere tali funzioni, situazioni che (a parte la palese limitazione di efficacia ai singoli ambiti territoriali regionali) hanno generato criticità di non poco conto, dal momento che se (sul singolo territorio regionale) vi è questo inadempimento (leggi: violazione), in termini di bona fide per il personale A.S.L., ciò non di meno i soggetti obbligati (cioè quanti mettano in esercizio i mezzi di trasporto funebre o le loro rimesse) rimangono tenuti all’osservanza delle disposizioni de quo.
In tali casi, un eventuale accertamento da parte di ufficiali e/o agenti di P.G. non potrebbe tenere conto di atti amministrativi in quanto privi di valore, e forza, normativa, ma semplicemente accertare la violazione a queste norme (anche nel medesimo ambito territoriale).
Oppure, e ciò si è già verificato, quando A.S.L. di altra regione constatino, ed accertino, la violazione, per quanto in bona fide, delle disposizioni citate.
E il fattore di bona fide, magari anche “subito” da parte degli operatori maggiormente professionali (purtroppo non sempre presenti in modo omogeneo), rimane pur sempre “subito” con la conseguenza che risulta maggiormente “amara” l’applicazione della sanzione.

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Sereno Scolaro

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