Massima
Testo
Testo completo:
Tar Toscana, Sez. III, 2 febbraio 2015, n. 183
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1993 del 1999, proposto da:
Tarabella Maria Pia, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Chidichimo, Pietro Paolo Giampellegrini, con domicilio eletto presso lo studio degli stessi in Firenze, viale Fratelli Rosselli 47;
contro
Comune di Massa, rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Iaria, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Firenze, Via dei Rondinelli 2;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
dell’ordinanza n. 290 del Dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Massa, emessa nei confronti della ricorrente in data 5.5.1999 e notificata in data 11.5.1999, prot. n. 15183/99/3206, con cui si rigettava la domanda di concessione in sanatoria presentata in data 28 marzo 1986 e, per l’effetto, si ordinava alla ricorrente la demolizione di tutte le opere abusivamente realizzate ed il ripristino dello stato dei luoghi entro il termine di sessanta giorni dalla data di notifica; e di ogni altro atto precedente e successivo, correlato e connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Massa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 novembre 2014 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La signora Maria Pia Tarabella impugna il provvedimento del 5 maggio 1999, in epigrafe, mediante il quale il Comune di Massa le ha negato il rilascio della concessione in sanatoria ex art. 31 della legge n. 47/1985 relativamente al fabbricato ad uso residenziale e ad altro manufatto accessorio da lei abusivamente realizzati su terreno di sua proprietà ubicato alla via dei Colli (località Pariana), e, contestualmente, ha ordinato la demolizione delle costruzioni medesime e il ripristino dello stato dei luoghi. Il diniego di condono è motivato con riferimento all’insistenza delle opere abusive su area già sottoposta a vincolo cimiteriale di inedificabilità assoluta.
1.1. Costituitasi l’amministrazione intimata, con ordinanza del 2 settembre 1999 il tribunale ha respinto l’istanza cautelare di sospensione proposta dalla ricorrente.
1.2. Nel merito, la causa è stata discussa e trattenuta per la decisione nell’udienza straordinaria del 19 novembre 2014, all’interno del programma per lo smaltimento dell’arretrato del T.A.R. Toscana approvato dal C.P.G.A. ai sensi dell’art. 16 dell’Allegato II al D.Lgs. n. 104/2010.
2. Con il primo motivo e il secondo motivo di ricorso sono dedotte, rispettivamente, la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, per non avere la ricorrente ricevuto comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo di demolizione, e l’incompetenza dell’organo procedente.
2.1. I motivi sono infondati.
2.1.1. Per giurisprudenza da lungo tempo consolidata, nei procedimenti preordinati all’emanazione di ordinanze di demolizione di opere edili abusive non trova applicazione l’obbligo di comunicare l’avvio dell’iter procedimentale, e questo in ragione della natura vincolata del potere repressivo esercitato, che rende di per sé inconfigurabile un qualunque apporto partecipativo del privato (per tutte, cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4279). Nella specie, peraltro, dalla documentazione in atti si ricava che il Comune di Massa, a seguito dell’accesso eseguito presso la proprietà della ricorrente, ha provveduto in data 25 agosto 1998 a comunicare l’avvio del procedimento originato dall’accertamento ivi condotto, di modo che l’obbligo prescritto dall’invocato art. 7 della legge n. 241/1990 risulta, in realtà, assolto.
2.1.2. Quanto al dedotto vizio di incompetenza, sia sufficiente osservare che in virtù dell’art. 2 della legge n. 191/1998, l’art. 51 della legge n. 142/1990, applicabile ratione temporis, è stato modificato nel senso di definitivamente chiarire ogni dubbio circa l’avvenuto trasferimento ai dirigenti comunali della competenza all’adozione dei provvedimenti repressivi in materia edilizia.
3. Con il terzo motivo, la ricorrente afferma che il provvedimento impugnato sarebbe viziato per difetto di motivazione e per falsa applicazione dell’art. 33 della legge n. 47/1985. Esso non recherebbe, infatti, alcuna indicazione circa l’epoca di esecuzione delle opere e quella di imposizione del vincolo cimiteriale, mentre, dalla certificazione urbanistica rilasciata dallo stesso Comune, l’area risulterebbe essere stata sottoposta a vincolo solo a seguito dell’approvazione del P.R.G. del 1972, quando le opere erano state oramai realizzate, fatta eccezione per semplici opere di rifinitura della costruzione.
3.1. Con il quarto motivo, quindi, la signora Tarabella puntualizza come l’unico vincolo gravante sull’area prima del 1972 fosse quello di cui all’art. 338 R.D. n. 1265/1934, disposizione inapplicabile alle opere da lei eseguite, perché ricadenti al di fuori di un centro abitato. Per questo aspetto, del resto, la regolarità del fabbricato sarebbe stata espressamente riconosciuta dal Comune all’epoca dell’ampliamento del cimitero di Pariana, ed, in ogni caso, il vincolo imposto dall’art. 338 cit. non porrebbe una preclusione assoluta all’edificabilità, ma imporrebbe una semplice verifica di compatibilità igienico-sanitaria della presenza di abitazioni all’interno della fascia di rispetto del cimitero. Infine, nella specie, non sarebbe stata la ricorrente a edificare in violazione del vincolo, quanto il cimitero ad essere ampliato troppo a ridosso delle abitazioni preesistenti.
3.1.1. Anche tali censure, da esaminarsi congiuntamente, sono infondate.
3.2. Secondo il consolidato orientamento della Sezione, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, il vincolo imposto dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934 e dall’art. 57 D.P.R. n. 285/1990 è un vincolo assoluto di inedificabilità ex lege, tale da prevalere addirittura anche su eventuali disposizioni urbanistiche contrarie, con conseguente insanabilità delle opere realizzate all’interno della fascia di rispetto cimiteriale a prescindere da qualsiasi valutazione in concreto della compatibilità del manufatto rispetto al vincolo medesimo. Questo, dal canto suo, risponde a una pluralità di funzioni, quali assicurare condizioni di igiene e salubrità, garantire tranquillità e decoro ai luoghi di sepoltura, consentire futuri ampliamenti dell’impianto funerario, ed opera indipendentemente dal tipo di fabbricato, riguardando anche gli edifici sparsi (per tutte, cfr. T.A.R. Toscana, sez. III, 12 novembre 2013, n. 1553, e 12 luglio 2010, n. 2446; Cons. Stato, sez. IV, 27 ottobre 2009, n. 6547).
Escluso, pertanto, che la nascita del vincolo in questione possa essere ricondotta all’approvazione del P.R.G. del 1972, che si limita a rinviare a leggi e regolamenti vigenti, la circostanza, pacifica, che gli abusi per cui è causa siano stati sin dall’origine realizzati all’interno della fascia di rispetto del cimitero di Pariana rende doveroso il diniego di condono, legittimando le scelte dell’amministrazione procedente ed evidenziando l’inconferenza dei rilievi svolti dall’interessato. Al riguardo, basti osservare che il vincolo di rispetto del cimitero di Pariana risale ad epoca anteriore al 1958, anno in cui la fascia di rispetto venne ridotta da duecento a cento metri, mentre le opere abusive risultano completate rispettivamente nel 1976 e nel 1981, stando a quanto a suo tempo indicato dalla ricorrente nell’istanza di condono; la presenza delle opere all’interno della fascia di rispetto di cento metri è peraltro confermata proprio dal decreto sindacale dell’11 agosto 1998, dal quale non può farsi discendere il riconoscimento della legittimità urbanistico-edilizia delle costruzioni ivi presenti, trattandosi di provvedimento cui sono unicamente sottese valutazioni di matrice igienico-sanitaria effettuate dal Comune nella prospettiva dell’ampliamento del cimitero e non anche in quella, speculare, dell’assentibilità delle costruzioni esistenti all’interno della fascia di rispetto cimiteriale (dal decreto dell’11 agosto 1998 è assente, in definitiva, ogni valutazione circa la legittimità delle costruzioni sparse realizzate all’interno della fascia di rispetto, la presenza delle quali viene assunta al solo scopo di escludere che esse costituissero un centro abitato ai fini dell’art. 338 n. 1265/1934. Quel che rileva ai fini di causa, piuttosto, è che dette costruzioni si trovassero all’interno della fascia di rispetto ben prima che il cimitero fosse ampliato).
3.3. I rilievi appena svolti danno altresì conto dell’adeguatezza motivazionale dell’atto impugnato, che fa dichiarata applicazione dell’art. 33 della legge n. 47/1985 previa indicazione del relativo presupposto giuridico-fattuale, vale a dire l’esistenza del vincolo cimiteriale di inedificabilità assoluta.
4. Con il quinto motivo, la ricorrente lamenta che il Comune non avrebbe condotto accertamenti in ordine all’effettiva distanza delle opere abusive dal cimitero, di modo che l’affermazione circa l’insistenza delle opere in zona di rispetto cimiteriale, contenuta nel verbale del 14 settembre 1998, finirebbe per l’essere apodittica.
4.1. In senso contrario, si ribadisce che è la stessa ricorrente a riconoscere come la propria abitazione sia una di quelle localizzate all’interno della fascia di rispetto del cimitero di Pariana cui fa riferimento il decreto sindacale dell’11 agosto 1998, sopra richiamato, e comunque la circostanza è comprovata dagli estratti del P.R.G. del 1972 e dagli stralci dei rilievi aerofotogrammetrici prodotti dal Comune, non contestati, che attestano appunto la presenza del fabbricato all’interno della fascia di rispetto (si ricorda che il P.R.G. del 1972 non ha fatto altro che confermare la fascia di rispetto nella pregressa misura di cento metri).
5. Con il sesto motivo, si sostiene infine che il diniego di sanatoria dovrebbe considerarsi abnorme in relazione al manufatto accessorio alla costruzione principale, trattandosi di opere pertinenziali non soggette a concessione e insuscettibili di sanzione demolitoria, ai sensi dell’art. 4 co. 2 della legge n. 47/1985. La doglianza non tiene conto, tuttavia, del contenuto proprio del vincolo cimiteriale, che importa inedificabilità assoluta dell’area indipendentemente dalla tipologia di fabbricato e dalla natura pertinenziale dello stesso (fra le molte, cfr. T.A.R. Toscana, sez. III, 11 giugno 2010, n. 1815, ma già, all’epoca dei fatti di causa, Cons. Stato, sez. V, 27 agosto 1999, n. 1006).
6. In forza di tutte le considerazioni che precedono, il ricorso non può trovare accoglimento e va respinto.
6.1. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 2.500,00, oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Gianluca Bellucci, Presidente
Pierpaolo Grauso, Consigliere, Estensore
Raffaello Gisondi, Primo Referendario
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)