Corte di giustizia europea, Sez. II, 25 ottobre 2007, n. C-174/06

Massima:
Corte di giustizia europea, Sez. II, 25 ottobre 2007, n. C-174/06
L’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva del Consiglio n. 77/388/CEE, del 17 maggio 1977 (in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme) dev’essere interpretato nel senso che rientra nella nozione di “locazione di beni immobili”, ai sensi di detto articolo, un rapporto giuridico nell’ambito del quale ad un soggetto sia concesso il diritto di occupare e di usare, in modo anche esclusivo, un bene pubblico (specificamente zone del demanio marittimo) per una durata limitata e dietro corrispettivo.

Testo completo:
Corte di giustizia europea, Sez. II, 25 ottobre 2007, n. C-174/06
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
25 ottobre 2007
“Sesta direttiva – IVA – Operazioni esenti – Locazione di beni immobili – Bene demaniale”
Nel procedimento C 174/06,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dalla Corte suprema di cassazione, con ordinanza 13 gennaio 2006, pervenuta in cancelleria il 3 aprile 2006, nella causa tra
Ministero delle Finanze – Ufficio IVA di Milano
e
CO.GE.P. Srl,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. K. Schiemann, J. Makarczyk (relatore), J.-C. Bonichot e dalla sig.ra C. Toader, giudici,
avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer
cancelliere: sig. R. Grass
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Repubblica italiana, dal sig. S. Fiorentino, in qualità di agente;
– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. A. Aresu e dalla sig.ra M. Afonso, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
1. La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione dell’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la “sesta direttiva”).
2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia fra il Ministero delle Finanze – Ufficio IVA di Milano (in prosieguo: l'”Ufficio”) e la società a responsabilità limitata CO.GE.P., esercente attività di preparazione e miscelazione di derivati del petrolio (in prosieguo: la “CO.GE.P.”), in ordine alla regolarità fiscale di fatture relative all’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'”IVA”), emesse nei suoi confronti dal Consorzio Autonomo del Porto di Genova (in prosieguo: il “consorzio”) per la concessione di zone del demanio marittimo destinate allo stoccaggio, alla lavorazione ed alla movimentazione di oli minerali.
CONTESTO NORMATIVO
La normativa comunitaria
3. Secondo il suo undicesimo ‘considerando’, la sesta direttiva si propone, in particolare, di redigere un elenco comune di esenzioni dall’IVA, per una percezione paragonabile delle risorse proprie in tutti gli Stati membri.
4. L’art. 2, n. 1, della sesta direttiva assoggetta ad IVA “le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale”.
5. L’art. 4, nn. 1, 2 e 5, della direttiva in parola stabilisce che:
“1. Si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.
2. Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un’operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.
(…)
5. Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.
Se però tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza.
In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell’allegato D quando esse non sono trascurabili.
Gli Stati membri possono considerate come attività della pubblica amministrazione le attività dei suddetti enti le quali siano esenti a norma degli articoli 13 o 28”.
6. L’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva, che fa parte del capo X di quest’ultima, intitolato “Esenzioni”, così dispone:
“Fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sotto elencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:
(…)
b) l’affitto e la locazione di beni immobili, ad eccezione:
1. delle prestazioni di alloggio, quali sono definite dalla legislazione degli Stati membri, effettuate nel settore alberghiero o in settori aventi funzioni analoghe, comprese le locazioni di campi di vacanza o di terreni attrezzati per il campeggio;
2. delle locazioni di aree destinate al parcheggio dei veicoli;
3. delle locazioni di utensili e macchine fissati stabilmente;
4. delle locazioni di casseforti.
Gli Stati membri possono stabilire ulteriori esclusioni al campo di applicazione di tale esenzione”.
La normativa nazionale
7. L’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, stabilisce quanto segue:
“L’imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese o nell’esercizio di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate”.
8. Ai sensi dell’art. 10, ottavo comma, del detto decreto, così come modificato dall’art. 35 bis del decreto legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito con modificazioni nella legge 27 aprile 1989, n. 154, sono esenti dall’imposta le locazioni non finanziarie e gli affitti, relative cessioni, risoluzioni e proroghe, di terreni e aziende agricole, di aree diverse da quelle destinate a parcheggio di veicoli, (…) i fabbricati, comprese le pertinenze, le scorte e in genere i beni mobili destinati durevolmente al servizio degli immobili locati e affittati, esclusi quelli strumentali che, per le loro caratteristiche, non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni e quelli destinati ad uso di civile abitazione locati dalle imprese che li hanno costruiti per la vendita.
9. L’art. 36 del Codice della navigazione, approvato con Regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 (Gazzetta ufficiale 18 aprile 1942, n. 93, edizione speciale), prevede che l’amministrazione marittima, compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, può concedere l’occupazione e l’uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per un determinato periodo di tempo.
CAUSA PRINCIPALE E QUESTIONE PREGIUDIZIALE
10. Avendo qualificato la concessione di zone del demanio marittimo come operazioni non soggette ad IVA, il consorzio emetteva fatture alla CO.GE.P. senza applicazione dell’IVA. L’amministrazione tributaria, invece, notificava alla detta società alcuni avvisi di rettifica delle dichiarazioni IVA relativamente agli anni dal 1991 al 1993.
11. Con ricorso proposto il 30 maggio 1996 presso la Commissione tributaria di primo grado di Milano, la CO.GE.P. impugnava tali avvisi di rettifica, contestando l’assoggettamento all’IVA dei servizi resi dal consorzio, segnatamente in quanto sarebbero mancate le condizioni per l’applicazione dell’IVA.
12. Il giudice investito della questione accoglieva il ricorso in parola con decisione 19 novembre 1996.
13. Il 2 febbraio 1998, l’Ufficio proponeva appello contro detta pronuncia, poiché le operazioni realizzate dovevano essere assoggettate ad IVA trattandosi di prestazioni di servizi compiute nell’esercizio di un’impresa.
14. Con decisione 20 settembre e 20 ottobre 1999, la Commissione tributaria regionale della Lombardia respingeva l’appello, accogliendo la tesi della CO.GE.P. secondo cui le concessioni di beni demaniali, a differenza delle vere e proprie locazioni di immobili, non potrebbero considerarsi né cessioni di beni, né prestazioni di servizi ai sensi della legislazione in materia di IVA, e pertanto non sarebbero assoggettabili a tale imposta.
15. Con atto depositato il 13 marzo 2000, l’Ufficio proponeva ricorso per cassazione davanti al giudice a quo.
16. Dinanzi a tale giudice, l’Ufficio ha sostenuto che il consorzio è senza dubbio un ente pubblico economico.
17. L’Ufficio ha altresì fatto valere che l’atto di concessione, pur implicando l’esercizio di un potere discrezionale di natura pubblica, risulta comunque compiuto nell’esercizio di attività economiche e commerciali, al fine di ricavarne un’entrata costituita dai canoni, che sono destinati all’esercizio dell’impresa pubblica. D’altra parte, la concessione di un deposito costiero per il magazzinaggio di oli minerali, come nella fattispecie della causa principale, risponde a fini non di pubblica utilità, ma meramente economici.
18. A tale riguardo, il giudice del rinvio ha osservato che, secondo l’amministrazione tributaria italiana, quando la concessione, come è avvenuto nel caso di specie, sia stata affidata da un ente portuale, e non dall’autorità marittima, un tale atto deve considerarsi come esercizio di attività d’impresa stante il carattere industriale e commerciale dell’ente in questione.
19. A tal proposito il giudice a quo ha precisato alcuni punti della normativa italiana.
20. Detto giudice sottolinea così che, pur essendo il rapporto tra concedente e concessionario costituito da un atto amministrativo unilaterale, discrezionale e autoritativo, tale atto presuppone, indefettibilmente, una manifestazione di volontà dell’interessato, diretta ad ottenere la concessione. La regolamentazione del rapporto tra ente concedente e concessionario è affidata ad una convenzione bilaterale.
21. Il giudice del rinvio esclude peraltro che, allo stato dell’ordinamento nazionale, le concessioni di beni del demanio portuale possano considerarsi “servizi portuali”.
22. Infine, dalla decisione di rinvio risulta che, secondo la giurisprudenza della Corte suprema di cassazione (sentenze 26 maggio 1992, n. 6281, e 25 luglio 2001, n. 10097), nonostante la loro natura amministrativa, gli atti di concessione di beni demaniali, quando siano emanati da enti portuali, non sono riconducibili nello schema della concessione pubblicistica di diritto di uso esclusivo su tali beni. Infatti, nella misura in cui gli atti di cui trattasi rientrano nell’ambito dell’attività economica svolta dagli enti in parola, essi vengono espressamente assimilati ai contratti di locazione di beni immobili nonostante il loro diverso regime giuridico. Ne consegue pertanto che le concessioni di beni demaniali devono ritenersi operazioni soggette ad IVA.
23. In tale contesto, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
“Se il conferimento ad un soggetto del diritto di usare in modo, anche esclusivo, un bene pubblico, senza prestazione di servizi di carattere prevalente su quello di consentire l’uso del bene, per un periodo determinato e dietro corrispettivo d’importo assai inferiore al valore del bene, conferimento posto in essere, su domanda dell’interessato, da un ente pubblico che esercita un’impresa, attraverso l’emanazione di un atto amministrativo, come avviene nella concessione di beni demaniali disciplinata dal diritto nazionale, anziché con un contratto, costituisca un’ipotesi di locazione di beni immobili esente da IVA, secondo la previsione dell’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva [77/388/CEE]”.
SULLA QUESTIONE PREGIUDIZIALE
24. In via preliminare va osservato che dalla decisione di rinvio risulta che il consorzio è un ente pubblico a carattere economico il quale opera, rispetto alla gestione dei beni del demanio che gli sono affidati, non in nome e per conto dello Stato, che rimane titolare della proprietà, ma in nome proprio, in quanto amministra tali beni, in particolare adottando decisioni autonome.
25. Per quanto concerne il consorzio, non sono quindi soddisfatti i requisiti cumulativi necessari affinché possa operare la regola dell’esenzione di cui all’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva, vale a dire l’esercizio di attività da parte di un ente pubblico e l’esercizio di attività in veste di pubblica autorità (v., in questo senso, sentenza 14 dicembre 2000, causa C 446/98, Fazenda Pública, Racc. pag. I 11435, punto 15).
26. Per quanto riguarda la questione se il rapporto giuridico in discussione nella causa principale rientri nella nozione di “locazione di beni immobili” ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva, in primo luogo occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, le esenzioni previste dall’art. 13 della direttiva in parola costituiscono nozioni autonome di diritto comunitario e devono pertanto ricevere una definizione comunitaria (v. sentenze 12 giugno 2003, causa C 275/01, Sinclair Collis, Racc. pag. I 5965, punto 22; 18 novembre 2004, causa C 284/03, Temco Europe, Racc. pag. I 11237, punto 16, e 3 marzo 2005, causa C 428/02, Fonden Marselisborg Lystbådehavn, Racc. pag. I 1527, punto 27).
27. In secondo luogo, i termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui all’art. 13 della sesta direttiva devono essere interpretati restrittivamente, dato che tali esenzioni costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l’IVA è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo (v., in particolare, sentenze 12 settembre 2000, causa C 358/97, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I 6301, punto 52; 18 gennaio 2001, causa C 150/99, Stockholm Lindöpark, Racc. pag. I 493, punto 25, e Sinclair Collis, cit., punto 23).
28. Detta regola d’interpretazione restrittiva non significa tuttavia che i termini utilizzati per specificare le esenzioni debbano essere interpretati in un modo che priverebbe tali esenzioni dei loro effetti (v. sentenza Temco Europe, cit., punto 17).
29. In terzo luogo, occorre constatare che l’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva non definisce la nozione di “locazione” e nemmeno rinvia alle definizioni adottate a tal riguardo dalle normative degli Stati membri (v. sentenza 4 ottobre 2001, causa C 326/99, “Goed Wonen”, Racc. pag. I 6831, punto 44).
30. La disposizione di cui trattasi deve quindi essere interpretata alla luce del contesto nel quale si inserisce, nonché della finalità e della struttura della sesta direttiva, tenendo conto particolarmente della ratio legis dell’esenzione che essa prevede (v., in questo senso, sentenze citate “Goed Wonen”, punto 50, e Fonden Marselisborg Lystbådehavn, punto 28).
31. Nella sua giurisprudenza, la Corte ha precisato che la locazione di beni immobili ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva, consiste, in sostanza, nel conferimento da parte del locatore al locatario, per una durata convenuta e dietro corrispettivo, del diritto di occupare un immobile come se quest’ultimo ne fosse il proprietario e di escludere qualsiasi altra persona dal godimento di un tale diritto (v., in questo senso, sentenze “Goed Wonen”, cit., punto 55; 9 ottobre 2001, causa C 409/98, Mirror Group, Racc. pag. I 7175, punto 31; 8 maggio 2003, causa C 269/00, Seeling, Racc. p. I 4101, punto 49, e Temco Europe, cit., punto 19).
32. Nella causa principale, è in discussione un rapporto giuridico nell’ambito del quale ad una società è concesso il diritto di occupare ed utilizzare, in modo anche esclusivo, zone del demanio marittimo, specificamente un deposito costiero destinato allo stoccaggio, alla lavorazione ed alla movimentazione di oli minerali, per una durata limitata e a fronte di un corrispettivo il cui importo è notevolmente inferiore al valore del bene.
33. Considerato il suo contenuto, tale rapporto è assimilabile ad un atto contrattuale che rientra nell’ambito delle attività di natura industriale e commerciale del consorzio.
34. Occorre infatti rilevare che la caratteristica fondamentale del rapporto in parola, in comune con la locazione di un bene immobile, consiste nel mettere a disposizione una superficie, specificamente una parte del demanio marittimo, dietro corrispettivo, garantendo all’altra parte contrattuale il diritto di occuparlo e di utilizzarlo e di escludere le altre persone dal godimento di un tale diritto.
35. Di conseguenza, il rispetto del principio di neutralità dell’IVA nonché il criterio vincolante dell’applicazione coerente delle disposizioni della sesta direttiva, segnatamente quelle relative alle esenzioni, inducono ad assimilare un rapporto quale quello di cui trattasi nella causa principale alla locazione di beni immobili ai sensi dell’art. 13, parte B, lett. b), della direttiva in parola.
36. Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla questione sottoposta dichiarando che l’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva dev’essere interpretato nel senso che un rapporto giuridico quale quello in discussione nella causa principale, nell’ambito del quale ad un soggetto è concesso il diritto di occupare e di usare, in modo anche esclusivo, un bene pubblico, specificamente zone del demanio marittimo, per una durata limitata e dietro corrispettivo, rientra nella nozione di “locazione di beni immobili” ai sensi di detto articolo.
SULLE SPESE
37. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE (SECONDA SEZIONE) DICHIARA:
L’art. 13, parte B, lett. b), della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, dev’essere interpretato nel senso che un rapporto giuridico quale quello in discussione nella causa principale, nell’ambito del quale ad un soggetto è concesso il diritto di occupare e di usare, in modo anche esclusivo, un bene pubblico, specificamente zone del demanio marittimo, per una durata limitata e dietro corrispettivo, rientra nella nozione di “locazione di beni immobili” ai sensi di detto articolo.

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