Norme correlate: Art. 62 d.P.R. 10/9/1900, n. 285
Massima
Costituisce variante essenziale la realizzazione di monumento funerario quando questo sia realizzato in eccedenza dell'area cimiteriale in concessione.
Testo
TAR Sicilia, Catania, Sez.III, 3 ottobre 2024, n. 3248
Pubblicato il 03/10/2024
N. 03248/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01558/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1558 del 2024, proposto da
Armando M., rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenzo Basile, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Scicli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Umberto Di Grande, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Francesco P., rappresentato e difeso dall’avvocato Caterina Riccotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
– dell’ordinanza di demolizione n. 134 R.O., del 6.05.2024, notificata il successivo 9.05.2024, a firma del Capo del V Settore Tecnico del Comune di Scicli;
– di ogni atto presupposto, consequenziale e connesso, ivi compresi: a) il verbale di sopralluogo congiunto del 16.11.2023 dell’Unità repressione abusivismo edilizio e del S.U.E.; e b) la nota prot. interno U.T.C. n. 7654 del 23.02.2024.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Scicli e di Francesco P.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 1 ottobre 2024 il dott. Francesco Fichera e udito per la parte resistente il difensore come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
1. Il sig. Armando M., odierno ricorrente, ha presentato in data 13.04.2021 al Comune di Scicli la SCIA alternativa al permesso di costruire prot. com. n. 14919 per la costruzione di un monumento isolato nel Settore 42, lotto “4”, presso il sito cimiteriale comunale, dopo l’adozione della concessione cimiteriale n. 36518 dell’8.04.2021, avente ad oggetto tale area.
A seguito di segnalazione di presunte opere abusive da parte del sig. Francesco P., concessionario di un monumento posto a confine e a fianco di quello del ricorrente, l’U.T.C. del Comune di Scicli ha effettuato, in data 16.11.2023, apposito sopralluogo in esito al quale è stato rilevato che il monumento realizzato dal ricorrente avesse dimensioni superiori a quelle consentite.
A seguito del sopralluogo, il ricorrente ha comunicato all’Ente l’intenzione di rimuovere gli abusi, e, con successiva nota del 12.12.2023 Prot. comunale n. 46846, ha informato il Comune “di aver provveduto alla sistemazione del piano di campagna circostante il monumentino ricoprendo con graniglia il gradino realizzato al di fuori dell’area data in concessione”.
In data 6.05.2024 l’Ente comunale ha adottato l’ordinanza di demolizione n 134 R.O., con la quale, contestando la differenza di quota tra il basamento autorizzato e quello realizzato, per come rilevato in sede di sopralluogo – con il quale è stato riscontrato che l’area oggetto della concessione cimiteriale n. 36518/2021 avesse le dimensioni di 2,50 x 3,35 m. sebbene l’ingombro massimo concesso per la realizzazione del monumento funerario fosse pari a 1,50 x 2,50 m., ha disposto a carico del ricorrente la demolizione e la messa in ripristino dell’opera abusiva.
2. Con ricorso notificato in data 4.07.2024 e depositato il successivo 1.09.2024 il sig. M. ha chiesto l’annullamento, previa sospensione cautelare dei relativi effetti, dell’ordinanza di demolizione n. 134 R.O. del 6.05.2024, notificata il 9.05.2024, e di ogni atto presupposto, consequenziale e connesso, ivi compresi il verbale di sopralluogo congiunto del 16.11.2023, dell’Unità repressione abusivismo edilizio e del S.U.E. e la nota, prot. interno U.T.C., n. 7654 del 23.02.2024.
I suddetti atti sono stati avversati per i seguenti motivi di diritto: 1) Violazione dell’art. 37, comma 1, in combinato disposto con l’art. 22, comma 1 e 2, del D.P.R. n. 380 del 2001; 2) Eccesso per travisamento dei fatti; difetto di istruttoria; motivazione carente ed illogica.
2.1. Con il primo motivo di gravame la parte che ricorre in giudizio deduce che, trattandosi di opere per le quali opera lo strumento della SCIA di cui all’art. 22 del D.P.R. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia – T.U.E.), eventuali difformità avrebbero dovuto essere sanzionate con la sanzione amministrativa e pecuniaria di cui all’art. 37 del medesimo T.U.E. e non con quella repressivo-ripristinatoria adottata dall’Amministrazione comunale. Viene evidenziato, nello specifico, che le difformità riscontrate dall’Ente sarebbero esigue (consistenti, oltre che nella mancata realizzazione di un gradino, in una modesta variazione di quota del marciapiede – nella misura, rispettivamente, di 5 cm e di 21 cm) e che a nulla rileverebbe che gli abusi contestati ricadano su un’area demaniale, in quanto, per tale ipotesi, l’art. 35 del D.P.R. 380/2001 prevede la sanzione ripristinatoria limitatamente agli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, ovvero in totale o parziale difformità dal medesimo.
2.2. Con la seconda doglianza la parte deduce, in via subordinata, che l’ordinanza impugnata sia comunque illegittima per difetto di istruttoria da parte del Comune procedente, in quanto l’U.T.C. avrebbe potuto appurare, così come rilevato dalla relazione di parte versata dal ricorrente in giudizio, le violazioni compiute dal sig. P., odierno controinteressato, per quanto concerne il mancato rispetto delle distanze minime dal confine del monumento limitrofo a quello da quest’ultimo realizzato nell’area cimiteriale (ossia una distanza di soli 10 cm dal confine est a fronte di quella minima richiesta di 40 cm) nonché per la mancata valorizzazione del dislivello del piano di campagna dell’area, motivo per il quale il sig. M. si è trovato nella necessità di apportare una modifica in altezza del proprio loculo al fine di mantenerlo in posizione orizzontale.
3. Con memoria del 23.09.2024 il ricorrente ha insistito per l’accoglimento del proprio ricorso, evidenziando, altresì, di aver effettuato accesso alla pratica edilizia e alla concessione cimiteriale rilasciata al sig. P. e di aver appreso dalla documentazione ostesa dal Comune di Scicli che il monumento funebre da quest’ultimo realizzato sia stato edificato e posizionato sulla base di un progetto errato, risultando decentrato e non collocato, nella ripartizione della superficie disponibile, in sezione centrale, con conseguente pregiudizio, pertanto, del rispetto delle distanze minime tra i lotti confinanti e a ridosso di quello che sarebbe stato costruito successivamente dal ricorrente. Viene ulteriormente specificato che non sarebbe stata rispettata la distanza minima di 40 cm tra il confine del lotto del controintressato e il loculo che su di esso insiste, confermando le risultanze della relazione di parte prodotta dal ricorrente in giudizio, ove viene osservato che il loculo costruito dal sig. P. sia stato posto a 77 cm dal confine ovest e a 10 cm dal confine est. La documentazione a cui il ricorrente ha avuto accesso confermerebbe, inoltre, che il terreno su cui tutti i concessionari hanno realizzato i propri loculi abbia una pendenza verso il basso tale da rendere necessaria la realizzazione di un “piano sistemato” più alto del piano di campagna al fine di mantenerlo in posizione orizzontale e di non sottometterlo proprio al suddetto piano di campagna. Il ricorrente afferma, in ultimo, di aver presentato al Comune di Scicli, in data 19.09.2024, – alla luce delle suddette risultanze documentali – istanza di annullamento in autotutela dell’ordinanza ora impugnata nonché di adozione di un atto di demolizione nei confronti della costruzione realizzata dal sig. P..
4. Il Comune di Scicli, Amministrazione intimata, si è costituito in giudizio in data 27.09.2024, contestando la fondatezza dei motivi di gravame sollevati dal ricorrente.
5. Il sig. Francesco P., parte controinteressata, si è costituito in giudizio in data 27.09.2024, anch’egli controdeducendo in ordine alle doglianze sollevate dalla parte che ricorre in giudizio.
6. Nella stessa data del 27.09.2024 la parte ricorrente ha presentato istanza con la quale ha chiesto di disporre l’inutilizzabilità ai fini di causa della predetta memoria di costituzione del controinteressato, ritenuta tardiva in quanto depositata alle ore 13:37 dell’ultimo giorno ritenuto utile.
7. Alla camera di consiglio dell’1.10.2024, previo avviso della possibile definizione con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., data dal Presidente al presente difensore dell’Amministrazione resistente, che nulla ha osservato, la causa è stata posta in decisione.
8. Deve preliminarmente osservarsi, con specifico riguardo alla memoria di costituzione presentata dal controinteressato, che essa non può essere considerata tardiva.
L’art. 55, comma 5, c.p.a. stabilisce che, a seguito della presentazione della domanda cautelare, “…Le parti possono depositare memorie e documenti fino a due giorni liberi prima della camera di consiglio”.
Orbene, ai sensi dell’art. 155, comma 5 c.p.c., disposizione che trova applicazione anche nel processo amministrativo, il sabato è da considerarsi equiparato ai giorni festivi limitatamente ai soli atti processuali che scadono di sabato e da compiersi fuori dell’udienza. Tale regola nel processo amministrativo, tuttavia, vale soltanto per i termini che si calcolano in avanti e non anche per quelli a ritroso, posto che l’art. 52, comma 5 c.p.a. estende al sabato la sola proroga dei termini che scadono il giorno festivo di cui al comma 3, e non anche il meccanismo di anticipazione di cui al comma 4, con la conseguenza che un termine a ritroso che scada di sabato, come nel caso di cui all’art. 55, comma 5, c.p.a., non va anticipato al venerdì, mentre laddove scada di domenica, lo stesso deve essere anticipato al sabato e non al venerdì (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 4454/2011, T.A.R. Sicilia, Palermo, sent. n. 682/2019, nonché T.A.R. Lazio, Roma, sez. III-bis, 27 ottobre 2021 n. 11020).
La memoria di costituzione depositata dalla parte controinteressata, pertanto, non può ritenersi tardiva, in quanto depositata un giorno prima di quello di scadenza del termine.
9. Il ricorso è, nel merito, infondato per quanto di seguito esposto e considerato.
10. Il primo motivo è infondato.
10.1. L’opera per cui è causa rientra tra gli interventi subordinati a segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire, come disciplinata dall’art. 23 del D.P.R. 380/2001, al cui modello si conforma, del resto, la SCIA presentata dall’odierno ricorrente in data 13.04.2021 al Comune di Scicli e protocollata al n. 14919.
Da ciò discende che, in presenza di difformità dell’opera realizzata a seguito di tale peculiare tipologia di SCIA, non può trovare applicazione quanto previsto dall’art. 22 del D.P.R. 380/2001 (il quale concerne la c.d. SCIA ordinaria) e, in particolare, dall’art. 37 del D.P.R. 380/2001, il quale stabilisce espressamente, al primo comma, che “La realizzazione di interventi edilizi di cui all’articolo 22, commi 1 e 2, in assenza della o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività comporta la sanzione pecuniaria pari al triplo dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 1.032 euro”.
La disciplina di cui al predetto art. 37 del D.P.R. 380/2001, invocata dal ricorrente in luogo della sanzione repressivo-ripristinatoria adottata dal Comune di Scicli, non può quindi operare nella fattispecie per cui è causa in quanto, in presenza di un intervento che richiede la SCIA alternativa al permesso di costruire, il regime sanzionatorio non può essere diverso da quello predisposto per le opere edilizie realizzate in assenza del permesso di costruire o in totale difformità da esso (ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 5.09.2017, n. 9572). Deve quindi trovare correttamente applicazione l’art. 31, comma 1, del D.P.R. 380/2001, secondo cui “Sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile”.
Il successivo comma 2 stabilisce che “Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3”.
Ai sensi dell’art. 12 della L.R. 16/2016, che recepisce, con modifiche, l’art. 32 del D.P.R. 380/2001, sono variazioni essenziali:
a) un mutamento della destinazione d’uso che implichi altra destinazione non consentita dagli strumenti urbanistici con variazione degli standard previsti dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444;
b) un aumento della cubatura dell’immobile superiore al 20 per cento;
c) un aumento della superficie utile calpestabile e dell’altezza dell’immobile superiore al 10 per cento;
d) la riduzione dei limiti di distanza dai confini o dai cigli stradali in misura superiore al 10 per cento, rispetto a quelli prescritti. Rientrano in questa fattispecie una diversa ubicazione o un diverso orientamento del fabbricato all’interno del lotto rispetto al progetto assentito alla fine;
e) il mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio, autorizzato su immobili esistenti, rispetto alla classificazione dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come introdotto dall’articolo 1;
f) la violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando la stessa non attenga a fatti procedurali.
Ciò evidenziato, nel verbale di sopralluogo richiamato dall’ordinanza impugnata si legge che “l’area oggetto della Concessione Cimiteriale n. 36518/2021 aveva le dimensioni di 2,50 x 3,35 m” sebbene “… l’ingombro massimo concesso per la realizzazione del monumento funerario è pari a 1,50 x 2,50 m (vedi Conc. Cim. 36518/21)”. Da ciò si evince che, tenuto conto della disciplina prevista dall’art. 12 della L.R. 16/2016, si sia concretizzato (quantomeno) un aumento dell’altezza dell’immobile superiore al 10%, il quale non risulta smentito da quanto riportato nella relazione tecnica di parte versata in atti dal ricorrente, nel quale è indicato che il piano sistemato rispetto al piano di campagna sia più alto, rispettivamente, a nord-est di 5 cm, a sud-est di 9 cm, e a nord-ovest di 28 cm.
Non risulta smentito dal ricorrente nemmeno l’evidenziato aumento volumetrico dell’opera, in quanto, a fronte di un ingombro massimo consentito di 3,75 mq (1,50 x 2,50 m), si è arrivati a un ingombro di 8,375 mq (2,50 x 3,35 m), in violazione della concessione cimiteriale rilasciata, con un aumento della superficie utile calpestabile e della cubatura dell’opera con percentuali superiori a quelle riportate nel suddetto art. 12 della L.R. 16/2016 (tali da determinare una “variazione essenziale”).
Le motivazioni del provvedimento gravato, anche per il tramite del richiamo per relationem alle risultanze del suddetto verbale di sopralluogo, individuano e descrivono con chiarezza l’opera abusiva realizzata dalla parte ricorrente, le cui dimensioni finali – e, in particolare, la cui altezza e il cui volume – risultano maggiori in modo consistente rispetto a quelle oggetto della concessione cimiteriale, determinando una riduzione della distanza dal loculo confinante e concretizzando, quindi, una variazione essenziale in presenza della quale l’ordine di demolizione e di messa in ripristino costituisce, ad avviso del Collegio, un’attività vincolata alla quale l’Amministrazione comunale non poteva sottrarsi.
L’assenza di discrezionalità in capo all’Amministrazione nel determinare le sanzioni da applicare in caso di abusi realizzati su suoli pubblici esclude, tra l’altro, che nella fattispecie possa ravvisarsi una violazione del principio di proporzionalità, poiché la demolizione rappresenta l’unica sanzione applicabile (cfr. T.A.R. Sardegna, sez. I, 5.10.2022, n. 658).
11. Anche la seconda doglianza risulta infondata.
11.1. Non può assumere rilievo, ai fini del presente giudizio, l’eventualità – come prospettata dalla parte ricorrente – che l’Ente comunale non abbia verificato il posizionamento del monumento dell’odierno controinteressato così come del lotto successivo concesso al sig. Di Rosa, come si evincerebbe dalla relazione di parte versata in atti, trattandosi di evidenze che, anche ove venissero appurate, non sono sufficienti, ad avviso del Collegio, per integrare un difetto di istruttoria rispetto al procedimento per cui è causa, con cui viene in esame la difformità tra quanto previsto dalla concessione cimiteriale rilasciata all’odierno ricorrente a seguito di SCIA alternativa al permesso di costruire e l’opera finale da quest’ultimo realizzata, la quale prescinde da tali possibili risultanze.
Deve peraltro rilevarsi che il ricorrente, una volta resosi conto di non poter rispettare i termini della concessione cimiteriale – attesa la necessità di realizzare un “piano sistemato” più alto del piano di campagna al fine di mantenerlo in posizione orizzontale e non sottometterlo proprio al suddetto piano di campagna -, avrebbe potuto (e dovuto) valutare se la difformità rispetto al progetto iniziale fosse tale da rendere necessaria la presentazione di una variante in corso d’opera ai sensi dell’art. 22, commi 2 o 2-bis del D.P.R. 380/2001, o se, piuttosto, alla luce della variazione “essenziale” da apportare all’opera fosse necessario ottenere un nuovo titolo edilizio (ricorrendo, in questo caso, alla presentazione di una nuova SCIA alternativa al permesso di costruire ai sensi dell’art. 23 dello stesso T.U.E.).
Deve infatti distinguersi la c.d. variante in senso proprio, che consente di adeguare il titolo autorizzativo originario, dalla variazione essenziale, la quale necessita di un diverso e distinto titolo edilizio.
Più nello specifico:
i) le varianti in senso proprio, ovvero le modificazioni qualitative o quantitative di non rilevante consistenza rispetto al progetto approvato, tali da non comportare un sostanziale e radicale mutamento del nuovo elaborato rispetto a quello oggetto di approvazione, sono soggette al rilascio di un titolo in variante (peraltro, secondo quanto previsto dai commi 2 e 2-bis dell’art. 22 del D.P.R. 380/2001, tramite la presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività – SCIA, in luogo della quale il privato può optare per la richiesta di titolo esplicito), complementare ed accessorio, anche sotto il profilo temporale della normativa operante, rispetto all’originario permesso a costruire;
ii) le varianti essenziali, caratterizzate da incompatibilità quali-quantitativa con il progetto edificatorio originario rispetto ai parametri indicati dall’art. 32 del D.P.R. n. 380 del 2001, sono soggette al rilascio di un permesso di costruire (o, come in questo, caso a una SCIA alternativa al permesso di costruire) del tutto nuovo ed autonomo rispetto al primo (Cons. Stato, sez. II, 28.08.2020, n. 5288).
La giurisprudenza ha anche precisato che gli elementi da prendere in considerazione al fine di ritenere la sussistenza di una variante essenziale, piuttosto che una variante in senso proprio, sono le modifiche di rilievo apportate all’originario progetto sulla base di vari indici quali: la superficie coperta, il perimetro, il numero dei piani, la volumetria, la distanza dalle proprietà limitrofe, nonché le caratteristiche funzionali e strutturali, interne ed esterne, del fabbricato (T.A.R. Toscana 17.05.2021, n. 725; T.A.R. Calabria, Catanzaro 22.05.2018, n. 1082).
Alla luce delle modifiche apportate all’opera originaria, vi è quindi da ritenere che il ricorrente avrebbe dovuto presentare una nuova SCIA alternativa al permesso di costruire ai sensi dell’art. 23 del D.P.R. 380/2001, attesa la presenza di “varianti essenziali” secondo i parametri già individuati nell’ambito della trattazione del primo motivo di ricorso.
Nessuna carenza di motivazione può essere infine rilevata, atteso che dall’abusività dell’opera scaturisce con carattere vincolato l’ordine di demolizione, che in ragione di tale sua natura non esige una specifica motivazione o la comparazione dei contrapposti interessi (cfr. T.A.R. Sardegna, sez. I, 5.10.2022, n. 658; T.A.R. Campania; Napoli, sez. VII, n. 4266/2020; Cons. Stato, sez. V, n. 2196/2014).
12. Il ricorso, pertanto, in quanto infondato deve essere respinto.
13. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’Amministrazione resistente e della parte controinteressata, che liquida in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), oltre oneri accessori così come per legge, da ripartirsi come segue: € 1.000,00 (mille/00), oltre oneri accessori così come per legge, in favore dell’Amministrazione resistente; € 1.000,00 (mille/00), oltre oneri accessori così come per legge, in favore della parte controinteressata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 1 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Daniele Profili, Presidente FF
Valeria Ventura, Referendario
Francesco Fichera, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE (Francesco Fichera)
IL PRESIDENTE (Daniele Profili)
IL SEGRETARIO