Legge su intelligenza artificiale: un primo commento realizzato con strumenti di IA

Con la pubblicazione della legge 23 settembre 2025 n. 132, sulla Gu n. 223 del 25 settembre 2025, recante «Disposizioni e deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale», la nuova normativa fa ingresso ufficialmente nell’ordinamento giuridico italiano e si affianca al regolamento Ue 2024/1689 (il cosiddetto “AI Act”). Il provvedimento entrerà in vigore il 10 ottobre 2025.


Mentre i titoli dei giornali si sono concentrati sugli aspetti più prevedibili della regolamentazione, un’analisi più approfondita del testo legislativo rivela una strategia complessa e sfaccettata. Al di là delle norme sulla trasparenza e la sicurezza, emergono disposizioni contro-intuitive, investimenti massicci e principi cardine che dicono molto sulle ambizioni e le preoccupazioni dell’Italia nell’era digitale.
Questo articolo si propone di andare oltre la superficie, esplorando cinque delle verità più significative e inaspettate nascoste tra gli articoli della nuova legge. Dalla riaffermazione della centralità umana alla creazione di nuovi reati, scopriremo cosa dice davvero la normativa italiana sull’Intelligenza Artificiale e quale futuro sta cercando di costruire.

1. Il capo resta sempre l’uomo

L’IA è un super-assistente, non il decisore finale.
Un principio fondamentale e ricorrente in tutta la legge è la supremazia decisionale dell’essere umano. Lontano da scenari fantascientifici di macchine autonome, il legislatore italiano ha blindato il concetto di un’IA “antropocentrica”, concepita come uno strumento di supporto avanzato, il cui operato è sempre subordinato alla valutazione e alla responsabilità finale di una persona.
Questa filosofia si manifesta chiaramente nei settori più critici e delicati per la vita dei cittadini. L’insistenza della legge sulla supervisione umana non si limita a un singolo ambito; crea uno scudo giuridico coerente che attraversa i domini più sensibili della società — dalla sala operatoria all’aula di tribunale, fino all’ufficio amministrativo — dimostrando una scelta filosofica di ampio respiro.
Sanità (Art. 7): I sistemi di IA sono definiti come un supporto nei processi di prevenzione e cura, ma la legge chiarisce senza ambiguità, “…lasciando impregiudicata la decisione, che è sempre rimessa agli esercenti la professione medica.”
Pubblica Amministrazione (Art. 14): L’IA viene impiegata per supportare l’attività procedimentale, ma la responsabilità ultima rimane saldamente umana, con “…la persona che resta l’unica responsabile dei provvedimenti e dei procedimenti in cui sia stata utilizzata l’intelligenza artificiale.”
Giustizia (Art. 15): In modo ancora più perentorio, si stabilisce che ogni valutazione su fatti, prove e interpretazione della legge, così come l’adozione di provvedimenti, è di esclusiva competenza del magistrato.

Il testo dell’Articolo 15 è così potente e chiaro da meritare una citazione diretta, in quanto incapsula perfettamente questo principio:
Nei casi di impiego dei sistemi di intelligenza artificiale nell’attività giudiziaria è sempre riservata al magistrato ogni decisione sull’interpretazione e sull’applicazione della legge, sulla valutazione dei fatti e delle prove e sull’adozione dei provvedimenti.
Questa scelta legislativa non è banale: risponde direttamente alle paure collettive su macchine che prendono decisioni vitali e sancisce a livello normativo il concetto di “human-in-the-loop” (l’essere umano nel ciclo decisionale) come pilastro irrinunciabile del rapporto tra uomo e tecnologia.

2. La scommessa da 1 miliardo di euro sull’IA “Made in Italy”

Se da un lato la legge regola, dall’altro investe in modo massiccio per non restare indietro nella competizione tecnologica globale.
L’Articolo 23 svela una delle sorprese più grandi del testo: un impegno finanziario straordinario per costruire un ecosistema di IA nazionale.
La legge autorizza un investimento fino a un miliardo di euro per sostenere lo sviluppo di imprese italiane operanti nei settori strategici dell’intelligenza artificiale, della cybersicurezza e del calcolo quantistico.
Il meccanismo di investimento è preciso: avverrà tramite l’acquisizione di partecipazioni (equity e quasi equity) nel capitale di rischio di piccole e medie imprese (PMI) innovative e di altre aziende ad alto potenziale che abbiano la propria sede operativa in Italia.
Questa massiccia iniezione finanziaria rivela la duplice strategia della legge:
mentre una mano costruisce barriere per controllare i rischi dell’IA, l’altra piazza scommesse aggressive per garantire che l’Italia sia un creatore, e non solo un consumatore, nella corsa globale all’IA.
È una miscela pragmatica di cautela e ambizione sostenuta dallo Stato. L’obiettivo è favorire la nascita e la crescita di “campioni tecnologici nazionali”, costruendo una solida sovranità tecnologica e garantendo che una parte fondamentale dell’innovazione futura sia “Made in Italy”.

3. Uno scudo legale contro i deepfake: arriva un nuovo reato specifico

La legge non si limita a principi astratti ma interviene con decisione per contrastare uno dei fenomeni più inquietanti legati all’IA generativa: i deepfake.
L’Articolo 26 introduce una nuova e specifica fattispecie di reato nel codice penale, l’Art. 612-quater (Illecita diffusione di contenuti generati o alterati con sistemi di intelligenza artificiale).
La norma è diretta e severa.
Prevede la reclusione da uno a cinque anni per chiunque, utilizzando sistemi di IA, crei e diffonda immagini, video o audio falsificati o alterati di una persona senza il suo consenso, causando un danno ingiusto.
L’analisi del testo rivela un’ulteriore e importante sfumatura legale:
di norma, il reato è punibile a querela della persona offesa, ma la procedibilità diventa d’ufficio (automatica) in circostanze aggravate, come quando il fatto è commesso ai danni di una persona incapace o di un’autorità pubblica.
Questo intervento legislativo rappresenta una risposta moderna e concreta a una minaccia sociale crescente, fornendo alle forze dell’ordine e alla magistratura uno strumento giuridico specifico per perseguire la manipolazione digitale malevola.

4. Chi è l’autore? La legge fa chiarezza sul diritto d’autore nell’era dell’IA

In un panorama internazionale ancora incerto e dibattuto, la legge italiana prende una posizione netta su una delle questioni più complesse: a chi appartiene il diritto d’autore delle opere create con l’ausilio dell’IA?
L’Articolo 25 interviene modificando la storica legge sul diritto d’autore (Legge n. 633/1941) con un’aggiunta tanto piccola quanto significativa. All’articolo 1, dopo le parole “opere dell’ingegno”, viene inserita la parola “umano”.
Non solo: si specifica che le opere sono protette anche quando create con strumenti di IA, ma a una condizione precisa.
…anche laddove create con l’ausilio di strumenti di intelligenza artificiale, purché costituenti risultato del lavoro intellettuale dell’autore.
La norma stabilisce quindi un principio di grande pragmatismo:
il diritto d’autore non protegge le creazioni puramente generate da una macchina in autonomia, ma tutela pienamente la creatività umana che si avvale dell’IA come strumento.
Se un’opera è il risultato di un “lavoro intellettuale dell’autore”, anche se mediato da un algoritmo, essa è protetta dalla legge. Questa scelta offre un importante punto di equilibrio, proteggendo artisti, scrittori e creativi che usano le nuove tecnologie per esprimersi, senza cedere la paternità intellettuale alle macchine.

5. La “zona d’ombra” della legge: sicurezza nazionale e difesa

Forse l’elemento più contro-intuitivo della nuova legge è che, pur essendo onnicomprensiva, non si applica a tutti.
L’Articolo 6 delinea una netta “no-fly zone” per la regolamentazione, escludendo esplicitamente dal suo campo di applicazione le attività svolte per finalità di sicurezza nazionale, difesa nazionale (dalle Forze Armate) e cybersicurezza.
Questa esclusione si estende anche a determinate attività delle Forze di Polizia finalizzate alla prevenzione e al contrasto di gravi reati che minacciano la sicurezza dello Stato. Sebbene queste attività debbano comunque rispettare i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, esse operano al di fuori del quadro normativo principale istituito da questa legge.
Questa esenzione è forse la dichiarazione più onesta dell’intera legge: traccia una linea netta tra le regole che governano la società e gli strumenti riservati allo Stato. Mentre l’IA in ambito civile e commerciale deve essere trasparente e antropocentrica, nel dominio della sicurezza nazionale rimane uno strumento di potere che opera secondo un insieme di principi diverso e più opaco.

Conclusione: Una Bussola per il Futuro?

L’analisi di questi cinque punti rivela che la legge italiana sull’Intelligenza Artificiale è un documento molto più sfumato di una semplice raccolta di regole. È un tentativo di tracciare una rotta, bilanciando la necessità di controllo con l’ambizione di sviluppo, la protezione del cittadino con l’esigenza strategica dello Stato, e la riaffermazione della centralità umana con l’inevitabile progresso tecnologico.
L’Italia ha disegnato una mappa ambiziosa, con l’uomo come stella polare e la sovranità tecnologica come destinazione. Riuscirà questa bussola giuridica a orientare la nazione attraverso le turbolenze inevitabili della rivoluzione IA, o la realtà della competizione globale la costringerà a ricalcolare la rotta?
La vera sfida inizia ora.

Di seguito, chi è interessato può scaricare il testo della legge cliccando: Download legge
Inoltre si può ascoltare un podcast realizzato proprio con l’intelligenza artificiale (notebookLM di google) analizzando il testo della nuova legge. Basta cliccare su ASCOLTA 22 minuti di analisi in podcast

Lascia un commento

Quando inserisci un quesito specifica sempre la REGIONE interessata, essendo diversa la normativa che si applica.

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Di norma la risposta al quesito è data entro 3 giorni lavorativi.
Per quesiti complessi ci si riserva di non dar risposta pubblica ma di chiedere il pagamento da parte di NON operatori professionali di un prezzo come da tariffario, previo intesa col richiedente
Risposta a quesiti posti da operatori professionali sono a pagamento, salvo che siano di interesse generale, previa conferma di disponibilità da parte del richiedente.