TAR Toscana, Sez. III, 27 maggio 2022, n. 731

TAR Toscana, Sez. III, 27 maggio 2022, n. 731

Pubblicato il 27/05/2022
N. 00731/2022 REG.PROV.COLL.
N. 01552/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1552 del 2019, proposto da
Antonino G., Vincenzo G., Bruno G. e Luca G., rappresentati e difesi dall’avvocato Ivan Marrone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via dei Rondinelli 2;
contro
Comune di Firenze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Annalisa Minucci e Antonella Pisapia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura comunale in Firenze, Palazzo Vecchio, piazza della Signoria 1;
per l’annullamento
del diniego del condono edilizio del Comune di Firenze n. 2595/2019 del 23.10.2019, avente a oggetto la domanda di condono S/6525 relativa alla realizzazione in un immobile posto in Comune di Firenze, via del Fossetto n. 72, di una casa per civile abitazione di mq 35,26 di s.u. attualmente di proprietà dei signori Bruno e Luca G. e in usufrutto al signor Antonino G. e di locali ad uso magazzino per deposito materiali edili di mq 79,96 attualmente di proprietà di Vincenzo G., distinti in catasto fabbricati, Fg. 27, part. 551 e 620 sub. 500 e Fg. 27, part. 620 sub 501, recante anche l’ordine di demolizione delle menzionate opere entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 marzo 2022 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con provvedimento del 23 ottobre 2019, il Comune di Firenze ha respinto la domanda di sanatoria edilizia straordinaria del fabbricato che sorge alla via del Fossetto 72, composto da una casa di abitazione e dagli adiacenti locali a uso magazzino. Ad avviso dell’amministrazione procedente, gli abusi ricadrebbero in area sottoposta a vincolo cimiteriale di inedificabilità risalente ad epoca anteriore alla loro realizzazione, di modo che il diniego sarebbe necessitato ai sensi dell’art. 33 della legge n. 47/1985.
Il provvedimento – che contiene altresì l’ordine di procedere alla demolizione delle opere abusive – è impugnato dai ricorrenti in epigrafe, attuali proprietari dell’immobile (per la precisione, Vincenzo G. è proprietario del magazzino, mentre Luca e Bruno G. sono nudi proprietari dell’abitazione, concessa in usufrutto ad Antonino G.), i quale ne chiedono l’annullamento sulla scorta di cinque motivi in diritto.
1.1. Si è costituito in giudizio il Comune di Firenze, che conclude per il rigetto del gravame.
1.2. Nella camera di consiglio del 19 dicembre 2019, il collegio ha accordato la sospensiva richiesta con l’atto introduttivo del giudizio, e, successivamente, ha disposto procedersi a verificazione preordinata ad accertare se le opere oggetto della domanda di condono, al momento della loro ultimazione, rientrassero o meno all’interno del vincolo cimiteriale all’epoca vigente.
1.3. Esperito l’incombente istruttorio, la causa è stata discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 22 marzo 2022.
2. È impugnato il diniego di condono, con contestuale ordine di demolizione, dell’edificio ubicato in Firenze alla via del Fossetto 72. Come riferito in narrativa, il Comune di Firenze fa discendere il diniego dal vincolo cimiteriale gravante sull’area e comportante la sua assoluta inedificabilità.
Con il primo motivo di impugnazione, i ricorrenti affermano che non vi sarebbe prova certa della preesistenza del vincolo cimiteriale alla realizzazione delle opere abusive. Il diniego sarebbe dunque viziato per non avere il Comune verificato in concreto, tramite apposita istruttoria, se davvero quando gli abusi furono realizzati essi ricadessero o meno nella fascia di rispetto del vicino cimitero di Brozzi.
Con il secondo motivo è invocata l’ordinanza sindacale n. 995 del 1999, con cui il Comune di Firenze avrebbe stabilito la fascia di rispetto del cimitero di Brozzi in 200 metri rispetto al nucleo originario e in 100 metri rispetto all’ampliamento del cimitero stesso. Il fabbricato oggetto di causa si troverebbe, appunto, a distanza superiore ai 100 metri dal previsto e oggi realizzato ampliamento del cimitero, ponendosi perciò il diniego in violazione della menzionata ordinanza sindacale e, in via derivata, dell’art. 338 R.D. n. 1265/1934 e del d.P.R. n. 285/1990.
Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano che fin dal 1999 il Comune sarebbe stato al corrente delle ragioni ostative al rilascio della sanatoria, al punto da avere già trasmesso un primo preavviso di diniego alla allora proprietaria senza tuttavia definire il procedimento ed, anzi, consentendo l’esecuzione di nuovi interventi sull’immobile in forza di D.I.A. del 2005, alla quale nulla avrebbe opposto. Sotto questo aspetto, il diniego di condono sarebbe illegittimo perché violativo dell’affidamento degli interessati.
Il quarto motivo, subordinato, investe l’ordine di demolizione impartito dal Comune contestualmente al diniego della sanatoria, che sarebbe frutto di un non corretto bilanciamento degli interessi in gioco e non terrebbe adeguatamente conto della buona fede dei ricorrenti e del tempo trascorso dalla commissione degli abusi.
Infine, con il quinto motivo viene contestata l’applicabilità dell’acquisizione gratuita, prospettata dal Comune per il caso di inosservanza dell’ordine di demolizione, nei confronti degli odierni proprietari, non responsabili degli abusi e privi della disponibilità dell’immobile, concesso in locazione a terzi. Il provvedimento conterrebbe, inoltre, un’erronea indicazione dell’area di sedime da eventualmente acquisire al patrimonio comunale.
2.1. Le censure, da esaminarsi congiuntamente, sono fondate per quanto di ragione.
Per giurisprudenza assolutamente consolidata, dalla quale il collegio non intende discostarsi, il vincolo cimiteriale imposto dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934 e dall’art. 57 d.P.R. n. 285/1990 determina una situazione di inedificabilità ex lege che opera come limite conformativo della proprietà sganciato dalle esigenze della pianificazione territoriale e che, pertanto, non necessita di essere recepito dagli strumenti urbanistici locali, sui quali comunque prevale. Esso ha carattere assoluto e non consente l’allocazione di edifici o costruzioni all’interno della fascia di rispetto, a tutela dei molteplici interessi pubblici cui quest’ultima presiede e che vanno dalle esigenze di natura igienico sanitaria, alla salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, al mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale. A escludere l’inedificabilità non rilevano la tipologia del fabbricato o la natura pertinenziale della costruzione, e gli unici interventi assentibili all’interno della fascia di rispetto sono quelli indicati dal settimo comma dell’art. 338 cit. sugli edifici esistenti, con il limite della funzionalità all’utilizzo degli edifici stessi (fra le moltissime, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 dicembre 2020, n. 7617; id., sez. II, 26 agosto 2019, n. 5863; id., sez. VI, 27 febbraio 2018, n. 1164; T.A.R. Toscana, sez. III, 6 settembre 2021, n. 1157; id., 31 dicembre 2020, n. 1763).
Correlativamente, l’esistenza del vincolo cimiteriale impedisce anche la sanatoria edilizia ai sensi dell’art. 33 della legge n. 47/1985, senza che sia necessario compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell’opera con i valori oggetto di tutela (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 10 aprile 2020, n. 2370; id., sez. VI, 9 marzo 2016, n. 949).
Tanto premesso, la verificazione disposta dal collegio ha consentito di accertare che la porzione a uso abitativo dell’immobile di proprietà dei ricorrenti, identificata in catasto come particella 551, ricade all’esterno della fascia di rispetto di 200 metri calcolata dal perimetro del cimitero di Brozzi. Lo stesso non vale per i magazzini costruiti in aderenza all’abitazione e collocati sulla particella 620, i quali ricadono invece all’interno della fascia di rispetto cimiteriale.
La correttezza delle misurazioni eseguite dal verificatore non è contestata in fatto dalle parti. I ricorrenti sostengono però, in punto di diritto, che l’ampiezza della fascia di rispetto andrebbe calcolata a partire dal centro del cimitero, non dal suo perimetro, il che collocherebbe interamente al suo esterno anche i magazzini. Questi ultimi, in ogni caso, stando ai calcoli del verificatore ricadrebbero almeno in parte al di fuori della fascia di rispetto pur se misurata dal perimetro del cimitero.
La tesi non può essere condivisa.
Si sono già enucleate le esigenze che stanno a fondamento della previsione vincolistica dettata dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934, che nel testo vigente, modificato dalla legge n. 166/2002, al primo comma chiarisce espressamente come il divieto di costruire nuovi edifici intorno ai cimiteri operi nel raggio di 200 metri “dal perimetro dell’impianto cimiteriale”. E proprio la ratio della norma impone di ritenere che questa ne fosse l’unica interpretazione plausibile anche prima della ricordata novella legislativa, essendo evidente, come eccepito dalla difesa comunale, che le esigenze di tutela garantite dalla fascia di rispetto debbono valere per tutte le sepolture, ivi comprese quelle collocate ai margini esterni dell’impianto cimiteriale.
Per i magazzini, come per l’abitazione, il calcolo della distanza va dunque operato dal perimetro del nucleo originario del cimitero di Brozzi, pacificamente preesistente alla costruzione di entrambe le porzioni di fabbricato di proprietà dei ricorrenti, e l’ampiezza del vincolo, così stabilita, discende direttamente dalla legge e non dalle previsioni urbanistiche introdotte dal P.R.G. “Detti”. Né rileva l’ordinanza sindacale n. 995/1999, invocata dai ricorrenti, la quale non ha modificato le dimensioni della fascia di rispetto del nucleo originario, al cui interno ricadevano e ricadono gli abusi in questione.
Quanto alla possibilità di una sanatoria parziale dei magazzini, che non ricadrebbero interamente all’interno della fascia di rispetto, essa va esclusa in linea di principio, a prescindere dall’attendibilità della distanza stabilita dai ricorrenti in via meramente congetturale. Nella materia edilizia, il concetto di costruzione deve essere infatti inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate, con la conseguenza che non è possibile scindere un edificio nei vari elementi che lo compongono al fine di ottenerne la sanatoria per singole porzioni (giurisprudenza costante, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 2 luglio 2018, n. 4033).
Va altresì escluso che il tempo trascorso dalla realizzazione degli abusi e dalla presentazione dell’istanza di sanatoria possa fondare un affidamento tutelabile in capo ai proprietari dell’immobile abusivo. La giurisprudenza, sulla scia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 17 ottobre 2017, n. 9), si è oramai stabilizzata nel senso che il decorso del tempo, lungi dal radicare in qualche misura la posizione giuridica dell’interessato, rafforza piuttosto il carattere abusivo dell’intervento, superabile solo nel caso in cui sopravvenga un titolo in sanatoria. In mancanza, non viene meno il potere-dovere dell’amministrazione competente di perseguire e sanzionare l’abuso, nell’ambito di una doverosa attività di vigilanza che non richiede motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi; e la conclusione non muta nel caso in cui l’attuale proprietario dell’immobile non sia responsabile dell’abuso (fra le altre, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2021, n. 6613; id., 11 giugno 2021, n. 4532, id., 8 aprile 2019, n. 2292).
Da ultimo, i ricorrenti contestano l’applicazione nei loro confronti dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive, per l’ipotesi di mancata esecuzione spontanea dell’ordine di demolizione contestuale al diniego di sanatoria, nonché le dimensioni dell’area di sedime da acquisire.
Relativamente a tale ultimo profilo, è noto che l’imprecisa indicazione dell’area da acquisire di diritto al patrimonio comunale non vizia l’ingiunzione a demolire, trattandosi di misure sanzionatorie distinte. Allo stesso modo la qualità di proprietari incolpevoli, rivendicata dai ricorrenti, potrà essere valutata se e nel momento in cui effettivamente il Comune di Firenze procederà all’accertamento dell’inottemperanza e disporrà procedersi all’acquisizione gratuita.
2.2. In forza delle considerazioni che precedono, e in parziale accoglimento del ricorso, il provvedimento impugnato deve essere annullato laddove nega la sanatoria edilizia straordinaria chiesta dai ricorrenti per la porzione di immobile identificata come particella catastale 551.
Nella parte in cui si riferisce alla predetta particella 551, va altresì annullato l’ordine di demolizione contestualmente pronunciato dall’amministrazione resistente.
2.3. La reciproca soccombenza delle parti giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.
Le spese per la verificazione si liquidano in euro 2.641,53 per onorari (320 vacazioni), oltre a spese generali e accessori di legge se dovuti, nonché al rimborso delle spese vive pari ad euro 56,70, e vengono poste a carico delle parti in ragione di metà per ciascuna.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso nei limiti e per gli effetti di cui in parte motiva.
Dichiara integralmente compensate le spese del giudizio.
Condanna le parti, in ragione della metà per ciascuna, al pagamento delle spese di verificazione, che liquida in euro 2.641,53 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge se dovuti, nonché al rimborso delle spese vive pari ad euro 56,70.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2022 con l’intervento dei magistrati:
Eleonora Di Santo, Presidente
Pierpaolo Grauso, Consigliere, Estensore
Silvia De Felice, Primo Referendario
L’ESTENSORE (Pierpaolo Grauso)
IL PRESIDENTE (Eleonora Di Santo)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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