Tar Toscana, Sez. III, 11 dicembre 2014, n. 2008

Testo completo:
Tar Toscana, Sez. III, 11 dicembre 2014, n. 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1202 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Fernanda Pellicci, rappresentata e difesa dagli avv.ti Riccardo Tagliaferri e Alessandra Gigli, con domicilio eletto presso l’avv. Riccardo Tagliaferri in Firenze, Via degli Artisti, n. 20;
contro
Comune di Lucca, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Luca Campinoti, Carmela Di Filippo, Nicoletta Papanicolau, con domicilio eletto presso l’avv. Valerio Menaldi in Firenze, Via La Marmora, n. 53;
per l’annullamento
(con il ricorso introduttivo)
del provvedimento dirigenziale n. 17771 del 24.03.2011, notificato alla ricorrente il 29.03.2011, recante la diffida a “rimuovere nel termine di 60 (sessanta) giorni dalla data di notifica del presente provvedimento la struttura in ferro tamponata e coperta con telo e lamiera e il manufatto in muratura, meglio descritti in narrativa, abusivamente installati su di un’area di proprietà comunale sita in Lucca – S. Anna – via delle Tagliate c/o Cimitero Urbano”, nonchè di ogni altro atto, presupposto, consequenziale e comunque connesso, ivi compreso, ove lesivo, il verbale n. 281 del 30.04.2004 del Comando Polizia Municipale – Nucleo Polizia Edilizia;
(con i motivi aggiunti depositati il 25 novembre 2011)
dell’ordinanza dirigenziale del Comune di Lucca prot. n. 56034 dello 08.09.2011 recante l’ordine di “rimuovere nel termine di 90 (novanta) giorni dalla data di notifica del presente provvedimento, la struttura in ferro tamponata e coperta con telo e lamiera ed il manufatto in muratura, meglio descritti in narrativa, abusivamente installati su di un’area di proprietà comunale sita in Lucca – S. Anna – via delle Tagliate c/o il Cimitero urbano, riconducendo in pristino l’originario stato dei luoghi, con l’avvertenza che, ai sensi dell’art. 141 della L.R. 03.01.2005 n. 1 – Norme per il governo del territorio e s.m.i., in caso di inottemperanza a quanto impartito con il presente atto, si procederà all’attivazione della procedura relativa al ripristino d’ufficio da eseguirsi a spese del contravvenuto e con il recupero delle stesse nelle forme di legge maggiorate del 20% per spese amministrative”;
(con i motivi aggiunti depositati il 10 febbraio 2012)
della nota del Comune di Lucca, prot. n. 79908 del 20.12.2011;
(con i motivi aggiunti depositati in data 7 novembre 2012)
della nota del Comune di Lucca prot. 50818 del 09 luglio 2012;
(con i motivi aggiunti depositati in data 4 dicembre 2013)
della nota del Comune di Lucca prot. 58574 del 22 luglio 2013.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Lucca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 novembre 2014 il dott. Riccardo Giani e uditi per le parti i difensori R. Tagliaferri e L. Campinoti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1 – Nell’atto introduttivo del giudizio parte ricorrente, premesso di esercitare attività di rivendita di fiori presso il Cimitero urbano di Lucca, e di essere a tal fine titolare di autorizzazione commerciale e di concessione di suolo pubblico, espone che la Polizia Municipale di Lucca, con verbale del 30 aprile 2004, rilevava la presenza nella suddetta area di una “struttura in ferro tamponata e coperta con telo e lamiera” e di “manufatto in muratura”, realizzati abusivamente e che a ciò faceva seguito l’emanazione da parte del Comune di Lucca dell’ordinanza di demolizione n. 17771 del 24 marzo 2011.
2 – Con il ricorso in esame parte ricorrente impugna il citato provvedimento demolitorio, in uno con il verbale di accertamento della Polizia Municipale, articolando nei loro confronti le seguenti censure:
– con il primo motivo parte ricorrente contesta la natura abusiva delle opere in questione, evidenziando come l’Amministrazione abbia invero assentito, anche sotto il profilo edilizio, le opere qui contestate almeno con “provvedimento abilitativo implicito”, il che avrebbe comportato, prima dell’emanazione dell’atto demolitorio, il necessario esercizio dell’autotutela, con il rispetto delle necessarie garanzie procedimentali;
– con il secondo motivo parte ricorrente evidenzia che in realtà le opere in contestazione non erano soggette a permesso di costruire, trattandosi di opere di modeste dimensioni, di natura assolutamente precaria, sia sotto il profilo strutturale che funzionale, che non modificano in modo permanente il suolo, qualificabili al più come occupazione di suolo ai sensi dell’art. 79, comma 1, lett. e) della LRT n. 1, escluse dalla sanzione ripristinatoria dell’art. 141 LRT n. 1/05;
– con il terzo motivo si evidenzia che il gravato provvedimento confligge con elementari principi di ragionevolezza, proporzionalità e tutela dell’affidamento, laddove dispone la integrale demolizione di immobile a oltre trent’anni dalla sua realizzazione e dopo averne consentito sin dall’origine la permanenza; il lasso cospicuo di tempo avrebbe imposto un onere motivazionale aggravato in ragione dell’affidamento ingenerato in capo alla parte ricorrente.
3 – Il Comune di Lucca si è costituto in giudizio per resistere al ricorso.
4 – Con primo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 25 novembre 2011 parte ricorrente, premesso che il Comune di Lucca ha emanato l’ordinanza n. 56034 dell’8 settembre 2011, pur rilevando di aver presentato in data 11.11.11 nuova istanza di adeguamento e delocalizzazione del chiosco che dovrebbe paralizzare la demolizione, impugna tale nuovo provvedimento censurandolo per illegittimità derivata, nonché sulla base delle ulteriori seguenti doglianze:
– con il primo motivo aggiunto si ribadisce la natura non abusiva delle opere in questione, formulando quindi censura identica al primo motivo di ricorso principale;
– con il secondo motivo aggiunto si evidenzia che non si tratta comunque di opere necessitanti di permesso di costruire, formulando censura identica al secondo motivo di ricorso principale.
5 – Con memoria del 6 dicembre 2011 il Comune di Lucca resiste anche ai motivi aggiunti.
6 – Con secondo atto di motivi aggiunti, depositato in data 10 febbraio 2012, parte ricorrente impugna la nota del Comune di Lucca prot. n. 79908 del 20 dicembre 2011 con la quale l’Amministrazione comunale ha respinto l’istanza di parte ricorrente volta ad ottenere, nelle more della disamina da parte del Comune di Lucca del progetto di trasferimento dei chioschi presentato dalla stessa parte ricorrente, la sospensione del procedimento ripristinatorio in corso. Nei confronti del suddetto atto viene formulata una censura di illegittimità derivata, nonché l’ulteriore doglianza di non aver applicato il principio, previsto dall’art. 140 LRT 1 del 2005, ma avente portata generale, per cui la presentazione di un’istanza volta a mutare lo stato dei luoghi oggetto di provvedimento repressivo deve essere esaminata preliminarmente al dar corso all’atto repressivo medesimo.
7 – Con memoria del 2 marzo 2012 il Comune di Lucca resiste ai secondi motivi aggiunti.
8 – Con ordinanza collegiale n. 172 dell’8 marzo 2012 la Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione. Tale ordinanza è stata successivamente riformata dal Consiglio di Stato, sez. 6^, con ordinanza n. 3932 del 21 ottobre 2012, che ha quindi accolto la domanda di sospensione presentata dalla ricorrente.
9 – Con terzo atto di motivi aggiunti, depositato in data 7 novembre 2012, parte ricorrente espone di aver presentato, in data 24 aprile 2012, domanda di autorizzazione alla occupazione di suolo pubblico in area cimiteriale per la rivendita di fiori, con riferimento all’area già indicata nella domanda di delocalizzazione dell’11.11.11, ciò assieme all’avvio di procedimento di regolarizzazione per l’area attualmente occupata (in seno al quale ci sono già stati pareri positivi) e quindi impugna la nota prot. n. 50818 del 9 luglio 2012, di non accoglimento, articolando nei suoi confronti una censura di illegittimità derivata e una censura secondo la quale l’Amministrazione avrebbe illegittimamente esercitato un atipico potere soprassessorio legato alla pendenza di appello avverso l’ordinanza cautelare negativa del TAR Toscana.
10 – L’Amministrazione comunale replica con memoria del 15 marzo 2013.
11 – Con quarto atto di motivi aggiunti, depositato in data 4 dicembre 2013, la ricorrente impugna la nota del Comune di Lucca prot. n. 58574 del 22 luglio 2013 di sospensione delle procedure in corso in attesa di approfondimenti, articolando nei suoi confronti una censura di illegittimità derivata, nonché censura di esercizio di un atipico potere soprassessorio e di violazione del principio di partecipazione al procedimento amministrativo, non avendo l’Amministrazione valutato le osservazioni di parte.
12 – L’Amministrazione resiste con memoria dell’8 maggio 2014.
13 – Chiamata la causa alla pubblica udienza del giorno 25 novembre 2014, relatore il cons. Riccardo Giani, e sentiti i difensori comparsi, come da verbale, la stessa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
14 – Con il primo mezzo di cui al ricorso principale parte ricorrente censura gli atti impugnati – cioè il provvedimento di demolizione del chiosco n. 17771 del 2011 e il verbale della Polizia Municipale di Lucca n. 281 del 2004 – negando la natura abusiva delle opere in contestazione, sul rilievo che l’Amministrazione avrebbe invero assentito, anche sotto il profilo edilizio, le opere qui contestate almeno con “provvedimento abilitativo implicito”, il che avrebbe comportato, prima dell’emanazione dell’atto demolitorio, il necessario esercizio dell’autotutela, con il rispetto delle necessarie garanzie procedimentali.
La censura è infondata.
Parte ricorrente vorrebbe ricavare la legittimità delle opere edilizie contestate da provvedimenti emessi dall’Amministrazione in esito a procedure aventi diverso oggetto, sull’assunto che i provvedimenti emessi a conclusione dei suddetti procedimenti avrebbero comportato l’assentimento “implicito” del titolo edilizio. Ma gli atti dai quali parte ricorrente pretende di ricavare l’abilitazione edilizia “implicita” sono funzionali alla tutela di interessi pubblici diversi da quello urbanistico-edilizio, trattandosi di concessioni di suolo pubblico (docc. 4 e 6 di parte ricorrete) e di autorizzazioni commerciali (doc. 8), così che da essi non può inferirsi in via implicita l’assentimento di opere sotto il profilo edilizio, essendo tale valutazione del tutta estranea agli atti richiamati; anzi la concessione di suolo pubblico del 16 febbraio 1999 (doc. 6 di parte ricorrente) afferma esplicitamente che “la validità della presente autorizzazione è subordinata al possesso delle altre abilitazioni previste dalla legge”, a chiarimento del fatto che l’assentimento della concessione di suolo pubblico non comprende e assorbe altre e distinte valutazioni e non consente di ricavare per implicito l’assentimento del titolo edilizio. Né risulta significativo il richiamo, effettuato da parte ricorrente, alla domanda edilizia presentata dal suo dante causa in data 5 giugno 1967 e, per stessa ammissione di parte ricorrente, “rimasta inevasa”, giacché nessuna indicazione di assentimento di titolo edilizio può ricavarsi da procedimento amministrativo avviato e rimasto senza esito.
15 – Con il secondo mezzo di cui al ricorso principale parte ricorrente evidenzia che in realtà le opere in contestazione non erano soggette a permesso di costruire, trattandosi di opere di modeste dimensioni, di natura assolutamente precaria, sia sotto il profilo strutturale che funzionale, che non modificano in modo permanente il suolo, qualificabili al più come occupazione di suolo ai sensi dell’art. 79, comma 1, lett. e) della LRT n. 1, escluse dalla sanzione ripristinatoria dell’art. 141 LRT n. 1/05.
La censura è infondata.
Il verbale della Polizia Municipale di Lucca del 30.04.2004 (doc. 9 di parte ricorrente) ha accertato che “senza atti autorizzatori è stata realizzata una struttura di ferro tamponata e coperta con telo e lamiera la cui superficie è di circa mq 68” e che “all’interno della stessa area è presente un manufatto in muratura della superficie di circa mq 13.50”, mentre “le altezze variano da circa ml 2.00 e circa ml 2,80”. Si tratta di opere che rientrano nella previsione di cui all’art. 78, comma 1, lett. b) della legge regionale Toscana n. 1 del 2005, a mente del quale costituiscono trasformazioni edilizie soggette a permesso di costruire “l’installazione di manufatti, anche prefabbricati e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee”; ricorre quindi pienamente il concetto giuridico di costruzione, sia per la presenza di trasformazione del tessuto edilizio attraverso opere murarie, sia per l’installazione di strutture di metallo e coperture di lamiera, in quanto sicuramente dirette a soddisfare esigenze non precarie e occasionali, com’è dimostrato dal lungo tempo di loro esistenza e di loro utilizzo per l’attività di vendita di parte ricorrente. Nella specie si è quindi in presenza di una “trasformazione permanente del suolo”, che esclude l’operatività della previsione, invocata da parte ricorrente, di cui all’art. 79, comma 1, lett. e) (che parla di “occupazioni di suolo per esposizione o deposito di merci o materiali che non comportino trasformazione permanente del suolo”). L’avvenuta realizzazione di opere edilizie, senza titolo, su suolo di proprietà dello Stato o di enti pubblici giustifica, ai sensi dell’art. 141 della legge regionale Toscana n. 1 del 2005, l’adozione della misura ripristinatoria qui contestata.
16 – Con il terzo mezzo di cui al ricorso principale parte ricorrente censura l’adozione della misura demolitoria, evidenziando come essa si ponga in contrasto con elementari principi di ragionevolezza, proporzionalità e tutela dell’affidamento, laddove dispone la integrale demolizione di immobile a oltre trent’anni dalla sua realizzazione, laddove il lasso cospicuo di tempo avrebbe imposto un onere motivazionale aggravato in ragione dell’affidamento ingenerato in capo alla parte ricorrente.
La censura è infondata.
Rileva il Collegio che, prescindendo dall’esame dei diversi orientamenti giurisprudenziali aventi ad oggetto la tematica generale dell’ordine di demolizione di opera abusiva realizzata da lungo lasso temporale, debba nella specie evidenziarsi che nessun legittimo affidamento può consolidarsi in capo al destinatario dell’ingiunzione demolitoria, anche se è decorso un lungo lasso di tempo dalla realizzazione dell’abuso, allorquando l’abuso è stato commesso su area di proprietà pubblica, come nella presente fattispecie, poiché in siffatta ipotesi l’eliminazione dell’opera illecita si pone sicuramente come atto dovuto, in quanto rispondente, oltre che all’interesse pubblico al corretto assetto del territorio, anche all’interesse pubblico connesso alla tutela della proprietà pubblica.
17 – Con primo ricorso per motivi aggiunti depositato in data 25 novembre 2011 parte ricorrente, impugna l’ordinanza dirigenziale del Comune di Lucca n. 56034 dell’8 settembre 2011, che, accertata l’inottemperanza al precedente ordine di demolizione, dispone di nuovo la demolizione delle opere abusivamente realizzate. Parte ricorrente avanza, nei confronti di tale atto, in primo luogo, una censura di illegittimità derivata, derivante cioè dall’accoglimento delle censure mosse con il ricorso principale, nei confronti dell’originario ordine demolitorio. Poiché tutte le censure mosse con il ricorso principale sono risultate infondate, anche la presente doglianza di illegittimità derivata deve essere respinta. Con una prima censura aggiunta, parte ricorrente ribadisce, poi, la natura non abusiva delle opere in questione, formulando cioè una censura identica a quella articolata nel primo motivo di ricorso principale; la accertata infondatezza di tale ultima doglianza, come evidenziato al punto 14 della presente motivazione, porta a respingere anche il motivo aggiunto in esame. Con secondo motivo aggiunto parte ricorrente evidenzia come nella specie non si tratterebbe comunque di opere necessitanti di permesso di costruire, formulando cioè censura identica a quella articolata con il secondo motivo di cui al ricorso principale; poiché al punto 15 della presente motivazione è stata accertata la infondatezza di tale ultima doglianza, deve essere conseguentemente respinto anche il motivo aggiunto in esame.
18 – Con secondo atto di motivi aggiunti, depositato in data 10 febbraio 2012, parte ricorrente impugna la nota del Comune di Lucca prot. n. 79908 del 20 dicembre 2011, con la quale l’Amministrazione comunale ha rigettato l’istanza avanzata da parte ricorrente volta ad ottenere, nelle more dell’esame da parte dell’Amministrazione stessa del progetto di trasferimento dei chioschi, la sospensione del procedimento ripristinatorio in corso. Con tale atto il Comune di Lucca ha affermato che “con riferimento all’istanza in oggetto, con la quale la S.V. chiede, tra l’altro, di sospendere, nelle more della disamina del progetto relativo al trasferimento dei chioschi, il procedimento ripristinatorio in corso, si comunica che la stessa non può essere accolta in quanto trattasi di istanza non in sanatoria ai sensi dell’art.140 LR 1/2005”. Nei confronti del suddetto atto parte ricorrente formula, in primo luogo, una censura di illegittimità derivata, discendente cioè dalla illegittimità degli atti impugnati con il ricorso introduttivo e con i primi motivi aggiunti; poiché tutte le censure articolate nel ricorso principale e nei primi motivi aggiunti sono risultate infondate, anche detta doglianza di illegittimità derivata deve essere respinta. Sempre nell’atto di motivi aggiunti in esame parte ricorrente si duole poi del fatto che l’Amministrazione non abbia fatto applicazione del principio, affermato in relazione all’istanza di sanatoria di cui all’art. 140 della legge regionale n. 1 del 2005, ma avente portata generale, per cui la presentazione di un’istanza volta a mutare lo stato dei luoghi oggetto di provvedimento repressivo deve essere esaminata preliminarmente rispetto al dar corso all’atto repressivo medesimo. Tale censura è infondata. Il principio della perdita di efficacia del provvedimento demolitorio a seguito della presentazione di domanda di sanatoria relativa al bene da demolire ha la sua ratio nel fatto che la domanda di sanatoria ha ad oggetto lo stesso bene fatto oggetto di ordine di demolizione, con la conseguenza che l’istanza di cui all’art. 140 della legge regionale n. 1 del 2005 (cioè di sanatoria ordinaria o accertamento di conformità) ovvero l’istanza di sanatoria straordinaria, sulla base delle varie leggi sul condono edilizio, assume priorità logica rispetto alla esecuzione della demolizione disposta prima della presentazione della sanatoria stessa; la demolizione ante sanatoria perde quindi efficacia e solo in esito all’esame della domanda di sanatoria l’Amministrazione potrà, in ipotesi, adottare nuovo ordine demolitorio. Parte ricorrente pretende di applicare il suddetto principio a fattispecie invero del tutto diversa. L’istanza da essa presentata in data 11.11.2011 (doc. 6 dell’Amministrazione resistente) attiene ad una diversa collocazione dei chioschi relativi alla vendita di fiori ed ha quindi oggetto diverso e non omogeneo rispetto al contenuto dell’ordine di demolizione, con il risultato che non può dirsi sussistere quella identità di ratio che porti anche in questa fattispecie a ritenere prioritario l’esame dell’istanza di ricollocazione dei chioschi rispetto all’esecuzione dell’ordine di demolizione.
19 – Con terzo atto di motivi aggiunti, depositato in data 7 novembre 2012, la ricorrente espone di aver presentato, in data 24 aprile 2012, domanda di autorizzazione alla occupazione di suolo pubblico in area cimiteriale per la rivendita di fiori, con riferimento all’area già indicata nella domanda di delocalizzazione dell’11.11.11, e quindi impugna la nota prot. n. 50818 del 9 luglio 2012, con la quale il Comune di Lucca ha evidenziato che “per ragioni di opportunità, appare ragionevole attendere la conclusione del giudizio pendente dinanzi al Consiglio di Stato, onde definire la vicenda avente ad oggetto il chiosco interessato da ordinanza di demolizione”. In primo luogo parte ricorrente muove una censura di illegittimità derivata, sul rilievo che l’atto qui gravato sarebbe illegittimo in via consequenziale rispetto alla illegittimità della nota prot. n. 79908 impugnata con i secondo motivi aggiunti; poiché le censure articolate in seno ai secondi motivi aggiunti sono risultate infondate, deve essere respinta anche la doglianza di illegittimità derivata in esame. Sempre nei terzi motivi aggiunti parte ricorrente censura l’atto gravato per difetto di presupposti, carenza di istruttoria e di motivazione, stante la carenza di un legittimo motivo che possa giustificare la sospensione dell’esame della domanda di autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico avanzata da parte ricorrente.
La censura è fondata.
In data 24 aprile 2012 la ricorrente ha presentato domanda di concessione per l’occupazione di suolo pubblico presso il Cimitero monumentale, ciò al fine di trovare una diversa localizzazione per lo svolgimento della propria attività di vendita di fiori ed evitare quindi la brusca interruzione della propria attività lavorativa. L’Amministrazione comunale, tanto nella comunicazione dei motivi ostativi del 24 maggio 2012 (doc. 15 di parte ricorrente) quanto nella nota prot. n. 50818 del 9 luglio 2012, adottata a seguito della memoria di risposta della ricorrente alla comunicazione dei motivi ostativi, ha rilevato che la pendenza del procedimento giudiziario avente ad oggetto l’impugnazione dell’ordinanza di demolizione relativa al chiosco attualmente gestito dalla ricorrente medesima giustificava la non conclusione del procedimento di nuova concessione di suolo pubblico, essendo ragionevole attendere la conclusione del giudizio sulla disposta demolizione. La censura di carenza di presupposti, nonché di carenza di adeguata motivazione, formulata dalla ricorrente nei confronti della nota prot. n. 50818 del 2012 risulta fondata. Osserva il Collegio che, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990, “ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso”, il che vuol dire che, a fronte della istanza di nuova concessione di suolo pubblico del 24 aprile 2012, il Comune di Lucca aveva l’obbligo di concludere il relativo procedimento, a seguito di svolgimento di adeguata istruttoria volta ad acclarare se vi fossero o meno i presupposti di legge per assentire il titolo richiesto. Risulta quindi illegittimo il provvedimento oggetto di impugnazione laddove stabilisce di non adottare la determinazione conclusiva del suddetto procedimento in attesa dell’esito del giudizio relativo all’ordinanza di demolizione del chiosco in attuale disponibilità della ricorrente. Deve essere infatti evidenziato che le due vicende (ordinanza di demolizione per abusi edilizi e istanza di nuova concessione di suolo pubblico) hanno oggetti del tutto distinti e giuridicamente autonomi, con l’effetto che risulta non giustificata la decisione amministrativa di sospendere la conclusione del secondo procedimento, che l’Amministrazione aveva invece l’obbligo di concludere con l’adozione del provvedimento finale.
20 – Con il quarto atto di motivi aggiunti, depositato in data 4 dicembre 2013, la ricorrente impugna la nota del Comune di Lucca prot. n. 58574 del 22 luglio 2013 di sospensione delle procedure in corso in attesa di approfondimenti. A seguito dell’ordinanza del Consiglio di Stato che ha riformato la pronuncia cautelare di questo Tribunale, parte ricorrente ha presentato in data 10 aprile 2013 nuova istanza (doc. 21 di parte ricorrente) con la quale chiedeva all’Amministrazione di “dar corso all’istanza di adeguamento e delocalizzazione del chiosco; con comunicazione ai sensi dell’art. 10 bis del 25 maggio 2013 (doc. 22) l’Amministrazione comunicava la propria intenzione di rinviare l’esame della pratica “per poter effettuare ulteriori approfondimenti, tenuto anche conto dei ricorsi ad oggi ancora pendenti presso il TAR Toscana”; parte ricorrente in data 4 giugno 2013 presentava osservazioni, nelle quali evidenziava che tale decisione “non trova giustificazione in esigenze concrete da parte dell’Amministrazione comunale di acquisire ulteriori informazioni” e che la pendenza del ricorso giudiziario non può costituire “idoneo motivo a giustificare l’arresto procedimentale”, stante la distinzione tra il procedimento amministrativo in corso e quello giurisdizionale; l’Amministrazione con la nota prot. n. 58574 del 22 luglio 2013 rispondeva alle osservazioni confermando la sospensione della pratica. Nei confronti di tale atto parte ricorrente muove censura di illegittimità derivata, rispetto alle illegittimità già fatte valere con il terzo atto di motivi aggiunti, quindi censura l’illegittima adozione di un atipico atto soprassessorio e la violazione del principio di partecipazione al procedimento amministrativo, non avendo l’Amministrazione valutato le osservazioni presentata da parte ricorrente.
Le censure sono fondate.
È in primo luogo fondata la censura (proposta attraverso la doglianza di illegittimità derivata e formulata in via autonoma) di adozione di un atto atipico di sospensione in attesa della soluzione del giudizio pendente sulla disposta demolizione ovvero in vista di generici “approfondimenti”. Sul punto non resta che richiamare quanto evidenziato al precedente punto 19 della presente motivazione e all’obbligo dell’Amministrazione di concludere i procedimenti avviati a mezzo dell’adozione di provvedimenti espressi; è evidente che l’Amministrazione può anche rappresentare esigenze istruttorie specifiche, ma non può addurre a fondamento della non decisione il richiamo alla pendenza di giudizio avente diverso oggetto ovvero la generica e in alcun modo circostanziata necessità di “approfondimenti”. In secondo luogo è altresì fondata la censura di violazione delle regole partecipative, poiché a fronte di puntuali osservazioni fatte dal privato in sede partecipativa (assenza di necessità istruttorie ulteriori e irrilevanza della pendenza del giudizio sulla demolizione) l’Amministrazione non ha adempiuto all’obbligo di loro esame previsto dall’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 (secondo il quale “dell’eventuale mancata accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale”), limitandosi alla generica affermazione di aver “preso atto delle osservazioni”.
21 – Alla luce di quanto precede, dunque, il ricorso introduttivo e i primi due atti di motivi aggiunti devono essere respinti, mentre il terzo e quarto atto di motivi aggiunti devono essere accolti, con annullamento degli atti con gli stessi impugnati. Stante l’accoglimento parziale dei ricorsi, le spese di giudizio devono essere compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui connessi motivi aggiunti, così dispone:
– respinge il ricorso introduttivo e i primi due atti di motivi aggiunti;
– accoglie il terzo e quarto atto di motivi aggiunti e per l’effetto annulla le note del Comune di Lucca prot. n. 50818 del 9 luglio 2012 e prot. n. 58574 del 22 luglio 2013;
– compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Riccardo Giani, Consigliere, Estensore
Raffaello Gisondi, Primo Referendario
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Written by:

0 Posts

View All Posts
Follow Me :