TAR Toscana, Sez. I, 21 settembre 2016, n. 1411

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TAR Toscana, Sez. I, 21 settembre 2016, n. 1411
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1760 del 2015, proposto da:
Socrem – Società per la Cremazione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Umberto Buiani C.F. BNUMRT74E06D612H, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Venti Settembre 60;
contro
Comune di Pistoia, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Vito Papa C.F. PPAVTI54D10G713P, Federica Paci C.F. PCAFRC64D42G713J, con domicilio eletto presso Vittorio Chierroni in Firenze, via dei Rondinelli 2;
per l’annullamento
– della deliberazione di Giunta Comunale n. 95 del 29.07.2015, pubblicata il 3.09.2015, e dei relativi allegati (schede sulle tariffe), avente ad oggetto il “Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2015 – approvazione tariffe servizi a domanda individuale e altre tariffe – provvedimenti” nella parte in cui ha approvato le tariffe in merito ai servizi di cremazione, diminuendo per una forbice fra il 45 e 55 per cento le tariffe previgenti applicabili ai residenti nella Provincia di Pistoia;
– della deliberazione di Giunta Comunale n. 126 del 17.09.2015, pubblicata il 17.10.2015 con cui e’ stata approvata la modifica della scheda riferita alle tariffe cimiteriali;
– della deliberazione C.C. n. 71 del 22.07.2015, pubblicata il 16.08.2015, e relativi allegati avente ad oggetto il “bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2015 – disciplina generale delle tariffe per la fruizione di beni e servizi e altre tariffe – approvazione”, sempre limitatamente alla parte che riguarda le tariffe sul servizio di cremazione;
– nonche’ di ogni altro atto a questo presupposto, consequenziale e/o comunque connesso,
per la condanna
del Comune al risarcimento dei danni patiti e patiendi a causa del provvedimento impugnato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Pistoia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 settembre 2016 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Espone la società ricorrente, associazione senza fini di lucro, di avere stipulato in data 23 ottobre 2003 una convenzione con il Comune di Pistoia per la gestione del servizio di cremazione dei defunti con durata decennale.
Viene, altresì, evidenziato che lo stesso Regolamento dei servizi cimiteriali del Comune, approvato nel 2008, stabilisce all’art. 25 che “Presso il Cimitero Principale esiste un impianto di cremazione di proprietà della Società di Cremazione di Pistoia”, precisando, all’art. 23 che il Comune per procedere alla cremazione “si avvale di impianti individuati con apposita convenzione fino a che non disporrà di un impianto proprio”
I fini della determinazione delle tariffe per la remunerazione del servizio il Comune ha sempre fatto riferimento al d.m. 1 luglio 2000 (in seguito modificato dal d.m. 14 giugno 2006) con il quale il Ministero della salute individuava i costi massimi a domanda individuale, consentendo, peraltro, alle amministrazioni comunali la possibilità di modularli diversamente.
In assenza di alcun contraddittorio la ricorrente apprendeva informalmente della volontà del Comune di dar seguito unilateralmente ad una modifica delle tariffe del servizio.
Infatti, con deliberazione della Giunta n. 95 del 29 luglio 2015, il Comune approvava le nuove tariffe prevedendo una diminuzione del 55% del costo delle cremazioni per i residenti nel Comune di Pistoia e del 45% per i residenti della Provincia Pistoiese.
Avverso tale atto proponeva ricorso la società in intestazione chiedendone l’annullamento, previa sospensione e deducendo:
1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 117 d.lgs. n. 267/2000 e 5 l. n. 130/2001. Eccesso di potere per violazione della convenzione. Carenza di istruttoria e violazione di norme procedurali. Eccesso di potere per illogicità.
2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 117 d.lgs. n. 267/2000 e 7 l. n. 241/1990.
Eccesso di potere per carenza di istruttoria, violazione di norme procedurali, illogicità e contraddittorietà.
3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 117 d.lgs. n. 267/2000 e 5 l. n. 130/2001. Eccesso di potere per violazione della convenzione. Carenza di istruttoria e violazione di norme procedurali. Violazione dell’art. 57 dello Statuto comunale.
4. Violazione e falsa applicazione degli artt. 117 d.lgs. n. 267/2000, 5 l. n. 130/2001 e 3 della l. n. 241/1990. Eccesso di potere per omessa motivazione, carenza di istruttoria, illogicità e contraddittorietà.
5. Eccesso di potere per omessa motivazione, carenza di istruttoria, illogicità e contraddittorietà.
6. Risarcimento del danno.
Si costituiva in giudizio il Comune di Pistoia avanzando eccezioni di inammissibilità e instando per la reiezione del gravame.
Con ordinanza n. 776 del 25 novembre 2015 veniva accolta la domanda incidentale di sospensione dell’atto impugnato.
Preceduto dal rituale deposito di memorie e repliche, il ricorso veniva trattenuto in decisione nell’udienza pubblica del 21 settembre 2016.
Preliminarmente vanno scrutinate le eccezioni di inammissibilità del ricorso avanzate dalla difesa di controparte.
Secondo l’amministrazione intimata, infatti, la ricorrente non avrebbe alcuna legittimazione a dolersi del nuovo piano tariffario approvato dal Comune, sia per effetto della scadenza della convenzione che regolava i rapporti con la Socrem, sia perché soltanto gli utenti avrebbero titolo a lamentare eventuali vizi dell’atto impugnato essendo, in definitiva, i soggetti tenuti al pagamento del servizio.
La tesi non può essere condivisa.
Per un verso, infatti, la ricorrente, sia pure in regime di proroga tacita, è tuttora, come ammesso da controparte, il soggetto che gestisce il servizio e ne sopporta i costi ai quali devono corrispondere, per le ragioni che si illustreranno di seguito, i relativi proventi, essendo quindi titolare di una posizione soggettiva qualificata e differenziata ad impugnare l’atto in questione. Per altro verso, se è indubbio che anche gli utenti finali del servizio avrebbero titolo per contestare la determinazione delle tariffe (ma, ovviamente, in questo caso non ne avrebbero interesse), non può negarsi che analoga legittimazione spetti alla ricorrente atteso il danno che le determinazioni assunte dall’amministrazione sono idonee ad arrecarle.
E d’altra parte, sino a quando il servizio è in essere, Socrem è tenuta a fare applicazione delle tariffe imposte dal Comune essendo quindi evidente l’interesse a contestarle.
Né sono in contestazione le ragioni, rimaste ignote e perciò non apprezzabili, per le quali il Comune non abbia rinnovato la convenzione o non abbia inteso imprimere un diverso assetto (anche con la gestione diretta) al servizio in questione.
Ancora, secondo il Comune, poiché la tariffa costituisce il corrispettivo di un servizio pubblico a domanda individuale, Socrem non avrebbe titolo a contestare la delibera di approvazione delle tariffe.
Valgono a confutare l’assunto le considerazioni già svolte. La ricorrente gestisce, sia pure di fatto, il servizio e, quindi, ha piena legittimazione a ricorrere contro un atto che, comprimendo irragionevolmente i compensi per l’opera svolta, non le consente di raggiungere il necessario equilibrio economico finanziario.
Nel merito il ricorso è fondato.
La ricorrente lamenta il mancato coinvolgimento nel procedimento di approvazione delle nuove tariffe, la violazione degli artt. 117 d.lgs. n. 267/2000 e 5 l. n. 130/2001, nonché l’eccesso di potere per carenza di istruttoria, illogicità e contraddittorietà del provvedimento.
Le censure sono fondate.
Come già rilevato nella fase cautelare del giudizio, la società ricorrente aveva titolo ad interloquire nel procedimento di approvazione del nuovo assetto tariffario dal momento che, in forza della proroga tacita del servizio, continuava a gestirlo sulla base di prezzi che le consentivano di remunerare adeguatamente i costi sostenuti in forza di un equilibrio contrattuale convenzionalmente raggiunto con l’amministrazione e rispetto al quale, nell’ottica della correttezza e della leale collaborazione tra Pubblica amministrazione e privato, poteva nutrire la fondata aspettativa di un coinvolgimento nel procedimento in questione, anche al fine di consentire una migliore ponderazione di tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti ai fini dell’adozione del provvedimento finale.
Merita condivisione anche la doglianza relativa alla violazione del principio dell’equilibrio economico finanziario dei servizi pubblici.
L’art. 117 TUEL dispone che “Gli enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della connessa gestione. I criteri per il calcolo della tariffa relativa ai servizi stessi sono i seguenti:

a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario;
b) l’equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito;
c) l’entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio;
d) l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato”.
Come precisato dal comma 3 della stessa disposizione le prescrizioni in parola non mutano nel caso in cui “i servizi siano gestiti da soggetti diversi dall’ente pubblico per effetto di particolari convenzioni e concessioni dell’ente o per effetto del modello organizzativo di società mista”.
La ratio della norma è agevolmente riconducibile ai principi di buon andamento finanziario delle amministrazioni locali, perseguiti in funzione dell’interesse pubblico all’equilibrio economico e, quindi, al buon andamento, in generale, della pubblica amministrazione (Cons. Stato, sez. VI, 27 febbraio 2003, n. 1116).
Né può ritenersi che, come avviene nelle concessioni, la remunerazione del gestore consista anziché in una prestazione pecuniaria da parte dell’ente pubblico, nell’attribuzione del diritto di svolgere il servizio riscuotendone il corrispettivo dagli utenti ed assumendo, quindi, su di sé l’alea del risultato economico.
Nel caso di specie, infatti, il servizio di cremazione rimane nella titolarità del Comune il quale si avvale per il suo svolgimento di un rapporto convenzionale/contrattuale con un altro soggetto privato al quale non risulta siano trasferiti i rischi della gestione.
Né vale, come ritenuto dalla difesa dell’amministrazione, invocare la natura non essenziale del servizio fornito solo a richiesta individuale dell’utenza, posto che la norma del TUEL sopra richiamata non pone alcuna distinzione in relazione alla nature del servizio, purché si tratti di un servizio pubblico.
Quanto al difetto di istruttoria, pure lamentato dalla ricorrente, appare evidente che il nuovo assetto tariffario, deliberato in assenza di alcun contraddittorio, non tiene in alcun conto la sostenibilità dei compensi richiesti, ponendosi in contrasto con lo stesso Statuto comunale che, all’art. 57, richiama il principio dell’equilibrio economico finanziario nella gestione dei servizi pubblici.
Invero, imponendo, ex abrupto e senza alcuna graduazione, una riduzione di circa il 50% delle tariffe sinora praticate in conformità del decreto del Ministro della salute, il provvedimento non pare tenere in alcun conto la praticabilità della scelta, tenuto conto che la maggior parte delle cremazioni riguardano proprio quelle dei cittadini residenti nel comune o nella Provincia di Pistoia. E ciò senza obliterare la circostanza che la società ricorrente è un’associazione senza fini di lucro per la quale non si pone la questione del perseguimento di un utile, ma senz’altro quello della remunerazione del capitale investito, sia pure nei limiti di una gestione che sia idonea a coprire gli ammortamenti corrispondenti agli investimenti eseguiti.
D’altro canto non è stato prodotto alcun documento da parte dell’amministrazione idoneo a comprovare, se non il confronto con la controparte, quanto meno un’istruttoria tecnica volta a dimostrare, chiunque ne sia il gestore, la possibilità di gestire, anche in termini qualitativamente accettabili, il servizio attraverso la corresponsione delle nuove tariffe.
Ne segue che, per la ragioni esposte il ricorso va accolto conseguendone l’annullamento della deliberazione impugnata nella parte in cui ridetermina le tariffe del servizio di cremazione nella misura sopra precisate.
La ricorrente avanza anche una domanda di risarcimento del danno. Il pregiudizio patrimoniale di cui si chiede il ristoro è costituito dalla differenza tra i compensi che si sarebbero ritratti applicando le vecchie tariffe e quelle effettivamente introitate nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore del provvedimento impugnato e quella di pubblicazione dell’ordinanza di sospensione dell’efficacia del medesimo.
La domanda è fondata.
Il collegio non intende discostarsi dall’indirizzo secondo cui il danno caratterizzato dalla lesione di un interesse legittimo di tipo oppositivo, come nella specie, consiste nel ristoro del pregiudizio subito in conseguenza dell’illegittima compressione delle facoltà di cui il privato era già titolare i cui presupposti, in punto di risarcibilità, sono individuabili nella riscontrata illegittimità dell’atto che, nella normalità dei casi, costituisce l’indice della colpa dell’amministrazione, indice tanto più grave, preciso e concordante quanto più intensa e non spiegata sia l’illegittimità in cui l’apparato amministrativo sia incorso (Cons. Stato, sez. V, 6 luglio 2010 n. 4312; T.A.R. Liguria, sez. II, 4 novembre 2011 n. 1533). E ciò purché P.A. non provi l’assenza di colpa, attraverso la dimostrazione della sussistenza di cause di giustificazione legalmente tipizzate (ex multis, T.A.R. Lazio, sez. I, 20/05/2016, n. 5967).
Nel caso all’esame sono presenti tutti gli elementi idonei a fondare la responsabilità del Comune: la sussistenza di un evento dannoso; la qualificazione di tale evento dannoso quale danno ingiusto ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., in relazione alla sua incidenza su di un interesse rilevante per l’ordinamento giuridico; la sussistenza di un nesso causale tra l’evento dannoso anzidetto e la condotta positiva della P.A. (tra le tante, Cons. Stato, sez. V, 21 aprile 2016 n. 1584).
In ordine alla quantificazione del danno, avuto riguardo alla documentazione prodotta dalla ricorrente in ordine al numero di cremazioni eseguite nel periodo sopra considerato, il ristoro sarà commisurato alla differenza tra i compensi che si sarebbero ritratti applicando le tariffe precedentemente fissate e quelli effettivamente introitati nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore del provvedimento impugnato e quella di pubblicazione dell’ordinanza di sospensione dell’efficacia del medesimo.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza come in dispositivo liquidate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla per quanto di interesse il provvedimento impugnato.
Accoglie la domanda di risarcimento del danno condannando l’amministrazione al pagamento delle somme in motivazione precisate.
Condanna il Comune di Pistoia alla rifusione delle spese di lite che si liquidano in € 3.000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Armando Pozzi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere, Estensore
Gianluca Bellucci, Consigliere
L’ESTENSORE
Bernardo Massari
IL PRESIDENTE
Armando Pozzi
IL SEGRETARIO

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