Testo completo:
Tar Sicilia, Sez. I, 25 novembre 2014, n. 3049
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1728 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Salvatore Cilia, rappresentato e difeso dagli avv.ti Lillo Giuseppe Fiorello e Mauro Terranova, con domicilio eletto presso lo studio del primo difensore in Palermo, via Mariano Stabile n. 241;
contro
– il Ministero dell’Interno, Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo di Agrigento, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo, via Alcide De Gasperi, n. 81, sono domiciliati per legge;
– la Prefettura- Ufficio Territoriale del Governo di Caltanissetta;
– il Comune di San Cataldo;
entrambi non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
quanto al ricorso introduttivo
– della nota della Prefettura di Agrigento prot. n. 2010/4821/Cert/ant del 21.06.2010 conosciuta dal ricorrente il 14 settembre 2010, con la quale è stato reso noto alla Prefettura di Caltanissetta che “ai sensi dell’art. 10 comma 7 lett e) del D.P.R. 252/98, emergono elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare gli indirizzi e le scelte della ditta individuale Cilia Salvatore”;
– della determinazione del responsabile del Servizio Ambiente e Sviluppo Economico del Comune di San Cataldo prot. n. 804 del 01.09.2010, conosciuta dal ricorrente in data 1 settembre 2010, con la quale veniva comunicata all’odierno ricorrente l’immediata revoca dell’affidamento del servizio di tumulazione ed estumulazione salme del cimitero comunale (e la rescissione del relativo contratto), e “ciò in considerazione della nota prot. n. 2010/4821/cert/ant/ del 21 giugno 2010 con la quale la Prefettura di Agrigento ha fornito le informazioni antimafia, previste dall’art. 10 del D.P.R. 252/98, nei confronti della summenzionata ditta, dalla quale emergono elementi tali per cui occorre procedere immediatamente alla revoca ed alla rescissione del contratto “;
– di tutti gli altri atti presupposti, connessi e consequenziali;
quanto al ricorso per motivi aggiunti
– della nota prot. n. 0157073/7-4 “P” del 27.03.2010 del comando provinciale dei Carabinieri di Agrigento;
– della nota prot. n. 0232690/10 del 20.04.2010 e della nota prot. n. 0551831/10 del 30.09.2010 del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Agrigento ;
entrambe conosciute dal ricorrente il 15.12.2010 a seguito del deposito effettuato in ottemperanza all’incombente istruttorio disposto;
– di tutti gli altri atti presupposti, connessi e consequenziali;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo di Agrigento;
Visti l’ordinanza collegiale istruttoria n. 255/2010 e il relativo adempimento;
Visto il ricorso per motivi aggiunti;
Viste l’ordinanza cautelare n. 104/2011 e l’ordinanza del C.G.A. n. 452 del 2 maggio 2011;
Vista la memoria prodotta dall’Avvocatura dello Stato per le resistenti amministrazioni;
Vista la memoria di costituzione di nuovi procuratori per la parte ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il primo referendario dott.ssa Maria Cappellano;
Uditi all’udienza pubblica del giorno 11 novembre 2014 i difensori delle parti costituite, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
A. – Con ricorso notificato in data 5 ottobre 2010 e depositato il successivo 12 ottobre, il Sig. Cilia Salvatore, nella qualità di titolare dell’omonima ditta individuale, ha impugnato gli atti in epigrafe indicati – chiedendone l’annullamento, vinte le spese – con cui la Prefettura di Agrigento ha adottato una informativa tipica e, conseguentemente, il Comune di San Cataldo ha revocato l’affidamento del servizio di tumulazione ed estumulazione salme del cimitero comunale (con rescissione del relativo contratto).
Muove avverso detti provvedimenti l’articolata censura di violazione e falsa applicazione degli artt. 24, 41 e 97 della Costituzione- violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/90 e dell’art. 10, comma 7 e comma 8 del DPR n. 252/1998 – eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità, motivazione insufficiente ed illogica, ingiustizia manifesta e difetto di istruttoria, violazione della circolare del Ministero dell’Interno 18 novembre 1998 n. 559, in quanto le circostanze evidenziate nell’informativa tipica fanno riferimento ad accertamenti effettuati dalle forze dell’ordine, non accessibili all’interessato, con grave pregiudizio al diritto di difesa; e gli elementi comunque desumibili, in quanto genericamente indicati, rendono l’informativa carente di motivazione.
Ha contestualmente chiesto che venisse ordinato alla Prefettura di depositare la documentazione posta a fondamento dell’informativa.
B. – Si è costituita in giudizio per le amministrazioni intimate l’Avvocatura dello Stato.
C. – Con ordinanza collegiale istruttoria n. 255 del 9 novembre 2010 è stata disposta l’acquisizione di documentati chiarimenti in merito alle circostanze e agli atti sulla base dei quali è stato formulato il giudizio valutativo contenuto nel provvedimento impugnato.
D. – Con ricorso per motivi aggiunti, passato per la notifica il 24 dicembre 2010 e depositato il 28 dicembre seguente, il ricorrente ha censurato gli atti presupposti all’informativa interdittiva, ribadendo la censura già mossa con il gravame introduttivo, sostenendo la natura generica ed apodittica dei dati, su cui si è basata la valutazione del Prefetto, e la insufficienza dell’evidenziato rapporto di parentela e/o affinità con soggetti ritenuti vicini ad ambienti malavitosi; concludendo per l’accoglimento del ricorso.
E. – Con ordinanza n. 104 del 31 gennaio 2011, confermata dal C.G.A. con ordinanza n. 452 del 2 maggio 2011, è stata respinta l’istanza cautelare.
F. – In vista della discussione del ricorso nel merito l’Avvocatura dello Stato ha avversato il ricorso, chiedendone il rigetto, in quanto infondato, alla luce del complessivo quadro indiziario oggetto della valutazione del Prefetto.
Quindi, a seguito di rinuncia al mandato degli originari difensori, si sono costituiti, per il ricorrente, due nuovi procuratori, i quali, con memoria conclusiva, hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.
G. – Alla pubblica udienza del giorno 11 novembre 2014 il ricorso è stato posto in decisione su conforme richiesta dei difensori delle parti, presenti come da verbale.
DIRITTO
A. – Viene in decisione il ricorso, come integrato con motivi aggiunti, promosso dal sig. Cilia Salvatore, titolare di omonima ditta individuale, con cui sono stati impugnati sia l’informazione antimafia di natura interdittiva emessa dalla Prefettura di Agrigento; sia, il provvedimento, con cui il Comune di San Cataldo ha revocato al predetto l’affidamento del servizio di tumulazione ed estumulazione salme del cimitero comunale, con rescissione del relativo contratto.
Venendo in rilievo una informativa interdittiva, parte ricorrente ha mosso le censure avverso detto provvedimento, dolendosi, sostanzialmente, del vizio di invalidità derivata per il provvedimento di risoluzione del contratto.
B. – Ritiene il Collegio di confermare la delibazione assunta in fase cautelare, atteso che il ricorso, come integrato dai motivi aggiunti, non è fondato.
B.1. – Deve premettersi che, per consolidato orientamento giurisprudenziale, il Prefetto, nel rendere le informazioni richieste ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. n. 252/1998 – applicabile ratione temporis al caso di specie – non deve basarsi su specifici elementi, ma deve effettuare la propria valutazione sulla scorta di un quadro indiziario, ove assumono rilievo preponderante i fattori induttivi della non manifesta infondatezza che i comportamenti e le scelte dell’imprenditore possano rappresentare un veicolo di infiltrazione delle organizzazioni criminali negli appalti delle pubbliche amministrazioni.
L’ampiezza dei poteri di accertamento, resa necessaria dalla finalità preventiva sottesa al provvedimento, giustifica che il Prefetto possa ravvisare l’emergenza di tentativi di infiltrazione mafiosa in fatti in sé e per sé privi dell’assoluta certezza – quali, segnalazioni delle Forze dell’Ordine; accertate cointeressenze economiche con società riconducibili, direttamente o indirettamente, a soggetti controindicati, o ritenuti di particolare interesse operativo dagli organi investigativi – ma che, nel loro insieme, siano tali da fondare un giudizio di possibilità che l’attività d’impresa possa, anche in maniera indiretta, agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata.
La discrezionalità delle valutazioni effettuata è particolarmente ampia ed è sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo della illogicità, incoerenza o inattendibilità, con riferimento al significato attribuito agli elementi di fatto e all’iter seguito per pervenire a determinate conclusioni (per tutte Consiglio di Stato, V, 1 ottobre 2010, n. 7260; IV, 14 aprile 2010, n. 2078 e VI, 18 agosto 2010, n. 5880, 14 aprile 2009, n. 2276).
Peraltro, ai fini dell’adozione di un’informativa, è sufficiente la sussistenza di un mero pericolo di infiltrazione o di condizionamento mafioso, il cui relativo giudizio deve costituire l’esito di una valutazione sintetica e ragionevole di tutti i dati, comunque acquisiti.
Va, altresì, richiamato l’altrettanto consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale i legami di natura parentale, in sé considerati, non possono essere addotti quali elementi in grado di supportare autonomamente l’informativa negativa, e possono assumere rilievo solo qualora emerga una concreta verosimiglianza dell’ipotesi di controllo o di condizionamento sull’impresa da parte del soggetto unito da tali legami al responsabile o amministratore dell’impresa stessa (per tutte Consiglio di Stato, VI, 7 aprile 2010, n. 1967) o, comunque, un intreccio di interessi economici e familiari, dai quali sia possibile desumere la sussistenza dell’oggettivo pericolo che rapporti di collaborazione intercorsi a vario titolo tra soggetti inseriti nello stesso contesto familiare costituiscano strumenti volti a diluire e mascherare l’infiltrazione mafiosa nella impresa considerata (C.G.A., sez. giur., 19 ottobre 2010 n. 1292).
E’ stato, in particolare, rilevato che “…è vero che i legami di natura parentale, in sè considerati, non possono essere addotti quali elementi in grado di supportare autonomamente l’informativa negativa.
Tuttavia, come la giurisprudenza di questo Consiglio ha da tempo chiarito e come ben posto in luce dalla sentenza impugnata, anche i legami parentali possono avere rilievo allorchè emerge un intreccio di interessi economici e familiari, dai quali sia possibile desumere la sussistenza dell’oggettivo pericolo dell’infiltrazione.
In altri termini, il rapporto parentale rileva nella misura in cui esso si coniuga con altri elementi indiziari significativi (C.G.A., 23 gennaio 2014, n. 34; nello stesso senso, C.G.A., 5 settembre 2013 n. 739).
Applicando detti principi al caso di specie, la valutazione fatta dal Prefetto appare esente dai dedotti vizi.
Risulta, invero, dagli atti presupposti all’informativa, il seguente quadro indiziario:
– il ricorrente è genero e fratello di soggetti ritenuti dalle Forze dell’Ordine inseriti nella locale consorteria mafiosa, e considerati molto vicini ad un noto ex latitante, per il quale lo stesso ricorrente ha svolto, in passato e per un periodo, l’attività di bracciante agricolo;
– il fratello del ricorrente è stato segnalato per associazione mafiosa ed è soggetto diffidato di P.S. e avvisato orale; e il suocero, oggi deceduto, risulta avere venduto fittiziamente un terreno al predetto ex latitante; terreno, poi, colpito da sequestro penale nel 2002 (v. documentazione prodotta dalla p.a., in atti);
– il ricorrente ha a proprio carico denunce per reati di particolare allarme sociale (turbata libertà incanti; abuso d’ufficio; associazione mafiosa); nonché, risulta destinatario del divieto di detenzione armi e munizioni.
E’, altresì, documentato che il predetto ricorrente è amministratore unico di una società (IRIS s.r.l.) – di cui detiene anche una quota del capitale – nella quale l’altro proprietario è anche amministratore unico di altra società (HERMES Costruzioni s.r.l.), sulla quale grava un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Palermo in data 19.05.2006.
Rispetto a tale articolato quadro indiziario – costituito da elementi (relazioni parentali e cointeressenze societarie) valutati dalla p.a. in chiare inferenziale, quali complessivamente sintomatici della possibilità di infiltrazione mafiosa – non assume alcun rilievo la circostanza che il ricorrente non sia mai stato condannato per taluni reati (turbativa incanti, associazione mafiosa…), in quanto è fin troppo noto che l’informativa antimafia si muove sul piano della massima prevenzione, e non necessita della prova della fattispecie criminosa, richiesta invece sul piano penalistico.
Sicché, sebbene parte ricorrente – con l’articolata censura riproposta con il ricorso per motivi aggiunti – tenti di “atomizzare” gli indizi e i dati oggetto della valutazione prefettizia, ritiene il Collegio che la stessa regga sia alla dedotta insufficienza della motivazione; sia al denunciato eccesso di potere.
B.2. – La reiezione della doglianza mossa avverso l’informativa interdittiva comporta la conseguente reiezione della censura di invalidità derivata, implicitamente mossa avverso il provvedimento, di natura vincolata, adottato dal responsabile del Servizio Ambiente e Sviluppo Economico del Comune di San Cataldo (prot. n. 804 del 01.09.2010).
C. – Per tutto quanto esposto e rilevato, il ricorso, in quanto infondato, deve essere rigettato, con salvezza di tutti gli atti impugnati.
D. – Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore del Ministero dell’Interno e della Prefettura di Agrigento; mentre nulla deve statuirsi nei riguardi delle parti non costituite (Ufficio Territoriale del Governo di Caltanissetta; Comune di San Cataldo).
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il ricorrente Cilia Salvatore al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in favore del Ministero dell’Interno e della Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo di Agrigento, in solido fra di loro, quantificandole in complessivi € 1.000,00 (euro mille/00), oltre oneri accessori come per legge; nulla spese nei riguardi della Prefettura- Ufficio Territoriale del Governo di Caltanissetta e del Comune di San Cataldo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Caterina Criscenti, Presidente FF
Federica Cabrini, Consigliere
Maria Cappellano, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)