Tar Sezione Autonoma Bolzano, 3 febbraio 2014, n. 26

Testo completo:
Tar Sezione Autonoma Bolzano, 3 febbraio 2014, n. 26
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa
sezione autonoma di Bolzano
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Robert Moroder e Janmatie Moroder, rappresentati e difesi dagli avv.ti Gerhart Gostner e Martin Plieger, con domicilio eletto presso il loro studio legale in Bolzano, piazza Sernesi N. 34/I;
contro
Comune di Castelrotto, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Alfred Mulser, con domicilio eletto presso il suo studio legale in Bolzano, via Alto Adige, 40;
Parrocchia San Leonardo Bulla/Roncadizza, non costituita;
azione di restituzione di bene illegittimamente occupato – azione di risarcimento danni in seguito alla sentenza n. 99/2004 del TAR di Bolzano, confermata con sentenza n. 2931/2009 del Consiglio di Stato;
con motivi aggiunti depositati il 19.12.2012:
per annullamento dell’ atto di acquisizione ex art. 32-bis, legge provinciale 15.04.1991, n. 10, del Comune di Castelrotto, di data 17.10.2010, notificato ai sensi dell’art. 140 C.P.C., con deposito dell’atto in data 18.10.2012.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati, nonché l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Castelrotto;
Viste le memorie difensive, la documentazione prodotta, nonché tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2013 il dott. Peter Michaeler e uditi per le parti i difensori, l’avv. M. Plieger per il ricorrente e l’avv. A. Mulser per il Comune di Castelrotto.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente Moroder Robert è proprietario delle pp.ff. 3054/1, 3054/4, 3058/7 e 7485 in P.T. 909/II CC Castelrotto, nonché usufruttuario della p.ed. 2881 in CC Castelrotto. La ricorrente Janmatie Moroder è nuda proprietaria della predetta p.ed. 2881.
I fondi si trovano nelle immediate vicinanze della chiesa di Roncadizza, una piccola frazione del Comune di Castelrotto.
Nel 1997 il Comune, nell’intenzione di costruire il cimitero adiacente alla chiesa, ha iniziato la procedura espropriativa dei predetti fondi. Gli atti ablativi erano stati annullati da questo tribunale con sentenza n. 99 del 28.1.2004 (per decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e mancata riacquisizione dei pareri necessari in sede di rinnovo della procedura ablativa).
Proposto appello, il Comune aveva ottenuto dal Consiglio di Stato la sospensione dell’esecutività della sentenza. Sulla base di tale sospensione, il Comune, in pendenza del giudizio d’appello aveva iniziato e terminato i lavori di costruzione del cimitero. Con la sentenza finale n. 2931/2009 il Consiglio di Stato aveva rigettato l’appello, confermando la sentenza di primo grado.
Risultando pertanto l’opera costruita in assenza di validi atti ablativi, i ricorrenti convengono ora in giudizio il Comune e chiedono in via principale il risarcimento del danno in forma specifica (la condanna alla restituzione dei fondi appresi ‘contra ius’, previo ripristino dello stato dei luoghi) ed in via subordinata il risarcimento per equivalente (condanna dei convenuti al pagamento del risarcimento del danno, patrimoniale e non, quantificato in Euro 736.978,79).
Costituitosi, il Comune eccepisce l’inammissibilità della domanda risarcitoria sia per il superamento del termine di cui all’articolo 30 CPA, sia per carenza di interesse a ricorrere, essendo nel frattempo stata avviata nuovamente la procedura di espropriazione. Nel merito contesta la quantificazione del danno.
Nelle more del processo, il Comune ha emesso il decreto dd. 17.10.2012 di acquisizione sanante dei fondi, riconoscendo al ricorrente un importo nella misura di Euro 173.915. Il decreto è stato prontamente impugnato con motivi aggiunti dai ricorrenti che insistono nella richiesta di condanna alla restituzione o, in via subordinata, di condanna al risarcimento per equivalente, con aumento dei danni a Euro 1.035.000.
I motivi di impugnazione fatti valere nei motivi aggiunti (avverso il decreto sanante) sono:
“1. violazione dell’articolo 32-bis legge provinciale n. 10/91 – inapplicabilità dell’acquisizione di cui all’articolo 32-bis per difetto dei presupposti;
2. Incostituzionalità dell’articolo 32-bis della legge provinciale n. 10/91 per violazione degli articoli 3, 24, 42, 97, 113 e 117 Costituzione;
3. Violazione dei principi stabiliti dalla norma vigente e dalla giurisprudenza in merito al giusto risarcimento.”
Il Comune ha replicato con memoria difensiva, eccependo in via pregiudiziale l’inammissibilità dei motivi aggiunti avendo i ricorrenti omesso di chiedere formalmente l’annullamento del decreto sanante. Nel merito chiede il rigetto dell’impugnazione.
Con ordinanza istruttoria n. 123/2013, questo tribunale ha disposto ctu al fine di determinare il valore dei beni acquisiti dal Comune.
Depositata la relazione finale, sulla quale le parti hanno preso posizione con ulteriori note, la causa è stata discussa e trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 4.12.2013.
Va aggiunto che la decisione sulla domanda cautelare, tesa ad inibire l’utilizzo del cimitero ai convenuti, è stata rinviata al merito su concorde richiesta delle parti. La domanda è stata decisa con ordinanza n. 226/13.
DIRITTO
Prima di entrare nei meandri della causa, va dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Parocchia di Roncadizza che non è toccata dall’oggetto del giudizio.
Ciò premesso, la questione sottoposta a questo tribunale riguarda la materia delle occupazioni appropriative, ovvero una procedura ablativa iniziata dal Comune di Castelrotto nel lontano 1997, i cui titoli sono stati successivamente annullati con le sentenze n. 99/04 (primo grado) e n. 2931/09 (secondo grado). Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, non si tratta quindi di un’occupazione usurpativa che è ristretta all’ipotesi dell’occupazione ‘brutale’ di fatto, priva di alcun titolo.
In subiecta materia sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’articolo 133 lettera g) CPA.
Pressato dalle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, il legislatore ha introdotto, per quanto riguarda la normativa nazionale, nell’articolo 43 del DPR 327/01 (TU in materia di espropriazione) l’istituto dell’acquisizione sanante per contrastare la critica secondo la quale l’acquisto della proprietà non può essere basato su un fatto illecito (occupazione usurpativa sine titulo) o su un atto dichiarato illegittimo (occupazione appropriativa sulla base di un titolo invalido).
L’articolo 43 del TU, non avendo passato il vaglio della Corte Costituzionale (sentenza n. 293/2010), è stato sostituito dall’articolo 42-bis.
Disponendo di competenza primaria per quanto riguarda le espropriazioni per pubblica utilità nelle materie di sua competenza (articolo 8 n. 22 DPR 670/72; v. anche articolo 5, comma 2 DPR 327/01), la Provincia Autonoma di Bolzano ha disciplinato l’istituto dell’acquisizione sanante mediante l’inserimento dell’articolo 32-bis nella legge espropriativa provinciale n. 10/91.
Con la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 2/05, il Consiglio di Stato ha statuito il principio che in assenza di un formale provvedimento amministrativo di acquisizione, il bene tolto al proprietario ‘contra ius’ dovrà essere restituito, anche se l’opera pubblica sia già stata realizzata. Come spiegato dall’Adunanza plenaria, in assenza di un provvedimento acquisitivo la restituzione non può essere impedita se non per scelta autonoma del legittimo proprietario attraverso un atto di rinuncia.
Emanato l’atto di acquisizione nelle more del presente giudizio da parte del Comune di Castelrotto (doc. 18 fascicolo ricorso: atto di acquisizione dd. 17.10.2012), prontamente impugnato, questo tribunale ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio per fare stimare il valore dei fondi acquisiti.
Ripercorsa in estrema sintesi la cronistoria dell’istituto dell’acquisizione sanante, devono essere esaminate pregiudizialmente le eccezioni di inammissibilità del ricorso principale sollevate dalla difesa del Comune.
E’ infondata la prima eccezione di inammissibilità per superamento del termine decadenziale di 120 gg di cui all’articolo 30 CPA. Il termine decadenziale si applica solo nell’ipotesi di lesione di interessi legittimi, non invece nel caso di lesione di diritti soggettivi, come nel caso in esame (lesione del diritto di proprietà).
E’ infondata anche la seconda eccezione di inammissibilità per carenza di interesse, essendo l’atto di acquisizione sanante stato emanato successivamente alla notifica del ricorso, a distanza di quasi 2 anni dall’instaurazione del presente giudizio.
Per quanto riguarda la richiesta risarcitoria in forma specifica, posta in via principale, si ritiene che la restituzione dei fondi non sia più dovuta in seguito all’emanazione del decreto di acquisizione sanante.
Questo tuttavia è stato impugnato con i motivi aggiunti che vanno quindi esaminati.
Prima, però, va approfondita l’eccezione pregiudiziale della loro inammissibilità, avendo i ricorrenti omesso di chiedere il formale annullamento del provvedimento di acquisizione impugnato. L’eccezione è infondata, dal momento che da un esame complessivo del ricorso contenente i motivi aggiunti si evince chiaramente che si tratti di una semplice dimenticanza, come tale da qualificare come mera irregolarità.
Passando all’esame dei singoli motivi di impugnazione, i ricorrenti sostengono (primo motivo) che l’articolo 32-bis L.P. 10/91, sul quale il decreto impugnato è basato, non sia applicabile al caso in esame, perché ai sensi del 3. comma l’atto di acquisizione sanante può essere emanato solo “…qualora il giudice amministrativo abbia escluso la restituzione del bene senza limiti di tempo e disposto la condanna al risarcimento del danno.”
Si ritiene che i ricorrenti non diano una lettura corretta dell’articolo 32-bis che stabilisce:
“1.L’autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, occupato senza valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre l’acquisizione dello stesso al suo patrimonio indisponibile, previa ponderazione degli interessi contrapposti. Al proprietario vanno risarciti i danni.
2.L’atto di acquisizione:
può essere altresì emanato quando sia stato annullato, anche con sentenza passata in giudicato prima dell’entrata in vigore della legge provinciale 28 dicembre 2001 n. 19, l’atto da cui sia sorto il vincolo preordinato all’esproprio, l’atto che abbia dichiarato la pubblica utilità di un’opera o il decreto di esproprio;
dà atto delle circostanze che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell’area, indicando, ove risulti, la data dalla quale essa si è verificata;
determina la misura del risarcimento del danno e ne dispone il pagamento, emntro il termine di 60 giorni, senza pregiudizio per l’eventuale azione già proposta;
è notificato al proprietario nelle forme degli atti processuali civili;
comporta il passaggio del diritto di proprietà;
è trascritto senza indugio presso l’ufficio tavolare.
3.Qualora il giudice amministrativo abbia escluso la restituzione del bene senza limiti di tempo e disposto la condanna al risarcimento del danno, l’autorità che ha disposto l’occupazione dell’area emana l’atto di acquisizione, dando atto dell’avvenuto risarcimento del danno. Il decreto è trascritto nel libro tavolare a cura e spese della medesima autorità.
4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano, in quanto compatibili, anche quando un terreno sia stato utilizzato per finalità di residenza pubblica, agevolata o convenzionata nonché quando sia stata imposta una servitù di diritto pubblico ed il bene conitnui ad essere utilizzato dal proprietario o dal titolrare di un altro diritto reale.
5. Nei casi previsti dal presente articolo il risarcimento del danno è determinato:
a) nella misura corrispondente al valore del bene ai sensi degli articolo 7-quater, 7-quinquies e 8 utilizzato per scopi di pubblica utilità;
b) col computo degli interessi moratori, a decorrere dal giorno in cui terreno sia stato occupato senza titolo.”
Come si vede, in virtù del secondo comma, l’atto di acquisizione sanante può essere adottato anche nell’ipotesi, come quella in esame, in cui gli atti espropriativi siano stati annullati con sentenza passata in giudicato (sentenza n. 2931/2009 del Consiglio di Stato). Il terzo comma, invocato dalla difesa dei ricorrenti, invece, si riferisce alla differente ipotesi (che non riguarda il caso in esame), in cui una sentenza abbia già escluso la restituzione e disposto il risarcimento del danno. Il motivo è pertanto infondato.
Con il secondo motivo di impugnazione, il ricorrente sostiene in generale l’illegittimità costituzionale dell’istituto dell’acquisizione sanante, disciplinato dall’articolo 32-bis L.P. 10/91.
Al riguardo si osserva che l’articolo 32-bis è stato emanato sulla falsariga dell’articolo 43 DPR 327/01, del quale riproduce quasi fedelmente il testo. Quest’ultima norma è stata effettivamente dichiarata incostituzionale (Corte Cost. 293/2010), ma solo per un motivo formale di violazione dell’articolo 76 Costituzione (eccesso di delega), avendo la disposizione esorbitato dalla legge-delega n. 50/99 che consentiva esclusivamente un semplice riordino e coordinamento formale della materia, mentre il legislatore l’aveva innovato, inserendovi “…numerosi aspetti di novità” (punto 8.5 della sentenza 293/10). Il motivo di incostituzionalità non può pertanto essere riferito all’articolo 32-bis, essendo l’istituto della normazione delegata estranea alla legislazione provinciale. Per quanto riguarda gli aspetti sostanziali, il giudice delle leggi, nella sentenza n. 293/10, sembra avere effettivamente espresso dubbi sulla ammissibilità dell’acquisizione sanante, ma limitatamente ai casi di occupazione usurpativa, mentre il presente giudizio verte intorno ad un’ipotesi di occupazione appropriativa, la quale ha passato positivamente il vaglio di costituzionalità. La questione è, pertanto, manifestamente infondata.
Esclusa la possibilità della restituzione dei fondi, avendoli il Comune legittimamente acquisiti con atto sanante, il rigetto della domanda principale (risarcimento in forma specifica) ne costituisce l’epilogo finale logico.
Si passa all’esame della domanda subordinata, tesa all’ottenimento del risarcimento per equivalente.
Per stabilire esattamente il risarcimento dovuto, è stata disposta una ctu.
In conformità al quesito posto (“…stima del danno determinato ai sensi del comma 5 dell’articolo 32-bis…”), il consulente ha correttamente utilizzato il criterio di stima indicato al quarto comma dell’articolo 7-quinquies L.P. 10/91 che stabilisce :
“Per le aree destinate a servizi e attrezzature di interesse generale il valore venale è determinato tenendo conto delle caratteristiche dei terreni, del loro inserimento nel tessuto urbanistico e della destinazione urbanistica dei terreni circostanti”.
Dopo averli descritti, il ctu ha attribuito ai terreni occupati, confluiti nella p.ed. 4009 in CC Castelrotto che è classificata come ‘zona per attrezzature collettive – amministrative e servizi pubblici’, un valore venale pari ad Euro 320 per metro quadro. Moltiplicato per 371 m/2 occupati = Euro 118.720.
Successivamente il ctu, correttamente applicando l’articolo 1224 codice civile in assenza di prova del danno maggiore, ha determinato gli interessi moratori nella misura legale per il periodo dell’occupazione senza titolo (dal 18.2.2003 fino alla data di emanazione del decreto sanante), arrivando ad attribuire l’ulteriore importo di Euro 27.424,33.
La norma provinciale dell’articolo 32-bis non prevede altre forme di risarcimento del danno, in particolare non prevede alcun risarcimento per il danno non patrimoniale, a differenza della norma statale dell’articolo 42-bis DPR 327/01 che attribuisce al danneggiato un danno non patrimoniale nella misura fissa del 10% del valore venale del bene. Dovendo il danno, però, essere risarcito in misura integrale (in applicazione dei principi generali sanciti in materia di danno aquilano), tenuto conto del criterio di misura indicato all’articolo 42-bis (non direttamente applicabile al nostro caso che è disciplinato dalla norma provinciale dell’art. 32-bis) e tenuto conto del comportamento non corretto del Comune che aveva realizzato la costruzione del cimitero senza attendere l’esito del giudizio d’appello (nonostante la sentenza di primo grado avesse già annullato gli atti ablativi) e che appena a quasi due anni dall’instaurazione del presente giudizio aveva adottato l’atto sanante, si ritiene equo aggiungere un ulteriore importo di Euro 30.000 a titolo di danno non patrimoniale (il danno esistenziale ed il danno morale vanno ormai inquadrati sotto la voce onnicomprensiva del danno non patrimoniale).
Sommando i singoli importi, sono dovuti Euro 118.720 (valore dei fondi occupati) + Euro 27.424,33 (periodo di occupazione) + Euro 30.000 (danno non patrimoniale) = Euro 176.144,33 complessivamente.
Tale importo corrisponde grosso modo all’importo riconosciuto nell’atto di acquisizione sanante. Trattandosi di debito di valore, la somma va maggiorata di interessi e rivalutazione dalla data dell’emanazione del decreto sanante fino al pagamento effettivo.
Null’altro può esser accordato.
Un’ultima osservazione. I ricorrenti sostengono che la consulenza tecnica sia nulla perché il ctu non ha prodotto i documenti consultati. L’eccezione va rigettata, perché il sollecito alla loro produzione avrebbe dovuto essere sollevato nelle controdeduzioni al fine di consentire al ctu, se del caso, di porvi rimedio nella relazione finale, inserendoli. Essa è anche troppo generica, avendo i ricorrenti omesso di indicare quali documenti non siano stati prodotti ed avendo il ctu comunque indicato le fonti consultate che, trattandosi per la maggior parte di atti catastali e tavolari, sono liberamente accessibili e controllabili da chiunque.
I ricorrenti sostengono, inoltre, che il ctu avrebbe dovuto porre a fondamento della stima il valore di mercato, più elevato, che si corrisponde nella compravendita dei terreni edificabili. La doglianza va rigettata, essendo la p.ed. 4009 CC Castelrotto urbanisticamente classificata come ‘zona per attrezzature collettive – amministrative e servizi pubblici’.
I ricorrenti sostengono, infine, che spetterebbe anche l’incremento di valore dovuto alla costruzione del cimitero. Sfugge il senso dell’affermazione, essendo, da un lato, il cimitero stato costruito con denaro pubblico e successivamente acquisito al patrimonio indisponibile del Comune ed avendo, dall’altro lato, i ricorrenti chiesto il ripristino dello status quo ante (demolizione della costruzione).
Traendo le conclusioni finali, essendo legittimo l’atto di acquisizione sanante adottato dal Comune nelle more del processo, sono rigettati i motivi aggiunti e la domanda principale tesa alla restituzione dei fondi (risarcimento in forma specifica). E’ fondata in invece la domanda subordinata tesa al risarcimento del danno per equivalente.
Spese del giudizio. I ricorrenti, vittoriosi per quanto riguarda l’an debeatur, sono sostanzialmente soccombenti in ordine al quantum debeatur (di fronte ad un richiesta risarcitoria superiore ad Euro 1.000.000, viene accordato l’importo notevolmente inferiore di Euro 176.144,33). Si ritiene pertanto giusto riconoscere solo la metà delle spese di giudizio.
Nulla va statuito in ordine alle spese della Parocchia che non si è costituita.
Spese della ctu, liquidate con decreto n. 4/2014. Esse sono divise a metà tra i ricorrenti ed il Comune.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, definitivamente pronunciando:
-rigetta i motivi aggiunti e la domanda principale tesa al risarcimento del danno in forma specifica (restituzione);
-accoglie la domanda subordinata tesa al risarcimento per equivalente e condanna, per l’effetto, il Comune di Castelrotto a pagare ai ricorrenti la somma di Euro 176.144,33, da maggiorare di rivalutazione monetaria e di interessi legali dalla data dell’emanazione del decreto sanante fino al saldo;
-condanna il Comune di Castelrotto a rifondere ai ricorrenti la metà delle spese di giudizio che si liquidano complessivamente nell’importo di Euro 5.000 (cinquemila/00), oltre accessori di legge;
-condanna il Comune di Castelrotto a rifondere ai ricorrente la metà del contributo unificato.
Liquidazione della CTU come da motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bolzano nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
Hugo Demattio, Presidente
Terenzio Del Gaudio, Consigliere
Lorenza Pantozzi Lerjefors, Consigliere
Peter Michaeler, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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