Tar Puglia, Sez. III, 6 dicembre 2016, n. 1364

Testo completo:
Tar Puglia, Sez. III, 6 dicembre 2016, n. 1364

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 577 del 2007, proposto da:
Carlo Valente, Lucrezia Valente, Mauro Valente, Annamaria Valente, Vincenzo Valente, in qualità di eredi di Valente Pietro (originario ricorrente), rappresentati e difesi dagli avvocati Manuela De Nichilo C.F. DNCMNL73P67L109Q, Corrado Mastropierro C.F. MSTCRD74C02L109W, Massimantonio Moscatelli C.F. MSCMSM70E07A883Y, con domicilio eletto presso Manuela De Nichilo in Bari, c/o E.Gorini via Calefati n.402;
contro
Comune di Bisceglie, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Rosaria Larizza, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, c/o avv. Minervini, via Capruzzi n.204;
per l’annullamento
(RICORSO PRINCIPALE)
-della nota prot. n. 004704 del 02.02.2007 del dirigente della Ripartizione Tecnica – Ufficio Edilizia Privata del Comune di Bisceglie con la quale veniva disposto il diniego alla sanatoria ex lege 47/85, richiesta in data 20.03.1986;
-della nota prot. n. 0025808 del 19.06.2006 del dirigente dell’Ufficio Gabinetto del Sindaco di Bisceglie con cui si negava la proroga del termine stabilito dalla delibera della Giunta municipale del Comune di Bisceglie n. 7/06 per la presentazione del piano di recupero urbano degli insediamenti abusivi realizzati nella suddetta zona; nonché, ove occorra, di ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale;
(MOTIVI AGGIUNTI depositati il 2 ottobre 2007)
-dell’ordinanza prot. n. 196 del 28.06.2007 del Dirigente della Ripartizione Tecnica del Comune di Bisceglie con cui è stata ordinata la demolizione delle opere abusive; nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale in essa richiamato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bisceglie;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 novembre 2016 la dott.ssa Desirèe Zonno e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con il ricorso introduttivo, depositato in data 30.04.2007, il sig. Valente Pietro (cui sono succeduti, con atto depositato in data 21.09.2011, gli odierni ricorrenti costituendosi in giudizio in qualità di eredi) ha chiesto l’annullamento:
– della nota prot. n. 004704 del 02.02.2007 del dirigente della Ripartizione Tecnica – Ufficio Edilizia Privata del Comune di Bisceglie con la quale detto Comune ha negato la sanatoria richiesta, in data 20.03.1986, ex lege n. 47/1985, afferente all’ ampliamento dell’originaria e preesistente unità immobiliare, sita in Bisceglie su suolo censito in catasto al foglio 2 all. B, p.lla 669, ricadente in “zona di rispetto cimiteriale” ai sensi dell’art. 338 r.d. n. 1265/1934 (la nota, benchè rubricata “Comunicazione ai sensi dell’art. 10-bis della L. 241/90. Diniego alla sanatoria”, ha chiaramente contenuto provvedimentale in quanto dispone il diniego);
– della nota prot. n. 0024808 del 19.06.2006 del dirigente dell’Ufficio Gabinetto del Sindaco di Bisceglie con cui era stata precedentemente negata la proroga del termine concesso dal Comune resistente per la presentazione di un piano di recupero urbano degli insediamenti abusivi realizzati nella predetta zona.
1.1.- In particolare, parte ricorrente espone in narrativa di aver avanzato, in data 20.03.1986, un’istanza di sanatoria ex lege n. 47/1985.
La comunicazione del dirigente della Ripartizione Tecnica, ai sensi dell’art. 10 bis L. n.241/1990, dell’intenzione di adottare un provvedimento di diniego rispetto alle domande presentate dal ricorrente e dai molti altri proprietari di unità immobiliari ubicate nella medesima zona, induceva gli istanti a proporre, all’Ente comunale, di riqualificare le aree in questione mediante un piano di recupero (della cui presentazione intendevano farsi carico), con contestuale variante al PRG.
Al fine di predisporre la proposta di variante al PRG, necessaria per il recupero urbano delle aree interessate, il Comune di Bisceglie (con delibera GM n. 7 del 5.01.2006) fissava il termine di 180 giorni per la presentazione, da parte degli interessati, del menzionato piano di recupero.
Pochi giorni prima dello spirare del termine assegnato, perveniva all’Amministrazione una richiesta di proroga, al cui diniego faceva seguito quello relativo all’istanza di condono, motivata in ragione del permanere del vincolo di inedificabilità assoluta, dal momento che nessun piano di recupero era stato indirizzato al Comune resistente entro il prescritto termine.
1.2.- Parte ricorrente si duole, in estrema sintesi, dell’asserita inadeguatezza del termine concesso dal predetto Comune per la predisposizione del piano, nonché dell’insufficiente motivazione del provvedimento di diniego di sanatoria, anche alla luce della volontà, manifestata dal Comune di Bisceglie nel depositato Documento programmatico preliminare relativo al redigendo Piano Urbanistico Generale, di operare una revisione degli indirizzi precedentemente assunti.
2.- Con motivi aggiunti depositati il 2.10.2007, parte ricorrente ha chiesto l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia esecutiva, dell’ordinanza di demolizione delle opere abusivamente realizzate, notificatagli nelle more del presente giudizio, lamentando l’insufficiente descrizione e la generica identificazione oggettiva del perseguito abuso e, conseguentemente, l’insufficiente motivazione del gravato provvedimento, nonché l’illegittimità derivata dello stesso rispetto agli atti amministrativi impugnati con il ricorso principale.
Si duole, inoltre, dell’asserita violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, tutelato dall’art. 97 Cost., in quanto il lasso di tempo – di circa 20 anni – intercorso tra la consumazione della violazione e l’emissione da parte dell’amministrazione resistente della relativa misura ripristinatoria cagionerebbe l’ingiusto sacrificio di posizioni soggettive ormai consolidate.
3.- Costituendosi in resistenza, il Comune di Bisceglie ha chiesto il rigetto degli avversi ricorsi, evidenziando che la natura assoluta del vincolo di inedificabilità, posto a presidio della zona di rispetto cimiteriale, e la conseguente difformità dell’opera di cui in narrativa rispetto ai vigenti strumenti urbanistici, hanno reso doverosa l’adozione dei provvedimenti impugnati.
4.- Con ordinanza n. 957 del 2007, non impugnata, è stata accolta la domanda cautelare, “ atteso che il termine di 180 giorni fissato dall’Amministrazione per la presentazione del piano di recupero ha natura ordinatoria e deve contemperarsi con le oggettive difficoltà organizzative legate alla presentazione di un piano di recupero da parte di una moltitudine di proprietari”.
5.- Alla pubblica udienza dell’11.11.2016, la causa è stata definitivamente trattenuta in decisione.
6.- La più approfondita analisi delle doglianze rappresentate, riservata alla fase di merito, anche alla luce del comportamento tenuto dalla parte ricorrente all’esito della concessa tutela cautelare, induce a ritenere i ricorsi (principale e per motivi aggiunti) non meritevoli di accoglimento, con conseguente loro reiezione.
6.1.- Con il primo motivo di impugnazione, parte ricorrente censura l’operato dell’Amministrazione convenuta, per la negata proroga del termine concesso, sotto il profilo dell’eccesso di potere. Ritiene, infatti, che una più compiuta istruttoria, che avesse tenuto in considerazione la situazione di fatto in cui versava all’epoca il territorio ricadente in zona di rispetto cimiteriale, nonché l’intenzione manifestata nel documento programmatico preliminare relativo al redigendo Piano Urbanistico Generale, di operare una revisione degli indirizzi precedentemente assunti, avrebbe condotto il Comune resistente ad accordarla.
La doglianza prospettata non può che ritenersi improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, in considerazione dello stesso comportamento tenuto dalla parte all’esito della tutela cautelare.
Deve rilevarsi, infatti, che la sospensione dell’efficacia dell’atto che ha negato la proroga del termine di 180 giorni, concesso dall’Amministrazione per la presentazione del Piano di recupero, alla luce della motivazione adottata, ha facultizzato gli interessati (tra cui il ricorrente) a fruire di un più lungo termine per adempiere a detto onere.
Tuttavia, nel non breve lasso di tempo intercorso tra la fase cautelare e quella di merito (circa 10 anni), alcuna iniziativa volta a rendere concreta la proroga implicitamente accordata con l’ordinanza cautelare è stata adottata.
La mancata presentazione del Piano di recupero, per la cui predisposizione è stato reclamato un termine maggiore di quello concesso dall’Amministrazione (concesso attraverso la fase cautelare), rende la doglianza ormai superata dall’inerzia dello stesso ricorrente.
6.2.- Parte ricorrente si duole, inoltre, dell’insufficiente motivazione posta dal Comune a corredo del gravato provvedimento di diniego della concessione in sanatoria, in violazione dell’art. 3 della L. 241/1990, anche alla luce della prospettata ipotesi di un riassetto urbanistico del territorio.
Anche il secondo motivo di doglianza si appalesa infondato.
Infatti, come correttamente deduce l’odierno resistente, la giurisprudenza amministrativa è concorde nel ritenere che il provvedimento di diniego di condono edilizio relativo ad opere abusive situate in zona di rispetto cimiteriale è autonomamente sorretto dal rilevato contrasto delle stesse con la vigente disciplina urbanistica, stante il vincolo assoluto di inedificabilità che spoglia l’Amministrazione di qualsivoglia potere discrezionale in merito (c.f.r. ex multis Cons. Stato, sez. V, n. 1871 del 1999; TAR Lombardia, sez. I, n. 1041 del 2005; TAR Napoli, sez III, n. 146 del 2014).
Né vale a superare le precedenti considerazioni la circostanza – su cui parte ricorrente pone più volte l’accento – che il documento programmatico preliminare al redigendo PUG avesse prospettato l’ipotesi di una riqualificazione delle aree limitrofe alla zona cimiteriale, nonché della costruzione di un nuovo cimitero diversamente allocato.
Trattasi, infatti, di atto meramente programmatico, privo di efficacia vincolante, in assenza della modifica dello strumento urbanistico, sicché non può che aversi riguardo alla attuale ed immutata zonizzazione, per la quale resta fermo il vincolo assoluto di inedificabilità imposto dall’art. 338 T.U.L.S. che, come detto, inibisce all’Amministrazione qualsiasi valutazione discrezionale.
Né depone in senso contrario a quanto argomentato, la sentenza di questo Tar n. 742/2012 che ha definito il giudizio afferente altro ampliamento della medesima opera per cui oggi è processo, resa tra le stesse parti, con la quale questa Sezione ha accolto il ricorso.
Il fulcro della motivazione della citata sentenza risiede, infatti, nell’esigenza di tutelare la possibile riqualificazione del tessuto urbano del Comune di Bisceglie, circostanza sulla quale gli odierni ricorrenti, eredi di quello originario, hanno più volte fatto leva nel corso dell’odierno giudizio.
Tale prospettiva – evidenziata sin dal 2001 e ad oggi mai attuata per cause non imputabili all’Amministrazione – tuttavia, non è stata assistita da concrete iniziative degli interessati, sicchè, ogni forma di tutela risulta, allo stato, non più necessaria.
7.- Anche il ricorso per motivi aggiunti, con il quale parte ricorrente chiede l’annullamento dell’ordinanza di demolizione dell’opera abusivamente realizzata, si appalesa non meritevole di accoglimento, in considerazione della natura vincolata del provvedimento demolitorio rispetto all’accertamento di abusività delle opere.
7.1.-In dettaglio, il primo motivo di doglianza attiene all’insufficiente descrizione, nonché alla generica identificazione oggettiva del perseguito abuso.
Esso è privo di fondamento.
Correttamente, infatti, la difesa comunale ha rilevato che la gravata ordinanza è riferita ad opere dichiarate dallo stesso originario ricorrente nell’istanza di condono edilizio che, com’è noto, integra gli estremi dell’auto-denuncia, sicché l’entità dell’abuso è perfettamente evincibile dal rinvio operato dall’impugnato provvedimento a quest’ultima.
Valgono poi a superare la censura prospettata in ordine all’asserita insufficienza del corredo motivazionale del gravato provvedimento considerazioni non dissimili da quelle rappresentate con riferimento ai provvedimenti impugnati con ricorso principale, cui pertanto si fa rinvio.
7.2.- Si duole, infine, parte ricorrente della violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, tutelato dall’art. 97 della Costituzione.
Il notevole lasso di tempo intercorso tra la consumazione della violazione e l’emissione da parte dell’Amministrazione resistente della misura demolitoria cagionerebbe l’ingiusto sacrificio di posizioni soggettive ormai consolidate.
La tesi prospettata è priva di pregio giuridico.
Infatti, il potere repressivo esercitato dal Comune in materia urbanistica ed edilizia è sottratto a qualsivoglia termine di decadenza o prescrizione, ben potendo essere esercitato anche a distanza di anni dalla commissione della perseguita violazione, senza necessità di motivazione in ordine al ritardo (c.f.r. sul punto TAR Palermo, II sez., n. 1697 del 2013). Tanto in considerazione della natura permanente dell’illecito, nonché degli interessi tutelati dalla disciplina in materia.
Il vincolo assoluto di inedificabilità imposto dal citato art. 338 T.U.L.P.S. a presidio dell’area circostante l’edificio cimiteriale risponde ad una triplice funzione: assicurare la tutela della salubrità e dell’igiene dell’ambiente, consentire l’eventualità di futuri ampliamenti del cimitero e garantire il decoro ed il rispetto dei luoghi di sepoltura.
Giova infine ricordare che, in materia edilizia, il mero decorso del tempo non può valere a consolidare l’interesse privato al mantenimento di un’opera abusivamente realizzata, stante il tenore degli interessi pocanzi menzionati.
Conclusivamente i ricorsi devono essere respinti.
8.- Le spese del giudizio derogano alla soccombenza in considerazione dell’andamento complessivo della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, in parte li respinge ed in parte ne dichiara l’improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse.
Compensa le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Gaudieri, Presidente
Desirèe Zonno, Consigliere, Estensore
Cesira Casalanguida, Referendario
L’ESTENSORE
Desirèe Zonno
IL PRESIDENTE
Francesco Gaudieri
IL SEGRETARIO

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