TAR Piemonte, Sez. II, 16 maggio 2018, n. 613

TAR Piemonte, Sez. II, 16 maggio 2018, n. 613

MASSIMA
TAR Piemonte, Sez. II, 16 maggio 2018, n. 613
I criteri per la realizzazione di nuovi impianti di cremazione previsti dai Piani regionali di coordinamento, previsti dall’art. 6, comma 1 L. 30/3/2001, n. 130, non costituiscono semplici linee-guida derogabili dalle amministrazioni comunali, bensì, al contrario, requisiti minimi inderogabili da recepire integralmente nella strumentazione urbanistica e nei regolamenti comunali di settore.

NORME CORRELATE

Art. 6, L. 30/3/2001, n. 130

Pubblicato il 16/05/2018
N. 00613/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00728/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 728 del 2017, proposto da:
< omissis > S.R.L., < omissis > S.R.L. e < omissis > S.R.L., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avvocati Cinzia Picco e Paolo Scaparone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Paolo Scaparone in Torino, via San Francesco D’Assisi 14;
contro
COMUNE DI CASTELLAR GUIDOBONO, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandro Mazza, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via Grassi n. 9;
nei confronti
< omissis > S.R.L. e < omissis > S.R.L., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avvocati Rosario Scalise e Maria Paola Roullet, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Donatella Finiguerra in Torino, corso Vinzaglio 23;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
< omissis > S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Scaparone e Cinzia Picco, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Paolo Scaparone in Torino, via San Francesco D’Assisi 14;
REGIONE PIEMONTE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Pier Carlo Maina, con domicilio eletto in Torino, c.so Regina Margherita, 174;
per l’annullamento
– della determinazione del Responsabile del Servizio Tecnico 8.6.2017 n. 7 di aggiudicazione definitiva della concessione per la progettazione, l’esecuzione e la gestione di un impianto per la cremazione salme nell’area Cimiteriale del Comune di Castellar Guidobono, pubblicata all’albo pretorio del Comune a far data dal 12.6.2017;
– di tutti gli atti preparatori, presupposti, consequenziali e comunque connessi dei relativi procedimenti anche non noti e, in particolare;
– della determinazione del Responsabile dell’Ufficio Tecnico 19.9.2016 n. 18;
– della determinazione del Responsabile dell’Ufficio Tecnico 11.8.2015 n. 4;
– del bando di gara della procedura ristretta per l’aggiudicazione definitiva della concessione per la progettazione, l’esecuzione e la gestione di un impianto per la cremazione salme nell’area Cimiteriale del Comune di Castellar Guidobono;
– della deliberazione del Consiglio comunale 20.4.2015 n. 8 recante “Approvazione del progetto preliminare mediante operazione di finanza di progetto”;
– della deliberazione della Giunta comunale 30.3.2015 n. 12.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Castellar Guidobono e delle società < omissis > s.r.l. e < omissis > s.r.l.;
Visti gli atti di intervento ad adiuvandum di < omissis > s.r.l. e della Regione Piemonte;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 aprile 2018 il dott. Ariberto Sabino Limongelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con istanza del 20 marzo 2015, le società < omissis > s.r.l. e < omissis > s.r.l. formulavano al Comune di Castellar Guidobono (AL) una proposta di project financing, ai sensi dell’art. 153 comma 19 del D. Lgs. n. 163 del 2006, avente ad oggetto la progettazione e la costruzione di un impianto crematorio presso il cimitero comunale di Castellar Guidobono. Con delibera n. 12 del 30 marzo 2015, la giunta comunale approvava il progetto preliminare. Con successiva delibera n. 8 del 20 aprile 2015, il consiglio comunale dichiarava l’interesse pubblico dell’opera e dava atto che con successiva determinazione a contrarre si sarebbe proceduto a bandire la gara per l’affidamento della concessione.
2. Il 18 maggio 2015 la società < omissis > s.r.l., nella sua qualità di concessionaria degli impianti di cremazione di Domodossola (VB), Trecate (NO) e Acqui Terme (AL), presentava un esposto all’Assessore alla Sanità e alla Direzione Sanità della Regione Piemonte segnalando la contrarietà dell’iniziativa di project financing avviata dal Comune di Castellar Guidobono con i criteri introdotti dal Piano Regionale di Coordinamento per la realizzazione di nuovi cimiteri e crematori, approvato con DCR 61-10542 del 17 marzo 2015 e pubblicata sul BUR il 2 aprile 2015, in particolare evidenziando che il nuovo impianto di Castellar Guidobono sarebbe stato realizzato in violazione del criterio della distanza minima di 50 chilometri da altri impianti già esistenti e operativi (Acqui Terme e Valenza) e da un terzo impianto in fase di imminente attivazione (Serravalle Scrivia).
3. Dando seguito a tale esposto, la Direzione Sanità della Regione Piemonte indirizzava al Sindaco di Castellar Guidobono la nota prot. 11180 dell’8 giugno 2015 con la quale segnalava la necessità che i nuovi impianti di cremazione rispondessero a tutti i requisiti introdotti dal Piano regionale di coordinamento, invitando quindi l’amministrazione comunale “a valutare attentamente la rispondenza delle iniziative da assumere a quanto previsto dalla Deliberazione regionale sopra indicata, al fine di evitare l’avvio di attività che, se in contrasto con le disposizioni regionali, non potranno essere portate a termine”.
4. Il Sindaco di Castellar Guidobono rispondeva con nota del 6 luglio 2015, assicurando che il Comune “ha valutato e valuterà attentamente la rispondenza delle iniziative da assumere rispetto a quanto previsto dal Piano di Coordinamento, sia per quanto attiene alla nuova disciplina che per quanto riguarda quella transitoria”.
5. L’11 agosto 2015 il Comune adottava la determinazione a contrarre n. 4/2015 ai fini dell’indizione della gara per l’affidamento della concessione, e il successivo 14 agosto 2015 era pubblicato il bando di gara.
6. La gara giungeva a conclusione con la determinazione n. 7 dell’8 giugno 2017 con cui era dichiarata l’aggiudicazione definitiva della concessione alla società di progetto costituita da < omissis > s.r.l. e < omissis > s.r.l.
7. Con ricorso spedito per la notifica l’11 luglio 2017 e depositato il 26 luglio successivo, le società < omissis > s.r.l., < omissis > s.r.l. e < omissis > s..r.l. hanno impugnato il predetto provvedimento di aggiudicazione definitiva, unitamente agli atti presupposti della procedura di project financing, e ne hanno chiesto l’annullamento previa sospensione cautelare.
Le ricorrenti hanno premesso di essere operatori del settore della cremazione e di gestire attualmente, nella Regione Piemonte, gli impianti di Valenza (AL), Acqui Terme (AL), Domodossola (VCO), Trecate (NO), Serravalle Scrivia (AL) e Magliano Alpi (CN), operanti nello stesso bacino di riferimento dell’impianto che verrebbe realizzato a Castellar Guidobono, in un mercato già saturo secondo i parametri della pianificazione regionale.
Hanno dedotto le seguenti censure, in sintesi:
7.1) con il primo motivo, le ricorrenti hanno dedotto la violazione dei criteri previsti dal Piano regionale di coordinamento per la realizzazione di nuovi impianti di cremazione, in particolare sotto i profili della “distanza minima” da altri impianti di cremazione preesistenti e del “bacino di riferimento”;
7.2) con il secondo motivo, le ricorrenti hanno dedotto l’illegittimità dei provvedimenti comunali che hanno approvato il progetto preliminare di project financing, non avendo il Comune indetto la conferenza dei servizi di cui all’art. 14 comma 2-bis della L. 241/90, sede nella quale le ricorrenti avrebbero potuto prospettare le proprie ragioni ed evidenziare la saturazione del mercato nel bacino di riferimento;
7.3) con il terzo motivo, infine, le ricorrenti hanno dedotto la nullità del provvedimento di aggiudicazione in quanto disposta in favore di un soggetto (la società di progetto) non ancora costituito, e quindi inesistente.
8. Con atto depositato il 9 agosto 2017, ha spiegato intervento ad adiuvandum la società < omissis > s.r.l., esponendo di gestire l’impianto crematorio di Piscina (TO) e, tramite la società controllata < omissis > s.r.l., l’impianto di Magliano Alpi (CN), associandosi alle difese e alle censure dedotte in ricorso e chiedendone l’accoglimento.
9. Si è costituito in giudizio il Comune di Castellar Guidobono, depositando documentazione e resistendo al ricorso con memoria difensiva, svolgendo eccezioni in rito e in subordine, nel merito, contestando la fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto, in particolare richiamando, quanto al primo motivo, la norma transitoria di cui al capitolo 5 del Piano regionale di coordinamento, secondo la quale la nuova disciplina introdotta dal Piano regionale non si applica alle procedure autorizzatorie avviate prima dell’entrata in vigore del Piano dalle quali siano derivati “obblighi vincolanti” in capo all’amministrazione comunale; nel caso di specie, già dall’istanza di project financing formulata dalle proponenti in data 20 marzo 2015 sarebbe sorto l’”obbligo vincolante” dell’amministrazione di riscontrare l’istanza entro tre mesi, secondo quanto previsto dall’art. 153 comma 19 del D. lgs. 163/2006.
10. Si sono costituite in giudizio le società < omissis > s.r.l. e < omissis > s.r.l., aggiudicatarie della gara, formulando plurime eccezioni preliminari e, in subordine, nel merito, contestando la fondatezza del ricorso, in particolare rilevando l’inapplicabilità alla fattispecie in esame del Piano regionale di coordinamento alla luce della norma transitoria di cui al capitolo 5, dal momento che alla data di entrata in vigore del Piano (2 aprile 2015) la procedura di projectfinancing era stata già avviata e il Comune aveva già dichiarato l’interesse pubblico della proposta.
11. In giudizio è intervenuta anche la Regione Piemonte, deducendo l’illegittimità degli atti impugnati per violazione dei criteri della “distanza minima”, del “bacino di riferimento” e della “efficienza” di cui all’art. 6 del Piano regionale di coordinamento e chiedendo l’accoglimento del ricorso.
12. Con ordinanza n. 502 del 22 gennaio 2017, la Sezione ha accolto la domanda cautelare con motivazione limitata al periculum, rilevando l’opportunità di impedire l’avvio dei lavori di realizzazione dell’impianto nelle more della decisione del merito, fissando nel contempo a breve l’udienza di discussione del merito.
13. All’udienza pubblica del 19 aprile 2018, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie conclusive, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Vanno esaminate in primo luogo le eccezioni processuali formulate dalla difesa del Comune e della parte controinteressata.
1.1. Con una prima eccezione, la difesa del Comune ha eccepito l’irricevibilità/inammissibilità del ricorso, in quanto diretto contro il provvedimento di aggiudicazione definitiva della gara, in mancanza però di tempestiva impugnazione del bando di gara, impugnazione che sarebbe stata necessaria dal momento che le ricorrenti contestano a monte la decisione del Comune di avviare le procedure di realizzazione dell’impianto crematorio. L’eccezione, osserva il collegio, è sostanzialmente analoga a quella formulata dalla parte controinteressata, secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile a causa della mancata impugnazione degli atti iniziali della procedura di project financing, vale a dire della delibera di giunta comunale n. 12 del 30 marzo 2015 e della delibera di consiglio comunale n. 8 del 20 aprile 2015 con le quali è stato dichiarato il pubblico interesse dell’opera, provvedimenti ben noti alle ricorrenti, tant’è vero che proprio la società < omissis > s.r.l. aveva presentato in data 18 maggio 2015 un esposto alla Regione al fine di contestare la legittimità dell’iniziativa.
Le eccezioni sopra esposte non possono essere condivise.
La complessa procedura del project financing delineata dagli artt. 153 e ss. del D. Lgs. n.163/2006 si configura come una fattispecie a formazione progressiva, in cui lo scopo finale (cioè l’aggiudicazione della concessione al soggetto che propone di realizzare l’opera col sistema economicamente più vantaggioso) si realizza attraverso due fasi, l’una di selezione del progetto di pubblico interesse, l’altra di gara ad evidenza pubblica sulla base proprio del progetto dichiarato di pubblica utilità.
In relazione alla prima di tali fasi, che si conclude con il provvedimento di individuazione della proposta di pubblico interesse la legittimazione all’impugnazione è circoscritta al promotore o all’aspirante tale, e cioè ai soggetti che abbiano preso parte, in concorrenza tra loro, a questa prima fase procedimentale e che in quanto tali subiscono una lesione immediata dal provvedimento che individui come vittoriosa la proposta presentata da altro concorrente (Consiglio di Stato A.P. 15 aprile 2010 n. 1; Cons. Stato, V, 6 ottobre 2010 n. 7334; TAR Genova, II, 12 novembre 2010 n. 10360).
Viceversa, per i soggetti che siano rimasti estranei a tale fase procedimentale, ed in particolare per i proprietari di immobili confinanti o vicini all’area interessata dall’intervento oggetto del project financing, ovvero, come nel caso di specie, per i titolati di attività imprenditoriali concorrenti operanti nel medesimo bacino di utenza, l’interesse all’impugnazione del progetto diviene attuale e concreto soltanto al momento dell’approvazione del progetto (preliminare e/o definitivo) dell’opera pubblica; ciò sul rilievo che solo con l’approvazione del progetto l’opera pubblica assume una stabile connotazione che consente di valutare appieno i profili di interferenza, e quindi di lesività, con le posizioni giuridiche dei confinanti, o dei vicini o, come nel caso di specie, delle imprese concorrenti.
Ne consegue che le ricorrenti non erano onerate dall’impugnare il bando di gara. E se pure è vero che, nel caso di specie, il progetto preliminare e quello definitivo dell’opera non sono stati ancora approvati dall’amministrazione comunale, ciò, tuttavia, non configura un profilo di inammissibilità del ricorso per carenza di un interesse attuale ad agire, tenuto conto che l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione della gara finalizzata all’affidamento della concessione di costruzione e gestione dell’impianto crematorio costituisce il frutto di una specifica scelta processuale della parte ricorrente che denota l’interesse ad una anticipazione del giudizio sulla legittimità dell’opera pubblica rispetto alla fisiologica conclusione del procedimento di approvazione, rappresentata dall’approvazione del progetto definitivo: interesse meritevole di tutela, secondo il collegio, per ragioni di economia processuale, tenuto conto che le ricorrenti contestano principalmente la localizzazione dell’impianto, la quale è resa sufficientemente certa già con l’atto di aggiudicazione definitiva della gara e che difficilmente potrebbe subire modifiche in sede di approvazione della progettazione preliminare e definitiva; di qui la facoltà – anche se non l’obbligo – delle ricorrenti impugnare già l’atto di aggiudicazione definitiva della gara.
1.2. Un’ulteriore eccezione preliminare formulata dalla parte controinteressata attiene all’asserita inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva, sul rilievo che la mera vicinitas non sarebbe sufficiente a radicare tale legittimazione, in mancanza della prova del pregiudizio concreto in termini di sviamento della clientela.
Anche tale eccezione non può essere condivisa.
E’ pacifico che le società ricorrenti gestiscono gli impianti di cremazione nei Comuni di Valenza (AL), Acqui Terme (AL), Domodossola (VCO), Trecate (NO), Serravalle Scrivia (AL) e Magliano Alpi (CN). Su tale presupposto, esse hanno sostenuto che la realizzazione del nuovo impianto nel Comune di Castellar Guidobono (AL) verrebbe ad inserirsi nel medesimo ambito territoriale e demografico nel quale operano esse ricorrenti, determinando una sovrapposizione dei bacini di utenza con conseguente apprezzabile calo e distrazione del volume d’affari. La legittimazione a ricorrere si fonderebbe, pertanto, sia sul rapporto di vicinitas sia sul danno concreto derivante dalla futura realizzazione dell’impianto. Hanno quindi richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “il soggetto che esercita la propria attività commerciale in un determinato bacino di utenza vanta un interesse tutelato a che nessun altro operatore vi si insedi ed è quindi legittimato a gravare gli atti abilitativi a questi rilasciati”.
Il collegio condivide la tesi di parte ricorrente.
Secondo condivisibili principi giurisprudenziali, per l’impugnativa degli atti di assenso aventi ad oggetto l’esercizio di attività imprenditoriali, la vicinitas in senso spaziale deve essere trasferita nell’ambito della nozione di “bacino commerciale”, intesa come “area in cui si dispiega l’influenza economica del concorrente” tale per cui l’insediamento della nuova attività autorizzata è quindi idonea ad incidere sulle posizioni di mercato del controinteressato; in questo settore, la rilevanza della posizione del ricorrente si rapporta all’interesse ad un regolare svolgimento della concorrenza, tale da non ledere illegittimamente la posizione di un altro operatore nel proprio settore di mercato (T.A.R. Lazio-Roma, sez. II 08 luglio 2016 n. 7837; Consiglio di Stato sez. V 23 febbraio 2017 n. 853; Consiglio di Stato sez. IV 07 maggio 2015 n. 2324).
Nel caso di specie il requisito della vicinitas, intesa come identità del bacino di riferimento delle attività imprenditoriali concorrenti, indubbiamente sussiste, sia per la relativa prossimità dell’impianto di nuova attivazione agli impianti già esistenti gestiti dalle ricorrenti, sia in considerazione del fatto che il nuovo impianto di Castellar Guidobono verrebbe ad inserirsi in un ambito regionale già sostanzialmente saturo, come riferito dalla stessa Regione nel Piano regionale di coordinamento, nella parte in cui si afferma che i 12 impianti attualmente esistenti sono già idonei a soddisfare il fabbisogno regionale, per cui andrebbero ristrutturati quelli esistenti piuttosto che costruiti nuovi impianti (in tal senso, cfr. Piano regionale di coordinamento, pagg. 20 ultimo capoverso e ss.).
Il danno derivante dal paventato calo del volume di affari può essere ragionevolmente presunto, anche se non in misura attualmente quantificabile, e comunque la giurisprudenza ha affermato che la vicinitas, nel senso sopra detto, può essere di per sé sufficiente a qualificare l’interesse ad opporsi all’apertura di una attività imprenditoriale concorrente che per le sue caratteristiche abbia la capacità di attrarre clientela anche da zone molto distanti da quella in cui si prevede l’ubicazione (Consiglio di Stato sez. V 23 febbraio 2017 n. 853).
L’eccezione va quindi disattesa.
1.3. Infine, un’ultima eccezione preliminare formulata dalla parte controinteressata attiene all’asserita inammissibilità del ricorso “collettivo” proposto dalle ricorrenti, perché proposto da soggetti in conflitto di interessi tra loro.
Anche tale eccezione, osserva il collegio, non può essere condivisa, dal momento che le ricorrenti, benché concorrenti tra loro nello specifico mercato di riferimento, fondano il presente ricorso sull’interesse comune ad impedire l’insediamento di un nuovo impianto di cremazione gestito da un diverso operatore economico all’interno dello stesso bacino di utenza in cui esse operano, con conseguente erosione dei rispettivi volumi d’affari.
La sussistenza di un interesse comune tra i soggetti ricorrenti fa sì che il ricorso vada considerato come proposto da una sola parte, anche se soggettivamente complessa, e non da più parti.
Il ricorso è pertanto ammissibile.
1.4. Si può, a questo punto, passare ad esaminare il merito delle censure proposte dalla parte ricorrente.
2. Con il primo motivo, le ricorrenti hanno dedotto la violazione dei criteri previsti dal Piano regionale di coordinamento per la realizzazione di nuovi impianti di cremazione, in particolare sotto i profili della distanza minima da altri impianti e del bacino di riferimento; precisamente:
– l’impianto contestato disterebbe circa 30 chilometri sia dall’impianto di Serravalle Scrivia che da quello di Valenza, in violazione del Piano regionale di coordinamento che prescrive una distanza minima di 50 chilometri;
– l’impianto contestato verrebbe ad essere ubicato nella provincia di Alessandria, la cui popolazione è stimata in circa 440.000 abitanti, inferiore a quella minima di 500.000 abitanti prescritta dal Piano regionale di coordinamento; inoltre, in tale provincia sono già esistenti e operativi altri tre impianti (Serravalle Scrivia, Valenza e Acqui Terme), di modo che il nuovo impianto avrebbe un bacino di riferimento inferiore a quello prescritto.
Il collegio ritiene che l’esame delle censure appena esposte renda opportuno un breve inquadramento normativo.
2.1. La L. 30/03/2001, n. 130 (“Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri”) all’art. 6 prevede che “1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni elaborano piani regionali di coordinamento per la realizzazione dei crematori da parte dei comuni, anche in associazione tra essi, tenendo conto della popolazione residente, dell’indice di mortalità e dei dati statistici sulla scelta crematoria da parte dei cittadini di ciascun territorio comunale, prevedendo, di norma, la realizzazione di almeno un crematorio per regione. 2. La gestione dei crematori spetta ai comuni, che la esercitano attraverso una delle forme previste dall’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. (…)”.
2.2.Nella Regione Piemonte la predetta disposizione statale ha trovato una prima attuazione con la L.R. 31 ottobre 2007, n. 20 (“Disposizioni in materia di cremazione, conservazione, affidamento e dispersione delle ceneri”), che è stata successivamente modificata e in parte abrogata dalla L.R. 3 agosto 2011, n. 15 (“Disciplina delle attività e dei servizi necroscopici, funebri e cimiteriali”).In particolare, l’art. 14 della L.R. 3 agosto 2011 n. 15 (“Piano regionale di coordinamento”) ha previsto che: “1. Entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge, la Giunta regionale presenta per l’approvazione al Consiglio regionale, sulla base della popolazione residente, dell’indice di mortalità e dei dati statistici della scelta crematoria da parte dei cittadini di ciascun territorio comunale e d’intesa con i comuni interessati, il Piano regionale di coordinamento, per la realizzazione di nuovi cimiteri e crematori da parte dei comuni, anche in forma associata.
2. Il Piano regionale di coordinamento definisce:
a) i requisiti e le caratteristiche per la costruzione di nuovi cimiteri e crematori, nonché le condizioni per la soppressione e i criteri di ristrutturazione di quelli esistenti;
b), c), d), e), f), g) [omissis].
3. [omissis].
4. Spetta ai comuni e loro forme associative la realizzazione dei crematori, nel rispetto delle linee guida previste dal Piano regionale di coordinamento.
5. I crematori sono realizzati all’interno delle aree cimiteriali esistenti o di ampliamenti delle stesse e non è consentito l’utilizzo di crematori mobili
L’art. 15 della stessa L.R. n. 15/2011 ha poi previsto che entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge il consiglio regionale avrebbe dovuto adottare il regolamento di attuazione della legge regionale stessa. Tale regolamento è stato effettivamente adottato, previa delibera del consiglio regionale n. 183-30761 del 27 luglio 2012, con decreto del presidente della giunta regionale 8 agosto 2012 n. 7/R. In particolare, all’art. 29 (“impianti di cremazione”), esso prevede che “1. La Giunta regionale, nell’ambito della pianificazione prevista dall’articolo 6 della legge 30 marzo 2011 n. 130 (Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri), individua i crematori esistenti e quelli da realizzare e i rispettivi bacini di riferimento. 2. La realizzazione dei nuovi crematori, prevista all’art. 14 della l.r. 15/2011, è autorizzabile sulla base della popolazione residente in ciascun Comune o nella eventuale popolazione associata, purché sufficiente a giustificare l’investimento e a consentire l’equilibrio di gestione, dell’indice di mortalità e dei dati statistici della scelta crematoria da parte dei cittadini interessati”.
2.3.Le previsioni della legge regionale e del regolamento di attuazione hanno trovato definitiva attuazione con l’approvazione del “Piano regionale di coordinamento per la realizzazione di nuovi cimiteri e crematori”, disposta con delibera del consiglio regionale 17 marzo 2015, n. 61 – 10542, pubblicata sul BURP del 2 aprile 2015.
Nel primo capitolo, dedicato ai “Principi ispiratori e contesto piemontese”, si precisa, tra l’altro:
– che la cremazione è un servizio pubblico a domanda individuale, di carattere oneroso (a far data dall’anno 2001), che può essere gestito direttamente dal Comune oppure affidato in concessione a terzi nelle forme di cui all’art. 113 del TUEL;
– che in Piemonte sono attualmente esistenti (dati aggiornati al 2013) dodici impianti di cremazione, ad Acqui Terme, Asti, Biella, Bra, Caselle Torinese, Domodossola, Novara, Piscina, Torino, Trecate, Valenza e Verbania;
– che tali impianti soddisfano il numero minimo di impianti richiesto per regione dalla legge 130/2001 e alcuni di essi, in particolare quello di Torino, risultano essere parecchio sottoutilizzati;
– che la programmazione dei crematori in ambito regionale, la quale comprende sia la creazione di nuovi impianti sia la ristrutturazione di quelli esistenti, deve essere predisposta tenendo conto, nel contempo, delle esigenze di “efficienza”, di “sostenibilità economica” e di “sostenibilità ambientale” del servizio;
– che per poter soddisfare le predette esigenze di “efficienza” e di “sostenibilità economica” dell’impianto, è necessario che esso possa contare su almeno 1200-1300 cremazioni l’anno, e perché ciò accada, è necessario che l’impianto possa contare su un “bacino di riferimento” di circa 500.000 abitanti, dal momento che ciò significa, statisticamente, circa 5.000 decessi l’anno e quindi 1.200-1300 cremazioni l’anno, considerato il rapporto percentuale statistico tra cremazioni e sepolture ordinarie;
– che il predetto bacino di riferimento di 500.000 abitanti “può essere raggiunto anche attraverso associazioni tra comuni, convenzioni, unioni di comuni, ecc.”;
– che ogni impianto deve essere localizzato ad una distanza minima di 50 chilometri da altro impianto;
– che allo stato, in Piemonte, “può essere importante prendere in considerazione non tanto la realizzazione di nuovi impianti, quanto la ristrutturazione di quelli esistenti” e che attualmente la gestione degli impianti esistenti è del tutto autonoma, priva di ogni coordinamento, “per cui si vengono a determinare diverse criticità quali bacini di utenza sovrapposti…”.
2.4. I principi appena esposti vengono poi ribaditi nel capitolo 3 del Piano, e in particolare nell’art. 6 che definisce i criteri per la realizzazione di nuovi impianti crematori.
2.5. Infine, il capitolo 5 del Piano detta una disciplina transitoria destinata a trovare attuazione nelle more dell’adeguamento da parte dei Comuni dei propri regolamenti alle disposizioni del Piano, adeguamento per il quale è fissato il termine di due anni dalla pubblicazione del Piano nel Bollettino Ufficiale della Regione (avvenuta il 2 aprile 2015); nel contesto di tale disciplina transitoria, assume rilievo ai fini del presente giudizio la disposizione di cui al comma 6, secondo cui “Possono essere autorizzati gli impianti di cremazione per la cui realizzazione, prima dell’entrata in vigore del presente piano siano stati avviati dai comuni procedimenti da cui derivino obblighi vincolanti per i medesimi”.
2.6. Dal complesso di tutte le disposizioni appena citate è possibile desumere alcune considerazioni di carattere generale:
– innanzitutto, i criteri per la realizzazione di nuovi impianti di cremazione previsti dal Piano regionale di coordinamento non costituiscono semplici linee-guida derogabili dalle amministrazioni comunali, bensì al contrario, requisiti minimi inderogabili da recepire integralmente nella strumentazione urbanistica e nei regolamenti comunali di settore, come induce chiaramente a ritenere la lettera delle disposizioni in questione, in cui si fa riferimento, di volta in volta, ad “almeno” 1200-1300 cremazioni l’anno, “almeno” 5.000 decessi l’anno, “almeno” 50 chilometri da altro impianto preesistente;
– i comuni sono tenuti ad adeguare i propri regolamenti cimiteriali e la propria strumentazione urbanistica a tali requisiti minimi entro due anni dalla pubblicazione sul BUR (2 aprile 2015);
– fino a tale adeguamento, gli impianti di cremazione il cui procedimento di autorizzazione sia stato avviato prima della data di entrata in vigore del piano stesso, possono essere autorizzati solo nel caso in cui dal procedimento siano già nati “obblighi vincolanti” per il comune.
2.7. Ciò posto, la prima indagine che si impone ai fini della soluzione delle questioni giuridiche dibattute dalle parti nel presente giudizio è quella di accertare se il Piano regionale di coordinamento fosse o meno applicabile al procedimento di project financing di cui si discute, procedimento avviato per effetto dell’istanza presentata dalle proponenti in data 20 marzo 2015 – e cioè tre giorni dopo l’approvazione del Piano regionale di coordinamento (avvenuta con DCR 61-10542 del 17 marzo 2015), anche se tredici giorni prima della sua entrata in vigore (avvenuta con la pubblicazione sul BUR del 2 aprile 2015) – e, ovviamente, non ancora concluso alla data di entrata in vigore del Piano.
Ai fini di tale indagine, in applicazione della norma transitoria di cui al capitolo 5 comma 6 del Piano, è necessario stabilire se, alla data di entrata in vigore del Piano regionale di coordinamento (2 aprile 2015), il procedimento di project financing fosse già pervenuto ad una fase talmente avanzata da vincolare l’amministrazione comunale a portarlo a compimento, esponendosi altrimenti, in caso di revoca della procedura, a richieste risarcitorie o indennitarie da parte del soggetto proponente.
2.8. Quest’ultima è la tesi che è stata sostenuta dalle difese del Comune e della parte controinteressata, la prima rilevando come la semplice presentazione dell’istanza di project financing avrebbe “vincolato” il Comune a rispondere entro i tre mesi successivi, secondo quanto previsto dall’art. 153 comma 19 del D. Lgs. n. 163/2006; la seconda ricollegando, invece, l’insorgere in capo al Comune dell’obbligo vincolante a concludere il procedimento alla dichiarazione di interesse pubblico dell’opera resa dalla giunta comunale e dal consiglio comunale con le delibere rispettivamente del 30 marzo e del 20 aprile 2015.
2.9. Il collegio non ritiene di poter condividere tali affermazioni, atteso che:
– la proposta di project financing è stata sottoposta all’attenzione dell’amministrazione comunale il 20 marzo 2015, e quindi in data addirittura successiva a quella di approvazione del Piano regionale di coordinamento, avvenuta il 17 marzo 2015;
– alla data di entrata in vigore del Piano (2 aprile 2015), era intervenuta – peraltro con una rapidità inusuale, soprattutto in relazione alla complessità del procedimento in questione – soltanto la delibera di giunta n. 12 del 30 marzo 2015 con cui era stato proposto al consiglio comunale di dichiarare l’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera;
– tutti gli atti successivi del procedimento, ad iniziare dalla delibera di consiglio comunale n. 8 del 20 aprile 2015 dichiarativa dell’interesse pubblico dell’opera, sono intervenuti in data successiva all’entrata in vigore del Piano regionale;
– ovviamente, la gara per l’affidamento della concessione non era stata ancora bandita;
– in sostanza, il procedimento si trovava in una fase del tutto iniziale e preliminare, assolutamente inidonea a far sorgere in capo all’amministrazione comunale l’obbligo vincolante di portarlo a compimento, tenuto conto che, secondo consolidati principi giurisprudenziali, neppure l’aggiudicazione provvisoria di una gara è idonea a determinare l’insorgere in capo al concorrente di un’aspettativa qualificata alla conclusione della procedura, tant’è che l’amministrazione può revocare l’aggiudicazione provvisoria e persino l’intera procedura di gara senza incorrere in obblighi indennitari o risarcitori (da ultimo, TAR Torino, sez. II, 7 dicembre 2017, n. 1322 e 17 luglio 2017, n. 861);
– e proprio con specifico riferimento alla procedura di project financing è stato affermato di recente (cfr. Consiglio di Stato sez. V 18 gennaio 2017 n. 207) che “ In tema di project financing, anche una volta dichiarata di pubblico interesse una proposta di realizzazione di lavori pubblici ed individuato, quindi, il promotore privato, la p.a. non è tenuta a dare corso alla procedura di gara per l’affidamento della relativa concessione posto che: a) tale scelta costituisce una tipica e prevalente manifestazione di discrezionalità amministrativa nella quale sono implicate ampie valutazioni in ordine all’effettiva esistenza di un interesse pubblico alla realizzazione dell’opera, tali da non potere essere rese coercibili nell’ambito del giudizio di legittimità che si svolge in sede giurisdizionale amministrativa; b) la posizione di vantaggio acquisita per effetto della dichiarazione di pubblico interesse si esplica solo all’interno della gara, una volta che la decisione di affidare la concessione sia stata assunta; quanto alla reclamata responsabilità civile, ne consegue che anche dopo la dichiarazione di pubblico interesse dell’opera non si è costituito un distinto, speciale ed autonomo rapporto precontrattuale, interessato dalla responsabilità precontrattuale, a che l’amministrazione dia poi comunque corso alla procedura di finanza di progetto; la valutazione amministrativa della perdurante attualità dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera continua a essere immanente”;
– da tali considerazioni discende che nel caso di specie il Comune di Castellar Guidobono non avrebbe potuto e dovuto ritenersi vincolato a concludere il procedimento di project financing pur a seguito dell’entrata in vigore del Piano regionale di coordinamento, ma, in applicazione della norma transitoria di cui al capitolo 5 del Piano stesso, avrebbe potuto e dovuto arrestare il procedimento in questione, peraltro appena avviato, revocarlo, quindi adeguare la propria strumentazione urbanistica e regolamentare ai nuovi criteri previsti dal Piano, e soltanto dopo tali adempimenti avrebbe potuto valutare eventuali nuove proposte dei soggetti interessati.
– tanto più che già in data 8 maggio 2015, e quindi prima dell’indizione della gara, il Comune aveva ricevuto la nota della Direzione Sanità della Regione Piemonte con cui era stato diffidato dal rilasciare autorizzazioni per nuovi impianti crematori che non rispondessero a tutti i requisiti previsti dal Piano regionale di coordinamento.
3. Data quindi per accertata l’applicabilità al procedimento in questione delle norme del Piano regionale di coordinamento, resta da verificare se l’impianto assentito dall’amministrazione comunale con i provvedimenti impugnati soddisfi comunque, nella sostanza, i criteri previsti dal Piano regionale di coordinamento; se così fosse, infatti, ragioni di legittimità sostanziale non consentirebbero di pronunciare l’annullamento degli atti impugnati, benché adottati all’esito di un procedimento che, a rigore, avrebbe dovuto essere arrestato e revocato a seguito dell’entrata in vigore del Piano stesso.
Le ricorrenti hanno lamentato, in particolare, la violazione dei nuovi criteri introdotti dal Piano regionale di coordinamento con speciale riferimento a quelli del “bacino di riferimento” e della “distanza minima” da altri impianti di cremazione.
Le censure, osserva il collegio, sono fondate.
3.1. Quanto al criterio della “distanza minima” da altri impianti:
– il Piano regionale di coordinamento prevede che il nuovo impianto di cremazione debba distare almeno 50 chilometri da altro impianto preesistente, fatta eccezione per l’ambito territoriale della Città metropolitana di Torino, nel quale il criterio non trova applicazione (quest’ultima eccezione non rileva nel presente giudizio, dal momento che l’impianto di Castellar Guidobono verrebbe ad essere ubicato nel contesto territoriale della Provincia di Alessandria);
– in relazione al criterio in questione, la parte ricorrente ha dedotto che l’impianto di Castellar Guidobono verrebbe ad essere realizzato a circa 30 km da quello di Serravalle Scrivia e a circa 30 km da quello di Valenza;
– altrettanto ha sostenuto la Regione Piemonte;
– il Comune di Castellar Guidobono non ha replicato nulla sul punto;
– la parte controinteressata ha invece affermato che l’impianto di Castellar Guidobono disterebbe circa 40 Km da quello di Valenza, e circa 35 Km da quello di Serravalle Scrivia;
– in definitiva, può ritenersi pacifico tra le parti che l’impianto contestato verrebbe ad essere realizzato a distanza inferiore a quella minima di 50 km da impianti preesistenti prevista dal Piano;
– tale rilievo sarebbe di per sé sufficiente a determinare l’accoglimento del ricorso.
3.2. Quanto al criterio del “bacino di riferimento”:
– il Piano regionale di coordinamento richiede che il nuovo impianto di cremazione debba fare riferimento ad un bacino di popolazione di circa 500.000 abitanti, capace di esprimere statisticamente almeno 5.000 decessi l’anno e, correlativamente, almeno 1.200-1.300 cremazioni l’anno; lo stesso Piano aggiunge che il bacino di riferimento di 500.000 abitanti “può essere raggiunto anche attraverso associazioni tra comuni, convenzioni, unioni di comuni, ecc.”;
– nel caso di specie, la ricorrenti hanno dedotto che l’impianto contestato verrebbe ad essere ubicato nella provincia di Alessandria, la cui popolazione è stimata in circa 440.000 abitanti, inferiore a quella minima di 500.000 abitanti prescritta dal Piano regionale di coordinamento; inoltre, in tale provincia sono già esistenti e operativi altri tre impianti (Serravalle Scrivia, Valenza e Acqui Terme), con la conseguenza che il nuovo impianto di Castellar Guidobono avrebbe un bacino di riferimento inferiore a quello prescritto dal Piano;
– deduzione analoga è stata svolta dalla Regione Piemonte, la quale ha osservato che anche considerando l’intera popolazione residente nelle province di Cuneo Asti e Alessandria, il bacino di riferimento sarebbe ormai saturo, essendo già operanti un numero di impianti crematori sufficienti ad esaurire il fabbisogno di cremazioni;
– la difesa del Comune non ha replicato nulla sul punto;
– la parte controinteressata ha replicato in termini estremamente generici, assumendo che l’impianto contestato “potrebbe attirare clientela da ogni parte del Piemonte, della Valle d’Aosta, della Lombardia e della Liguria, senza limitazione di sorta”; un’affermazione, tuttavia, che appare in radicale contrasto con i criteri stabiliti dal Piano regionale di coordinamento, il quale prevede che il dato relativo ai decessi/anno e quello della popolazione di riferimento possano riguardare cumulativamente più enti locali, ma solo nel caso in cui gli enti interessati dalla realizzazione del nuovo impianto abbiano stipulato tra loro una delle forme associative previste dalla legge (“associazioni tra comuni, convenzioni, unioni di comuni, ecc.”), che consenta di cumulare le rispettive popolazioni nel computo del bacino di riferimento del nuovo impianto: ciò che nel caso di specie non è avvenuto.
3.3. In definitiva, alla luce di tali considerazioni, ritiene il collegio che il Comune di Castellar Guidobono abbia autorizzato la realizzazione del nuovo impianto crematorio in palese violazione di criteri essenziali fissati dal Piano regionale di coordinamento applicabile al procedimento in esame; il che assume un rilievo assorbente ai fini che qui interessano, trattandosi di requisiti minimi essenziali previsti in via cumulativa dal Piano regionale di coordinamento ai fini dell’assentibilità di nuovi impianti di cremazione.
3.4. Si tratta di criteri che mirano ad evitare un’offerta sovrabbondante di impianti di cremazione in un contesto regionale nel quale gli attuali dodici impianti esistenti sono ritenuti già sufficienti a soddisfare il fabbisogno regionale di tempi crematori, e nel quale, pertanto, la realizzazione di nuovi impianti è vista come ipotesi eccezionale e residuale, da perseguire in via subordinata rispetto alla ristrutturazione degli impianti esistenti (in tal senso, cfr. Piano regionale di coordinamento, pagg. 20 ultimo capoverso e ss.), nel rispetto dei principi di sostenibilità economica ed ambientale previsti dal Piano.
4. Infine, un’ultima annotazione “di contesto”: sia nella vicenda qui in esame, sia nell’analoga vicenda trattata nella stessa udienza in relazione al ricorso r.g. 1100/2016 relativo al nuovo impianto di cremazione autorizzato dal Comune di Piobesi Torinese (TO), i procedimenti di <i>project financing</i> sono stati avviati nel periodo immediatamente antecedente all’approvazione e all’entrata in vigore del Piano regionale di coordinamento (circa cinque mesi prima nel caso del Comune di Piobesi, addirittura “a cavallo” tra l’approvazione e l’entrata in vigore nel caso del Comune di Castellar Guidobono), allorchè è del tutto verosimile che gli operatori di settore e le amministrazioni comunali fossero perfettamente a conoscenza sia dei vincoli che sarebbero stati introdotti con l’approvazione del Piano, sia della disciplina transitoria che avrebbe salvaguardato i procedimenti già avviati e già forieri, a quella data, di “obblighi vincolanti” per le amministrazioni comunali: sicchè non appare azzardato il sospetto che, in entrambi i casi, si sia voluto prevenire l’entrata in vigore del Piano precostituendo le condizioni per poter beneficiare della disciplina transitoria del Piano stesso, sottraendosi, per l’effetto, alle maglie più stringenti nella nuova, incombente, regolamentazione regionale.
5. In definitiva, alla luce di tutte le considerazioni fin qui svolte, è fondato e assorbente il primo motivo di ricorso, che va quindi accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati e assorbimento delle censure residue.
6. Le spese di lite seguono la soccombenza nei rapporti tra la parte ricorrente, l’amministrazione resistente e la parte controinteressata, mentre possono essere compensate nei confronti delle parti intervenienti, tenuto conto del diverso ruolo processuale e della più limitata attività difensiva svolta da costoro in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna il Comune di Castellar Guidobono e le società < omissis > s.r.l. e < omissis > s.r.l. a rifondere alla parte ricorrente le spese di lite, che liquida in € 3.000,00 (tremila/00) oltre oneri accessori a carico del Comune di Castellar Guidobono, ed € 3.000,00 (tremila/00) oltre oneri accessori a carico solidale delle due società controinteressate.
Pone a carico solidale delle medesime parti soccombenti l’onere del rimborso alla parte ricorrente dell’importo del contributo unificato.
Compensa le spese nei confronti della Regione Piemonte e della società < omissis > s.r.l.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Testori, Presidente
Ariberto Sabino Limongelli, Consigliere, Estensore
Paolo Nasini, Referendario
L’ESTENSORE (Ariberto Sabino Limongelli)
IL PRESIDENTE (Carlo Testori)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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