TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 26 marzo 2018, n. 325

TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 26 marzo 2018, n. 325

MASSIMA
TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 26 marzo 2018, n. 325
In relazione alla realizzazione di sala del commiato (nella specie in regione Lombardia), il comune è tenuto a verificare, sia in sede di autorizzazione quanto nell’esercizio della stessa, se il percorso d’accesso della salma, ed altresì i percorsi interni alla sala del commiato, sia distinto da quello assicurato ai visitatori, mentre l’uscita del feretro, confezionato dopo l’accertamento della morte, non richiede una differenziazione dei percorsi.

NORME CORRELATE

Lombardia, L.R. 30/12/2009, n. 33

Pubblicato il 26/03/2018
N. 00325/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00029/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 29 del 2018, proposto da:
Silvana G. e Palmiro M., rappresentati e difesi dall’avvocato Piermario Strapparava e domiciliati in Brescia, ex art. 25 cpa;
contro
Comune di Villa Carcina, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Mauro Ballerini, con domicilio eletto in Brescia ex art. 25 cpa;
ATS Brescia, rappresentata e difesa dall’avv. Dino Tedeschi ed elettivamente domiciliata ex art. 25 c.p.a.;
nei confronti
F. G.  S.r.l., rappresentata e difesa dall’avvocato Simona Fontana, con domicilio eletto in Brescia ex art. 25 cpa;
per la declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato dalle Amministrazioni resistenti, per quanto di competenza, relativamente all’istanza di avvio del procedimento di verifica – esposto notificato alle suddette Amministrazioni a mezzo pec in data 11 ottobre 2017 e successive integrazioni inviate a mezzo pec il 13 ottobre 2017 e il 17 ottobre 2017.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Villa Carcina e della Foresti Group S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2018 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame, gli odierni ricorrenti – proprietari, dal novembre 2006, dell’abitazione sita al primo piano di un edificio il cui piano terra è stato adibito, nel dicembre dello stesso anno, a sala del commiato – tendono ad ottenere la declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato dal Comune e dall’AST sull’istanza di avvio del procedimento di verifica, a seguito dell’esposto dagli stessi inoltrato, del rispetto delle condizioni per l’esercizio della suddetta attività e il conseguente ordine del Tribunale, intimante alle parti resistenti di provvedere entro il termine di trenta giorni.
Si tratta di un’azione giudiziaria che va ad aggiungersi alle molteplici in cui risulta essere stata articolata un’annosa controversia, che vede coinvolti i ricorrenti e la controinteressata sin da quando i primi hanno impugnato i provvedimenti che hanno consentito alla seconda la realizzazione della sala del commiato, asseritamente avvenuta in violazione di legge. Tant’è che, in pendenza del ricorso in esame, è stata anche appellata avanti al Consiglio di Stato la sentenza, n. 901/14, con cui questo Tribunale ha respinto il ricorso avverso la concessione di un titolo in sanatoria per l’ampliamento dei locali adibiti alla contestata attività.
Secondo i ricorrenti, dopo l’esecuzione di tali lavori, sarebbero state riscontrate delle carenze nell’impianto di aerazione, generanti fastidiose emissioni odorose e continue violazioni delle prescrizioni relative al percorso da seguirsi per il trasporto delle salme, di cui è stato chiesto l’accertamento alle competenti autorità, affinché provvedessero a disporre il ripristino della legalità.
Così sinteticamente ricostruita la situazione di fatto, ciò su cui è chiamato a pronunciarsi il Tribunale in questa sede è, dunque, se sussista e in che termini, un illegittimo silenzio delle Amministrazioni citate in giudizio e il conseguente obbligo, facente capo alle stesse, di dare riscontro alle segnalazioni operate nell’ottobre 2017 dagli odierni ricorrenti.
Secondo il Comune, tale obbligo non sussisterebbe affatto e il ricorso sarebbe inammissibile, in quanto l’azione dei ricorrenti, apparentemente volta ad ottenere che il Comune eserciti una specifica attività ispettiva, andrebbe in realtà qualificata come preordinata all’esercizio di un controllo generalizzato sull’operato della Pubblica Amministrazione. In ogni caso, il Comune non sarebbe affatto rimasto silente, avendo esso “dato riscontro alle istanze 11 e 13 ottobre 2017 a mezzo di pec 25 ottobre 2017 n. 17642 prot., con la quale ha ricordato che l’attività di F. G. s.r.l. era stata regolarmente autorizzata nel 2013, che successivi accertamenti disposti dall’ATS non avevano fatto emergere particolari criticità; che le richieste reiteravano pregresse richieste fatte oggetto di ricorsi giurisdizionali pendenti; che profili afferenti a questioni igienico-sanitarie erano già state indirizzate all’ATS cui spettava di evadere tali istanze” (così la memoria comunale a pag. 5).
La ditta F. G., controinteressata, ha affermato come tutte le disposizioni di legge sarebbero state rispettate e questa sarebbe la ragione per cui il Comune e l’Agenzia hanno ritenuto di non dover adottare alcun provvedimento.
L’Agenzia di tutela della salute si è costituita il 19 marzo 2018, depositando, fuori termine, una memoria il cui contenuto è stato sinteticamente rappresentato nel corso della camera di consiglio, alla cui conclusione, previa replica dei ricorrenti, la controversia, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
Tutto ciò premesso, ai fini della definizione della controversia, il Collegio ritiene di dover differenziare la posizione delle due amministrazioni coinvolte.
L’AST, già in risposta alla nota del 3 marzo 2017, aveva chiarito, il 3 aprile 2017 che, con riferimento a quanto segnalato “per quanto di n.s. competenza igienico sanitaria, è stato già a suo tempo assoggettato a scrupolosa ed attenta verifica.”. Conseguentemente, non essendo intervenuto alcun fatto nuovo, il 22 novembre 2017, l’ATS ha riscontrato il sollecito di parte ricorrente, ribadendo di aver già compiuto tutti i necessari accertamenti e ha precisato che rispetto alle “sale del commiato” il piano di vigilanza della Regione Lombardia non prevede alcuna competenza dell’ATS, per cui ogni controllo deve ritenersi rimesso al Comune, il quale potrebbe sollecitare l’intervento dell’ATS laddove dovesse rilevare aspetti igienico sanitari da approfondire, che non sono mai stati, invece, evidenziati.
Proprio in ragione di ciò, non può ritenersi sussistere alcun obbligo di provvedere in capo all’ATS, dal momento che l’Agenzia risulta aver provveduto alle verifiche di competenza, senza aver riscontrato alcuna violazione o omissione rilevante in relazione alle attribuzioni proprie e, nelle specifico, all’adeguatezza dell’impianto di aerazione installato dalla ditta Foresti.
Con riferimento a tale profilo, dunque, non può ravvisarsi la sussistenza di alcun’ipotesi di illegittimo silenzio dell’Amministrazione competente (e cioè la ATS).
Le funzioni di controllo sull’esatto rispetto delle prescrizioni correlate all’attività contestata, invece, rientrano nella competenza del Comune, cui è demandato, laddove siano ravvisate situazioni significative sotto il profilo della potenziale violazione delle norme igienico-sanitarie, di richiedere l’intervento dell’Agenzia stessa.
Fatta tale puntualizzazione, si deve addivenire a diversa conclusione con riferimento alla posizione del Comune, nonostante la controinteressata asserisca che non sarebbe ravvisabile nessun obbligo di provvedere in capo all’Amministrazione, in quanto l’attività verrebbe svolta nel pieno rispetto della normativa, sia con riferimento all’accesso e al recesso della salma/cadavere dalla sala del commiato, che rispetto all’impianto di aerazione (debitamente certificato e verificato dall’ATS).
L’ente locale, preposto al controllo, avrebbe dovuto, in concreto, sincerarsi di ciò, ma, invece, non risulta aver affatto dato corso all’attività istruttoria necessaria al fine di accertare la veridicità di tali dichiarazioni.
In particolare, appare del tutto irrilevante l’attestazione (rinvenibile nella relazione relativa al sopralluogo effettuato a seguito delle segnalazioni dei ricorrenti e richiamato ai fini di sostenere il corretto adempimento dei propri obblighi) per cui l’uscita del feretro sarebbe avvenuta, in occasione del controllo effettuato, secondo quanto è sempre accaduto e cioè direttamente dalla sala del commiato. Tale affermazione, infatti, nulla dice in ordine al rispetto delle prescrizioni imposte, che il Comune avrebbe dovuto verificare in concreto, accertando la effettiva utilizzabilità del percorso interno riservato alla salma, in termini di dimensionamento compatibile con l’ingombro del feretro con salma, in particolare tenuto conto che risulta solamente asserito, ma non dimostrato, che la struttura sia stata dotata di un montacarichi adeguato al caso.
Al contrario, parrebbe avvalorare le affermazioni degli odierni ricorrenti, senza, però, trarre alcuna conclusione.
A tale proposito si ritiene, peraltro, opportuno precisare che il Collegio ritiene di poter condividere la tesi della controinteressata, secondo cui l’uscita del cadavere (e cioè del corpo umano privo di funzioni vitali, di cui sia stata accertata la morte dopo il periodo di osservazione) per l’effettuazione della cerimonia funebre, che inizia con l’accompagnamento del feretro verso il luogo di svolgimento di essa, non necessita dell’utilizzo di un diverso ingresso, essendo venute meno le esigenze sanitarie. Non appaiono ravvisabili nemmeno ragioni di decoro e rispetto della sensibilità degli odierni ricorrenti, non potendosi individuare un interesse concreto ed attuale, meritevole di tutela e differenziato a che il feretro si congiunga con il corteo funebre davanti all’abitazione degli stessi, ma utilizzando un diverso percorso per l’uscita dalla sala del commiato.
Ciò chiarito, per quanto riguarda, invece, l’accesso della salma (e cioè del corpo inanimato di una persona qualificato come tale fino all’accertamento della morte) esse deve necessariamente essere garantito attraverso un percorso separato e riservato dal piano seminterrato alla camera ardente (secondo la controinteressata, mediante l’utilizzo di un monta-feretro lungo la scala) ovvero dalla porta di ingresso di colore verde posta a fianco dell’ingresso adibito ai visitatori.
Nessuno degli atti prodotti in giudizio fornisce alcun principio di prova del fatto che l’Amministrazione abbia provveduto ad accertare tale circostanza, nonché il corretto uso dei percorsi dedicati per l’accesso alla sala del commiato. Accertamento che, a prescindere dall’annosa controversia di vicinato intercorrente tra i ricorrenti e la società controinteressata, risponde alla primaria esigenza di garantire il rispetto di fondamentali esigenze igienico-sanitarie.
La richiesta formulata da parte ricorrente, dunque, in tali termini circoscritta, non rappresenta affatto un tentativo di esercizio di una generalizzata attività di controllo, ma l’istanza volta a ottenere l’attivazione del Comune per una specifica attività di controllo sullo svolgimento dell’attività di operatore funebre da parte della ditta controinteressata, mediante accertamento del rispetto della disciplina che regolamenta il trasporto delle salme in ingresso dalla sala del commiato, provvedendo ad ogni adempimento conseguente, nel caso di violazione di essa.
Appare, dunque, configurabile una situazione di illegittimo silenzio conseguente all’inerzia del Comune, il quale, in adempimento degli obblighi di competenza, avrebbe dovuto verificare se, dopo l’esecuzione dei lavori autorizzati con CILA del 2015, sia sempre garantita una modalità di accesso della salma attraverso un percorso interno del tutto autonomo rispetto a quello dei visitatori, tenuto anche conto che la separazione non può riguardare solo il vano d’ingresso, ma anche i locali interni che dovessero essere eventualmente attraversati per raggiungere la camera ardente laddove fosse utilizzata la già menzionata “porta verde”.
Il Comune dovrà, dunque, provvedere a verificare la conformità alla norma del percorso individuato negli atti tecnici che corredavano la segnalazione di inizio attività originaria e quella del 2015 e la loro concreta utilizzabilità e utilizzazione in conformità alla vigente disciplina, entro trenta giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza.
Le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, attesa la particolarità della questione dedotta e la solo parziale fondatezza della pretesa fatta valere.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente, nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
Alessandra Farina, Presidente
Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore
Antonio De Vita, Consigliere
L’ESTENSORE (Mara Bertagnolli)
IL PRESIDENTE (Alessandra Farina)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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