TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 2 dicembre 2022, n. 1227

TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, 2 dicembre 2022, n. 1227

Pubblicato il 02/12/2022
N. 01227/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00796/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 796 del 2019, proposto da
-OMISSIS 1, 2 e 3-, rappresentati e difesi dall’avv.to Matteo Buvoli, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata nei Registri di Giustizia, e domicilio fisico ex lege presso la Segreteria della Sezione in Brescia, Via Carlo Zima n. 3;
contro
Comune di -OMISSIS 4-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Piergiuseppe Storti e Andrea Cirelli, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata nei Registri di Giustizia, e domicilio fisico ex lege presso la Segreteria della Sezione in Brescia, Via Carlo Zima n. 3;
per il risarcimento del danno
– PROVOCATO DALL’ILLEGITTIMA RI-ASSEGNAZIONE DI UNA CAPPELLA ABBANDONATA UBICATA NEL CIMITERO DI -OMISSIS 4- E DALL’ILLEGITTIMA ESTUMULAZIONE DI SALME E RESTI MORTALI NELLA PREDETTA E IN ALTRA CAPPELLA SITUATA NEL CIMITERO DELLA FRAZIONE DI -OMISSIS 5-;
previo accertamento
– DELL’ILLEGITTIMITÀ DEGLI ATTI ADOTTATI DAL COMUNE.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS 4-;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 25 novembre 2022 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
A. I ricorrenti sostengono di essere eredi legittimi (di 6° grado) di -OMISSIS 6-, deceduto il -OMISSIS-, privo di parenti più prossimi e titolare di diritti sulle cappelle cimiteriali di -OMISSIS 4- e di -OMISSIS 5-.
B. Evidenziano, in particolare, che il testamento olografo formato dal de cuius non ha regolato le predette posizioni sostanziali, e di avere essi accettato l’eredità con beneficio d’inventario (cfr. dichiarazione resa innanzi al Notaio -OMISSIS 7- il 29/5/2009 – doc. 3).
C. Rappresentano altresì che il Comune di -OMISSIS 4- ha indebitamente autorizzato, il 22/4/2008, l’estumulazione di salme e resti mortali dalla Cappella di -OMISSIS 5- per la traslazione al cimitero di -OMISSIS 8- avvenuta l’8/5/2008, con successiva demolizione delle pareti interne dei singoli loculi (cfr. testimonianza al doc. 16).
C.1 Espongono inoltre che il de cuius era titolare dei diritti sulla cappella intestata a -OMISSIS- a -OMISSIS 4-, per successione da -OMISSIS 9- (non contemplata dal testamento). Anche in tal caso l’amministrazione avrebbe illegittimamente autorizzato l’estumulazione di salme e resti mortali con traslazione a -OMISSIS 8- in data 8/5/2008 (doc. 7). Lamentano che l’avviso rivolto ai concessionari per provvedere ai lavori di manutenzione (entro 60 giorni) sulla cappella in stato di abbandono – con l’avvertenza che in caso contrario il Comune si sarebbe ri-appropriato del bene ex art. 39 del regolamento – è stato esposto per un arco temporale ridotto.
D. Sottolineano infine che la procedura di ri-assegnazione – culminata nell’atto di cessione 23/2/2008 (doc. 12) – viola le disposizioni regolamentari, in presenza di un concessionario già individuato nel Comune di -OMISSIS 8- (così qualificatosi il 17/10/2007). Inoltre, la situazione di degrado del bene sarebbe stata accertata con una relazione di stima priva di data, che calcolava un valore di circa 15.000 € quando, a seguito dell’asta, il Comune ha conseguito 45.620 €.
E. I ricorrenti hanno instaurato una controversia risarcitoria innanzi al giudice ordinario (cfr. atto di citazione del 22/2/2013) ma con sentenza 3/11/2015 n. -OMISSIS- il Tribunale di -OMISSIS- dichiarava il difetto di giurisdizione sulle domande di riparazione pecuniaria (doc. 15).
F. Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato a mezzo PAT, gli esponenti agiscono in giudizio innanzi a questo T.A.R. chiedendo il risarcimento del danno.
F.1 Sulla procedura – che assumono illegittima – afferente alla cappella ubicata nel cimitero di -OMISSIS 4- (-OMISSIS-) lamentano che:
– sono stati violati gli artt. 7 e 8 della L. 241/90 sul dedotto stato di abbandono, in quanto non è stata effettuata alcuna notifica individuale ai presunti interessati (art. 39 regolamento) ma la sola affissione all’Albo pretorio per meno di 60 giorni;
– la relazione tecnica del professionista su detto degrado è priva di data e non è mai stata comunicata agli interessati, cosicché non è dato conoscere se è stata formata prima di quella relativa a -OMISSIS 5- del 27/2/2008 e dunque prima o dopo la procedura di assegnazione (chiede di esibire l’originale della relazione e il numero di protocollo eventuale);
– non è stato intrapreso un corretto procedimento teso ad acclarare lo stato di abbandono (affissione dell’avviso solo all’Albo e non presso il cimitero) e in ogni caso dovrebbe perdurare da lungo tempo (circostanza non comprovata); inoltre, per le concessioni perpetue il Comune può solo provvedere alla manutenzione addebitando le spese ai soggetti obbligati;
– è viziato anche l’iter di riassegnazione, iniziato con l’avviso (affisso appunto meno di 60 giorni all’Albo e non la cimitero) e forse con la relazione dell’Arch. -OMISSIS 10-, ma il primo non costituisce notizia di avvio del procedimento e in ogni caso non è indicato l’ufficio dove si può prendere visione degli atti; sono mancati la notifica ai presunti interessati (5 soltanto, senza che ciò integrasse un onere gravoso) ex art. 39, e la preventiva ricerca degli stessi nati nel Comune di -OMISSIS 4- (tramite semplici indagini anagrafiche, tenuto conto che all’inventario di eredità giacente 10/5/2006 era presente un discendente collaterale individuato – doc. 17);
– non sono stati rispettati i criteri di imparzialità, trasparenza, pubblicità, parità di trattamento con altre tombe autenticamente abbandonate (doc. 23), con irrilevanza dei dedotti furto e danneggiamento ad opera di vandali;
– è illegittima l’estumulazione, per omessa notifica a parenti/eredi dell’inizio della procedura (e semmai il Comune di -OMISSIS 8- avrebbe dovuto compiere la manutenzione, senza che fosse possibile cedere la cappella e incassare le somme); non è stato affisso alcun avviso, neppure all’Albo (è obbligatorio sia all’Albo che all’ingresso del cimitero per 90 giorni); il Comune di -OMISSIS 8- non era titolare del diritto di ottenere la consegna delle salme e dei resti mortali; affiora altresì una disparità di trattamento.
F.2 Sui danni patiti i ricorrenti deducono che:
– riguardo al cimitero di -OMISSIS 4-, l’Ente convenuto ha sottratto un bene immobile stimato 15.000 € e ceduto a 45.620 €;
– il pregiudizio ammonta a 45.620 €, da dividere per i 5 eredi (la somma risultante è di 9.124 € cadauno);
– è stato impedito l’esercizio dello jus sepulchri, sia primario (seppellimento) che secondario (accesso per la pietà verso i defunti), con nocumento pari a 5.000 € per ogni ricorrente;
– con riferimento a -OMISSIS 5-, il Comune ha demolito le pareti interne della cappella, con danno patrimoniale complessivo di 2.178 € + IVA;
– il danno morale è quantificabile in 5.000 € per ogni istante;
– a seguito delle estumulazioni, per la preclusione all’esercizio del diritto primario e secondario di sepolcro si quantifica una lesione pari a 5.000 € per ogni ricorrente.
G. Si è costituito in giudizio il Comune di -OMISSIS 4-, formulando eccezioni in rito e chiedendo il rigetto del gravame nel merito.
H. All’udienza straordinaria del 25/11/2022 il gravame introduttivo è stato chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.
DIRITTO
Con l’introdotto ricorso, gli esponenti avanzano richiesta di risarcimento del danno, patrimoniale e non, per l’illegittima ri-assegnazione di una cappella nel cimitero di -OMISSIS 4- e l’illegittima estumulazione di salme nella predetta e in altra cappella ubicata nel cimitero della frazione di -OMISSIS 5-.
IL RITO
0. Il Comune ha eccepito il difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti per carenza della qualità di erede: nel testamento olografo essi, diversamente da altri soggetti, non verrebbero individuati con tale status (né l’atto che racchiude le ultime volontà risulta impugnato) e nell’atto di accettazione dell’eredità 29/5/2009 non è indicato alcun diritto sulle cappelle così come nell’inventario redatto dal Notaio -OMISSIS 11-; inoltre, non sarebbe provato il legame di parentela, né la titolarità dei diritti del de cuius sui sepolcri; in ogni caso, risulterebbero esclusi dalla successione in presenza di disposizioni a titolo universale seppure in forma di istituzione ex re certa (con la cd. “forza espansiva” per i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti); infine, le cappelle cimiteriali sfuggirebbero alla disciplina civilistica della successione mortis causa ex art. 93 del DPR 285/90 e ex art. 28 del regolamento, che riservano il subentro ai soli ascendenti e discendenti in linea retta e ai fratelli.
L’eccezione, nei suoi plurimi profili, è infondata.
0.a Sul concorso tra successione testamentaria e successione legittima, la giurisprudenza civile ha statuito che “Di fronte all’attribuzione testamentaria di beni determinati occorre vedere quale sia stata la intenzione del testatore, se di attribuire quei beni e soltanto quelli come beni determinati e singoli, ed allora si avrà successione a titolo particolare o legato, ovvero se, pur indicando nominativamente quei beni, il testatore abbia inteso lasciarli quale quota del suo patrimonio, ed allora si avrà successione a titolo universale e istituzione di erede (Cass. n. 6125/2020; n. 24163/2013)” (Corte di Cassazione, sez. II civile – 5/8/2022 n. 24310, la quale ha anche statuito trattarsi di << una quaestio voluntatis, che va esaminata dal giudice di merito in base ai canoni ermeneutici fondamentali (Cass. n. 5773/1980). E’ certamente ammesso il ricorso a qualunque mezzo utile ai fini della ricostruzione della volontà del testatore (Cass. n. 4582/1980); si deve tuttavia convenire con chi suggerisce un’applicazione ermeneutica rigorosa della disposizione (cfr. Cass. n. 42121/2021; n. 5625/1985; n. 3304/1981; n. 3452/1973). Il carattere universale della disposizione potrà essere riconosciuto solo qualora, dopo attento esame di tutto il complesso delle disposizioni testamentarie, resti accertata l’intenzione del testatore di considerare i beni assegnati come una quota della universalità del suo patrimonio (Cass. n. 5414/1978) >>. Si veda anche, in proposito, Corte di Cassazione, sez. II civile – 31/12/2021 n. 42121.
Invero, “se il testatore attribuisce ad una persona beni determinati o un complesso di beni, tacendo del resto, ma disponendo (o credendo di disporre) della totalità dei cespiti ereditari, si avrà una istituzione ex asse, con conseguente apertura della sola successione testamentaria. L’istituito ex re, quale unico erede, apprenderà anche il bene ignorato o sopravvenuto” Tuttavia, “il principio della vis espansiva non può certamente giustificare l’attribuzione all’istituito dei cespiti che il testatore abbia consapevolmente tenuto fuori dalla comprensione della disposizione ex re certa. Questi cespiti dovranno dovrà andare agli eredi legittimi”. (Corte di Cassazione, sez. VI-2 civile – ordinanza 9/4/2021 n. 9487).
0.b È certamente dibattuta la questione attinente alla destinazione dei cespiti dei quali il testatore non abbia espressamente disposto, o perché da lui ignorati o da lui volontariamente taciuti. Come argomentato dalla Corte di Cassazione nella pronuncia n. 24310/2022 già evocata, “In mancanza di una manifestazione contraria all’apertura della successione legittima, i beni consapevolmente esclusi sono attribuiti al chiamato ex lege (arg. ex art. 734 c.c.): la quota dell’istituito ex re è determinata, perciò, in base al rapporto fra le cose attribuite e il valore globale dei beni che il testatore sapeva di possedere in quel dato momento, tenuto conto anche di quelli non contemplati nel testamento (Cass. n. 9487/2021). Il connotato essenziale della istituzione ex re certa non va ricercato nell’implicita volontà del testatore di attribuire all’istituito la totalità dei beni di cui egli avrebbe potuto disporre al momento della confezione del testamento, ma nell’assegnazione del bene determinato o del complesso di beni come quota del suo patrimonio (Cass. n. 42121/2021)”.
0.c È pertanto essenziale, ai fini del riconoscimento del carattere universale della disposizione, la possibilità di una partecipazione dell’erede istituito ex re anche all’acquisto di altri beni e quindi la sua attitudine a raccoglierli in proporzione della sua quota, da determinarsi in concreto attraverso il rapporto proporzionale tra il valore delle res certae attribuite e il valore dell’intero asse: se non vi è quella attitudine, ma l’acquisto è limitato esclusivamente a beni determinati, il chiamato, anche se designato erede, non può che essere considerato legatario.
Dall’esame del testamento olografo depositato in atti (cfr. verbale di pubblicazione innanzi al Notaio -OMISSIS 11- del 6/12/2004 – doc. 2) si evince che il de cuius ha unicamente disposto di una pluralità di cespiti singoli (certificati di deposito, giacenze di conto corrente, libretti bancari, crediti con gli affittuari, mobili, servizi e ori, auto FIAT) e non ha individuato le cappelle di cui si discorre. Si può quindi aderire alla prospettazione di parte ricorrente, dal momento che non è configurabile un’institutio ex re certa difettando l’istituzione nell’universalità dei beni o anche in una quota del patrimonio relitto: viceversa il defunto ha inteso assegnare singoli e individuati beni, e si può ragionevolmente ritenere che abbia inteso escludere, in piena coscienza e volontariamente, le cappelle funerarie, le quali vanno dunque attribuite secondo le ordinarie regole della successione ex lege.
0.d Sotto altro angolo visuale, il legame parentale può dirsi adeguatamente comprovato dalla documentazione allegata in atti dai ricorrenti (cfr. certificati anagrafici doc. 21, schema doc. 4, accettazione di eredità doc. 3). La puntuale ricostruzione attesta il vincolo nel grado 6° della linea collaterale con -OMISSIS 6-, senza che controparte lo smentisca con indagine altrettanto accurata, limitandosi alla generica obiezione del difetto di prova. Quest’ultima deduzione è formulata anche con riguardo alla titolarità dei diritti del de cuius sui sepolcri, ma è proprio l’autorizzazione all’estumulazione rilasciata al Comune di -OMISSIS 8- (qualificatosi come erede legittimo) a fornire la dimostrazione della posizione soggettiva del defunto rispetto alle cappelle cimiteriali. Il subentro di -OMISSIS 6- nella concessione è infatti l’antecedente logico (oltre che giuridico) della pretesa avanzata dall’Ente locale sulle spoglie del soggetto poi deceduto.
0.e Non è infine condivisibile l’asserzione per la quale non sarebbe applicabile alla fattispecie la disciplina civilistica della successione mortis causa, che riserverebbe il subentro ai soli ascendenti e discendenti in linea retta e ai fratelli.
0.f La norma pertinente è in effetti l’art. 93 del DPR 285/90, che sancisce al comma 1 che “Il diritto di uso delle sepolture private concesse a persone fisiche è riservato alle persone dei concessionari e dei loro familiari; di quelle concesse ad enti è riservato alle persone contemplate dal relativo ordinamento e dall’atto di concessione. In ogni caso, tale diritto si esercita fino al completamento della capienza del sepolcro”. Il comma successivo dispone che “Può altresì essere consentita, su richiesta di concessionari, la tumulazione di salme di persone che risultino essere state con loro conviventi, nonché di salme di persone che abbiano acquisito particolari benemerenze nei confronti dei concessionari, secondo i criteri stabiliti nei regolamenti comunali”. La sentenza del T.A.R. Emilia Romagna, sez. II – 28/3/2022 n. 284, che non risulta appellata, ha al riguardo statuito che << Nel caso di sepolcro familiare la titolarità dello jus sepulcri spetta ai componenti della famiglia del fondatore legati al medesimo jure sanguinis, salvo che il fondatore non abbia diversamente disposto. Come ha sottolineato su quest’ultimo punto la Corte di Cassazione, sez. II civile – 19/7/2016 n. 14749, “la volontà del fondatore è sovrana, potendo senza limiti restringere od ampliare la sfera dei beneficiari del diritto e determinare entro quali limiti vada intesa la “famiglia” ai fini della titolarità di tale diritto. Poiche, come si è detto, la titolarità dello jus sepulcri in ordine ad una tomba gentilizia, quale diritto primario di essere seppellito o di collocare le salme in un sepolcro familiare, determina una comunione indivisibile in virtù del mero rapporto consanguineo (Cass. 532/1979), il diritto non è più disponibile neppure da parte del fondatore, una volta costituito con l’atto di fondazione il diritto a favore dei familiari”…. Nel sepolcro gentilizio o familiare lo “ius sepulchri” ossia il diritto alla tumulazione (autonomo e distinto rispetto al diritto reale sul manufatto funerario o sui materiali che lo compongono) “… è attribuito, in base alla volontà del testatore, in stretto riferimento alla cerchia dei familiari destinatari di esso, acquistandosi dal singolo “iure proprio” sin dalla nascita, per il solo fatto di trovarsi col fondatore nel rapporto previsto dall’atto di fondazione o dalle regole consuetudinarie, “iure sanguinis” e non “iure successionis”, e determinando una particolare forma di comunione fra contitolari, caratterizzata da intrasmissibilità del diritto, per atto tra vivi o “mortis causa”, imprescrittibilità e irrinunciabilità. Tale diritto di sepolcro si trasforma in ereditario con la morte dell’ultimo superstite della cerchia dei familiari designati dal fondatore, rimanendo soggetto, per l’ulteriore trasferimento, alle ordinarie regole della successione “mortis causa”” (Cass., Sez. U., n. 17122 del 28 giugno 2018)” (Corte di Cassazione, sez. II civile – ordinanza 11/2/2022 n. 4469; si veda anche Corte di Cassazione, sez. II civile – 8/5/2012 n. 7000) >>. Ne deriva, nella vicenda all’esame, che l’esaurimento della linea successoria degli aventi diritto (sfera di congiunti stretti in linea retta) ha determinato l’applicazione delle norme ordinarie in materia successoria.
0.1 L’Ente locale convenuto ha altresì eccepito il difetto di legittimazione passiva del Comune di -OMISSIS 4-, in quanto qualsiasi richiesta risarcitoria avrebbe dovuto essere indirizzata al Comune di -OMISSIS 8-, autore del trasporto delle salme al proprio cimitero. Inoltre, la controversia sulla titolarità di diritti sulle cappelle cimiteriali sarebbe questione prettamente civilistica e non rileverebbe innanzi al T.AR.
La tesi esposta è fallace.
0.1a Gli atti amministrativi che hanno provocato un pregiudizio economico (secondo la prospettazione dei ricorrenti) sono unicamente quelli adottati dal Comune di -OMISSIS 4-, che ha assentito la riassegnazione della cappella del proprio cimitero e l’estumulazione di salme e resti mortali dalla stessa e da altra cappella del cimitero di -OMISSIS 5-. Né si registra alcuna conflittualità tra i coeredi (esponenti e Comune di -OMISSIS 8-), per cui la causa rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo come del resto statuito dal Tribunale di -OMISSIS-.
0.2 Il Comune di -OMISSIS 4- ha sollevato l’eccezione di compiuta prescrizione della pretesa risarcitoria, osservando in proposito quanto segue: il giudice civile è stato investito delle domande giudiziali (poi riproposte in questa sede) con atto di citazione 22/2/2013; dalla pronuncia declinatoria della giurisdizione sono inutilmente decorsi 3 mesi, entro i quali gli interessati non hanno provveduto alla riassunzione (che garantisce la conservazione degli effetti processuali e sostanziali della domanda); in virtù dell’estinzione del processo l’originaria citazione ha mantenuto l’effetto interruttivo istantaneo, mentre non si è prodotto quello sospensivo permanente fino alla sentenza; la riproposizione è intervenuta l’8/10/2019 (data di notifica del presente gravame introduttivo) quando era scaduto il termine quinquennale di prescrizione sancito per le pretese risarcitorie.
L’eccezione è fondata.
0.2a Ai sensi dell’art. 2943 del c.c. “La prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio, sia questo di cognizione, ovvero conservativo o esecutivo” (comma 1) e “… si verifica anche se il giudice adito è incompetente” (comma 3). Il successivo art. 2945 dispone che “Per effetto dell’interruzione s’inizia un nuovo periodo di prescrizione” (comma 1) mentre “Se l’interruzione è avvenuta mediante uno degli atti indicati dai primi due commi dell’articolo 2943, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio”. Infine, “Se il processo si estingue, rimane fermo l’effetto interruttivo e il nuovo periodo di prescrizione comincia dalla data dell’atto interruttivo”.
0.2b Secondo la giurisprudenza civile, “Nel sistema delineato dall’art. 2945 c.c., l’instaurazione del giudizio interrompe la prescrizione e ne sospende il decorso fino al passaggio in giudicato della sentenza (anche di rito) che definisce il giudizio. Quando il processo si estingue, invece, la prescrizione decorre dalla data dell’atto interruttivo. Non può, pertanto, prodursi l’effetto interruttivo sospensivo enunciato nel citato art. 2945 c.c., comma 2, quando un processo, all’esito di una pronuncia declinatoria della competenza, non sia tempestivamente riassunto, non potendo più ravvisarsi l’unicità del processo” (Corte di Cassazione, sez. I civile – 19/12/2019 n. n. 34100). In altri termini, nell’ipotesi in cui sia stato instaurato il giudizio mediante la notificazione dell’atto di citazione il decorso della prescrizione resta interrotto, ai sensi dell’art. 2945 c.c., sino al momento del passaggio in giudicato della sentenza che lo definisce, mentre se il giudizio si estingue l’atto di citazione avrà solo l’effetto dell’interruzione istantanea dalla data di recezione della sua notificazione da parte del convenuto (Tribunale Milano, sez. spec. in materia di imprese 8/6/2022).
0.2c Anche la giurisprudenza amministrativa si è allineata sulle medesime posizioni. Secondo T.A.R. Campania Salerno, sez. II – 5/7/2021 n. 1613, “La mancata tempestiva riassunzione di siffatto giudizio civile innanzi a questo Tribunale ne ha, dunque, inevitabilmente determinato l’estinzione, con la conseguenza che il termine prescrizionale quinquennale del diritto dell’istante è iniziato a decorrere nuovamente dalla data (08.11.1999) della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio civile estinto (avente valore interruttivo ma non anche sospensivo del termine prescrizionale; cfr. Cassazione civile sez. I, 19/12/2019, n. 34100 Cassazione civile sez. II, 09/05/2018, n.11144; T.A.R. Calabria Reggio Calabria, sez. I, 29/12/2020, n.769)”. Inoltre, si è statuito che << vertendosi in ipotesi di estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 50, comma 2 e 307 c.p.c. (per mancata riassunzione della causa dinnanzi al giudice competente) – la quale può esser dichiarata dal giudice della riassunzione (o della prosecuzione) o dal giudice appositamente adito, ovvero, come nel presente caso, incidenter tantum, dal Giudice dinanzi al quale è proposta nuovamente la stessa domanda di merito – la notifica dell’atto introduttivo del primo giudizio può avere soltanto effetto interruttivo della prescrizione, e non anche sospensivo, poiché la sospensione è operante, ai sensi dell’art. 2945 c.c., solo se l’estinzione del giudizio viene evitata (cfr. Cassazione, Sezioni Unite, n. 15756/2007; Tribunale ordinario di Pavia 8 gennaio 2018) >> (T.A.R. Lazio Roma, sez. III – 4/5/2018 n. 4996). In aggiunta, T.A.R. Campania Napoli, sez. V – 27/4/2018 n. 2852 ha richiamato la << giurisprudenza della Suprema Corte (cfr da ultimo Cassa. Civ, sez. III, 27/01/2017, n. 2033 secondo cui “La domanda giudiziale proposta dinanzi al giudice incompetente produce il solo effetto interruttivo istantaneo della prescrizione, ma non quello permanente, ove alla declaratoria di incompetenza segua l’estinzione del giudizio per difetto di riassunzione, quand’anche detta pronuncia sia avvenuta con sentenza e non sia stato fissato il termine per la riassunzione, operando in tal caso il termine massimo di legge di tre mesi, e ciò anche nell’ipotesi in cui il giudice del lavoro dichiari la propria incompetenza in favore del giudice ordinario) giurisprudenza da applicarsi in riferimento ad ogni ipotesi di estinzione del giudizio per difetto di tempestiva riassunzione >>. Infine, in senso conforme si è espresso il T.A.R. Calabria Reggio Calabria – 29/12/2020 n. 769 (pronuncia invocata dalla resistente difesa nel corso della discussione orale telematica), per cui “… nel caso di mancata tempestiva riassunzione del processo l’estinzione che ne consegue non può che consumare l’effetto interruttivo permanente della prescrizione, lasciando sopravvivere, ai sensi degli artt. 2943, co. 1, e 2945, co. 3, c.c., il solo effetto istantaneo del singolo atto interruttivo della relativa decorrenza”.
0.2d È pacifico che, entro il termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia declinatoria della giurisdizione – sentenza del Tribunale di -OMISSIS- 3/11/2015 n. -OMISSIS- – la domanda non è riproposta al giudice amministrativo (cfr. memoria dei ricorrenti del 24/10/2022 pag. 8, che afferma l’avvenuta instaurazione di un nuovo giudizio). Trova di conseguenza applicazione l’art. 11 comma 2 Cpa ai sensi del quale “Quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato”. La norma riproduce, con alcuni adattamenti, la disposizione generale di cui all’art. 59 commi 2 e 4 della L. 69/2009.
0.2e Ne deriva, in conclusione, che la mancata tempestiva riassunzione ha determinato l’estinzione del giudizio, con conseguente applicazione dell’art. 2945 comma 2 e la produzione dell’effetto interruttivo istantaneo e non permanente: il termine prescrizionale quinquennale è dunque definitivamente spirato il 22/2/2018 con l’effetto della perdita del diritto degli esponenti al risarcimento dei danni accampati nel presente giudizio (instaurato con notificazione dell’8/10/2019).
0.2f Né è suscettibile di condivisione la deduzione della difesa di parte ricorrente nel corso della discussione orale telematica, per cui l’effetto di cui all’art. 2945 comma 1 c.c. si ricollegherebbe al segmento della sentenza civile che ha trattenuto la giurisdizione e definito una frazione della domanda giudiziale (afferente ai danni materiali causati alla cappella del cimitero di Breda cisoni nello svolgimento dell’attività di estumulazione delle salme, punto b) di pag. 4 della sentenza). Ad avviso del Collegio, siffatta statuizione di merito non può produrre un effetto “trascinante” nei confronti della restante ampia porzione di pronuncia che ha declinato la giurisdizione, la quale segue le regole sopra puntualmente enunciate della riassunzione entro il termine perentorio di legge per conservare i benefici della “traslatio iudicii”.
0.3 Il gravame è in definitiva inammissibile per compiuta prescrizione. Possono essere a questo punto assorbite le ulteriori eccezioni in rito (decadenza ex art. 30 del D. Lgs. 104/2010, omessa impugnazione degli atti ritenuti illegittimi).
0.4 Il Collegio, peraltro, ravvisa altresì l’infondatezza della pretesa nel merito. Sinteticamente, l’art. 39 del regolamento comunale abilita l’Ente procedente a riappropriarsi della “sepoltura privata abbandonata dopo la scadenza infruttuosa del termine assegnato per provvedere mediante invito, da notificarsi ai presunti interessati”. L’art. 63 comma 2 del DPR 285/90 (regolamento di polizia mortuaria) statuisce che “Nel caso di sepoltura privata abbandonata per incuria, o per morte degli aventi diritto, il comune può provvedere alla rimozione dei manufatti pericolanti, previa diffida ai componenti della famiglia del concessionario, da farsi, ove occorra, anche per pubbliche affissioni”.
0.4a Ebbene, l’atto di stima della cappella in atti, sottoscritto dal funzionario addetto all’Area Assetto e Tutela del Territorio del Comune di -OMISSIS 4-, acclara lo stato di abbandono della cappella. Esso fa fede di quanto ivi attestato fino a querela di falso, a prescindere dalla mancata indicazione della data di emissione. Il procedimento di retrocessione è stato poi intrapreso correttamente con il sistema di pubblicità per pubblici proclami, ammesso in modo espresso dal regolamento (e l’incombente risulta adempiuto per 60 giorni, come esplicitato con deliberazione giuntale 12/12/2007 n. 184). Né poteva essere pretesa la notifica personale, trattandosi del grado di parentela utile più lontano, e non risulta comprovato che il Comune abbia avuto qualche notizia o contatto preventivo con i ricorrenti che gli permettesse di individuarli come diretti interessati. L’attività di ricerca si sarebbe rivelata oltremodo difficile e dispendiosa, tenuto conto che gli atti esibiti (pubblicazione del testamento e accettazione dell’eredità) non risultano facilmente accessibili attraverso sistemi di pubblicità telematica. Gli accertamenti anagrafici non avrebbero potuto avere sorte positiva in assenza di indicazioni sulle linee di parentela, invero complesse come dimostra lo stesso schema di cui al doc. 4 di parte ricorrente.
0.5 In definitiva, il gravame introduttivo è inammissibile. Non si rivela a questo punto necessario disporre alcuna acquisizione documentale.
0.6 Le spese di giudizio possono essere compensate, per la novità e la complessità della vicenda controversa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
La presente sentenza è depositata con le modalità previste dal processo telematico, e la Segreteria della Sezione provvederà a darne comunicazione alle parti.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2022 con l’intervento dei magistrati:
Bernardo Massari, Presidente
Stefano Tenca, Consigliere, Estensore
Marcello Bolognesi, Referendario
L’ESTENSORE (Stefano Tenca)
IL PRESIDENTE (Bernardo Massari)
IL SEGRETARIO
[ In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati. ]

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Sereno Scolaro

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