Tar Liguria, Sez. II, 24 ottobre 2014, n. 1509

Testo completo:
Tar Liguria, Sez. II, 24 ottobre 2014, n. 1509
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 227 del 2013, proposto da:
Pierangelo Vitali, rappresentato e difeso dall’avv. Maurizio Novaro, con domicilio eletto presso l’avv. Mario Pietro Mazzucco nel suo studio in Genova, piazza Corvetto, 2/6;
contro
Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;
per l’annullamento
del provvedimento n. 2926/Cat.6F/P.A.S.I./12, datato 20/11/2012, notificato il 23/11/2012, con cui il Questore di Imperia ha decretato il rigetto dell’istanza volta ad ottenere il rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2014 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con provvedimento del 9 agosto 2011, il Questore di Imperia aveva respinto l’istanza proposta dall’odierno ricorrente per il rinnovo della licenza di porto di fucile ad uso caccia.
Il diniego era motivato con riferimento alla sentenza ex art. 444 c.p.p. emessa dal Tribunale di Imperia il 1° aprile 2005, passata in giudicato, che aveva applicato all’interessato la pena di anni uno, mesi dieci e giorni dieci di reclusione, per i reati di associazione per delinquere, peculato, falsità ideologica e falsità materiale.
L’Amministrazione procedente riteneva che i fatti ascritti al privato, valutati con il rigore che si impone nella materia della pubblica sicurezza, fossero rivelatori della sua inaffidabilità all’uso delle armi, siccome posti in essere in violazione di obblighi comportamentali posti “a salvaguardia dei valori fondamentali dell’ordinamento” nonché caratterizzati da “un’elevata e intrinseca pericolosità”.
Con provvedimento del 3 settembre 2012, il Prefetto di Imperia ha respinto il ricorso gerarchico avverso il diniego suddetto.
In seguito, l’odierno ricorrente presentava una nuova istanza di rilascio della licenza di porto di fucile ad uso caccia.
Anche quest’ultima richiesta è stata respinta dal Questore di Imperia, con il provvedimento del 20 novembre 2012 meglio indicato in epigrafe, fondato su motivazioni identiche a quelle del precedente diniego di rinnovo della licenza nonché sul carattere asseritamente preclusivo della condanna per il reato di associazione per delinquere che, concernendo un delitto contro l’ordine pubblico, rientrerebbe nella previsione di cui all’art. 43 t.u.l.p.s.
Con ricorso giurisdizionale ritualmente notificato il 22 gennaio 2013 e depositato il successivo 21 febbraio, l’interessato ha impugnato il diniego da ultimo indicato, deducendo che:
I) la sentenza di applicazione della pena su richiesta, non comportando un’esplicita affermazione di colpevolezza dell’imputato, non equivarrebbe ad una vera e propria pronuncia di condanna e, in conseguenza, non esplicherebbe i propri effetti nell’ambito amministrativo, tanto più qualora si tratti di episodi risalenti per i quali era già stata dichiarata l’estinzione del reato;
II) il provvedimento impugnato non sarebbe sorretto da adeguata motivazione, fondandosi solamente su apodittiche considerazioni relative alla condotta del ricorrente;
III) la contestata decisione amministrativa si porrebbe in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza in analoghe fattispecie.
Si è costituita in giudizio l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, in rappresentanza dell’intimato Ministero dell’interno, contrastando nel merito la fondatezza del ricorso.
Con atto depositato il 5 marzo 2013, il difensore del ricorrente ha dichiarato di rinunciare all’istanza cautelare incidentalmente proposta con l’atto introduttivo del giudizio.
Parte ricorrente ha ribadito le proprie argomentazioni con memoria difensiva depositata il 24 luglio 2014.
Il ricorso, infine, è stato chiamato alla pubblica udienza del 9 ottobre 2014 e ritenuto in decisione.
DIRITTO
E’ controversa la legittimità del provvedimento con cui il Questore di Imperia, a causa dei precedenti penali dell’odierno ricorrente, ha respinto la sua istanza di rilascio della licenza di porto di fucile ad uso caccia.
L’Amministrazione procedente, infatti, ha accertato l’esistenza di una sentenza ex art. 444 c.p.p., emessa dal Tribunale di Imperia il 1° aprile 2005, con cui era stata applicata all’imputato la pena di anni uno, mesi dieci e giorni dieci di reclusione, per i reati di associazione per delinquere, peculato, falsità ideologica e falsità materiale.
Il provvedimento impugnato si fonda, in realtà, su un duplice supporto motivazionale: da un lato, si rileva che la condanna penale, concernendo un delitto contro l’ordine pubblico, rientrerebbe tra le fattispecie preclusive previste dall’art. 43 t.u.l.p.s.; dall’altro, si afferma che i fatti ascritti all’interessato, autonomamente valutati, sarebbero rivelatori della sua inaffidabilità all’uso delle armi.
L’ulteriore richiamo, contenuto nel preambolo dell’atto, alla sanzione amministrativa irrogata al ricorrente nel 2011 non vale, all’evidenza, ad integrare alcuna ragione direttamente ostativa al rilascio dell’autorizzazione di pubblica sicurezza né a tratteggiare eventuali profili di pericolosità dell’interessato.
Con il primo motivo di ricorso, l’esponente sostiene che la sentenza “di patteggiamento”, non implicando un esplicito riconoscimento della colpevolezza dell’imputato, non potrebbe esplicare direttamente i propri effetti nell’ambito amministrativo e, pertanto, non varrebbe di per sé ad integrare alcuna circostanza direttamente preclusiva al rilascio del porto d’armi.
Tale doglianza non è condivisibile.
Va premesso che, in forza dell’art. 43, primo comma, lett. b), t.u.l.p.s., la licenza di porto d’armi non può essere concessa a chi ha riportato una condanna a pena detentiva per delitti contro l’ordine pubblico, fra i quali rientra il reato di associazione per delinquere.
Non rileva, d’altronde, che la condanna sia stata “patteggiata” in quanto, stante l’espressa equiparazione sancita dall’art. 445 c.p.p., la pronuncia emessa dal giudice penale ai sensi dell’art. 444 c.p.p. è equivalente a quella di condanna e i vantaggi di tale sentenza per l’imputato rimangono confinati nello stretto ambito penale (cfr., ex multis, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 19 marzo 2007, n. 451).
L’effetto preclusivo, vincolante ed automatico, proprio della condanna penale per un delitto contro l’ordine pubblico viene parzialmente meno, però, una volta che, come verificatosi nel caso in esame, sia intervenuta l’estinzione ex art. 445 c.p.p. (ovvero la riabilitazione), nel senso che la condanna perde l’automatismo preclusivo, pur non divenendo irrilevante in senso assoluto e potendo essere posta a fondamento, ove del caso, di una valutazione discrezionale che tenga anche conto di ulteriori elementi, quale l’intrinseca gravità del reato (Cons. Stato, sez. III, 10 luglio 2013, n. 3719; T.A.R. Liguria, sez. II, 15 novembre 2012, n. 1449).
Nella fattispecie, l’Amministrazione procedente – che non si è limitata ad applicare l’art. 43 t.u.l.p.s., ma ha proceduto ad “autonoma valutazione” dei fatti storici – era evidentemente consapevole di tali indicazioni giurisprudenziali, ma ha posto a fondamento del diniego un corredo motivazionale incongruo e non adeguato.
Afferma il Questore di Imperia, infatti, che le condotte antigiuridiche dell’odierno ricorrente si erano tradotte “in violazione della normativa concernente le armi”, nonostante l’imputazione a suo carico riguardasse “l’appropriazione di somme corrisposte da privati per la concessione di loculi cimiteriali e da versarsi nelle casse comunali”, ossia condotte intrinsecamente gravi, ma non violente né implicanti in alcun modo l’uso delle armi.
In secondo luogo, va rilevato come la motivazione del provvedimento negativo si risolva in meri stereotipi dai quali non è dato evincere alcuna informazione sulle caratteristiche oggettive dei reati ascritti all’odierno ricorrente né individuare le ragioni per cui l’Amministrazione ha ritenuto che tali comportamenti, cessati nel 1999, dovrebbero essere ritenuti sintomatici di inaffidabilità attuale all’uso delle armi.
Ne consegue la diagnosi di illegittimità del provvedimento impugnato che, per l’effetto, deve essere annullato, fatto salvo il dovere dell’Amministrazione di rideterminarsi sull’istanza con una motivazione più approfondita.
Considerando la natura della controversia e del vizio di legittimità riscontrato, le spese del grado di giudizio vanno integralmente compensate fra le parti costituite, fatta eccezione per l’importo versato dal ricorrente a titolo di contributo unificato che, direttamente in forza della previsione legislativa, dovrà essergli rimborsato dall’Amministrazione soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato, ai sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Caruso, Presidente
Roberto Pupilella, Consigliere
Richard Goso, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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