TAR, Lazio, Latina, Sez. I, 3 febbraio 2023, n. 46

TAR, Lazio, Latina, Sez. I, 3 febbraio 2023, n. 46

Pubblicato il 03/02/2023
N. 00046/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00330/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 330 del 2022, proposto da
Associazione Codici-Centro per i Diritti del Cittadino – Delegazione di Latina, in persona del legale rappresentante pro tempore, Alessandra B., Valeria B., Benito B., Nadia D., Corrado D., Mariagiovanna G., Pierguido L., Lorenzo M., Franco R., Francesco A., Luciano A., Maria Lisa B., Anna B., Emiddio B., Giuseppe C., Maria Rosaria C., Teresa C., Antonio Domenico C., Fiorella F., Danilo F., Angelo G., Paola L., Fabio M., Eliana M., Rosanna M., Filomena P., Gino R., Biancarosa R., Antonietta R., Angelo S., Aleessandra S., Domenico T., Nicoletta V., Claudio P., Sandra M., Davide D., Gaspare B., Lidia C., Federico S., Flavio D., Maria Carmela G., Nicola Pino D., Maria Laura T., Giorgio C., Roberto P., Maria Antonietta S., Gianni P., Mauro D., Rossella D., Aristide C., Edoardo P., Vitaliano C., Carmine P., Anna Maria B., Anna B., Giuseppina T., Alfonso V., Vanda M., Stefania M., Gianfranco F., Amerigo M., Maria Clotilde M., Maria Luisa M., Bruno A., tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco Di Ciollo e Annamaria Romeo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Latina, via Carducci, 7;
contro
Comune di Latina, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandra Capozzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
< omissis> S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Amerigo Cirri Sepe Quarta, Giampaolo Maria Cogo, Giancarlo Damiani Chersoni e Giovanni Cogo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giancarlo Damiani Chersoni in Latina, viale dello Statuto, 61;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Associazione Asso Cons. Italia, Celeste D., Giulia M., Giorgio V., Paola A., rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco Di Ciollo e Annamaria Romeo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Latina, via Carducci, 7;
per l’annullamento
– del Regolamento di Polizia Mortuaria, approvato con D.C.C. n 25 del 29.04.2021, artt. 80 c. 3 e 4, 83 c. 4, 112, c. 3 cpv 1, in relazione ai commi 5 e 6, 113;
– dell’atto di pubblicazione degli elenchi delle sepolture in scadenza del Cimitero Urbano di Latina, prot. N. 135341 del 09.09.2021, e prot. N 14588 del 26 gennaio 2022, ed ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Latina e della < omissis> S.r.l., con la relativa documentazione;
Vista l’ordinanza cautelare n. 214/2022 del 9 giugno 2022;
Visti gli atti di intervento “ad adiuvandum” di Associazione Asso Cons. Italia, Celeste D., Giulia M., Giorgio V. e Paola A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 15 dicembre 2022 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso a questo Tribunale, l’Associazione Codici – Centro per i diritti del cittadino – Delegazione di Latina e i sig.ri indicati in epigrafe, quali titolari o co-titolari di concessione cimiteriale rilasciate dal Comune di Latina, chiedevano l’annullamento, previa sospensione, dei provvedimenti pure evidenziati in epigrafe. L’Associazione precisava di agire quale ente esponenziale degli interessi collettivi dei cittadini di Latina, che a causa dell’illegittimità ed atipicità dei provvedimenti impugnati non ne avevano percepito la lesività.
Evidenziando le modalità di attuale gestione del Cimitero Urbano di Latina conseguente alla procedura di “project financing” affidata alla < omissis> s.r.l. (“< omissis>”), che prevedeva la realizzazione di n. 16.734 nuove sepolture, a beneficio della collettività e senza oneri economici per i cittadini, i ricorrenti ritenevano che, tramite i suddetti provvedimenti impugnati, si sarebbe dato luogo a estumulazioni massive, con la possibilità di una immotivata alterazione al progetto di finanza e che si sarebbe concretizzato anche un danno erariale, consistente proprio nella mancata realizzazione del previsto numero iniziale di sepolture.
Non ritenendo soddisfacenti le risposte date a diffide a non procedere dopo la pubblicazione dell’elenco delle salme da estumulare, i ricorrenti, in sintesi, lamentavano quanto segue.
“I. NULLITÀ DEGLI ATTI DI PUBBLICAZIONE DEI DUE ELENCHI STILATI DA < omissis> E PUBBLICATI DAL COMUNE DI LATINA SERVIZIO LAVORI PUBBLICI E PROGETTAZIONE PROGRAMMAZIONE EUROPEA IN DATA 9.09.2021 E 16.01.2022 PER MANCANZA DEI REQUISITI ESSENZIALI, OVVERO DEL PREAMBOLO, DELLA MOTIVAZIONE E DEL DISPOSITIVO E CONTESTUALE OMESSA APPLICAZIONE DELL’ART. 21-QUINQUIES L. 241/90. ECCESSO DI POTERE PER ARBITRARIETÀ, MANIFESTA INGIUSTIZIA, ATIPICITÀ. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI ADEGUATEZZA E IRRETROATTIVITÀ. ILLEGITTIMITÀ DEL REGOLAMENTO DI POLIZIA MORTUARIA APPROVATO CON D.C.C. N 25 DEL 29.04.2021. ILLOGICITÀ E IRRAGIONEVOLEZZA. ASSENZA DI MOTIVAZIONE. VIOLAZIONE DEL PRINCIPI DI BUON ANDAMENTO E DELL’AFFIDAMENTO. DIFETTO ASSOLUTO DI ISTRUTTORIA. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO EX ART. 97 E 98 COST.”
Con la deliberazione del C.C. n. 150/1991 il Comune aveva stabilito che la durata delle concessioni d’uso rilasciate successivamente all’adozione della delibera fosse pari, a seconda della tipologia di sepoltura, a 60 o 99 anni e tale circostanza era stata confermata incidentalmente da questo TAR con la sentenza n 121/2021, ormai irrevocabile a seguito di conferma da parte del Consiglio di Stato con la sentenza n 1407 del 28 febbraio 2022.
Successivamente, risultava adottata la deliberazione del C.C. di Latina n. 75/1993, che rideterminava la durata per le concessioni successive, anche in questo caso a seconda della tipologia di sepoltura, in 50 o 99 anni. Infine, con l’ingresso in campo di < omissis> e alla luce delle disposizioni contrattuali che il Comune aveva approvato con la firma della relativa Convenzione, le nuove sepolture erano state rideterminate irragionevolmente in 30 anni.
In relazione a) alla durata delle concessioni rilasciate dal 1975 al 1991 e b) alla sorte delle concessioni rilasciate in perpetuo ante 1975, in merito al punto sub a), a decorrere dall’entrata in vigore del D.P.R. n. 803/1975 (9 febbraio 1976) doveva ritenersi implicitamente abrogato il Regolamento Podestarile del 1938, nella parte in cui prevedeva la possibilità di rilasciare concessioni “in perpetuo”, ma non emergeva affatto che fosse previsto il termine breve trentennale, che invece < omissis> – e per esso la stessa amministrazione comunale a seguito della convenzione con il suddetto gestore dal 2009 – aveva voluto in sostanza rendere omogeneo per finalità di mero “project financing”, a danno della collettività, fermo restando che, per le precedenti concessioni perpetue, era da escludersi una scadenza del termine e un conseguente potere, da parte dell’amministrazione comunale, di disporne l’estumulazione.
Il Comune di Latina e il concessionario privato non avevano quindi considerato che il complesso di norme contenute nel nuovo “Regolamento di Polizia mortuaria” del 2021, ignorava la rilevanza delle concessioni sepolcrali perpetue, come da giurisprudenza che era richiamata, peraltro in contraddizione col fatto che, anche successivamente al 1975, il Comune di Latina aveva continuato a contrattualizzare e ricevere pagamenti per “concessioni loculi definitivi”.
Per tali motivi l’Associazione ricorrente, quale ente esponenziale degli interessi diffusi dei cittadini di Latina, aveva deciso di ergersi, con la presente azione, a difesa di tutte quelle persone che a seguito della nullità assoluta degli atti amministrativi di pubblicazione in questa sede impugnata, del 9 settembre 2021 e del 26 gennaio 2022, erano stati privati della possibilità di far valere i propri diritti.
Anche la durata delle sepolture antecedenti alla data di entrata in vigore del Regolamento di Polizia Mortuaria adottato con la delibera di Consiglio Comunale n. 150/91, ovvero in data 25.11.1991, nel periodo di “vacatio” dal 2 febbraio 1976, doveva essere determinata in 60 anni e non in 30, con tutte le conseguenze, sia patrimoniali sia morali, che ne derivavano, e con il rischio per gli interessati di vedersi estumulato il loro caro estinto con immissione dei resti mortali in fosse comuni e/o cremati.
Il cosiddetto “diritto di sepolcro” è un diritto di natura reale, la cui manifestazione è la sepoltura e afferisce alla sfera strettamente personale del titolare; dal punto di vista privatistico, è disponibile da parte di quest’ultimo, che può, pertanto, legittimamente trasferirlo a terzi, ovvero associare questi nella fondazione della tomba, senza che ciò rilevi nei rapporti con l’ente concedente, il quale può revocare la concessione soltanto per motivi di interesse pubblico, ma non anche contestare le modalità di esercizio del diritto “de quo”, come da giurisprudenza richiamata.
In sostanza, per i ricorrenti, tutte le sepolture intervenute prima dell’entrata in vigore del D.P.R. n 803/1975 dovevano considerarsi perpetue in forza del principio “tempus regit actum”, mentre quelle anteriori al 25 novembre 1991, a seguito della dedotta “vacatio”, erano da considerare inferiori a 99 anni.
I ricorrenti evidenziavano che i provvedimenti impunati si ponevano in contrasto con il principio di irretroattività, ai sensi dell’art.11 delle preleggi, ed i due provvedimenti di pubblicazione degli elenchi erano privi degli elementi costitutivi essenziali, per cui non era stata avvisata adeguatamente la collettività del Comune di Latina dei propri diritti, sia perché non contenevano la motivazione, né l’oggetto, né la parte dispositiva, con l’indicazione delle conseguenze di tale pubblicazione, né tantomeno la lesività e quindi l’indicazione dell’Autorità innanzi cui proporre ricorso e i relativi tempi.
“II. NULLITÀ DELL’ART.112 C 3 CPV 1 DEL REGOLAMENTO DI POLIZIA MORTUARIA DEL COMUNE DI LATINA APPROVATO CON DELIBERA C.C. N 25 DEL 29.04.2021. ECCESSO DI POTERE PER IRRAGIONEVOLEZZA E CONTRADDITTORIETA’ CON LA NORMATIVA VIGENTE IN RELAZIONE AL DISPOSTO DEI COMMI 5 E 6 DELL0 STESSO ARTICOLO E CON RIFERIMENTO AL DPR 803/75, PER MANCATO RISPETTO DEL PRINCIPIO “TEMPUS REGIT ACTUM”, PER DEVIAZIONE DAL PERSEGUIMENTO DELL’INTERESSE PUBBLICO PER CONSEGUIMENTO DI PROBABILE MAGGIOR UTILE A FAVORE DEL CONCESSIONARIO RISPETTO AL QUADRO ECONOMICO-FINANZIARIO ALLEGATO AL PROGETTO DI FINANZA. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIPO DI BUON ANDAMENTO”.
Il frontespizio degli elenchi pubblicati e impugnati lasciava intendere che si sarebbe dato luogo a liberazione ovvero rinnovo delle sepolture assegnate dal 1980 al 1991, senza contratto.
Ciò non teneva conto dei precedenti regolamenti di polizia mortuaria, mentre l’ultimo impugnato in questa sede comunque riconosceva che i diritti del cittadino concessionario di sepolture dovevano essere comunque riconosciuti, soprattutto, come nei casi di specie, ove era dovuto alla responsabilità del medesimo Ente il non aver rilasciato i contratti concessori, persino avendone riscosso i relativi proventi, laddove era previsto che: “In ogni caso sono fatti salvi i diritti acquisiti da parte dell’utenza sulla base di diverse disposizioni adottate dal Comune al tempo dell’autorizzazione alla sepoltura”.
Sostenevano i ricorrenti che la precisazione che compare in testa ad ogni pagina dell’elenco, secondo cui l’elenco pubblicato contiene nominativi le cui sepolture sarebbero senza contratto e, quindi dovrebbero essere considerate scadute in quanto avrebbero superato i trenta anni di durata, si ricavava solo dal precedente Regolamento approvato in via provvisoria con D.C.C. 114/2008, i cui effetti, comunque, erano cessati ai sensi dell’art. 113 del richiamato Regolamento 25/2021 che ne aveva abrogato l’efficacia.
Anzi, risultava che il Regolamento del dicembre 2008, sarebbe stato approvato soltanto in via preliminare, senza essere stato oggetto di approvazione definitiva da parte del Consiglio Comunale e ciò significava in maniera inequivoca che esso non poteva che fare stato tra le sole parti contraenti (Comune di Latina e ditta concessionaria, che non era neppure < omissis>, a suo tempo non costituita).
I ricorrenti, poi, contestavano le modalità di calcolo della durata della tumulazione in loculo e di quelle sorte sulla tumulazione temporanea, in riferimento alle fonti di regolazione succedutesi nel tempo.
“III. NULLITÀ DELL’ART.80 CO. 3 e 4, NONCHE’ DELL’ART.83 CO. 4 DEL REGOLAMENTO DI POLIZIA MORTUARIA APPROVATO CON DELIBERA C.C. N 25 DEL 29.04.2021 IN RELAZIONE ALL’ATIPICITÀ DELLE PUBBLLICAZIONI SVOLTE ED IMPUGNATE MANCANDO DEI REQUISITI ESSENZIALI DELL’ATTO AMMINISTRATIVO. ECCESSO DI POTERE PER IRRAGIONEVOLEZZA E CONTRADDITTORIETA’ CON L’ART. 86 DEL DPR N 285/90 IN RELAZIONE ALL’ART. 50 DEL TUEL. CARENZA DI POTERE PER STRARIPAMENTO. DEVIAZIONE DAL PERSEGUIMENTO DELL’INTERESSE PUBBLICO PER CONSEGUIMENTO DI PROBABILE MAGGIOR UTILE A FAVORE DEL CONCESSIONARIO RISPETTO AL QUADRO ECONOMICO FINANZIARIO ALLEGATO AL PROGETTO DI FINANZA. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO”.
La pubblicazione degli elenchi così come effettuata non era conforme alla previsione normativa del medesimo Regolamento di Polizia Mortuaria, nello specifico con riferimento all’art. 80. commi 3 e 4, all’art. 82, che richiama il DPR n. 285/90, e all’art. 83, comma 4.
Le norme impugnate e sopra indicate erano idonee a consentire alla società concessionaria di usurpare le funzioni proprie del sindaco disciplinate dal primo comma dell’art. 86 sopra richiamato, in forza del quale “Le estumulazioni, quando non si tratti di salme tumulate in sepolture private a concessione perpetua, si eseguono allo scadere del periodo della concessione e sono regolate dal sindaco”, quale responsabile a tutt’oggi in materia sanitaria locale.
Si costituiva in giudizio < omissis> per resistere al ricorso, mentre proponevano intervento “ad adiuvandum” la Asso. Cons. Italia e i sig.ri Giulia M., Giorgio V. e Celeste D.
< omissis> depositava una memoria per la camera di consiglio, rilevando la tardività del ricorso, in quanto l’Associazione ricorrente aveva partecipato al tavolo tecnico indetto dal Comune e, pertanto, la lesività era incontestabilmente percepibile e nota, al più tardi, alla data di approvazione da parte del Consiglio Comunale del 29 aprile 2021; inoltre, per quanto i ricorrenti potessero non averne percepito il contenuto, il termine d’impugnazione del Regolamento comunale decorreva dalla data di pubblicazione della relativa delibera all’Albo pretorio, del 12 maggio 2022. Tutti i ricorrenti erano stati avvisati, ove possibile, singolarmente, e un avviso generale era stato apposto all’ingresso del locale cimitero urbano nonché all’interno della zona ivi denominata “< omissis>”. La pubblicazione degli elenchi non era dovuta e comunque era idonea a soddisfare le esigenze di conoscenza dei soggetti interessati, senza che tuttavia detta pubblicazione potesse spostare il “dies a quo” per l’impugnazione alla scadenza del periodo di pubblicazione. Molti dei ricorrenti ed anche degli intervenuti, inoltre, avevano inoltrato diffide, così come l’Associazione Codici, dimostrando in tal modo la piena consapevolezza delle questioni di merito in questa sede riproposte. Singoli ricorrenti, come individuati, avevano anche dato luogo a attività idonea a consapevolizzare l’effettivo valore lesivo lamentato.
Era eccepito anche il difetto di legittimazione di alcuni ricorrenti e di una interveniente, come indicati, nonché dell’Associazione Codici, non potendo quest’ultima rappresentare tutta la collettività locale, essendo evidente che l’interesse del singolo a vedersi prorogata la durata concessoria poteva certamente confliggere con quello di altro singolo (anche se non parte del presente giudizio) il quale invece, in virtu’ dei provvedimenti impugnati, ambiva a ottenere una sepoltura all’interno del cimitero.
< omissis>, poi, si soffermava anche sul merito della fattispecie, rilevando l’infondatezza del ricorso.
Si costituiva in giudizio anche il Comune di Latina, con atto di mera forma.
Con l’ordinanza in epigrafe, questa Sezione decideva di avvalersi della disposizione di cui all’art. 55, comma 10, c.p.a., fissando l’udienza di trattazione del merito.
Interveniva in giudizio “ad adiuvandum” anche la sig.ra Paola A.
In prossimità della trattazione di merito il Comune di Latina – che eccepiva anch’esso la carenza di interesse e la tardività – < omissis> e i ricorrenti si scambiavano memorie illustrative delle rispettive posizioni.
Alla pubblica udienza del 15 dicembre 2022 la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il Collegio rileva che il gravame non supera i preliminari profili legati alla sua ammissibilità.
Prescindendo dalle eccezioni di tardività dell’impugnativa, comunque non dimostrate per tutti i singoli ricorrenti e tenendo conto del tempo di pubblicazione sull’Albo Pretorio comunale, ci si sofferma sulla sussistenza o meno dell’interesse a ricorrere.
E’ noto, infatti, che la sussistenza del requisito dell’”interesse ad agire” in sede giudiziale, sancito dall’ art. 100 c.p.c. , costituisce un principio generale di ogni ordinamento processuale fondato sull’iniziativa di parte ed è applicabile al processo amministrativo anche in virtù del rinvio esterno operato dall’ art. 39, comma 1, c.p.a . Esso si lega alla definizione del bisogno di tutela giurisdizionale, nel senso che il ricorso al giudice – in questo caso amministrativo – deve configurarsi come indispensabile per porre rimedio a una situazione lesiva della posizione sostanziale del ricorrente, altrimenti non tutelabile, per cui il danno paventato dal ricorrente deve essere concreto ed attuale e non sussiste l’interesse al ricorso qualora esso sia meramente strumentale alla definizione di questioni correlate a situazioni future, ancora incerte e non ancora definitivamente incise dall’esercizio del potere amministrativo (per tutte: Tar Lazio, Sez. III, 2.5.22, n. 5422; Sez. II, 10.1.22, n. 153 e Tar Lombardia, Bs, Sez. I, 16.5.22, n. 482).
Deve, poi, evidenziarsi la differenza tra interesse a ricorrere e legittimazione e ricorrere, nel senso che la mera sussistenza della legittimazione a ricorrere non è bastevole a incardinare la domanda demolitoria del provvedimento che tocca il privato, occorrendo infatti l’altra fondamentale condizione dell’azione, costituita dall’interesse a ricorrere, che emerge ogni qual volta il provvedimento generi una lesione attuale, per effetto della quale sorge un pregiudizio parimenti attuale, con la conseguenza per la quale legittimazione a ricorrere e interesse a ricorrere debbono andare di pari passo, contestualmente, dovendo coesistere a partire dalla proposizione del ricorso e fino al momento della decisione della causa (TAR Lazio, Sez. III, 7.7.22, n. 9335).
A tutto ciò deve aggiungersi che l’associazione Codici non ha dimostrato elementi contrari alla evidenziata situazione di conflitto di interessi, prendendo essa le parti di una sola parte dei cittadini di Latina, quali gli interessati al mantenimento delle tumulazioni, e non anche della restante parte che può avere interesse invece alla liberazione di sepolcri al fine del rilascio di nuove concessioni.
Nel processo amministrativo per la legittimazione attiva di associazioni rappresentative di interessi collettivi si rivela necessario, infatti, che l’interesse tutelato con l’iniziativa giurisdizionale sia comune a tutti gli associati, che non vengano tutelate le posizioni soggettive solo di una parte degli stessi e che non siano, in definitiva, configurabili conflitti interni all’associazione (anche con gli interessi di uno solo dei consociati), che implicherebbero automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della posizione azionata in giudizio. L’interesse di cui sono titolari gli enti esponenziali, come l’associazione ricorrente, deve essere qualificato alla stregua di un interesse sostanziale autonomo e non meramente coincidente con la sommatoria degli interessi individuali dei fruitori di un servizio pubblico. A venire in rilievo, invero, è un interesse collettivo tutelabile in giudizio da parte dell’ente esponenziale grazie al procedimento di “entificazione” di interessi diffusi, per loro natura “adespoti”, quindi interessi riferibili, in via indistinta, ad una collettività ovvero ad una categoria più o meno ampia di soggetti o ad una formazione sociale, senza alcuna differenziazione tra i singoli individui che la compongono. Ciò in considerazione del carattere sociale, e non esclusivo, del vantaggio che dal bene correlato a quell’interesse i singoli possono trarre. In altri termini, il fondamento della legittimazione “ad causam” delle associazioni come quella ricorrente non è da individuarsi nella rappresentanza di interessi individuali “seriali”, ovvero plurimi interessi legittimi individuali di uguale tenore, ma nella titolarità di un interesse “collettivo”, geneticamente derivante da un processo di impersonificazione di interessi c.d. “diffusi”, ossia interessi omogeneamente distribuiti nella collettività o nella categoria di riferimento (TAR Lazio, Sez. III, 14.9.21, n. 9795; TAR Lazio, Lt, 22.7.21, n. 469 e TAR Lombardia, MI, Sez. III, 11.6.20, n. 1052).
Nel caso di specie, come detto, ciò non è riscontrabile, ponendosi l’associazione ricorrente come portatrice di interessi di singoli cittadini, infatti alcuni anche ricorrenti “in proprio”, e non della collettività di riferimento.
Passando all’esame delle posizioni dei singoli ricorrenti sotto il profilo precedentemente illustrato dell’interesse a ricorrere, si rileva che esso, per come manifestato nei motivi di gravame, si palesa privo di attualità e quindi di immediata lesività.
Il Regolamento impugnato, infatti, per la sua natura di atto generale, non ha inciso direttamente su alcune delle concessioni di cui i singoli ricorrenti in epigrafe sono intestatari.
L’art. 112 contiene l’indicazione che a mero “scopo ricognitivo”, si riepilogava la durata delle concessioni d’uso a termine in base al periodo di rilascio e mantenendo anche, per determinati casi, la durata di 99 anni, fermo restando che, per le sepolture in loculo, il comma 5 prevedeva la possibilità di dimostrare “in concreto” la titolarità in uso in assenza di reperimento di contratto e che, in generale, era prevista la possibilità di rinnovo della concessione trentennale.
Risulta depositata in atti, sul punto, la nota del Comune indirizzata a < omissis> del 23 novembre 2022, in cui è confermato che “…a seguito del recente ritrovamento di documentazione relativa alle sepolture della parte storica del cimitero, l’Ufficio sta procedendo alla verifica e ricognizione di ogni singola assegnazione di sepoltura, anche a completamento del lavoro di acquisizione dei circa 960 contratti di concessione perpetua effettuato congiuntamente nei mesi scorsi, al fine di completare al banca dati relativa alla porzione cimiteriale che ci occupa…”.
Appare non contestabile, quindi, che solo all’esito di singole verifiche istruttorie il Comune potrà adottare specifici provvedimenti, anche di pronuncia di decadenza della concessione, solo in quel caso “attualmente” lesivi per gli interessati, che potranno impugnarli unitamente al suddetto Regolamento, se applicato come atto presupposto.
Analogamente, per quanto riguarda l’impugnazione dell’atto di pubblicazione degli elenchi delle sepolture in scadenza nel Cimitero Urbano di Latina, il Collegio ne rileva la non immediata lesività, non risultando avviato alcun procedimento diretto alla dichiarazione di intervenuta decadenza della singola concessione ovvero alla estumalazione di specifiche salme a essa riconducibili.
Alla luce di quanto illustrato, pertanto, il ricorso è inammissibile per carenza di attuale e diretta lesività degli atti in questa sede impugnati.
Analogamente deve concludersi per la posizione dei soggetti intervenienti, essendo l’intervento nel giudizio avanti alla g.a. esclusivamente di natura “adesiva dipendente” (per tutte: TAR Lazio, Sez. V, 4.3.22, n. 2577 e Sez. I, 11.6.19, n. 7575; TAR Sicilia, Ct, Sez. IV, 3.10.22, n. 2593; Cons. Stato, Sez. IV, 29.2.16, n. 853).
La peculiarità e novità della fattispecie consentono di compensare eccezionalmente le spese di lite tra tutte le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Latina nella camera di consiglio del 15 dicembre 2022 con l’intervento dei magistrati:
Riccardo Savoia, Presidente
Ivo Correale, Consigliere, Estensore
Valerio Torano, Primo Referendario
L’ESTENSORE (Ivo Correale)
IL PRESIDENTE (Riccardo Savoia)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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