TAR Lazio, Latina, Sez. I, 29 maggio 2017, n. 334

TAR Lazio, Latina, Sez. I, 29 maggio 2017, n. 334

MASSIMA
TAR Lazio, Latina, Sez. I, 29 maggio 2017, n. 334

Ai fini della perimetrazione delle zone di rispetto cimiteriale non può farsi riferimento alla perimetrazione di “centro abitato” effettuata ai sensi dell’art. 3, comma 1, n. 8) dPR 30 aprile 1992, n. 2858 (Nuovo codice della strada) che, per quanto unica definizione rinvenibile a livello normativo, vale solo ai fini dell’applicazione delle disposizioni di quest’ultimo. Infatti, il R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 non fornisce una definizione espressa di “centro abitato”, ma all’interno di tale corpus normativo, al fine di indicare le abitazioni o gli agglomerati di abitazioni, si fa uso di plurime espressioni; ai fini della distanza minima degli insediamenti umani di infrastrutture o attività nocive o potenzialmente nocive per la salute o l’igiene), assumono rilevanza l’art. 216 che, nel disciplinare l’ubicazione delle “lavorazioni insalubri”, stabilisce che esse debbano essere “tenute lontane dalle abitazioni” pur consentendo che esse a particolari condizioni possano insediarsi nello “abitato” e, analogamente, l’art. 205 che, nel disciplinare le coltivazioni di riso, demanda a un regolamento la fissazione delle distanze “dagli aggregati e abitazioni e dalle case sparse”. Questa disposizioni hanno una matrice unitaria, dato che in primo luogo tutelano igiene e salute pubblica, come dimostra la loro stessa collocazione nel testo unico delle leggi sanitarie (la norma sui cimiteri risponde anche, come già accennato, alle ulteriori esigenze di rispetto del luogo destinato alla sepoltura dei defunti e di permettere un eventuale ampliamento dell’area cimiteriale ma questo non toglie che la sua funzione primaria sia la tutela della pubblica igiene e salute); se si muove da questo presupposto appare chiaro che l’uso delle espressioni “centro abitato”, “abitazioni”, “aggregati”, “case sparse” non ha carattere tecnico, quanto risponde semplicemente alla esigenza di designare, in coerenza con la ratio delle disposizioni citate, che è quella di proteggere la salute delle persone insediate, qualsiasi abitazione o aggregazione di abitazioni. Ne consegue che la distanza di 200 metri (in via generale e, a date condizioni, riducibile a 50 metri) deve essere osservata non solo nei confronti di aggregati di abitazioni, ma altresì anche di singole abitazioni dato che, se lo scopo delle norme citate è quello di tutelare la salute delle persone che vivono in prossimità di cimiteri (o risaie e industrie insalubri nel caso delle altre norme), non v’è alcuna ragione per distinguere tra aggregati di abitazioni e singole case; a ciò si aggiunge un argomento di carattere empirico: se la disposizione dell’art. 338 si interpretasse nel senso che essa si riferisca solo ad aggregazioni di case, la conseguenza (a parte la difficoltà di definire, in assenza di qualsiasi indicazione normativa, quale sia la dimensione rilevante dell’aggregazione) sarebbe quella di consentire in modo pressoché generalizzato la riduzione della fascia di rispetto.

NORME CORRELATE

Art. 338 R.D. 27 luglio 1934, n.1265

Art. 57 dPR 10 settembre 1990, n. 285

SENTENZA

Pubblicato il 29/05/2017
N. 00334/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00631/2016 REG.RIC.
N. 00632/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 631 del 2016 R.G., proposto da Luisa T., rappresentata e difesa dall’avvocato Amleto Iafrate, da intendersi domiciliata agli effetti del presente giudizio presso la segreteria della sezione;
contro
il comune di Isola del Liri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Silvio Bruni, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato Meccariello in Latina, via Buozzi n. 19;
nei confronti di
S. Srl, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Fiamma M., rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Ranieri e Paolo Caruso, elettivamente domiciliata presso la segreteria della sezione;
sul ricorso n. 632 del 2016 R.G., proposto da Lorenzo T., rappresentato e difeso dall’avvocato Amleto Iafrate, da intendersi domiciliato agli effetti del presente giudizio presso la segreteria della sezione;
contro
il comune di Isola del Liri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Silvio Bruni, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato Meccariello in Latina, via Buozzi n. 19;
nei confronti di
S. srl, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;
per l’annullamento
della delibera C.C. n. 36 del 22 luglio 2016 del comune di Isola del Liri e di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente e, in particolare, della delibera G.M. n. 9 del 26 gennaio 2016.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Isola del Liri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 maggio 2017 il dott. Davide Soricelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con i ricorsi all’esame, sostanzialmente identici, i ricorrenti espongono di essere proprietari nel comune di Isola del Liri di immobili posti nelle immediate prossimità del cimitero comunale.
Essi impugnano la delibera n. 36 del 2016 con cui il comune di Isola del Liri: a) ha dichiarato di pubblico interesse una proposta di “project financing” avente ad oggetto l’ampliamento del cimitero presentata dalla S. s.r.l.; b) approvato il relativo progetto preliminare; c) adottato una variante urbanistica cd. semplificata ex articoli 10 e 19 d.lg. 8 giugno 2001, n. 327 al fine di imporre il vincolo di preordinazione all’esproprio di aree private occorrenti alla realizzazione del progetto.
I ricorrenti denunciano che la delibera è illegittima: a) in quanto viola l’articolo 338 r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 (in pratica viene dedotta la violazione delle distanze legali dal centro abitato prescritte dall’articolo citato); b) l’operazione programmata è del tutto priva di ragionevolezza e si basa su insufficiente motivazione e istruttoria.
Il comune di Isola del Liri resiste ai ricorsi.
Nell’ambito del ricorso n. 631 del 2016 è intervenuta ad adiuvandum la signora Fiamma M. nella dedotta qualità di proprietaria di immobile compreso nella fascia di rispetto del cimitero (in pratica l’immobile della signora M. che allo stato si trova alla distanza di m. 31 dal cimitero per effetto della realizzazione del progetto verrebbe a trovarsi alla distanza di m. 28).
DIRITTO
Preliminarmente si dispone la riunione dei ricorsi dato che essi sono praticamente identici, trattandosi di ricorsi proposti avverso il medesimo provvedimento da soggetti trovantisi nella medesima situazione di fatto rappresentati dal medesimo legale e proponenti le stesse censure.
Il Collegio rileva poi che l’intervento della signora M. è inammissibile dato che nel processo amministrativo impugnatorio l’intervento ad adiuvandum presuppone che l’interveniente sia titolare di una posizione di tipo derivato e dipendente (da quella del ricorrente principale) e non autonoma (cioè tale da legittimarlo in via autonoma a proporre ricorso); nella fattispecie è evidente che la signora M. è titolare di una posizione del tutto analoga a quella dei ricorrenti principali (in pratica è una cointeressata) e infatti ella ha impugnato autonomamente la delibera oggetto dei ricorsi all’esame nell’ambito di un diverso ricorso che è stato fissato alla medesima udienza.
Ciò premesso e passando al merito, può rilevarsi che la questione centrale che pongono i ricorrenti è quella della sussistenza dei presupposti stabiliti dall’articolo 338 r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 per l’ampliamento dell’area del cimitero.
Come è noto l’articolo 338 citato – per quanto qui interessa – stabilisce al primo comma che “ cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. E’ vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”; esso dispone inoltre al quarto comma – che è stato introdotto nella sua attuale formulazione dall’art. 28, comma 1, lett. b), della legge 1 agosto 2002, n. 166 – che “il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni: a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti; b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari”.
In pratica l’articolo 338 prevede che i cimiteri debbano essere costruiti al di fuori dei centri abitati e a una distanza di almeno 200 metri dai medesimi; entro la fascia di rispetto di 200 metri vieta poi qualsiasi edificazione; il quarto comma ammette però la costruzione di cimiteri e l’ampliamento di quelli esistenti a distanza compresa tra 50 e 200 metri dal centro abitato allorché sussistano, anche alternativamente, le condizioni sopra indicate. La fascia di rispetto è stata introdotta per esigenze di natura igienico sanitaria, per la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione ed alla sepoltura e per il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (così Consiglio di Stato, sez. V, 18-01-2017, n. 206).
Ciò premesso, va rilevato in punto di fatto che gli immobili dei ricorrenti sono incontestatamente situati all’interno della fascia di rispetto cimiteriale e – ove l’ampliamento programmato fosse realizzato – verrebbero a trovarsi a una distanza inferiore a 50 metri dal (nuovo perimetro del) cimitero.
In particolare l’immobile della signora Luisa T. a seguito dell’ampliamento verrebbe a trovarsi a distanza di circa 23 metri dal perimetro del cimitero mentre quello del signor Lorenzo T. verrebbe a trovarsi esattamente a 50 metri dal perimetro (o meglio l’abitazione verrebbe a trovarsi a 50 metri ma il compendio immobiliare del ricorrente comprende anche un locale a uso rimessa agricola che verrebbe a trovarsi a distanza di metri 38).
Va poi aggiunto che i ricorrenti hanno documentato che in base alla delibera n. 340 del 28 giugno 1993 del commissario prefettizio si è proceduto alla delimitazione del “centro abitato” ai fini dell’applicazione del codice della strada; in base alla perimetrazione approvata e tuttora vigente sia il cimitero che la relativa fascia di rispetto sono compresi nel centro abitato.
Ciò premesso la tesi dei ricorrenti – peraltro esposta in modo poco chiaro – è che poiché il cimitero si trova all’interno del centro abitato non ne è possibile l’ampliamento perché la possibilità di riduzione della fascia di rispetto prevista dal quarto comma presuppone che esista la distanza di 200 metri tra il cimitero (preesistente e da ampliare) e il centro abitato (o meglio che il cimitero si trovi al di fuori del centro abitato); in ogni caso – anche a ritenere che fosse possibile in astratto la deroga alla distanza di 200 metri prevista dal quarto comma – sta di fatto che, per effetto dell’ampliamento, la distanza verrebbe a ridursi al di sotto dei 50 metri che inderogabilmente devono separare il cimitero dal centro abitato; a ciò si aggiunge che comunque non ricorrerebbero le condizioni cui la disposizione del quarto comma subordina la possibilità di derogare alla distanza ordinaria di 200 metri (impossibilità di provvedere altrimenti ovvero separazione dell’impianto cimiteriale dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari).
Nella delibera impugnata il comune ha replicato agli argomenti dei ricorrenti (che avevano presentato un’osservazione al riguardo a seguito della ricezione dell’avviso di procedimento) sostenendo che la normativa dell’articolo 338 non si applica alla fattispecie non venendo in rilievo un problema di distanza dal centro abitato ma da singole abitazioni.
Nella memoria di costituzione il comune ha puntualizzato le proprie difese (anch’esso peraltro in forma poco comprensibile) sostenendo che il progetto contestato non comporterebbe alcuna modifica della fascia di rispetto ma semplicemente un ampliamento del perimetro del preesistente cimitero nell’ambito della fascia di rispetto che è stata prevista in sede di approvazione del vigente P.R.G. (approvato nel 1976) all’interno della quale ricadono gli immobili dei ricorrenti; il comune sostiene quindi che l’opera “non va ad aumentare la fascia di rispetto imposta ab origine né la riduce al di sotto dei 50 metri dal limite finale” poiché essa è “realizzata all’interno della zona di rispetto stessa”; di conseguenza la circostanza che le abitazioni dei ricorrenti verrebbero a trovarsi a distanza inferiore o pari a 50 metri dal perimetro cimiteriale sarebbe irrilevante. Il comune sostiene inoltre che la previsione dell’ultima parte del primo comma dell’articolo 338 non si rivolgerebbe al pianificatore allorchè è chiamato a decidere la collocazione di un nuovo cimitero; in pratica la tesi del comune pare essere che all’interno della fascia di rispetto sono senz’altro possibili interventi pubblici (a maggior ragione se coerenti alla destinazione a cimitero di essa) e che le limitazioni all’edificazione si riferiscono alla sola edificazione privata come dimostrerebbe la previsione secondo cui sugli edifici esistenti sono consentiti solo “<i>interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457</i>”.
In via subordinata il comune nega che nella fattispecie sia utilizzabile la perimetrazione del centro abitato eseguita ai fini dell’applicazione della normativa del codice della strada e sostiene che al fine di verificare la distanza dal centro abitato occorre aver riguardo alla situazione quale risultante dagli strumenti urbanistici o, in difetto di essi, quale esistente in fatto; se si utilizza quindi questo criterio non potrebbe che concludersi nel senso del rispetto delle distanze dato che le abitazioni dei ricorrenti sono distanti tra loro circa 100 metri e costituiscono abitazioni isolate, laddove la distanza di 200 metri da rispettare si riferisce non a “fabbricato sparsi” ma al centro abitato che dovrebbe intendersi nel senso di un’aggregazione di edifici.
Le argomentazioni dei ricorrenti sono in parte fondate.
Va premesso che la disciplina regolante la fattispecie all’esame deve essere rinvenuta nell’articolo 338, commi 1 e 4, r.d. n. 1265 del 1934 citato.
Questa è infatti la norma che disciplina le distanze tra cimiteri e fabbricati e l’ampliamento dei cimiteri preesistenti, autorizzando il consiglio comunale a realizzare l’ampliamento all’interno della fascia di rispetto cimiteriale di 200 metri a condizione che sia comunque garantita la distanza di 50 metri dal centro abitato e nel presupposto che sussistano le due condizioni indicate (impossibilità di provvedere altrimenti ovvero separazione dell’impianto cimiteriale dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari).
Come accennato, i ricorrenti sostengono che il cimitero si trova all’interno del centro abitato e supportano tale allegazione in base al rilievo che nel 1993 il commissario prefettizio ha operato la delimitazione del centro abitato e il perimetro così definito comprende interamente il cimitero e la fascia di rispetto del medesimo. In ogni caso essi sostengono che comunque il progetto prevede un avanzamento del perimetro del cimitero a distanza ben inferiore a quella minima di 50 metri prevista dalle legge.
L’amministrazione obietta che la delimitazione invocata dai ricorrenti è stata operata ai fini dell’applicazione del nuovo codice della strada approvato nel 1992 e non sarebbe quindi rilevante ai fini che interessano; la tesi dal comune è che dovrebbe aversi riguardo alla situazione quale risultante dallo strumento urbanistico ovvero alla situazione di fatto; se si considerano questi diversi elementi, il comune sostiene che l’intervento è pienamente legittimo perchè l’ampliamento sarà realizzato nella fascia di rispetto prevista dallo strumento urbanistico e perché comunque la distanza minima va valutata avendo riguardo al centro abitato e quindi ad agglomerati di case e non a singole abitazioni.
In definitiva la questione giuridica da risolvere consiste nello stabilire cosa debba intendersi per “centro abitato” ai fini dell’articolo 338 citato.
Come è noto la giurisprudenza ritiene che nel vigente sistema normativo non esista una generale definizione di centro abitato; in particolare la giurisprudenza ritiene che la definizione del codice della strada (che è l’unica rinvenibile a livello normativo) valga solo ai fini dell’applicazione delle disposizioni di quest’ultimo e non sia quindi vincolante a fini igienico-sanitari o urbanistico-edilizi.
Occorre pertanto stabilire quale significato debba attribuirsi alla locuzione “centro abitato” utilizzata dall’articolo 338 citato.
Al riguardo la dottrina ha evidenziato che nel testo unico del 1934 non solo non esiste una definizione di centro abitato ma all’interno di tale corpus normativo per indicare le abitazioni o gli agglomerati di abitazioni si fa uso di varie espressioni; ai fini che interessano (distanza minima degli insediamenti umani di infrastrutture o attività nocive o potenzialmente nocive per la salute o l’igiene), assumono rilevanza l’articolo 216 che, nel disciplinare l’ubicazione delle “lavorazioni insalubri”, stabilisce che esse debbano essere “tenute lontane dalle abitazioni” pur consentendo che esse a particolari condizioni possano insediarsi nello “abitato” e, analogamente, l’articolo 205 che, nel disciplinare le coltivazioni di riso, demanda a un regolamento la fissazione delle distanze “dagli aggregati e abitazioni e dalle case sparse”.
Questa disposizioni hanno una matrice unitaria, dato che in primo luogo tutelano igiene e salute pubblica, come dimostra la loro stessa collocazione nel testo unico delle leggi sanitarie (la norma sui cimiteri risponde anche, come già accennato, alle ulteriori esigenze di rispetto del luogo destinato alla sepoltura dei defunti e di permettere un eventuale ampliamento dell’area cimiteriale ma questo non toglie che la sua funzione primaria sia la tutela della pubblica igiene e salute); se si muove da questo presupposto appare chiaro che l’uso delle espressioni “centro abitato”, “abitazioni”, “aggregati”, “case sparse” non ha carattere tecnico ma risponde semplicemente alla esigenza di designare, in coerenza con la ratio delle disposizioni citate, che è quella di proteggere la salute delle persone insediate, qualsiasi abitazione o aggregazione di abitazioni.
In altri termini la distanza di 200 metri o di 50 metri deve essere osservata non solo nei confronti di aggregati di abitazioni ma anche di singole abitazioni dato che, se lo scopo delle norme citate è quello di tutelare la salute delle persone che vivono in prossimità di cimiteri (o risaie e industrie insalubri nel caso delle altre norme), non v’è alcuna ragione per distinguere tra aggregati di abitazioni e singole case; a ciò si aggiunge un argomento di carattere empirico: se la disposizione dell’articolo 338 si interpretasse nel senso che essa si riferisce solo ad aggregazioni di case, la conseguenza (a parte la difficoltà di definire, in assenza di qualsiasi indicazione normativa, quale sia la dimensione rilevante dell’aggregazione) sarebbe quella di consentire in modo pressochè generalizzato la riduzione della fascia di rispetto; se, infatti, tendenzialmente la fascia di 200 metri intorno ai cimiteri deve essere lasciata libera da edificazioni, è chiaro che è difficile ipotizzare l’esistenza di aggregazioni di case nel suo interno; in realtà all’interno della fascia di rispetto – dato che essa si risolve in un vincolo conformativo della proprietà privata implicante l’inedificabilità assoluta – è possibile ipotizzare l’esistenza delle sole abitazioni realizzate in epoca anteriore alla istituzione del vincolo, di cui la legge consente la conservazione limitando la possibilità del loro ampliamento; in pratica la previsione della fascia di rispetto di 200 metri comporta che di fatto all’interno della fascia di rispetto possa esistere soltanto un’edificazione di carattere residuale che il più delle volte si risolverà in “case sparse” o isolate le une dalle altre; tale tipo di edificazioni però meritano la stessa tutela di aggregati di abitazioni dato che se la norma tutela (tra l’altro) la salute delle persone insediate non v’è ragione di distinguere tra aggregati e case isolate.
Poiché è incontestabile che le abitazioni dei ricorrenti si trovano a distanza inferiore a 50 metri dal perimetro cimiteriale (nel caso del signor T. rileva anche il fabbricato adibito a rimessa agricola che costituisce una pertinenza della sua abitazione e per il quale sussiste la ratio della tutela della igiene e della salute dato che anche in esso si svolgono attività umane), il progetto del comune non rispetta le previsioni in punto di distanza minima previste dall’articolo 338.
Quanto precede implica, assorbite le ulteriori censure, l’accoglimento dei ricorsi con annullamento degli atti impugnati.
Le spese di giudizio possono essere interamente compensate in considerazione della violazione da parte dei ricorrenti dei principi di chiarezza e sinteticità degli atti processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciandosi sui ricorsi in epigrafe, li accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Latina nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Taglienti, Presidente
Davide Soricelli, Consigliere, Estensore
Antonio Massimo Marra, Consigliere
L’ESTENSORE (Dabide Soricelli)
IL PRESIDENTE (Carlo Taglienti)
IL SEGRETARIO

Written by:

Sereno Scolaro

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