Tar Campania, Sez. III, 31 gennaio 2017, n. 670

Massima:
Tar Campania, Sez. III, 31 gennaio 2017, n. 670
Il vincolo di inedificabilità cimiteriale, avendo natura di carattere assoluto, esclude che possa accogliersi istanza di condono edilizio.

Testo completo:
Tar Campania, Sez. III, 31 gennaio 2017, n. 670
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3676 del 2009, proposto da:
M. V., rappresentato e difeso dall’avv. A. V. ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. A. M., in Napoli, Viale … n. …, e con indirizzo PEC: …;
contro
Comune di Sant’Anastasia, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. A. C., con domicilio eletto in Napoli, via … n. …, e con indirizzo PEC: affarilegali@pec.comunesantanastasia.it;
per l’annullamento
– della disposizione prot. n. 7781 del 2 aprile 2009 emessa dal Responsabile del Settore Urbanistica del comune di Sant’Anastasia, notificata in data 9 aprile 2009;
– di ogni altro atto o provvedimento preordinato, collegato, connesso e consequenziale e, per quanto di ragione, del parere negativo espresso dalla Commissione Condono il 29 ottobre 2007-
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Sant’Anastasia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2017 il dott. Gianmario Palliggiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente, M. V., è proprietario dell’immobile, che riferisce realizzato nel 1960, sito in Sant’Anastasia, via Marra n. 166 (foglio 12, particella n. 455), composto da un locale di sgombero al piano cantinato e da un appartamento al piano rialzato.
Per questo immobile, inoltrava, in data 27 marzo 1986, domanda di condono edilizio, ai sensi della L. n. 47/1985, assunta al protocollo del Comune con il n. 4782.
Durante l’espletamento dell’istruttoria, l’amministrazione richiedeva un’integrazione documentale, esibita dal ricorrente in data 11 settembre 1998.
Dopo questa richiesta, l’amministrazione tuttavia non adottava alcun provvedimento.
In seguito, con avviso prot. n. 4935 del 3 marzo 2009, comunicava al ricorrente i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza prot. n. 4782 del 27 marzo 2009 ai sensi dell’art. 10-bis L. n. 241 del 1990.
Il ricorrente formulava le proprie osservazioni con memoria depositata in data 16 marzo 2009.
Con nota n. 7781 del 2 aprile 2009, il Comune di Sant’Anastasia, rigettava la domanda di condono.
M. V. ha impugnato la predetta nota, con l’odierno ricorso, notificato il 9 giugno 2009 e depositato il successivo 1° luglio.
Il comune di Sant’Anastasia si è costituito in giudizio e, con memoria depositata il 27 dicembre 2016, ha argomentato per l’infondatezza del ricorso e, quindi, per il suo rigetto.
Con istanza di fissazione udienza, presentata in data 28 settembre 2016, ritualmente ai sensi dell’art. 82 cod. proc. amm., parte ricorrente ha dichiarato il permanere del proprio interesse alla decisione.
Alla pubblica udienza del 10 gennaio 2017 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
1.- Il ricorrente deduce le seguenti censure:
1) violazione e falsa applicazione delle seguenti norme: art. 33 L. n. 47 del 1985; art. 38 Regio decreto 27 luglio 1934 n. 1265 (“Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie”), come modificato dall’art. 28 legge 1° agosto 2002, n. 166; L. n. 241/1990, art. 97 Cost, eccesso di potere per inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto; violazione del giusto procedimento.
Il provvedimento impugnato fonda il diniego della sanatoria esclusivamente sul presupposto che l’immobile in argomento ricade nella fascia di rispetto cimiteriale, soggetta ad inedificabilità assoluta, ai sensi dell’art. 338 R.D. n. 1265 del 1934.
Il Comune di Sant’Anastasia fa infatti risalire la sussistenza del vincolo cimiteriale al 1934 allorquando è stato emanato il menzionato Regio Decreto n. 1265/1934, senza tuttavia
che il vincolo sarebbe stato introdotto con il Piano di Fabbricazione, adottato dal Comune nel 1971, il quale ha fissato in 200 metri la fascia di rispetto cimiteriale, ridotta successivamente a 100 metri dal Piano Regolatore Generale approvato nel 1993.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 338 L. n. 47 del 1985.
La distanza minima di almeno 200 metri di cui al menzionato art. 338 si riferisce ai centri abitati; pertanto la presenza di alcuni edifici all’interno della zona di rispetto non concretizzerebbe di per sé alcuna violazione di tale distanza.
L’Azienda sanitaria locale, preposta alla tutela del vincolo, avrebbe dunque dovuto valutare in concreto l’effettività e lo spessore del vulnus inferto dall’edificazione del vincolo cimiteriale.
Nel caso in esame sarebbe tuttavia assente il parere da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo cimiteriale, sicché la domanda di condono del ricorrente è stata rigettata senza alcuna valutazione circa l’effettiva lesione del vincolo cimiteriale.
3) violazione art. 3 L. n. 241 del 1990; difetto di motivazione.
Il diniego non indica le ragioni anche di interesse pubblico che l’amministrazione intende perseguire.
4) violazione dell’art. 10-bis L. n. 241 del 1990;
Nel caso in esame, nella comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza in questione, si è fatto esclusivo riferimento alla circostanza che l’immobile ricade nella zona di rispetto cimiteriale, senza alcuna indicazione della normativa di riferimento riposta nel menzionato art. 338 R.d. n. 1265 del 1934.
2.- Il ricorso non è fondato.
2.1.- I primi tre motivi di ricorso possono ricevere trattazione congiunta in considerazione degli elementi di connessione argomentativa negli stessi presenti
Il ricorrente sostiene che il vincolo sarebbe stato introdotto con il Piano di Fabbricazione adottato dal Comune nel 1971, il quale prevedeva una zona di rispetto cimiteriale pari a 200 metri, in seguito ridotti a 100 metri dal P.R.G. approvato nel 1993 e che, quindi, il manufatto sarebbe stato costruito in assenza di vincoli o, comunque, che il vincolo in questione, laddove sussistente, non comporterebbe comunque l’inedificabilità assoluta.
2.2.- L’assunto non è condivisibile.
2.2.1.- Lo stesso consulente di parte ricorrente, nella sua relazione tecnica giurata, volta ad accertare l’esatta distanza che intercorre tra la proprietà del ricorrente ed il muro perimetrale del cimitero comunale, chiarisce che l’immobile in questione ricade in zona sottoposta a vincolo cimiteriale, seppur per pochi metri (cfr. pag. 2 relazione dove è descritto testualmente che “I dati acquisti dalla misurazione in ‘loco’ sono stati elaborati poi dal programma PREGEO; dalla loro risultanza si è potuto stabilire con assoluta precisione che la distanza tra il punto di massima sporgenza del fabbricato di proprietà del signor M., rispetto al punto di massima sporgenza del muro perimetrale del cimitero comunale è pari a mt. 96,85. Unico punto di riferimento da cui va calcolata la distanza”).
2.2.2.- L’immobile è stato realizzato nel 1960, quando il vincolo era già vigente e la zona non edificabile.
Ciò per effetto della normativa di riferimento, risposta nell’art. 338 Regio decreto 27 luglio 1934 n. 1265 (“Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie”) e vigente a prescindere da previsioni programmatiche di piano, secondo cui: “i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
2.2.3.- Che l’esistenza del vincolo comporti l’inedificabilità assoluta dell’area di rispetto cimiteriale, può ricavarsi dall’art. 33 della legge 47 del 1985, per il quale non sono suscettibili di sanatoria le opere di cui all’art. 31 quando siano in contrasto – oltre che ai vincoli indicati espressamente nelle lettere da a) a c) del medesimo art. 33 – anche ad “ogni altro vincolo che comporti inedificabilità delle aree” (lett. d).
2.2.4.- Ciò è stato chiarito da ormai costante giurisprudenza amministrativa secondo cui la salvaguardia del rispetto dei duecento metri – prevista dal comma 1 dell’art. 338 R.D. n. 1265 del 1934 costituisce un vincolo assoluto di inedificabilità, che non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici sia di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione ed alla sepoltura, nel mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
2.3.- Il vincolo è tale da precludere il rilascio della concessione, anche qualora la stessa sia richiesta in sanatoria, senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell’opera con i valori tutelati dal vincolo (Cons. Stato, sez. VI, 9 marzo 2016, n. 949 che conferma TAR Campania, Napoli, sez. IV, 14 novembre 2014, n. 5942).
Il vincolo cimiteriale determina, pertanto, una situazione di inedificabilità “ex lege”, suscettibile di essere circoscritta solo in ipotesi eccezionali, in presenza delle condizioni specificate al comma 4 del menzionato art. 338 R.D. n. 1265 del 1934, ma non per interessi privati, come ad esempio per legittimare “a posteriori” realizzazioni edilizie abusive di privati, o comunque interventi edilizi futuri, su un’area a tal fine indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura, salve ulteriori esigenze di mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale. “(cfr. Consiglio di Stato, sez.VI, n.3667 del 27 luglio 2015 che conferma Tar Lombardia, Milano, sez. II, n. 13030 del 2014; Cons. Stato, sez. IV, 11 ottobre 2006, n. 6064; id., V, 29 marzo 2006, n. 1593; anche Cass. civ., sez. I, 23 giugno 2004, n. 11669).
3.- Non si rinvengono inoltre i dedotti vizi di motivazione e d’istruttoria, posto che, nel caso specifico, il provvedimento ha semplicemente indicato le ragioni per le quali il manufatto determina una violazione del vincolo cimiteriale, a fronte di una distanza inferiore a quella fissata dalla normativa sopra descritta.
4.- Né peraltro si condivide il rilievo di difetto d’istruttoria per mancata richiesta del parere all’ASL competente. Il predetto parere, ai sensi del comma 5, dell’art. 338 R. D. n. 1265 del 1934, è espressamente richiesto:
– “Per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico”;
– per consentire “la riduzione della zona di rispetto”;
– ovvero per autorizzare “l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici”, sempreché, in tutti i casi sopra descritti “non vi ostino ragioni igienico-sanitarie”.
Nel caso specifico, l’amministrazione comunale, dovendo rigettare la richiesta di condono in presenza del superamento della fascia di rispetto cimiteriale vigente ex lege, non necessitava di alcun parere favorevole dell’autorità preposta all’interesse igienico ambientale, il quale sarebbe dovuto intervenire nel caso opposto di assenso.
5.- Né può infine condividersi la violazione dell’art. 10-bis L. n. 241 del 1990, formulata con l’ultimo motivo di ricorso.
Più in particolare, il ricorrente censura il fatto che, nella comunicazione di preavviso di rigetto, effettuata con la nota prot. n. 4782 del 27 marzo 2009, l’amministrazione si sia limitata a fare esclusivo riferimento alla circostanza che “…l’immobile ricade in zona di rispetto cimiteriale, sul vigente PRG…”, senza fare alcuna menzione dell’art. 338 R.D. n. 1265/1934, norma che costituirebbe il fondamento del diniego.
Sul punto, giurisprudenza ormai consolidata ha precisato che l’art. 10-bis L. n. 241 del 1990 deve essere valutato dal Giudice avendo riguardo al successivo art. 21-octies, relativo alla non annullabilità degli atti per omessa comunicazione di avvio (cui è da assimilare, ai fini che qui rilevano, il mancato preavviso di rigetto) laddove l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto dispositivo dell’atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (cfr. ex, multis, Cons. Stato, sez. VI, 7 maggio 2015, n. 2298).
Nel caso in esame, il carattere assoluto del vincolo di inedificabilità non può che condurre di per sé al rigetto dell’istanza di sanatoria, senza che rilevi la mancata precisa indicazione della norma di legge istitutiva del vincolo medesimo, il quale, come sopra precisato, trova applicazione automatica.
Alla luce del quadro normativo sopra esposto e del chiaro orientamento giurisprudenziale, l’amministrazione comunale ha quindi legittimamente rigettato l’istanza di sanatoria presentata dal ricorrente.
6.- Per quanto sopra il ricorso va respinto.
Le spese giudiziali, come di regola, seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’amministrazione comunale di Sant’Anastasia, delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi € 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Donadono, Presidente
Vincenzo Cernese, Consigliere
Gianmario Palliggiano, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
Gianmario Palliggiano
IL PRESIDENTE
Fabio Donadono
IL SEGRETARIO

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