TAR Campania, Sez. I, 29 aprile 2011, n. 2409

Riferimenti: cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 5/7/2010 n. 4243; Consiglio di Stato, Sez. V, 27/9/2004 n. 6301

Testo completo:
TAR Campania, Sez. I, 29 aprile 2011, n. 2409
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4557 del 2010, proposto da:
ELECTRA SANNIO S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Antonella Florio, con la quale è elettivamente domiciliata in Napoli alla Via San Domenico n. 44;
contro
COMUNE DI SAN GIORGIO DEL SANNIO, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
a) della nota del Sindaco del Comune di San Giorgio del Sannio prot. n. 12924 del 22 giugno 2010, con la quale è stata comunicata la scadenza al 31 dicembre 2010 del contratto di affidamento del servizio di illuminazione votiva per cessazione automatica delle concessioni di servizi pubblici locali non assegnate mediante pubblica gara;
b) di tutti gli atti alla stessa antecedenti, conseguenti o comunque connessi, e segnatamente della nota del 12 luglio 2010, a firma del responsabile del procedimento, con cui è stata comunicata la disdetta del citato affidamento, nonché per la declaratoria della legittimità della prevista scadenza contrattuale al gennaio 2015.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 marzo 2011 il dott. Carlo Dell’Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Letto l’art. 120, comma 10, del c.p.a. sull’ordinaria redazione della sentenza in forma semplificata nel rito appalti;
Ritenuto in FATTO e considerato in DIRITTO quanto segue.
1. La società ricorrente, affidataria del servizio di illuminazione votiva nei cimiteri del Comune di San Giorgio del Sannio in forza di accordo transattivo stipulato con il predetto comune in data 30 novembre 2001 ed avente scadenza il 31 gennaio 2015, è stata destinataria delle note in epigrafe emarginate, con le quali si comunicava che la scadenza contrattuale era da ritenersi anticipata al 31 dicembre 2010, in virtù della cessazione automatica a tale data delle concessioni di servizi pubblici locali non assegnate mediante pubblica gara, sancita dall’art. 23 bis, comma 8, del decreto legge n. 112/2008, convertito dalla legge n. 133/2008. Oltre a ciò, le comunicazioni di disdetta traevano motivo anche da inadempienze contrattuali qualificate come gravi. La ricorrente impugna tali atti, lamentando l’illegittimità dell’anticipata cessazione del rapporto contrattuale ed instando per la reviviscenza dell’originaria data di scadenza, per una serie di ragioni attinenti alla violazione della norma di legge ritenuta applicabile, alla violazione dell’accordo transattivo posto a base dell’affidamento, alla violazione dei principi di ragionevolezza e di legittimo affidamento, nonché all’eccesso di potere sotto svariati profili.
L’amministrazione comunale intimata non si è costituita.
2. Ciò premesso, con una prima censura parte ricorrente, nell’evidenziare che il contenuto del rapporto instaurato con l’amministrazione comunale è caratterizzato dal rifacimento e dall’ampliamento delle rete elettrica cimiteriale preesistente mediante l’esecuzione di nuovi lavori, deduce che la normativa richiamata a sostegno della gravata disdetta contrattuale (art. 23 bis cit.) è inapplicabile alla fattispecie, “essendo la concessione di cui si controverte qualificabile siccome di costruzione e gestione e non meramente di gestione di pubblico servizio”.
La doglianza non merita condivisione.
Si rileva che la questione della corretta qualificazione giuridica dell’affidamento del servizio di illuminazione votiva cimiteriale in termini di concessione di pubblico servizio oppure di concessione di costruzione e gestione, quand’anche fossero previste opere di implementazione di impianti elettrici, è stata risolta nel primo senso dalla giurisprudenza del massimo giudice amministrativo con orientamento pienamente condiviso dal Collegio. Al riguardo, è stato affermato che “per costante giurisprudenza (cfr. C.S., sez. V, 5 dicembre 2008 n. 6049, pur contemplante un impianto preesistente al sorgere del rapporto concessorio tra privato ed ente pubblico, il che peraltro non modifica i sostanziali termini della questione), il comune che si avvalga dell’opera di un privato, per le attività connesse all’illuminazione votiva cimiteriale, pone di regola in essere una concessione di pubblico servizio e non di opera pubblica, poiché normalmente detto impianto costituisce un semplice strumento rispetto all’esigenza prioritaria di consentire il culto dei defunti, anche attraverso la gestione del servizio di illuminazione” (così Consiglio di Stato, Sez. V, 29 marzo 2010 n. 1790).
Quanto chiarito vale anche nel caso di specie, connotato dalla realizzazione di opere destinate a consentire l’illuminazione (come la posa di una serie di cavi elettrici del tutto analoghi a quelli usati per l’illuminazione civile ed il loro collegamento ad un punto luce per ciascuna sepoltura), le quali rientrano a buon diritto in quelle ordinariamente necessarie per lo svolgimento del servizio medesimo, senza assunzione di un particolare rilievo o impegno economico.
Ne deriva che non può essere smentita la natura di concessione di pubblico servizio assunta dal servizio di illuminazione votiva affidato alla società ricorrente, con conseguente applicabilità della normativa limitativa della durata delle concessioni assegnate senza pubblica gara.
2.1 Con altra articolata censura, la ricorrente sostiene, per un verso, che la suddetta normativa comunque non troverebbe applicazione nella fattispecie non trattandosi di un affidamento diretto bensì di un affidamento mediato da un accordo transattivo, e, per altro verso, che l’anticipata scadenza contrattuale, determinata da una legge sopravvenuta, si pone in contrasto con i principi di ragionevolezza e di legittimo affidamento, in relazione alla buona fede riposta sull’originaria durata contrattuale, “intesa siccome adeguata controprestazione idonea a rendere remunerativo l’investimento relativo alla realizzazione degli impianti”. La medesima aggiunge che tale buona fede è stata rafforzata dai reiterati e recenti ordini di realizzazione di nuovi impianti elettrici nelle zone di ampliamento cimiteriale, in gran parte emanati quando era già noto il termine legislativo posto a base della gravata disdetta.
Anche tale doglianza, come complessivamente sviluppata, non ha pregio.
Il Collegio osserva, innanzitutto, che la stipula di una transazione con cui viene affidato un servizio pubblico non esclude, anzi è indice, che si versi in ipotesi di affidamento diretto. Inoltre, nel caso in esame è incontrovertibile che la società ricorrente svolga il servizio di illuminazione votiva in regime di affidamento diretto, essendo subentrata, senza l’espletamento di alcuna procedura selettiva, nella posizione concessoria detenuta dalla ditta precedente affidataria in via diretta dello stesso servizio (cfr. delibera di Giunta Municipale n. 147 del 30 marzo 1990 e delibera di Consiglio Comunale n. 80 del 29 settembre 1998, in atti).
In secondo luogo, si nota che la tutela dei fondamentali principi di affidamento e buona fede nelle relazioni negoziali è destinata a recedere a fronte degli interventi legislativi che abbiano, come nella presente evenienza, una diretta incidenza sui rapporti contrattuali in corso, essendo tali emergenze indipendenti dalla volontà dei contraenti.
Infine, non trova riscontro negli atti processuali che la maggior parte delle richieste di realizzazione di nuovi impianti elettrici sia stata effettuata dopo l’entrata in vigore del decreto legge n. 112/2008, anzi è vero il contrario se solo si pone mente al fatto che i relativi ordinativi si collocano quasi tutti nel periodo antecedente al febbraio 2006. Ad ogni modo, tale circostanza non assume rilievo decisivo, non potendo impedire la cessazione di rapporti concessori imposta dalla legge ad una determinata data.
2.2 Quanto sopra esposto riveste carattere assorbente ed esime il Collegio dall’esaminare la rimanente censura, con cui parte ricorrente intende contestare le note impugnate in ordine al profilo motivazionale dei rilevati inadempimenti contrattuali, dal momento che comunque l’impianto complessivo di tali atti risulta validamente sorretto dall’invalicabilità del termine di scadenza contrattuale al 31 dicembre 2010. Soccorre, al riguardo, il condiviso principio secondo il quale, laddove una determinazione amministrativa di segno negativo tragga forza da una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali sia di per sé idonea a supportarla in modo autonomo, è sufficiente che anche una sola di esse passi indenne alle censure mosse in sede giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti esente dall’annullamento (cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 luglio 2010 n. 4243; Consiglio di Stato, Sez. V, 27 settembre 2004 n. 6301).
3. In conclusione, resistendo gli atti impugnati a tutte le censure prospettate, il ricorso deve essere respinto per infondatezza. Non vi è luogo a pronuncia in ordine alle spese del presente giudizio per la mancata costituzione di parte resistente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2011 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Guida, Presidente
Fabio Donadono, Consigliere
Carlo Dell’Olio, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/04/2011 (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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