TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 27 maggio 2010, n. 2165

Massima:
TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 27 maggio 2010, n. 2165
1. Beni destinati a un pubblico servizio – riscatto degli impianti – ricorso al potere di autotutela di cui agli artt. 823 e 826, co. 3, cod. civ. – legittimità
1. L’art. 24 del R.D. 2578/1925 impone al Comune che esercita il riscatto di subentrare nei contratti in essere, quantomeno fino all’indizione di una nuova gara per l’affidamento del servizio. Ciò a tutela da un lato dei terzi e dall’altro della continuità del servizio.
E’ legittimo il provvedimento con il quale il comune ha ordinato il rilascio degli impianti di illuminazione pubblica insistenti sul territorio comunale, qualificandosi come mezzo di autotutela, adottato ai sensi dell’823 del cod. civ., in ragione della scelta operata di riscattare i suddetti impianti. Sul punto il Collegio ritiene sufficiente richiamare i propri precedenti (cfr., fra gli altri T.A.R. Brescia n. 490/2007), alla stregua dei quali “l’assoggettabilità degli impianti di distribuzione del gas al regime di autotutela previsto dall’art. 823 c.c. è confermato dall’art. 826, comma 3, secondo cui “fanno parte del patrimonio indisponibile…gli altri beni destinati a un pubblico servizio”.
Dato tale principio, e considerato che anche l’impianto di illuminazione pubblica è senz’altro riconducibile alla categoria dei beni destinati a un pubblico servizio, anche in relazione a quest’ultimo risulta pertanto possibile il ricorso allo speciale potere di autotutela in parola, che, per giurisprudenza costante, non può essere limitato alla tutela dei beni appartenenti al demanio, ma deve essere esteso anche a quelli patrimoniali indisponibili (cfr. Cons. Stato 6.12.2007, n. 6259 e 22.11.1993, n. 1164). Ne consegue che, per gli impianti di illuminazione pubblica può essere fatto ricorso al potere di autotutela dei citati articoli del codice civile.
2. Servizio di illuminazione pubblica – rapporto concessorio – riscatto della proprietà degli impianti da parte del comune – preavviso di un anno – termine da riferirsi alla manifestazione di volontà
2. Dal dato letterale dell’art. 24 del DPR 2578/1925, secondo cui: “Il riscatto deve essere sempre preceduto dal preavviso di un anno”, il Collegio ritiene che si possa inferire che il preavviso di un anno deve precedere la manifestazione di volontà del Comune di riscattare la proprietà degli impianti oggetto di concessione e non anche l’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento che da tale manifestazione di volontà prende avvio, rappresentato dall’atto traslativo della proprietà.
Una tale lettura appare coerente, per ragioni di ordine sistematico, con quanto previsto dal primo comma del medesimo articolo, secondo il significato ad essa attribuito dalla giurisprudenza consolidatasi nel tempo.
In esso si legge: “I comuni possono valersi delle facoltà consentite dall’art. 1” (e cioè di assumere l’impianto e l’esercizio diretto dei pubblici servizi, n.d.r.) “pei servizi che siano già affidati all’industria privata quando dall’effettivo cominciamento dell’esercizio sia trascorso un terzo della durata complessiva del tempo per cui la concessione fu fatta.
Tuttavia i comuni hanno sempre diritto al riscatto quando sieno passati venti anni dall’effettivo cominciamento dell’esercizio; ma in ogni caso non possono esercitarlo prima che ne siano passati dieci.”.
Il rispetto di tali termini è da sempre stato accertato dalla giurisprudenza con riferimento al momento in cui il Comune adotta il provvedimento che costituisce esercizio del diritto di riscatto e cioè quella deliberazione (di competenza del Consiglio comunale) con cui esso opta per l’avvalersi della facoltà riconosciutagli dalla legge, a nulla rilevando il tempo successivamente necessario per addivenire al – giuridico e materiale – trasferimento degli impianti.
3. Servizio di illuminazione pubblica – rapporto concessorio – riscatto degli impianti – quantificazione dell’indennità dovuta – definizione della controversia – rimessione ad un apposito collegio arbitrale – prolungamento del rapporto esclusivamente per oggettive ragioni di interesse pubblico
3. La normativa di cui al regolamento approvato con DPR 902/86 non subordina la possibilità del riscatto al previo raggiungimento di un accordo tra le parti sullo stato di consistenza prima e sulla quantificazione dell’indennizzo poi. Il sistema delineato dalla legge, infatti, prevede espressamente la possibilità, in caso di mancato accordo, di rimettere la questione ad un apposito collegio arbitrale, ma in nessun punto è espressamente previsto che il trasferimento degli impianti risulti procrastinato ad un momento successivo all’avvenuta definizione e liquidazione dell’indennizzo dovuto.
In altre parole la disciplina applicata non detta alcuna specifica disposizione in ordine agli effetti traslativi della proprietà degli impianti nelle more della definizione della controversia per la quantificazione dell’indennità dovuta ed in particolare non prevede alcun diritto di ritenzione da parte del concessionario che, quindi, non può vantare alcuno strumento privilegiato di tutela del proprio credito eventuale.
A tale proposito la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare, ancorché con riferimento al servizio di distribuzione del gas, che se una controversia sulla quantificazione del “rimborso” potesse mantenere nel possesso il gestore uscente, si realizzerebbe un prolungamento del rapporto concessorio esclusivamente per volontà di una delle parti senza oggettive ragioni di interesse pubblico, incompatibile con i principi che regolano il mercato.
Tale principio appare attagliarsi perfettamente anche al riscatto del servizio di illuminazione pubblica, in relazione all’esercizio del quale il Comune deve essere ritenuto libero di individuare la modalità che meglio garantisce efficacia ed economicità del servizio stesso nel rispetto della legge.

Testo completo:
T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 27 maggio 2010, n. 2165
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 139 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Enel Sole S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Marcello Mole’, Stefania Vasta e Clara Fraticelli, con domicilio eletto presso Stefania Vasta in Brescia, via Vittorio Emanuele II, n. 1;
contro
Comune di Calcinato, rappresentato e difeso dagli avv.ti Fiorenzo Bertuzzi, Gianpaolo Sina e Silvano Venturi, con domicilio eletto presso Fiorenzo Bertuzzi in Brescia, via Diaz, 9;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia, per quanto attiene al ricorso introduttivo:
– dell’ordinanza n. 144 del 24 dicembre 2009, adottata dal responsabile dell’Area tecnica del Comune di Calcinato;
– della deliberazione della Giunta comunale n. 10 del 19 gennaio 2010, avente ad oggetto “dichiarazione di proprietà degli impianti di illuminazione pubblica a seguito del riscatto dalla società Enel Sole s.r.l. ai sensi del R.D. n. 2578 e del D.P.R. n. 902/1986 – atto di attuazione della deliberazione di C.C. n. 18 del 03.04.09”;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;
per quanto attiene al ricorso per motivi aggiunti:
– delle note 15 marzo 2010 n. prot. 5999 e 17 marzo 2010, n. prot. 6191, di ingiunzione della riconsegna degli impianti;
nonché per il risarcimento del danno conseguente.
Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Calcinato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 maggio 2010 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Enel Sole s.r.l. espone, nel proprio ricorso, di essere proprietaria degli impianti di illuminazione pubblica situati nel Comune di Calcinato, in ragione del subentro – a seguito del conferimento di ramo d’azienda da parte di Enel s.p.a. (già Ente Nazionale Energia Elettrica) – nella convenzione stipulata da quest’ultimo in data 1 dicembre 1993 (di durata biennale e rinnovatasi nel tempo), la quale prevedeva che gli impianti di illuminazione pubblica in atto nel territorio comunale fossero di proprietà di Enel.
Con deliberazione del Consiglio comunale n. 18 del 3 aprile 2009, però, il Comune manifestava la volontà di avvalersi della facoltà di riscatto degli impianti di pubblica illuminazione, prevista dall’art. 9 del DPR 4 ottobre 1986, n. 902.
Nonostante la proposta di Enel Sole di avviare una negoziazione per addivenire ad una soluzione condivisa, il Comune inviava ad Enel Sole uno stato di consistenza degli impianti redatto unilateralmente e rispetto a cui la società formulava le proprie osservazioni, mettendo in evidenza omissioni ed errori.
L’Amministrazione, però, preso atto di tali osservazioni procedeva, ancora una volta unilateralmente, alla quantificazione dell’indennità dovuta per il riscatto.
Il 21 dicembre 2009, a prescindere da ogni accordo sulla quantificazione dell’indennizzo, la Giunta comunale deliberava l’acquisizione della proprietà degli impianti di illuminazione in autotutela, dando mandato al responsabile dell’area tecnica di procedere in tal senso. Veniva così adottato l’impugnato provvedimento prot. n. 144 del 24 dicembre 2009, cui faceva seguito la deliberazione della Giunta comunale n. 10 del 19 gennaio 2010, con cui è stata disposta l’acquisizione al patrimonio comunale degli impianti de quibus.
Dopo aver contestato la quantificazione dell’indennizzo, nonché la correttezza dell’iter seguito, Enel Sole impugnava la deliberazione di acquisizione e gli atti successivi sopravvenuti (ordine di rilascio e diffida a non svolgere alcuna attività sugli impianti), deducendo:
1. violazione dell’art. 24 del R.D. 2578/1925 e dell’art. 10 del DPR 902/86. Tali disposizioni subordinano il riscatto al preavviso di un anno e al pagamento di un’equa indennità. Il calcolo dell’indennizzo, inoltre, risulterebbe, secondo parte ricorrente, subordinato all’accordo preliminare sullo stato di consistenza dell’impianto che, pertanto, dovrebbe considerarsi l’atto presupposto per il prosieguo dell’iter. Il decreto del 1986 prevede, altresì, che entro 30 giorni dalla notifica della deliberazione consiliare con cui il Comune manifesta la volontà di avvalersi della facoltà di riscatto, il concessionario è tenuto a redigere lo stato di consistenza; in mancanza vi provvede l’ente concedente, ma avverso lo stesso, entro il termine perentorio di 15 giorni possono essere presentate osservazioni. In caso di disaccordo la questione deve essere rimessa ad un collegio di tre periti. Nel caso di specie il Comune non avrebbe rispettato il suddetto termine (avendo deliberato il riscatto il 3 aprile 2009, con deliberazione notificata il 22 aprile 2009) e avrebbe determinato l’indennizzo sulla base dello stato di consistenza predisposto unilateralmente senza demandare la questione ad un collegio arbitrale;
2. violazione delle disposizioni del R.D. 2578/1925 relative alla spettanza e alla determinazione dell’equa indennità dovuta al concessionario. Il Comune, infatti, avrebbe dichiarato acquisita la proprietà degli impianti senza aver corrisposto alcuna indennità, in violazione dell’art. 24 del decreto citato che subordina, secondo la tesi di parte ricorrente, l’acquisto della proprietà all’avvenuto pagamento dell’equa indennità; a tal fine non sarebbe, quindi, sufficiente la mera determinazione dell’indennità, rispetto alla quale è ancora in corso il giudizio arbitrale;
3. sviamento di potere. L’ordinanza n. 10 del 19 gennaio 2010 troverebbe il proprio fondamento nella disdetta della convenzione comunicata già a partire dal 30 novembre 2006 (ciò implicherebbe una gestione di fatto degli impianti da parte di Enel Sole e giustificherebbe, per ciò stesso, l’azione in autotutela e la negazione di ogni corrispettivo al Enel Sole). Ma Enel Sole nega di aver mai ricevuto tale disdetta ed anzi evidenzia come il 10 gennaio 2007 il Comune avesse chiesto la prosecuzione del servizio sino al 31 maggio 2007, in attesa dell’aggiudicazione di una gara ad evidenza pubblica. Invero tale comunicazione non avrebbe comunque potuto avere valore di disdetta, in quanto la facoltà di recesso poteva essere esercitata solo due mesi prima di ogni scadenza fissata dalla convenzione e in ogni caso il Comune non avrebbe bandito alcuna nuova gara.
Nello stesso ricorso, però, si dà atto che il Comune, nella lettera del 26 gennaio 2010, aveva comunicato di aver individuato, mediante procedura selettiva, una ditta idonea alla gestione dell’impianto. Non avendo però dimostrato ciò, parte ricorrente ravvisa nel comportamento del Comune uno sviamento di potere strumentale ad un illegittimo affidamento diretto della gestione.
Peraltro lo avrebbe fatto mediante il ricorso allo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente senza che ne ricorressero i presupposti. Né potrebbe sostenersi, secondo la ricorrente, che il provvedimento fosse riconducibile al potere di autotutela ex art. 832 c.c., in quanto gli impianti in questione non sarebbero qualificabili come appartenenti al demanio pubblico, bensì al patrimonio indisponibile.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale, eccependo l’infondatezza del ricorso. Più precisamente, secondo parte resistente la prima doglianza sarebbe irricevibile per tardività nella parte in cui tende a contestare la legittimità del ricorso all’istituto del riscatto degli impianti per omesso rispetto del termine di preavviso di un anno, atteso che la stessa ricorrente ammette di avere avuto piena conoscenza della deliberazione del Consiglio comunale n. 18/09 (che ha disposto il riscatto e non è mai stata impugnata) sin dal 5 maggio 2009.
Essa sarebbe altresì inammissibile nella parte in cui tende a contestare la regolarità del procedimento attraverso cui il Comune è addivenuto alla determinazione dell’indennità per il riscatto, in quanto tali censure dovrebbero essere oggetto dell’apposito contenzioso da instaurarsi in sede arbitrale. Tali doglianze sarebbero comunque infondate, avendo il Comune provveduto a dare puntuale applicazione alla normativa in materia. Infondato sarebbe anche il terzo motivo di gravame, atteso che la sopravvenuta normativa non avrebbe consentito alcuna prosecuzione della concessione in essere con Enel Sole s.r.l., mentre le modalità di gestione future degli impianti potranno essere, eventualmente, oggetto di censura a seguito dell’adozione dei relativi provvedimenti.
In vista della pubblica udienza, parte ricorrente ha prodotto una memoria volta a contestare le eccezioni dell’Amministrazione, sostenendo che tutti i vizi dedotti si riferirebbero al procedimento successivo alla deliberazione del Comune del 3 aprile 2009, concluso già in data 1 dicembre 2009, ingiungendo la consegna degli impianti entro il 13 gennaio 2010 e, quindi, ben prima del termine di un anno previsto per il riscatto, senza che fosse raggiunto alcun accordo sull’indennità dovuta ed addirittura sulla consistenza degli impianti, posto che il Comune ha contestato la proprietà in capo ad Enel di decine di essi.
In ordine alle modalità con cui il potere è stato esercitato, Enel Sole contesta la legittimità dell’ingiunzione di consegna degli impianti, in quanto il Comune non ha esplicitato le ragioni d’urgenza che la rendevano immediatamente necessaria, facendo ricorso ad un’ordinanza contingibile ed urgente priva dei necessari presupposti. Tutto ciò integrando uno sviamento del potere, in quanto il rientrare nella disponibilità degli impianti non sarebbe preordinato all’affidamento della gestione mediante una nuova gara, bensì all’affidamento diretto del servizio stesso.
Prima della pubblica udienza fissata per il 13 maggio 2010, parte ricorrente ha altresì depositato un ricorso per motivi aggiunti avverso la successiva nota (del 15 marzo 2010) con cui il Comune, visto il rigetto dell’istanza cautelare, ha ingiunto alla stessa, al fine di completare la riconsegna degli impianti (già avvenuta il 12 marzo 2010 per quanto attiene agli impianti, ma con l’apposizione al relativo verbale della dichiarazione secondo cui “Il comune sottoscrive il presente verbale di consegna con riserva rispetto alla mancata consegna dei contratti attivi e passivi come previsto dall’art. 24 del R.D. 2578/25 e ne fanno debita richiesta”), la trasmissione, entro il giorno seguente, dei contratti attivi e passivi in essere.
A tale nota ha replicato ENEL SOLE rilevando che la disposizione di cui all’invocato comma 9 dell’art. 24, che impone il subentro nei contratti in essere, atterrebbe al solo caso in cui il Comune assumesse direttamente il servizio e che, comunque, tali contratti conterrebbero dati sensibili suscettibili di tutela e sarebbero comunque stipulati con riferimento non solo al territorio comunale di Calcinato, ma anche di altri Comuni, con la conseguenza che in essi non potrebbe esservi il subentro del Comune di Calcinato.
Anche la successiva nota in cui il Comune ribadiva l’ordine di consegna dei contratti è stata, quindi, impugnata con il medesimo ricorso per motivi aggiunti.
Tali provvedimenti sarebbero nulli in quanto adottati in difetto assoluto di attribuzione e comunque illegittimi. Secondo parte ricorrente, infatti, il Comune avrebbe esercitato il riscatto per una finalità non più ammessa dalla legge, quale un illegittimo affidamento diretto della gestione.
In vista della pubblica udienza parte resistente ha, quindi, esplicitato, anche con riferimento al ricorso per motivi aggiunti, come l’iter procedimentale seguito dal Comune sarebbe l’unico possibile, espressamente previsto dalla legge, per acquistare la disponibilità degli impianti al fine di procedere al successivo affidamento del servizio di illuminazione pubblica mediante il ricorso ad un’apposita procedura ad evidenza pubblica.
Alla pubblica udienza del 13 maggio 2010 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione, con contestuale riunione al merito della avendo rinunciato parte ricorrente alla trattazione della domanda cautelare presentata nell’ambito del ricorso per motivi aggiunti.
DIRITTO
Deve essere preliminarmente accolta l’eccezione di tardività introdotta da parte resistente con riferimento a quella parte della prima doglianza con cui la società ricorrente censura la legittimità degli atti impugnati in ragione del preteso mancato rispetto del termine previsto dal terzo comma dell’art. 24 del DPR 2578/1925, secondo cui: “Il riscatto deve essere sempre preceduto dal preavviso di un anno”.
Il Collegio ritiene che, dal dato letterale della disposizione ora citata, si possa inferire che il preavviso di un anno deve precedere la manifestazione di volontà del Comune di riscattare la proprietà degli impianti oggetto di concessione e non anche l’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento che da tale manifestazione di volontà prende avvio, rappresentato dall’atto traslativo della proprietà.
Una tale lettura appare coerente, per ragioni di ordine sistematico, con quanto previsto dal primo comma del medesimo articolo, secondo il significato ad essa attribuito dalla giurisprudenza consolidatasi nel tempo.
In esso si legge: “I comuni possono valersi delle facoltà consentite dall’art. 1” (e cioè di assumere l’impianto e l’esercizio diretto dei pubblici servizi, n.d.r.) “pei servizi che siano già affidati all’industria privata quando dall’effettivo cominciamento dell’esercizio sia trascorso un terzo della durata complessiva del tempo per cui la concessione fu fatta.
Tuttavia i comuni hanno sempre diritto al riscatto quando sieno passati venti anni dall’effettivo cominciamento dell’esercizio; ma in ogni caso non possono esercitarlo prima che ne siano passati dieci.”.
Il rispetto di tali termini è da sempre stato accertato dalla giurisprudenza con riferimento al momento in cui il Comune adotta il provvedimento che costituisce esercizio del diritto di riscatto e cioè quella deliberazione (di competenza del Consiglio comunale) con cui esso opta per l’avvalersi della facoltà riconosciutagli dalla legge, a nulla rilevando il tempo successivamente necessario per addivenire al – giuridico e materiale – trasferimento degli impianti.
Ne discende che, nel caso di specie, la censura correlata all’asserito mancato rispetto del termine di preavviso di un anno avrebbe devuto essere tempestivamente dedotta da Enel Sole s.r.l. entro il termine decadenziale di sessanta giorni decorrenti dalla piena conoscenza del contenuto della deliberazione del consiglio comunale n. 18 del 3 aprile 2009 (con cui il Comune ha operato la scelta di procedere al riscatto degli impianti), acquisita, per stessa ammissione della ricorrente, il 5 maggio 2009. Ciò determina, conseguentemente, l’irrilevanza dello stabilire se, nell’aprile 2009, l’impianto fosse gestito da Enel Sole in ragione di una concessione a tutti gli effetti valida (e quindi con una sua durata) o in regime di prorogatio di fatto. In ordine alla possibilità di far valere il preteso mancato rispetto del termine per richiedere il riscatto, infatti, deve ritenersi essere intervenuto il consolidamento proprio della sopravvenuta inoppugnabilità della manifestazione di volontà dell’Amministrazione di procedere in tal senso.
Non è, invece, inammissibile, bensì infondata la restante parte della prima censura, volta a contestare la legittimità del procedimento seguito dall’Amministrazione per addivenire al trasferimento in concreto della proprietà degli impianti.
Invero il Collegio ritiene che, nel caso di specie, il Comune intimato abbia provveduto all’approvazione dello stato di consistenza secondo le modalità indicate dal regolamento approvato con DPR 902/86. Al contrario di quanto sostenuto da parte ricorrente, infatti, la normativa richiamata non subordina la possibilità del riscatto al previo raggiungimento di un accordo tra le parti sullo stato di consistenza prima e sulla quantificazione dell’indennizzo poi. Il sistema delineato dalla legge e dalla convenzione stipulata tra il Comune e Enel, infatti, prevede espressamente la possibilità, in caso di mancato accordo, di rimettere la questione ad un apposito collegio arbitrale, ma in nessun punto è espressamente previsto che il trasferimento degli impianti risulti procrastinato ad un momento successivo all’avvenuta definizione e liquidazione dell’indennizzo dovuto. In altre parole la disciplina applicata non detta alcuna specifica disposizione in ordine agli effetti traslativi della proprietà degli impianti nelle more della definizione della controversia per la quantificazione dell’indennità dovuta ed in particolare non prevede alcun diritto di ritenzione da parte del concessionario che, quindi, non può vantare alcuno strumento privilegiato di tutela del proprio credito eventuale.
A tale proposito questo Tribunale ha già avuto modo di affermare, ancorché con riferimento al servizio di distribuzione del gas, che se una controversia sulla quantificazione del “rimborso” potesse mantenere nel possesso il gestore uscente, si realizzerebbe un prolungamento del rapporto concessorio esclusivamente per volontà di una delle parti senza oggettive ragioni di interesse pubblico, incompatibile con i principi che regolano il mercato.
Tale principio appare attagliarsi perfettamente anche al riscatto del servizio di illuminazione pubblica, in relazione all’esercizio del quale il Comune deve essere ritenuto libero di individuare la modalità che meglio garantisce efficacia ed economicità del servizio stesso nel rispetto della legge.
In conclusione il Collegio non ravvisa ragione di discostarsi dai precedenti di questo stesso Tribunale (cfr T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 11 giugno 2007 , n. 490) secondo cui l’ordine di rilascio degli impianti, “a seguito dell’esercizio da parte del comune del diritto di riscatto del rapporto concessorio in precedenza instaurato con la società ricorrente” (nonché, a monte, il provvedimento con cui è stata disposta l’acquisizione al patrimonio del Comune n.d.r.), “è legittimo ove si consideri che né la normativa di settore, né la concessione, prevedono alcun diritto di ritenzione a favore del gestore uscente.”.
Per quanto attiene, più nello specifico, all’ordinanza con cui è stata ingiunta ad Enel Sole la consegna degli impianti, il Collegio ritiene inconferenti le doglianze correlate alla mancanza dei presupposti per l’esercizio dei poteri contingibili ed urgenti, in quanto il provvedimento in esame non ha una natura che lo rende riconducibile a tale categoria. Esso si qualifica, invece, come mezzo di autotutela, adottato ai sensi dell’823 del cod. civ., con il quale il Comune ha legittimamente ordinato il rilascio degli impianti di illuminazione pubblica insistenti sul territorio comunale, in ragione della scelta operata di riscattare i suddetti impianti che, in ragione di tutto quanto sopra, debbono ritenersi essere stati trasferiti alla proprietà pubblica sin dalla adozione della deliberazione di Giunta del 21 dicembre 2009.
Non appare, peraltro, condivisibile la tesi di parte ricorrente secondo cui per gli impianti di illuminazione pubblica non potrebbe essere fatto ricorso al potere di autotutela di cui ai citati articoli del codice civile, in considerazione del fatto che gli stessi non potrebbero essere fatti rientrare nel demanio pubblico, ma dovrebbero essere qualificati come appartenenti al patrimonio indisponibile.
Sul punto il Collegio ritiene sufficiente richiamare i propri precedenti (cfr., fra gli altri T.A.R. Brescia n. 490/2007), alla stregua dei quali “l’assoggettabilità degli impianti di distribuzione del gas al regime di autotutela previsto dall’art. 823 c.c. è confermato dall’art. 826, comma 3, secondo cui “fanno parte del patrimonio indisponibile…gli altri beni destinati a un pubblico servizio”.
Dato tale principio, e considerato che anche l’impianto di illuminazione pubblica è senz’altro riconducibile alla categoria dei beni destinati a un pubblico servizio, anche in relazione a quest’ultimo risulta pertanto possibile il ricorso allo speciale potere di autotutela in parola, che, per giurisprudenza costante, non può essere limitato alla tutela dei beni appartenenti al demanio, ma deve essere esteso anche a quelli patrimoniali indisponibili (cfr. Cons. Stato 6.12.2007, n. 6259 e 22.11.1993, n. 1164). Nell’ultima censura del ricorso introduttivo è stato dedotto, infine, un preteso sviamento dal potere, che risulterebbe integrato dall’aver ingiunto la riconsegna degli impianti senza aver contestualmente bandito una nuova gara per l’affidamento del servizio.
Incontestata la possibilità per l’odierna ricorrente di censurare eventuali successivi atti non corrispondenti al modello legislativo previsto dalla normativa per l’affidamento dei servizi pubblici locali, a tale proposito il Collegio ritiene che il riferimento contenuto nella parte motivazionale della deliberazione della giunta comunale all’affidamento del servizio ai soggetti che attualmente lo svolgono per Enel Sole s.r.l. non possa che essere inteso come correlato agli eventuali obblighi del Comune di succedere nei contratti attivi e passivi del concessionario in corso con terzi, di cui al IX comma dell’art. 24 del R.D. 2578 del 1925. Obblighi che non possono ritenersi essere venuti meno per effetto dell’impossibilità sopravvenuta per il Comune di gestire direttamente gli impianti e, quindi, per essere il riscatto preordinato all’affidamento del servizio mediante gara: le esigenze di tutela dei terzi titolari di rapporti contrattuali con il gestore uscente non mutano, infatti, in ragione delle diverse modalità con cui il servizio sarà successivamente gestito.
Non risulta, quindi, comprovato che il riscatto sia strumentale all’elusione della vigente normativa in materia di gestione dei servizi pubblici locali e, conseguentemente, i provvedimenti non risultano, per ciò stesso, affetti dal dedotto vizio di eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica dello stesso.
Ciò anche sotto un diverso, ma altrettanto rilevante, profilo. Come accertato in corso di causa, in disparte la circostanza per cui appare difficilmente configurabile l’astratta possibilità di addivenire alla pubblicazione di una procedura di gara per l’affidamento del servizio di gestione della pubblica illuminazione senza avere la disponibilità dei relativi impianti, la redazione stessa del bando di gara (ed in particolare la determinazione dell’importo posto a base di gara, che deve essere congruo rispetto all’oggetto della prestazione ed al concreto contenuto delle attività richieste) presuppone la valutazione di specifici aspetti tecnici (quali numero totale dei centri luminosi e loro tipologia ed età) conoscibili solo dopo l’aver conseguito la disponibilità non solo degli impianti stessi, ma anche degli specifici contenuti dei contratti di manutenzione stipulati da Enel Sole s.r.l. ed attualmente in essere. Ciò determina uno sfasamento dei tempi che comporta, conseguentemente, un periodo transitorio di gestione mediante il subentro nei contratti in essere, nelle more della pubblicazione di una specifica gara a evidenza pubblica.
Pur dovendosi ritenere venuta meno l’ipotesi di gestione diretta degli impianti da parte del proprietario degli stessi, quindi, non può ugualmente ritenersi abrogato il IX comma dell’art. 24 del citato R.D. 2578/25, la cui applicazione si rende necessaria per affrontare il suddetto “periodo transitorio”.
Così respinto il ricorso introduttivo, anche il successivo ricorso per motivi aggiunti non può incontrare miglior sorte.
Come dal medesimo Comune esplicitato nella nota da ultimo inviata a Enel Sole, è lo stesso art. 24 del R.D. richiamato ad imporre al Comune che esercita il riscatto di subentrare nei contratti in essere, quantomeno fino all’indizione di una nuova gara per l’affidamento del servizio.
Ciò a tutela da un lato dei terzi e dall’altro della continuità del servizio.
Ne discende che legittimamente l’Amministrazione ha preteso il rilascio di copia dei suddetti contratti, a nulla rilevando l’eventuale contenuto di dati sensibili (la riservatezza dei quali viene superata dalla previsione di legge del subentro nel contratto), nonché il fatto che essi possano anche riferirsi al territorio di più Comuni.
Né può valere al fine di addivenire a diverse conclusioni, la profilata tesi della nullità delle note impugnate con motivi aggiunti, in quanto adottate in carenza di potere assoluta, derivante dal fatto che la sopravvenuta normativa in materia di erogazione di pubblici servizi non prevede più la possibilità della gestione in forma diretta da parte dell’ente locale.
Innegabilmente operante tale principio, infatti, non può però omettersi di considerare che, come già anticipato, tra riscatto degli impianti e successivo affidamento del servizio mediante gara, non può non frapporsi un periodo di “raccordo”, nel quale il Comune deve garantirsi gli strumenti per poter assicurare che non intervenga alcuna interruzione nell’erogazione del servizio. Ed è proprio questa ragione a giustificare il subentro, nelle more dell’espletamento della gara, nei contratti già in essere con il gestore uscente per il mantenimento del funzionamento della rete.
Tutto ciò premesso, rigettata la domanda principale volta all’annullamento dei provvedimenti impugnati, deve essere rigettata anche la domanda risarcitoria – solo formalmente e genericamente introdotta nel giudizio – non risultando la sussistenza degli elementi necessari ai fini della configurabilità della responsabilità ai sensi dell’art. 2043 del codice civile ed in primo luogo della configurabilità di una condotta lesiva.
Le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, sezione seconda di Brescia, respinge il ricorso in epigrafe indicato.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida, a favore del Comune, in Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre ad I.V.A., C.P.A., rimborso forfetario delle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 13 maggio 2010 con l’intervento dei Magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Stefano Tenca, Primo Referendario
Mara Bertagnolli, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/05/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

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