TAR Veneto, Sez. III, 26 settembre 2006, n. 3074

Norme correlate:
Capo 18 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990

Riferimenti: cfr. TAR Veneto, I, 27/6/2001, n. 1782

Testo completo:
TAR Veneto, Sez. III, 26 settembre 2006, n. 3074
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:
Angelo De ZottiPresidente
Rita De Piero Consigliere
Angelo GabbricciConsigliere – relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 17/05, proposto da Elvira Bianca Bertoldo ed Ada Cocco, rappresentate e difese dall’avv. I. Santo, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. Veneto, ai sensi dell’art. 35 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054,contro
il Comune di Malo (Vicenza), rappresentato e difeso dall’avv. D. Meneguzzo, con domicilio eletto in Venezia Mestre, galleria Teatro Vecchio 15, presso lo studio dell’avv. M. Giacomini;
e nei confronti
di Giuseppa Teresa Maria Francesca Dazzo, Giuseppina Dazzo, Maria Bernardetta Dazzo, Giuseppe Antonio Dazzo e Francesco Eliseo Dazzo, non costituiti in giudizio,
per l’accertamento della titolarità, in capo alle ricorrenti, di una concessione di sepolcro nel cimitero del Comune di Malo. Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Malo;
vista l’ordinanza collegiale 118/05;
viste le memorie prodotte dalle parti;
visti gli atti tutti di causa;
uditi nella pubblica udienza del giorno 11 maggio 2006 – relatore il consigliere avv. Angelo Gabbricci – l’avv. Santo per le ricorrenti e l’avv.Azzarita in sostituzione di Meneguzzo per l’Amministrazione resistente;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1.1. Il sepolcro familiare eretto nel cimitero di Malo all’inizio del secolo scorso, attualmente identificato dal n. 71, è, secondo l’iscrizione apposta, dedicato alla famiglia di Luigi Bertoldo, morto nel 1921 e costì tumulato insieme al padre Giovanni e ad altri familiari.
1.2. Nel dicembre 2000 Elvira Bertoldo, nella dichiarata qualità di discendente della stessa famiglia, chiese al Comune di Malo che fossero introdotti nel sepolcro i resti della madre, del fratello e della moglie di quest’ultimo.
L’Amministrazione, tuttavia, respinse la richiesta con la nota 18 gennaio 2001, n. 1286: in questa, premesso che non si era rintracciato l’atto originario di concessione della tomba, vengono puntualmente ricostruite le tumulazioni che, nel tempo, erano state costì effettuate, per concludere da una parte che il ramo familiare cui appartiene la ricorrente non sarebbe mai stato ammesso all’uso del sepolcro, e, dall’altra, che la moglie del suddetto Luigi Bertoldo, zio della stessa richiedente, avrebbe comunque ceduto la titolarità della tomba a Carlo Dazzo, dal quale sarebbe poi passata ai suoi discendenti; d’altronde, osserva il Comune, l’attuale titolarità della concessione della tomba in capo ai signori Dazzo risulta acquisita anche agli atti di questo Comune, che ha sempre avuto in questi ultimi decenni la famiglia Dazzo come referente per qualsiasi problema o esigenza relativa alla tomba .
Elisa Bertoldo replicò con una lettera, non prodotta in causa, del seguente 31 gennaio, cui seguì un’ulteriore comunicazione dell’Ente, datata 21 febbraio, nella quale si ribadiva, infine, che, in base agli elementi di valutazione sinora disponibili , non era possibile riconoscere all’istante la rivendicata titolarità della tomba .
1.3. Il carteggio proseguì ancora per un anno, finché, alla metà del 2002, la Bertoldo evocò il Comune di Malo innanzi al Tribunale civile di Vicenza, affinché si accertasse in suo favore la titolarità della concessione per la tomba n. 71, con tutti i conseguenti effetti.
Tuttavia, con la sentenza 202/04, quel giudice ritenne la controversia inerente ad atti relativi alla concessione de qua, per tale appartenente alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: la questione è stata così riproposta dalla Bertoldo, questa volta congiuntamente alla figlia Ada Cocco, innanzi a questo Tribunale con il ricorso in esame, notificato, tra il 29 ed il 30 dicembre 2004, sia al Comune sia a Giuseppa Teresa Maria Francesca Dazzo, in qualità di controinteressata.
2.1. Il ricorso è stato testualmente presentato per il riconoscimento dello jus sepulchri: nella parte finale si afferma che esso sarebbe non impugnatorio , e fondato sulla violazione di legge; violazione causativa di lesioni al diritto soggettivo ed interesse legittimo derivante dal mancato riconoscimento dello jus sepulchri e dalla mancata sepoltura di salme di congiunti appartenenti allo stretto nucleo familiare .
2.2.1. Il ricorso muove invero dalla definizione del diritto alla sepoltura, come diritto soggettivo perfetto di natura reale, il quale attribuisce la facoltà di erigere, in un cimitero pubblico, una costruzione destinata a riunire le spoglie dei defunti, e che viene costituito mediante concessione, la quale non può essere trasferita per atto inter vivos, se non previo assenso dell’Amministrazione, il quale però non sarebbe mai intervenuto nella fattispecie.
2.2.2. Il ricorso prosegue poi richiamando, in particolare, gli artt. 92, II comma, e 93, I comma, del regolamento di polizia mortuaria, di cui al d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.
Invero, osservano le ricorrenti come la seconda delle disposizioni appena citate stabilisca che il diritto di uso delle sepolture private, concesse a persone fisiche, è riservato alle persone dei concessionari e dei loro familiari; la prima, poi, individuerebbe, come unica possibilità di revoca della concessione, una grave situazione di insufficienza del cimitero, non altrimenti rimediabile, e sempre quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma: ma, nel caso concreto, nessuno dei presupposti ora descritti si sarebbe qui verificato.
2.2.3. Viene quindi considerata la distinzione tra diritto di essere seppellito o di seppellire altri in un determinato sepolcro (jus sepulchri e jus inferendi in sepulchrum) e diritto secondario di sepolcro , spettante ai congiunti del defunto costì sepolto, i quali vi possono accedere ed altresì opporsi a pregiudizievoli trasformazioni della tomba.
Entrambi questi diritti sarebbero stati qui violati, il primo rifiutando di tumularvi i resti dei parenti della Bertoldo, ed il secondo con la recente parziale cancellazione dalla lapide sepolcrale, lamentata in ricorso, dei nomi di alcuni defunti costì tumulati: cancellazione che sarebbe stata effettuata allo scopo di cambiare in mancanza dell’atto di concessione, l’intestazione della lapide da Bertoldo a Dazzo , in modo da acquisire il diritto di uso esclusivo della tomba per quanti portano quest’ultimo cognome, appartenente ai discendenti di un ramo della famiglia Bertoldo.
2.2.4. Di seguito, l’atto introduttivo propone la distinzione tra jus sepulchri jure sanguinis e jure successionis, e sottolinea che, per stabilire quale dei due sussista in concreto, occorre interpretare la volontà del fondatore, la quale, in difetto di elementi univoci, deve presumersi indirizzata ai familiari: in tal caso, allora, ciascuno di essi acquista dalla nascita lo jus sepulchri, imprescrittibile, intrasmissibile ed irrinunciabile.
Sarebbe pertanto nullo ed inefficace qualsiasi accordo, tra una parte dei discendenti del fondatore, di escluderne altri dal diritto alla sepoltura, proprio perché, in assenza di una diversa volontà, tale diritto si trasmette jure sanguinis alla famiglia del fondatore, anche ai nondum nati alla sua morte, e non ai suoi eredi che quindi non possono, in tale qualità, disporne : in specie, fondatore del sepolcro non sarebbe stato Luigi, ma Giovanni Bertoldo, padre del primo, e del quale le ricorrenti sarebbero dirette discendenti.
D’altro canto, nessuna norma richiederebbe il consenso degli altri congiunti perché un defunto, appartenente alla famiglia (e per individuarne i componenti andrebbe applicato analogicamente l’art. 1023 c.c.), vi sia sepolto: e le ricorrenti avrebbero richiesto all’Amministrazione secondo i loro legittimi diritti, la tumulazione dei membri della famiglia, che rientrano a pieno titolo nello jus sepulchri .
3.1. Dopo aver dato ordine alle censure esposte nel ricorso, il Collegio deve anzitutto osservare, diversamente da quanto affermato dalle ricorrenti, come lo stesso presenti, in effetti, un contenuto impugnatorio, ove si faccia riferimento al suo petitum sostanziale.
Invero, tra il 2001 ed il 2002 il Comune di Malo negò alle ricorrenti o, meglio, alla sola Elvira Bertoldo che essa fosse concessionaria del sepolcro familiare n. 71, e potesse pertanto seppellirvi i resti mortali di propri parenti.
Orbene, ad avviso del Collegio, l’atto che nega ad un soggetto la titolarità di una concessione è, all’evidenza, un atto negativo, di contenuto inverso a quello che la rilascia. È, quest’ultimo, un atto unilaterale, avente natura autoritativa, il quale attribuisce bensì posizioni soggettive di vantaggio nei privati ma è insieme destinato alla tutela ed alla realizzazione di pubblici interessi, e costituisce dunque un provvedimento; egualmente, allora, avrà natura provvedimentale l’atto di diniego, quale espressione del medesimo potere, sia pure con effetti diametralmente opposti.
Nella fattispecie, pertanto, è solo aggredendo gli atti emessi dal Comune o, almeno, il più recente fra quelli che le ricorrenti possono realizzare la loro utilità sostanziale: ma quelli avrebbero dovuto essere gravati innanzi al giudice amministrativo nei sessanta giorni successivi alla loro piena conoscenza.
Tuttavia, quel termine era sicuramente già spirato, almeno per la ricorrente Bertoldo, non solo quando essa ha notificato il ricorso in esame, ma, ancor prima, nel momento in cui aveva presentato una domanda d’accertamento e condanna innanzi al giudice ordinario: e di nessun rilievo è che quest’ultimo abbia fissato un termine per la riassunzione innanzi al T.A.R., non trovando applicazione tra giudici di diversi plessi l’istituto della translatio iudicii (cfr., sul punto, T.A.R. Veneto, I, 27 giugno 2001, n. 1782, e giurisprudenza ivi richiamata).
3.2. È tuttavia da rilevare come i ripetuti provvedimenti comunali potessero condurre facilmente ad equivocare circa il loro effettivo contenuto; non solo essi non indicano il termine e l’Autorità innanzi alla quale impugnarli, ma soprattutto contengono affermazioni fuorvianti: così, laddove sostengono l’estraneità dell’Ente alla vertenza, che avrebbe riguardato soltanto i vari membri della famiglia Bertoldo Dazzo.
Sussistono dunque i presupposti per applicare qui l’istituto dell’errore scusabile, e rimettere in termini la parte ricorrente: ciò che rende superfluo distinguere tra loro le posizioni della Bertoldo e della Cocco.
3.2.1. È a questo punto opportuno ripercorrere brevemente la genealogia dei Bertoldo-Dazzo, quale desumibile dalla documentazione in atti.
3.2.2. Secondo le ricorrenti, contrastate in ciò dal Comune, la concessione de qua sarebbe stata rilasciata a tale Giovanni Bertoldo sr (1841-1910).
3.2.3. Questi ebbe più figli, tra cui Teresa Stella Colomba (1872-1923), Caterina (1883-1964), Giovanni jr (1876-1924) e Luigi (1870-1921), il quale non ebbe discendenti diretti, ma che, secondo il Comune, sarebbe il vero concessionario originario: sulla lastra sepolcrale, come detto, compare, in effetti, la scritta Famiglia Bertoldo Luigi .
Giovanni jr si unì in matrimonio con Catterina Amalia Zattere (1881-1946): ne ebbe nove figli, tra la ricorrente Elvira Bianca Bertoldo, e Carlo Bertoldo (1909-1972), le cui spoglie, unitamente a quelle della madre e della moglie, la stessa Elvira Bertoldo ha chiesto di deporre nel sepolcro n. 71, ricevendo il diniego del Comune.
3.2.4. Teresa Stella Colomba Bertoldo si sposò con Francesco Dazzo (1871-1947) e gli diede alcuni figli, tra cui Carlo (1904-1963), il quale, a sua volta, ne ebbe cinque.
Una di questi è Giuseppa Teresa Maria Francesca, qui originariamente evocata come controinteressata; gli altri sono Giuseppina, Maria Bernardetta, Giuseppe Antonio e Francesco Eliseo, nessuno dei quali risulta deceduto, e nei confronti dei quali è stato esteso il contraddittorio, secondo quanto è stato disposto dalla Sezione con l’ordinanza collegiale 118/05, sul presupposto che un’eventuale decisione favorevole alle ricorrenti avrebbe potuto pregiudicare il loro jus sepulchri sulla tomba 71 del cimitero di Malo.
4.1. In una condivisibile sentenza della Suprema Corte (Cass. 29 maggio 1990, n. 5015), si ricorda anzitutto come del resto fanno le ricorrenti come, nel caso del sepolcro ereditario, la identificazione dei soggetti titolari del diritto primario di sepolcro o ius sepulchri, inteso nella sua accezione di diritto alla tumulazione in un determinato luogo (&), va fatta in base alle norme che regolano la successione mortis causa o i trasferimenti in genere dall’originario titolare, trattandosi di un diritto che si trasferisce nei modi stessi di ogni altro bene, che può persino essere alienato in tutto o in parte e può essere lasciato, anche in legato, a persone non facenti parte dalla famiglia .
Invece, prosegue la decisione nel sepolcro gentilizio o familiare (carattere questo da presumersi nel caso di silenzio o anche di solo dubbio al riguardo), la identificazione è fatta in base alla volontà del fondatore in stretto riferimento alla cerchia dei familiari presi in considerazione come destinatari del sepolcro eretto .
Ora, se manchi da parte del fondatore l’indicazione dei destinatari del sepolcro familiare (ed è questo il caso di specie), in base a norme consuetudinarie di remota origine viene riconosciuto il diritto ad esservi seppelliti a tutti i discendenti maschi del fondatore per linea maschile e loro mogli, alle discendenti femmine per linea maschile rimaste nubili, con l’esclusione in ogni caso dei mariti delle discendenti femmine e dei collaterali, anche se fratelli del fondatore, a meno che, limitatamente però a questi ultimi, il fondatore sia morto senza figli o altri discendenti .
Il diritto di esservi inumato o tumulato si acquista, in conclusione, per il solo fatto di trovarsi in quel determinato rapporto col fondatore, previsto nell’atto di fondazione o desunto dalle regole tradizionali sopra ricordate, in ogni caso iure sanguinis e non iure successionis : lo ius sepulchri si concentrerà infine nelle mani dell’ultimo superstite compreso nella cerchia dei familiari, qualunque sia il suo vincolo col fondatore, sì che alla sua morte il diritto seguirà le sorti del trasferimento secondo le ordinarie regole della successione mortis causa , quale parte del suo patrimonio; ciò avverrà, appunto, nel momento di estinzione della classe degli aventi diritto al sepolcro.
4.2 Orbene, prima di applicare tali regole alla fattispecie si deve anzitutto stabilire chi fu il fondatore del sepolcro familiare n. 71 del cimitero di Malo: e, sul punto, il Collegio ritiene di far propria la tesi del Comune, attribuendone la titolarità a Luigi Bertoldo, e non al padre Giovanni sr, come vorrebbero le ricorrenti.
Invero, mentre queste non hanno fornito alcun principio di prova per sorreggere la loro tesi, il Comune ha invece documentato che Luigi Bertoldo, il 18 novembre 1910 richiese la concessione di un’area del cimitero di Malo, identificabile con quella in cui venne poi eretta la tomba della famiglia; contestualmente, egli versò al Comune una tassa di concessione per sepoltura privata a perpetuità: cosicché, pur mancando l’atto di concessione originale a suo favore, consentono di presumerne l’esistenza i predetti indizi, precisi e concordanti.
4.3. Ciò comporta, ricordato che il fondatore morì senza lasciare discendenti, che il diritto ad essere sepolti nella tomba 71 fu acquistato jure sanguinis ché di una volontà di trasferimento jure successionisnon v’è traccia – dai suoi fratelli e sorelle, concentrandosi infine nell’ultima superstite, Caterina (dell’undicesimo ed ultimo fratello, Giuseppe, non vi sono altre notizie che la nascita – 4 luglio 1885 – e non se ne terrà perciò conto).
Alla morte di Caterina Bertoldo, poi, lo stesso diritto ha seguito le sorti del trasferimento secondo le ordinarie regole della successione mortis causa, perdendo così qualsiasi interesse ai fini che ne occupano: non vi sono infatti elementi, da cui desumere che le ricorrenti abbiano acquistato in tal modo lo jus sepulchri sulla tomba 71.
4.4. Hanno pertanto acquistato nel tempo, jure sanguinis, l’imprescrittibile diritto alla sepoltura nella tomba di famiglia, tra gli altri, Giovanni Bertoldo jr – il quale peraltro non risulta esservi stato tumulato, ma la circostanza è evidentemente irrilevante e la di lui moglie Catterina Amalia Zattere, madre della ricorrente Elvira Bianca Bertoldo; ma non invece i figli dei due coniugi, come Carlo, né tanto meno la moglie di quest’ultimo, o gli ulteriori discendenti, come la ricorrente Ada Cocco. Va pertanto riconosciuto il diritto alla sepoltura nella tomba 71 del cimitero di Malo ai resti mortali della sola Catterina Amalia Zattere, e conseguentemente parzialmente annullati i provvedimenti comunali, nella parte in cui, per effetto degli stessi, ne è stata negata la tumulazione.
4.5. A questo punto, non pare si possa dubitare della titolarità, almeno in capo a Elvira Bianca Bertoldo di un interesse morale, quale discendente della Zattere, a proporre il presente ricorso: sicché la relativa eccezione formulata dall’Amministrazione resistente può essere respinta.
Infine, è del tutto irrilevante in causa stabilire se i legittimi concessionari della tomba 71 attualmente siano i membri della famiglia Dazzo o altri: è infatti evidente che ciò non modificherebbe in alcun modo la posizione delle ricorrenti le quali non hanno alcun proprio diritto sul sepolcro, salvo quello di richiedere ed ottenere che vi siano immesse le spoglie della Zattere. 5. La parziale reciproca soccombenza e la peculiarità della fattispecie conducono necessariamente all’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie parzialmente, nei limiti precisati in motivazione.
Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità a1782mministrativa.
Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 11 maggio 2006.

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